Bambini

  • E’ sufficiente un passaporto americano?

    La efferata, terribile uccisione di una bambina di pochi mesi, trovata nel parco di Villa Panfili a Roma a pochi metri dal corpo della madre, assume sempre più gli aspetti di un giallo internazionale.

    Come tutti speriamo che l’uomo, dalla doppia identità, arrestato in Grecia possa essere estradato in Italia e che si possa fare luce sulle tragiche vicende che hanno portato la bambina a subire una morte atroce dopo essere stata prima affamata e picchiata.

    Rimangono ancora senza risposta anche le motivazioni che, a fronte di più controlli, effettuati in giorni diversi anche a seguito di segnalazioni da parte della polizia italiana, non si siano fatti adeguati accertamenti e non si sia portato l’uomo, più volte trovato in stato di ebrezza e in situazioni violente, in una stazione di Polizia o dei Carabinieri visto che la donna, da lui definita sua moglie, non aveva documenti e che la bambina è stata più volte vista piangere e non essere in condizione idonea per una bimba di pochi mesi.

    Un passaporto americano è sufficiente a passare sopra a comportamenti gravi che avrebbero fatto scattare invece seri provvedimenti se si fosse trattato di persona di diversa nazionalità?

    Controlli appropriati avrebbero molto probabilmente evitato almeno la morte della bambina.

  • Maltrattamenti su bambini e adolescenti: aumentati del 58% in cinque anni

    In Italia risultano in carico ai servizi sociali 374.310 minorenni, di questi 113.892 sono vittime di maltrattamento, ovvero il 30,4%. Si tratta al 31 dicembre 2023 di un aumento del 58% rispetto alla precedente indagine del 2018, in cui i minorenni in carico ai servizi sociali vittime di maltrattamento rappresentavano il 19,3%. Sul totale della popolazione minorenne residente in Italia questo significa un passaggio da 9 a 13 minorenni maltrattati ogni mille. Un’impennata registrata nell’arco di soli cinque anni.

    È quanto emerge dalla III Indagine nazionale sul maltrattamento di bambini e adolescenti in Italia, condotta Terre des Hommes e Cismai per l’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, che è stata presentata stamattina nella Sala polifunzionale della Presidenza del Consiglio dei ministri dall’Autorità garante Marina Terragni, dalla presidente della Fondazione Terre des Hommes Italia, Donatella Vergari, e dalla presidente Cismai, Marianna Giordano. Presente la Ministra della famiglia, la natalità e le pari opportunità, Eugenia Roccella.

    La forma di maltrattamento più frequente è il Neglect (trascuratezza) subito dal 37% dei minori, seguita dalla violenza assistita, al 34%. Violenza psicologica e maltrattamento fisico, invece, incidono rispettivamente per il 12% e l’11%. Meno diffuse risultano la patologia delle cure (4%) e l’abuso sessuale (2%). Il maltrattamento colpisce indistintamente maschi e femmine ma l’indagine riporta, per la prima volta, anche un quadro puntuale delle forme in cui ciascun genere ne è vittima. Un dato balza all’occhio: nell’87% dei casi il maltrattante appartiene alla cerchia famigliare ristretta, senza differenze a livello territoriale.

    La III Indagine nazionale sul maltrattamento di bambini e adolescenti in Italia prende in considerazione 326 comuni italiani, selezionati da ISTAT, a fronte dei 196 considerati nell’edizione precedente del 2021, comprese 12 città metropolitane, coprendo così un bacino di 2.733.645 minorenni. L’indagine analizza il fenomeno con dati al 31 dicembre 2023 e rappresenta l’unica fotografia post pandemia da Covid-19 del maltrattamento ai danni di infanzia e adolescenza.

    Dato impressionante, tra gli altri, quello della violenza assistita, che riguarda un terzo dei casi di maltrattamento. Unitamente al fatto che ben l’87 per cento di tutti i maltrattamenti avviene all’interno della cerchia familiare ristretta, quel dato segnala la necessità e l’urgenza di porre la massima attenzione alla famiglia, colpita da una crisi sempre più diffusa e profonda”, commenta l’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza Marina Terragni.

