Oggi pomeriggio, alle ore 18, l’On. Niccolò Rinaldi, già eurodeputato, interverrà a Radio Radicale per parlare della vicenda di Marinella Colombo, di minori, diritti, Jugendamt, Germania e ricordare una donna donna ed una madre che ha lottato per la giustizia sua e di tanti genitori.
Bambini
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A Radio Radicale, oggi pomeriggio alle ore 18, Niccolò Rinaldi ricorderà Marinella Colombo
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In attesa di Giustizia: tenetevi la farina di grilli, ridateci i bambini
Difendere non è un lavoro, è un ministero e la difesa non è mai del reato ma delle garanzie che assistono i cittadini, a volte è un privilegio tali sono valori in campo.
Per me lo è stato difendere Marinella Colombo: per quella che considero una scelta condivisibile non scrivo mai di vicende processuali personali in questa rubrica ma per Marinella è doveroso fare un’eccezione.
Doveroso ma anche doloroso per ricordare questa donna coraggiosa, fulminata in poche settimane da una malattia inesorabile, che per amore dei propri figli ha sfidato la giustizia (si fa per dire) tedesca, quella italiana, lanciato segnali e richieste di intervento a quell’Europa tanto preoccupata di legalizzare il commercio della farina di grilli, ad imporre irrealizzabili interventi di manutenzione degli immobili nel nome della eco sostenibilità ma che continua a paludarsi – forse più a nascondersi – dietro il simulacro del mutuo riconoscimento delle decisioni sul falso presupposto che vi sia una identità culturale, di struttura e affidamento delle parti in causa tra i sistemi giudiziari UE senza muovere un passo nella direzione di un ravvicinamento di questi sistemi che, tra di loro, spesso non sono nemmeno lontani parenti.
Marinella Colombo si è battuta contro il potentissimo Jugendamt, una struttura tedesca (tra l’altro di natura amministrativa, neppure legale) che decide sul destino dei figli “bi-genitoriali”, cioè a dire con un genitore tedesco e l’altro di nazionalità diversa in caso di separazione o, comunque, di accudimento della prole: lo Jugendamt si potrebbe anche sopprimere e sostituire con un unico articolo di legge contenuto nel codice civile tedesco che preveda, in quei casi, che il minore resta sempre e comunque in Germania, affidato al genitore tedesco, fosse anche un serial killer o lo facesse abitare in una grotta nella Selva di Turingia.
Forse ricorderò male ma fu Hitler a dire che “lo stato nazista deve considerare il bambino il bene più prezioso della nazione” ed è a Himmler che si deve il Progetto Lebensborn volto a realizzare le teorie eugenetiche sulla razza portando la popolazione sino alla soglia di centoventi milioni in una quarantina d’anni: chi mi legge abitualmente sa che “non le mando a dire” e questo Jugendamt mi sembra tanto una eredità dei tempi della croce uncinata.
Marinella Colombo, sposata con un tedesco e madre di due figli piccoli al momento della separazione, avendo trovato un impiego in Italia ha sfidato la giustizia (si fa sempre per dire) tedesca per amore di due bambini che qualsiasi altra giurisdizione avrebbe affidato ad una madre giovane e colta di professione interprete e con ottime prospettive di lavoro in Italia…con tutti i diritti di visita, condivisione delle festività, contatto da parte del padre. Non lo Jugendamt, allineato ai dettami del “Progetto Sorgente di Vita” (Heil, Heinrich!): a Marinella sono stati tolti, negato qualsiasi contatto che non fosse in Germania e sotto l’occhiuto controllo di questa preoccupante istituzione e quei bambini se li è andati a prendere, è stata in fuga con loro per mesi inseguita da un Mandato d’ Arresto Europeo, formalmente legale come il processo cui è stata sottoposta in Italia per sottrazione di minori. Tutto ineccepibile perché in questo caso la forma è sostanza sebbene basata su presupposti ampiamente opinabili; ma tant’è, siamo partner europei e va sempre tutto bene quello che succede in uno dei Paesi Membri, anche la costituzione di un partito politico dei pedofili come pure è capitato, tutt’al più si rischia una ramanzina senza seguito da Strasburgo.
