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In attesa di Giustizia: l’arte di strisciare

Paul d’Holbach è considerato uno dei massimi esponenti del materialismo francese, collaborò all’Enciclopedia e si adoperò alla diffusione delle idee e dello spirito dell’Illuminismo. Tra i suoi tanti scritti vi è un interessante ”Saggio sull’arte di strisciare ad uso dei Cortigiani”.

Un buon cortigiano non deve mai avere un’opinione personale ma solamente quella del padrone o del ministro: è uno degli insegnamenti cardine che il Barone d’Holbach dispensa agli aspiranti cortigiani di successo e la sua lettura deve avere ispirato il duo Padellaro – Travaglio, intenti febbrilmente a mettere il servo ossequio a servizio del decadente potentato, Piercamillo Davigo e della sua visione malata della giustizia.

L’uomo è in rotta come le truppe austriache descritte da Armando Diaz nel bollettino della Vittoria: dopo la condanna a Brescia per rivelazione di atti di ufficio è risultato soccombente in un altro processo dove, invece, si presentava come parte lesa di diffamazione messa in atto – secondo lui – da Paolo Mieli con un editoriale sul Corsera di te anni fa. Querela sparata a salve: il Tribunale ha ritenuto che vi sia stato solo esercizio del diritto di critica e non diffamazione, assolvendo il giornalista. Sarà, forse, l’ennesimo colpevole che la fa franca?

I Cortigiani di area M5S, allora, per dare sollievo ai malumori del loro alfiere, con insolito afflato garantista, nonostante la condanna ed in spregio ai loro proverbiali rigori pseudo moralisti, lo hanno prescelto per un’audizione alla Camera a proposito della  ri – modifica della disciplina della prescrizione.

Davigo non si è lasciato sfuggire l’occasione per suonare la grancassa ribadendo trite castronerie sulla responsabilità degli avvocati, che sono troppi ed in mancanza di lavoro moltiplicano appelli e ricorsi per garantirsi laute parcelle a colpi di prescrizioni. Per Davigo finisce anche qui a mazzate, zittito dall’On. Costa che, statistiche ufficiali alla mano, ha dimostrato come la percentuale preponderante delle prescrizioni matura nel corso delle indagini preliminari quando gli avvocati nemmeno “toccano palla”.

Quanti dispiaceri…ecco, allora entrare in scena il tandem di attacco de Il Fatto Quotidiano, sciorinando una lingua adulatoria ai limiti del pecoresco con un paragone di Padellaro, a dir poco oltraggioso, tra Davigo e Giovanni Falcone. Noli miscere sacra profanis: eppure, se non fosse una bestemmia, sarebbe solo un meschino tentativo di salvare il soldato Piercamillo dopo l’onta della condanna per reati contro l’amministrazione della giustizia. Basti pensare che Falcone, poiché controcorrente, è stato vittima di odio politico della sinistra che con il contributo degli scudieri eletti al C.S.M.  gli ha impedito di andare a dirigere la Procura di Palermo prima e la Nazionale Antimafia, che era una sua creatura, poi; la carriera di Davigo, invece, non è stata ostacolata da nessuno e – ne siamo lieti – si gode la sua ricca pensione in vita mentre Falcone non ne ha nemmeno raggiunto l’età; il massimo del rischio a cui è esposto l’ex P.M. di Mani Pulite resta quello di incontrare qualcuno che gli faccia il pernacchio come Totò all’ufficiale tedesco nel film “I due marescialli”.

Travaglio, dal canto suo, ne ha intentato la difesa da impavido lacchè con un editoriale degno dell’Asilo Mariuccia nel quale lamenta che, al momento, sono indagati per omessa denuncia della diffusione da parte di Davigo di verbali secretati solo gli ex consiglieri dei C.S.M. Cascini e Marra. Siamo al “chi lo dice sa di esserlo mille volte più di me”: omette, peraltro, di ricordare il clima che,  grazie a Davigo, in quel periodo si era creato, all’interno del Consiglio e che è stato descritto in aula, a Brescia, da Nino Di Matteo che ha riferito di un’aggressione verbale subita proprio ad opera del Piercamillo nazionale il quale, a dispetto del nome che evoca un tenero gelatino al biscotto non è un mite e gli inveì, ingiustificatamente e con violenza, contro nel corso di una riunione per discutere chi votare come Procuratore Capo di Roma.

E’ un teatro dell’assurdo: Davigo – che pure ha ammesso la materialità dei quanto commesso – meglio avrebbe fatto a riconoscere i propri errori invece che pervicacemente sostenere una ragione che non c’è e che non può essere supportata neppure sforzandosi di mitizzarlo e giustificarlo sulle colonne del quotidiano che è il più pericoloso concorrente dei Rotoloni Regina.

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