    Con questa Indagine consegniamo alle istituzioni uno strumento fondamentale affinché il nostro Paese possa costruire una risposta sempre più efficace e al passo con le avanguardie internazionali, contro la violenza a danno di bambini e bambine. – dichiara Donatella Vergari, Presidente di Terre des Hommes Italia –  A cominciare da azioni di rafforzamento del tessuto sanitario, educativo e sociale, per una più qualificata e pronta segnalazione delle vittime e per l’individuazione e accompagnamento delle fragilità genitoriali. Fattori imprescindibili di cui tenere conto in ottica di prevenzione del fenomeno.

    La III Indagine rappresenta un’importante tappa rispetto alla conoscenza, all’analisi ed alla misurazione del multiforme fenomeno del maltrattamento all’infanzia nel nostro Paese – dichiara Marianna Giordano, Presidente Coordinamento Italiano Servizi contro il Maltrattamento e l’Abuso all’Infanzia (Cismai)  Lo studio permette di riflettere sull’impatto a breve medio e lungo termine sulle traiettorie di vita di bambine, bambini, adolescenti e rappresenta uno strumento prezioso per i decisori politici, per gli amministratori locali, per le operatrici e gli operatori territoriali per definire e realizzare politiche ed azioni appropriate in tutto il Paese per prevenire e contrastare la violenza e curare le piccole vittime ed i loro genitori vulnerabili”.

  • Il coraggio della paura

    Di fronte ad un episodio di tale violenza nei confronti di una bambina di prima media come quello avvenuto giovedì 10 a Mestre, non si possono esprimere parole o concetti che siano in grado anche solo fornire una vaga idea della gravità della violenza subita da una bambina di undici anni ed il dramma della bimba e dei suoi genitori.

    Il fatto che questa ragazza sia stata seguita dalla palestra e successivamente fino a casa, nonostante fosse al telefono con la sua amica, tuttavia spinge a delle considerazioni fondamentali per quanto riguarda anche il nostro sistema educativo e i valori e le sicurezze che dovremmo trasmettere ai ragazzi.

    La paura è un sentimento umano, molto spesso nasce dalla suggestione e per fortuna anche dalla semplice fantasia. Tuttavia, specialmente in realtà cittadine come quelle di Mestre, emerge come sia vitale educare le ragazze ed i ragazzi a non avere alcuna vergogna di provare una qualsiasi forma di paura e soprattutto, in questo frangente, a non vergognarsi di manifestarla chiedendo aiuto a chiunque abbiano di fronte o semplicemente entrando in un bar o un negozio per cercare un primo riparo.

    Se una ragazza si sente pedinata o in pericolo dovrebbe essere sicura e quindi non provare alcuna vergogna nel fermare le persone che possa trovare di fronte o, nel caso del tram, di chiedere aiuto al guidatore. Oppure, una volta scesa dal mezzo pubblico, entrare immediatamente in un bar e in un negozio e chiedere aiuto alle persone all’interno. E magari, contemporaneamente, chiamare la polizia ed i carabinieri dichiarando il proprio nome e cognome, l’età e chiedere aiuto in quanto si sente in pericolo a causa di un uomo che la sta seguendo.

    Quando una bambina si dovesse trovare in una situazione così terribile dovrebbe sapere di poter contare sulla possibilità di chiedere aiuto a chiunque e non affidarsi al telefonino dove trovare una voce amica ma che purtroppo la isola dal contesto. In altre parole, la tensione e lo sfaldamento sociale della nostra società fa sì che i ragazzini e le ragazzine non abbiano quella sana percezione di vivere in una società disponibile sempre ad aiutarli ed eventualmente a salvarli da situazioni potenzialmente pericolose. Questa sensazione nasce probabilmente anche da una sostanziale sfiducia nei confronti della società stessa che i giovani ragazzi non percepiscono come amica e che magari avvertono tale anche dai comportamenti degli adulti.

    Al di là delle solite, rituali quanto inutili discussioni che seguiranno questo terribile episodio, le quali otterranno il medesimo risultato di quelle successive alla morte di quel povero ragazzo in Corso del Popolo sempre a Mestre, sarebbe ora di tempo che si cominciasse a valutare e magari aggiornare anche il sistema educativo nel quale dovrebbe essere previsto anche un paradigma di comportamenti da seguire nel caso che si trovi in una situazione di paura. In questo nuovo contesto educativo la società dovrebbe insegnare alle ragazzine e a chiunque percepisca una situazione di pericolo o di paura di non vergognarsi di queste sensazione ma, viceversa, di sentirsi in diritto di cercare di superarla attraverso la richiesta di aiuto verso chiunque si trovi lungo il proprio percorso.