A Strasburgo ci sono andato, con Marinella, grazie a Cristiana Muscardini, l’unica veramente pronta a mettersi in gioco: all’epoca avevo un insegnamento all’Università di Ferrara di Cooperazione Giudiziaria Internazionale e ho tenuto una relazione sul necessario ravvicinamento dei sistemi penali europei portando come esempio da non seguire quello della ingiustizia che stava subendo Marinella. Bravo, bravo ma adesso torna pure a casa: sulle tue parole e sulla denuncia di questa Signora Colombo possiamo tornare a dormire sonni tranquilli. E a casa sono tornato, per difendere Marinella insieme a quella splendida collega che è Laura Cossar che seguiva principalmente il versante del diritto di famiglia facendone una difesa dei principi e ben sapendo che si sarebbe andati incontro ad una condanna. Dura lex, sed lex: questa autentica eroina è stata condannata, ha scontato la sua pena (se non altro agli arresti domiciliari), ha raccontato la sua vicenda in un libro, si è battuta in tutte le sedi perché qualcosa cambiasse per la tutela dei minori in Germania tentando persino la “discesa in campo” politica e ha continuato a battersi anche dopo aver potuto riabbracciare i suoi figli, solo quando sono diventati maggiorenni e potuto scegliere liberamente di lasciare immediatamente la Germania per raggiungere la madre.
Auf Wiedersehen, Jugendamt…chissà quanto hanno pesato questi interminabili lustri di dolore e battaglie sul fisico di una donna minuta ma indomabile e ora se n’è andata lasciandomi un vuoto difficile da colmare anche con il ricordo dei momenti passati insieme in nome della difesa di vincoli etici ed indicazioni culturali inderogabili e di una bellissima amicizia nata dalla stima reciproca seppure nella consapevolezza che la legge avrebbe sconfitto la giustizia.
Buon viaggio Marinella, mi piace salutarti rubando le parole al Giulio Cesare di Shakespeare che mi sembrano scritte per te: non è importante sapere come finirà la battaglia, è importante che il giorno finisca e se ci rivedremo sorrideremo, altrimenti sarà stato comunque un bell’addio.
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Bimbi ucraini
Ci sono molti bambini ucraini rimasti senza genitori e parenti, anche in Italia decine di loro hanno trovato, fino ad ora, rifugio.
Il governo italiano, in accordo con il governo ucraino, non potrebbe provvedere con maggiore attenzione alla ricerca di italiani disponibili all’affido con, ovviamente, la garanzia che questi bambini, oltre ad imparare l’italiano nelle nostre scuole, continuerebbero a tenere contatti culturali con la madre patria?
I bambini non hanno bisogno di istituti o centri, anche ottimamente organizzati, o case famiglia ma necessitano di affetto e cure e attenzioni personalizzate, specie questi bambini che hanno avuto il trauma della guerra e dei lutti famigliari.
Siamo certi che molti italiani, se adeguatamente informati sarebbero disposti, dopo che siano state vagliate le loro capacità genitoriali, e pronti ad accogliere questi bambini e a dare loro affetto, sicurezza, cure, istruzione e, soprattutto, amore perché questi bambini, come tutti i bambini, non sono il futuro solo del loro paese ma della stessa Europa. -
In Italia è emergenza denatalità ma gli italiani vogliono fare figli
Politiche sociali concertate che tengano conto non solo di una spinta alla genitorialità ma anche una serie di misure concrete che arginino la denatalità per evitare di permanere nell’inverno demografico. E’ quanto è emerso a Firenze, in occasione del XXXVI Congresso Nazionale della Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale (Sipps).
Gli italiani vogliono ancora i figli, come rivela l’Istat che ha intervistato non solo adulti in età feconda, ma anche ragazzi più giovani, di 11-19 anni, che nei loro piani hanno anche quello di fare famiglia.
“L’Italia è un Paese vecchio, è un Paese per i vecchi, dove le nascite continuano a calare”, afferma la dottoressa Chiara Ferrari (Ipsos). “Questo ha un risvolto su tanti aspetti del vivere quotidiano, ma soprattutto sulla società. Andiamo – sottolinea – verso un sistema non più sostenibile, dove ci saranno tre persone anziane per un adulto, quindi un sistema pensionistico che non si sostiene, un sistema scolastico che non si sostiene”.