    E’, infatti, assolutamente incredibile che nel luogo in cui questo inseguimento è avvenuto, alle 18:30, nessuno abbia compreso la paura di questa ragazza e come lei, forse per una intima vergogna, non si sia rivolta a chiunque lei avesse incontrato per chiedere un primo aiuto.

    Molto spesso, anzi troppo spesso, si parla di società inclusiva, una definizione ideologica incapace di affrontare le problematiche sociali ma che assicura una visibilità politica ed ideologica a chi la definisce. Tanto poi, alla fine, tutti noi non siamo in grado neppure di salvare da una situazione di pericolo una bambina di 11 anni. Troppo distratti dalle nostre misere realtà quotidiane tanto da dimostrarci incapaci persino di vedere la disperazione nel volto di una bimba.

  • South Korea admits to ‘mass exporting’ children for adoption

    South Korean governments committed numerous human rights violations over decades in a controversial programme that sent at least 170,000 children and babies abroad for adoption, a landmark inquiry has found.

    It said the government’s lack of oversight enabled the “mass exportation of children” by private agencies that were driven by profit, and found examples of fraud, falsified records and coercion.

    Since the 1950s, South Korea has sent more children abroad for adoption than any other country, with most sent to Western countries.

    South Korea has sinced moved to tighten its adoption processes, but some adoptees and their biological parents say they are still haunted by what they went through. The BBC spoke to one woman who claimed her adoptive parents “took better care of the dog than they ever did of me”.

    “This is a shameful part of our history,” said Park Sun-young, the chairperson of the commission, at a press briefing.

    “While many adoptees were fortunate to grow up in loving families, others suffered great hardship and trauma due to flawed adoption processes. Even today, many continue to face challenges.”

    The report was released on Wednesday by the independent Truth and Reconciliation Commission following an investigation that began in 2022.

    Since then, 367 adoptees – all of which were sent overseas between 1964 and 1999 – had filed petitions alleging fradulent practices in their adoption process.

    Some 100 petitions have been analysed so far, of whom 56 adoptees were recognised as victims of human rights violations. The commission is still investigating other cases, with the inquiry set to end in May.

    In the aftermath of the Korean war, South Korea was one of the poorest countries in the world and few families were keen on adopting children.

    South Korea’s government then began a transnational adoption programme handled by private agencies, which were given significant powers through special adoption laws.

    But there was a “systemic failure in oversight and management”, which led to numerous lapses committed by these agencies, according to the report.

    The report noted that foreign agencies had demanded a set number of children every month and Korean agencies complied, “facilitating large-scale intercountry adoptions with minimal procedural oversight”.

    With no government regulation on fees, the Korean agencies charged large amounts and demanded “donations”, which turned adoptions into “a profit-driven industry”, according to the report.

    Other lapses include adoptions conducted without proper consent from birth mothers and inadequate screening of adoptive parents.

    The agencies also fabricated reports that made children appear as if they were abandoned and put up for adoption; and intentionally gave children wrong identities.

    Because many adoptees had false identities listed in their paperwork, they now struggle to obtain information about their birth families and are left with inadequate legal protection, the report noted.

    The commission has recommended the government deliver an official apology, and to comply with international standards on transnational adoptions.

    ‘I have had a painful and miserable life’

    South Korea has moved to tighten its adoption processes in recent years. In 2023, it passed a law ensuring that all overseas adoptions would be handled by a government ministry instead of private agencies, which is due to come into effect by July.

    The South Korean government has yet to respond to Wednesday’s report.

    Inger-Tone Ueland Shin, 60, was one of the petitioners whose cases were investigated by the commission. She was adopted by a Norwegian couple when she was 13 – and discovered later on that her adoption was illegal.

    The couple, who were in their 50s at the time, had initially applied to adopt but were rejected by Norwegian authorities as they were too old.

    They then travelled to South Korea and visited an orphanage, where they selected Inger-Tone and took her with them to Norway.

    The couple only submitted an adoption application to Norwegian authorities years later. The authorities approved it, despite acknowledging the illegality of Inger-Tone’s situation, because they determined that by then she had “no connection to Korea anymore”.

    Inger-Tone told the BBC she had great difficulty adjusting to life in Norway, and also alleged her adoptive father sexually abused her.

    “They took better care of the dog than they ever did of me,” she said. “It was so painful. I wasn’t able to talk or express myself, other than crying at night”.

    In 2022, she successfully sued her local government in Norway and was awarded damages. She also received her local government’s acknowledgment that it was liable for “failing to supervise” her adoptive home.

    Her adoptive parents have since died.

    “They have never spent time in prison for what they’ve done to me. They criminally picked up a child outside of the country… nobody has taken responsibility for what they did to me,” she said.

    While she is satisfied with the results of the commission’s investigation, she said: “I have been living in the wrong country and I have had a painful and miserable life.”

    “I don’t wish this for anyone and I sincerely hope they do not adopt any more children out of Korea.”

  • Allarme sanitario dell’Unicef per l’Africa sudorientale

    Le emergenze sanitarie, tra cui i focolai di colera, di vaiolo e, più recentemente, di febbri emorragiche virali, rappresentano una minaccia significativa per la sicurezza e il benessere di milioni di bambini nell’Africa orientale e meridionale. Lo denuncia in una nota il Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef), secondo cui l’elevato numero di crisi sanitarie, spesso aggravate da shock climatici, sta colpendo comunità già vulnerabili e aggrava i rischi per i bambini della regione. “L’allarmante frequenza delle emergenze sanitarie e delle epidemie nella regione sta distruggendo le reti di sicurezza vitali per i bambini, privandoli del diritto a un ambiente sicuro e accogliente”, ha dichiarato Etleva Kadilli, direttrice regionale dell’Unicef per l’Africa orientale e meridionale. “Le parti interessate a livello globale e regionale devono unirsi per rafforzare i sistemi di protezione offerti dalle famiglie, dalle comunità e dai servizi statali per garantire che ogni bambino possa crescere, anche di fronte a molteplici sfide”, ha aggiunto.

    Nel 2025, 17 Paesi dell’Africa orientale e meridionale sono alle prese con molteplici emergenze sanitarie, la maggior parte delle quali è costituita da focolai di malattie prevenibili da vaccino come la poliomielite, il morbillo e la difterite. Anni di tassi di immunizzazione stagnanti e in calo in molti Paesi della regione hanno portato a una recrudescenza di queste malattie prevenibili. La regione sta vivendo importanti focolai di febbri emorragiche virali, tra cui la malattia da virus Marburg in Tanzania e la malattia di Ebola causata dal virus Sudan in Uganda. Inoltre, il vaiolo continua a rappresentare un problema sanitario significativo, in particolare in Burundi e Uganda, con rischi di trasmissione transfrontaliera a causa degli elevati livelli di movimento della popolazione. Inoltre, il colera sta attualmente colpendo 12 Paesi, tra cui Angola, Burundi, Sud Sudan, Zambia e Zimbabwe, con la regione che registra il maggior numero di decessi per colera e diarrea acquosa acuta a livello globale. I bambini sono intrinsecamente più vulnerabili all’impatto fisico di queste malattie a causa del loro sistema immunitario in via di sviluppo e delle loro caratteristiche fisiologiche uniche. I rischi sono ancora maggiori per i bambini che soffrono di malnutrizione.

    Inoltre, quando un membro della famiglia si ammala, è più probabile che i bambini sperimentino un disagio psicologico e siano maggiormente a rischio di abusi, violenze o addirittura lavoro minorile come strategia di sopravvivenza per le famiglie colpite. I rischi per i bambini, in particolare per le bambine, che spesso sono responsabili dell’assistenza ai membri della famiglia colpiti, aumentano con il convergere di crisi multiple. Durante le emergenze sanitarie, le donne e le bambine sono spesso a maggior rischio di abusi sessuali, violenza e sfruttamento a causa della separazione familiare, dell’interruzione dei servizi sociali come l’istruzione e l’assistenza sanitaria e della maggiore vulnerabilità economica. Queste emergenze concomitanti e spesso cicliche mettono a dura prova le capacità di risposta, compromettendo gli importanti risultati ottenuti nel rafforzamento dei servizi sociali. Oltre a fornire forniture essenziali, lavorare con le comunità e sostenere l’accesso all’istruzione, alla salute, alla nutrizione, all’acqua e ai servizi igienici, l’Unicef sta lavorando in tutta la regione per proteggere i bambini da abusi, sfruttamento e violenza.