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Le migrazioni interne della Cina creano milioni di orfani di fatto
Il termine cinese è “liushou ertóng”, significa “bambini lasciati indietro” e indica i bambini lasciati al paese dai genitori andati a lavorare in città lontane. Nel Paese del Dragone si stima che 300 milioni di contadini hanno lasciato la campagna per trovare occupazione in catene di montaggio e cantieri creando una massa di orfani di fatto.
Nel 2013 l’Associazione statale delle donne cinesi pubblicò un primo rapporto secondo il quale 61 milioni di minori sotto i 17 anni vivevano lontani dai genitori: il 38% di tutti i figli della Cina. Le prime tragedie emerse da quel clima di disgregazione familiare (violenze, abbandono della scuola, depressione, suicidi) spinsero il governo di Pechino a intervenire con un piano da 14 miliardi di yuan per mandare insegnanti nei paesi più diseredati. Nel 2016 il Ministero degli affari civili proclamò che il numero dei “liushou” era stato ridotto a 9 milioni ma nel 2023 l’Ufficio nazionale di statistiche di Pechino e l’Unicef hanno rivelato che sono 66,9 milioni i minorenni lasciati in campagna o in piccoli centri di province remote dai genitori che lavorano lontano. I sociologi dicono che il 30% dei bambini che crescono senza padre e madre sono a carico dei nonni; l’11% di altri parenti o dei vicini del villaggio. E almeno 2 milioni di “liushou“ vengono semplicemente abbandonati a loro stessi in casupole dove non c’è un adulto. Un terzo dei minori in queste condizioni è clinicamente depresso. I bimbi fino ai 6 anni di età sono il 75% dei «lasciati indietro».
Il governo centrale ha comunque fatto molto, almeno per assicurare un’istruzione ai bambini soli. Ci sono controlli per ridurre il numero di chi non frequenta la scuola, fondi per ospitarli in dormitori più confortevoli delle loro catapecchie. E nel 2018 da una classe delle elementari nello Yunnan arrivò la storia di “Fiocco di neve”. Wang Fuman, 8 anni, ogni giorno faceva a piedi da solo quattro chilometri nei campi per arrivare a lezione; quella mattina c’erano 9 gradi sotto zero. Entrò con i capelli ridotti a fili di ghiaccio e le sopracciglia bianche. Il maestro scattò una foto col telefonino e la lanciò sui social, per mostrare ai cinesi la dedizione del piccolo “liushou”. Le autorità di Pechino si impossessarono del caso, invitarono Fuman nella capitale, lo ospitarono per qualche giorno in un bell’albergo, trovarono un impiego al paese per il papà. “Fiocco di neve” che aveva colpito il cuore della Cina e del Partito fu riscattato. Ma altri 66 milioni di figli lasciati indietro pesano sulla coscienza dei pianificatori della seconda economia del mondo.
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I bambini non giocano più
I bambini non giocano più né tra di loro né da soli, non corrono, non inventano situazioni, storie, non hanno fantasie perché fin da quando hanno un anno tengono in mano un smartphone, o almeno un cellulare collegato ad internet, dove possono vedere tutte le fantasie degli altri che li priveranno della capacità di averne di proprie.
I bambini non devono disturbare così i premurosi genitori affidano i loro strumenti tecnologici alle piccole mani, ai piccoli occhi, alle piccole menti proprio nel periodo nel quale la formazione è più importante, l’imprinting assoluto.
Piccole menti addestrate a guardare cose che ancora non capiscono, cose che saranno memorizzate per poi, più avanti, essere imitate, piccole menti che diventeranno lentamente sempre più incapaci di provare emozioni, sentimenti, di crescere attraverso esperienze personali e dirette perché conoscono tutto solo per via indiretta, tramite la rete.
Ogni essere vivente cresce a tappe, per gli esseri umani ogni anno dovrebbe portare a nuove esperienze commisurate alle diverse età, ogni percorso fa affrontare sconfitte e successi, ogni confronto con gli altri abitua al confronto con se stessi e con la vita, i sentimenti si coltivano misurandosi con quanto è intorno, dalla famiglia ai libri, dai compagni di classe e gli insegnanti alle persone che si incontrano, dalle difficoltà da superare alle soddisfazioni raggiunte.
Se così non è, e ormai da troppo tempo non è più così, l’infanzia è perduta perché tutto è sostituito dal silenzio fragoroso della rete che ha soppiantato tutto e tutti, l’infanzia è perduta impedendo così l’arrivo di una adolescenza consapevole, graduale, difficile, come tutti i momenti di crescita, ma necessaria per diventare adulti e non rimanere per tutta la vita nel limbo della dipendenza.
La tecnologia è per le persone adulte, conscie di se stesse, non deve essere il primo, spesso unico, riferimento di un bambino.
Le cifre parlano chiaro se non si cambia continueranno ad aumentare i rischi visto che già ora vi è un aumento esponenziale delle depressioni e dei pensieri suicidari proprio tra la popolazione più giovane. Inoltre aumentano il disinteresse verso i rapporti con gli altri, l’aggressività, l’impoverimento del pensiero, della parola, delle relazioni interpersonali.
I più giovani, costantemente connessi, attraverso uno strumento tecnologico, a realtà alle quali non appartengono, perdono contatto con il reale intorno a loro e diventano incapaci di affrontarlo.
Si diventa incapaci di affrontare problemi, accettare sconfitte, battersi per superare difficoltà, ogni evento rischia di diventare un dramma, di provocare un trauma personale o collettivo, le patologie psichiche aumentano, l’intera società diventa a rischio quando sono a rischio i suoi ragazzi.
Diversi scrittori e studiosi da alcuni anni hanno lanciato il segnale d’allarme, in alcuni paesi si sta cercando con specifici divieti di arginare il problema ma occorrono iniziative più forti che possono nascere solo dalla consapevolezza che non c’è più tempo per indugiare.
I bambini devono interagire col mondo intorno a loro, non con la rete, devono tornare a fantasticare attraverso i libri, a giocare inventandosi giochi e storie, devono parlare per fare domande ed avere risposte, domande e risposte che partano ed arrivino con voci ed intelligenze umane, da persone, grandi e piccole, capaci di guardarsi negli occhi trasmettendosi sensazioni e sentimenti non solo nozioni.
Non si diano più ai bambini smartphone o telefonini connessi alla rete, si alzi a 16 anni l’età per collegarsi ai social, si torni a parlare con i propri figli, nipoti, studenti, si dia spazio alla cultura del dialogo, della consapevolezza, dell’esempio, si torni tutti a leggere di più e meglio cercando di capire quello che si legge e quello che è intorno e forse si riuscirà a sconfiggere quell’ansia che sta uccidendo l’infanzia e non solo.
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Surge of children crossing dangerous Darién Gap jungle
More than 30,000 children have crossed the Darién Gap, the dense expanse of jungle straddling Panama and Colombia, in the first four months of this year.
According to figures released by the United Nations’ children’s agency, Unicef, the number of minors embarking on the dangerous journey is up 40% compared to last year.
Most of them are trying to reach the United States.
Migrants making the jungle crossing are often robbed or extorted by criminal gangs and many have been sexually abused.
Doctors Without Borders (MSF) recorded 214 cases of sexual violence in the Darién jungle in the month of December alone.
The international medical organisation said migrants had described how they had been detained by armed men who had forced them to remove their clothes and sexually abused them.
While MSF said that most victims of sexual violence were women, its teams have also provided treatment to men and children.
Unicef deputy executive director Ted Chaiban said that many children had died “on this arduous, dangerous journey”.
There are no roads through the Darién Gap and crossing it on foot can take a week.
According to Unicef, 2,000 out of the more than 30,000 children who had embarked on the journey in the first four months of 2024 did so unaccompanied.
“The Darién Gap is no place for children,” Mr Chaiban said.
Unicef has helped migrant children, providing them with water, sanitation and hygiene as well as health services, but the organisation says it needs more funds to address their most urgent needs.
The large number of migrants through the Darién Gap has become a political issue in Panama, with President-elect José Raúl Mulino saying during his acceptance speech that he will “close” the route.
“This is not a transit route, no, this is our border,” said Mr Mulino, who will be sworn in in July. He did not clarify how he would block the route.
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Silenzi e parole
Ogni giorno muoiono tante persone per malattia, anche tanti bambini
Ogni giorno muoiono tante persone per fame, carestie, povertà, anche tanti bambini
Ogni giorno, in guerre subite o volute, guerre di offesa e troppe guerre di difesa, muoiono tanti civili, anche tanti, troppi bambini.
Muoiono esseri umani, che non hanno fatto mai male a nessuno, durante le catastrofi naturali o in incidenti voluti o provocati da altri esseri umani, muoiono persone mentre stanno lavorando o mentre tornano a casa e qualcuno le uccide in macchina, muoiono donne per mano di chi pretendeva di amarle, muoiono bambini per poter vendere i loro organi.
La morte purtroppo fa parte della vita quando si diventa anziani ma tutte queste morti tragiche volute da altri uomini, o tutte le tragedie per le quali sembra non poter esserci risposta se non continuando ad avere il coraggio della fede, perché sono sempre di più gli innocenti che muoiono rispetto a chi innocente non è, sembra che non colpiscano più di tanto rispetto alla morte di una persone potente e conosciuta.
La morte del presidente iraniano ha avuto più parole e attenzione di tutti i morti in Ucraina o di tutti coloro che sono morti mentre fuggivano disperati dai loro paesi in guerra.
Comprendiamo ovviamente tutte le ragion di Stato ma per la morte di Raisi possiamo solo dire di avere l’ingenua, incrollabile speranza che chi lo sostituirà sia meno sanguinario e crudele di lui.
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I figli di Dio non sono in vendita. Il film contro la tratta internazionale dei bambini
Dal 19 febbraio scorso è arrivato finalmente nelle sale cinematografiche italiane, dopo una serie di proiezioni in anteprima nelle principali città, il film The sound of freedom – Il canto della libertà del regista Alejandro Monteverde e con protagonista Jim Caviezel, il Gesù del film The Passion of the Christ di Mel Gibson, ed è risultato secondo al botteghino. La distribuzione in Italia è merito della Dominus Production di Federica Picchi, che coraggiosamente si assume la missione di distribuire nel nostro paese pellicole cinematografiche scomode che altrimenti non riusciremmo a vedere (Cristiada, Dio non è morto, Unplanned). Anche fuori d’Italia questo film ha incontrato diverse traversie: realizzato nel 2018, incagliatosi in USA e riacquistato con un’operazione di crowfunding, nell’estate 2023 è giunto nei cinema statunitensi e contro ogni aspettativa è stato un vero successo di pubblico. A fronte di un budget di realizzazione di 15 milioni di dollari a fine 2023 ne ha incassati 250 milioni. The sound of freedom è un film d’azione ispirato alla realtà. Jim Caviezel interpreta l’agente Tim Ballard della Homeland Security che si occupa della pedopornografia in rete. Ballard è sconvolto dal fatto che la maggioranza delle vittime di questo odioso crimine e coinvolte nella tratta internazionale scompaiono per sempre. Un dato questo reale e confermato anche per l’Italia dove nel 2022 il Ministero dell’Interno segnala ben 17 mila minori scomparsi e non tutti ritrovati. Il buon Ballard, la cui filosofia è che “non si toccano i figli di Dio”, si dimette dalla HS e intraprende la sua ricerca per riportare al padre due bambini, fratello e sorella, rapiti in Honduras e trasferiti in Colombia. Anche nella realtà Ballard, dimessosi dalla HS, diede vita insieme ad altri ex agenti a un’organizzazione per il recupero dei minori scomparsi (Operation Underground Railroad). Un vero film d’azione le cui difficoltà di distribuzione sono dovute al tema sensibile della pedofilia. Infatti subito l’ambiente liberal internazionale ha reagito accusandolo di divulgare le tesi complottiste di QAnon che in realtà all’epoca in cui il film fu iniziato (2015) non esisteva neanche e nel film non appare alcun riferimento a tali deliranti ipotesi. Si sa bene che la cultura liberal è molto indulgente nei confronti di queste perversioni. In Italia, fin dai tempi dell’icona della cultura gay Mario Mieli, di tanto in tanto si levano voci che chiedono la liberalizzazione della pedofilia. Da anni don Fortunato Di Noto con la sua Associazione Meter Onlus raccoglie e segnala migliaia di video pedopornografici ma a causa dell’organizzazione dislocata in vari paesi i colpevoli raramente vengono consegnati alla giustizia. Si comprende quindi facilmente come questo film abbia trovato difficoltà di distribuzione che, superate, sono state premiate dal successo di pubblico e dalla maggioranza dei critici obiettivi e non ideologizzati. Il merito del film è di mostrare con realismo ma senza alcuna concessione alla morbosità o a scene sconsigliabili a un pubblico di minori la realtà perversa e il modus operandi di questi perversi criminali rompendo una cortina di silenzio favorita da complicità internazionali e dagli altissimi profitti perché, come viene detto nella pellicola, la cocaina si vende una volta sola, mentre un bambino può venire abusato molte volte.
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Meno 59: l’emergenza demografica non percepita dalla cecità istituzionale
Mentre il mondo politico si divide tra riforme istituzionali i cui stessi promotori non si dimostrano in grado di comprenderne gli effetti (*) ed una opposizione che insorge a favore di un ipotetico salario unico dopo essere stata per oltre dieci anni maggioranza di governo, il nostro Paese piano piano si dirige verso l’annullamento demografico scendendo sotto i cinquantanove (59) milioni di abitanti.
Contemporaneamente la manovre finanziarie di ogni governo, ma in particolare dal 2011, governo Monti e riforma Fornero, continuano ad avere come problematiche centrali la gestione della spesa pensionistica. Di certo non esprimono alcuna politica a favore della crescita della occupazione stabile e di conseguenza della famiglia.
In questo contesto le uniche due realtà che abbiano una natalità positiva sono rappresentate dalla province autonome di Trento e Bolzano le quali possono contare sulle risorse che l’autonomia fiscale garantisce alle famiglie.
Sembra incredibile come ancora adesso non si comprenda che le famiglie nascano e crescano all’interno di contesti di sviluppo economico in grado di creare lavori a tempo indeterminato garantiti e servizi alla famiglia finanziati attraverso il prelievo fiscale che viene speso dove viene generato.
In altre parole, sarebbe opportuno cominciare ad ammettere come la spesa pubblica abbia sostanzialmente fallito la propria funzione in quanto non solo non è in grado di fornire quei servizi essenziali indipendentemente dal livello di retribuzione ma ancora meno è stata in grado di assicurare gli strumenti necessari soprattutto di supporto alle famiglie.
Una spesa pubblica che ha comunque reso il nostro Paese l’unico in Europa ad avere negli ultimi trent’anni una riduzione del -2,7% del reddito disponibile mentre in Germania nello stesso periodo è cresciuto del +34,7%.
La marginalità demografica, in ultima analisi, e di conseguenza economica, alla quale il nostro Paese viene destinato rappresenta la più grande responsabilità di una classe politica che da sempre vede nella gestione della spesa pubblica la massima espressione del proprio potere che viene gestito non certo a favore della popolazione ma solo per salvaguardare i propri interessi (**).
In più questa crisi demografica, paradossalmente, non interessa a questa classe politica, in quanto la riduzione del bacino elettorale all’interno del quale le persone decedute non vengono sostituite da nuovi elettori permette di abbassare le soglie elettorali di elezione e, di conseguenza, aumentare il peso specifico del partito e dei suoi sostenitori.
Solo una politica economica di sviluppo all’interno di un contesto di aspettative positive assicurate dalla certezza di servizi a favore della famiglia può invertire questo trend come il Trentino Alto Adige da anni insegna.
Evidentemente le priorità di spesa e, di conseguenza, di ricaduta per la popolazione sono altre, basti pensare al delirio del ponte sullo Stretto di Messina oppure all’aumento dell’Iva sul latte in polvere.
Il nostro Paese, in ultima analisi, si avvia ad un declino espresso dall’inadeguatezza dell’intera classe politica italiana.
(*) La Russa che parla di un ridimensionamento della figura del Presidente della Repubblica quando ad essere ridimensionato risulta il Parlamento https://www.ilpattosociale.it/politica/le-riforme-istituzionali-dalla-funzione-di-governo-a-quella-del-comando/
(**) 2018 https://www.ilpattosociale.it/attualita/la-vera-diarchia/