    L’Agenzia Onu sta inoltre lavorando per garantire la continuazione dei servizi essenziali per i bambini in modo sicuro, rispettoso e dignitoso per le bambine e i bambini di tutte le età, compresi i bambini con disabilità e altri gruppi vulnerabili. Tuttavia, data la portata delle emergenze sanitarie, l’aumento dei finanziamenti e il sostegno internazionale restano fondamentali. “In qualsiasi emergenza, i bambini e le persone più vulnerabili sono quelli che soffrono di più”, ha dichiarato Kadilli. “Oltre agli investimenti nelle infrastrutture e nei servizi essenziali, alla promozione dell’immunizzazione di routine e all’intervento sui determinanti sociali della salute, è necessario continuare a dare priorità a finanziamenti sostenuti per gli sforzi di protezione, al fine di sostenere il benessere generale dei bambini nella regione”, ha concluso.

  • Il cambiamento climatico colpisce i più piccoli

    Il cambiamento climatico colpisce i più piccoli, secondo quanto sostiene Debra Hendrickson, pediatra e professoressa alla facoltà di medicina dell’Università del Nevada, nel suo libro The Air They Breathe: A Pediatrician on the Frontlines of Climate Change (edito da Simon & Schuster). «Un gruppo di ricercatori ha stimato che quasi il 90% del carico di malattie globali del cambiamento climatico ricade su chi ha meno di cinque anni – ha dichiarato in un’intervista al Corriere della Sera. “Il loro corpo funziona in modo diverso ed è più vulnerabile ai pericoli ambientali. Sono più piccoli, quindi ricevono una “dose” maggiore di inquinamento atmosferico per chilogrammi. Ma la cosa più importante è che i loro organi sono ancora in fase di formazione e crescita, e una lesione nei primi anni di vita può avere un effetto profondo. I bambini che respirano regolarmente aria inquinata da fumi tendono a sviluppare polmoni più piccoli e rigidi».

    Secondo Hendrckson «le particelle, che di solito sono legate a sostanze chimiche tossiche o metalli pesanti, sembrano alterare lo sviluppo del cervello. Il meccanismo esatto non è del tutto chiaro, ma sembra che causino danni attraverso il naso o dopo essere stati trasportati nel sangue dai polmoni, e attraverso l’infiammazione generale del corpo». E in un simile contesto, anche giocare all’aperto rischia di essere un problema: «Questo è uno dei costi nascosti di un mondo più caldo: i bambini non riusciranno a farlo in sicurezza e ciò significa passare ancora più tempo sui dispositivi con conseguenti tassi più elevati di obesità, diabete e malattie cardiache. Nel libro parlo di “parchi giochi naturali” costruiti con materiali come legno e tela, che, se circondati da alberi, possono anche rinfrescare il quartiere circostante».

    A rischio sono anche i nascituri. «Quando una madre incinta inala particolato, aumenta il rischio di parto prematuro e di un bambino sottopeso. Alcune delle ricerche più allarmanti degli ultimi anni hanno dimostrato che lo sviluppo del cervello fetale può essere alterato, aumentando le probabilità di autismo e problemi di apprendimento».

    Hendrickson ha comunque una diagnosi precisa e, di conseguenza, anche una terapia: «Un’analisi recente, realizzata su ben 145 Paesi nel 2022, ha dimostrato che una rapida transizione dai combustibili fossili è possibile tecnologicamente e finanziariamente. Le barriere a questo punto sono tutte politiche, il che significa che possiamo superarle. In estrema sintesi, i passaggi più importanti sono far sì che tutta la nostra elettricità derivi da fonti pulite, e quindi sostituire le nostre auto e i nostri elettrodomestici a gas con alternative elettriche. In ogni città del mondo, i governi stanno prendendo decisioni che influenzano la velocità con cui avviene questa transizione energetica. Ad esempio, la più grande azienda di servizi pubblici del mio Stato vuole costruire diverse altre centrali elettriche a gas, ma molti di noi stanno lottando per l’energia rinnovabile e i sistemi di accumulo delle batterie. I genitori devono prestare attenzione a problemi che prima non avevano, per il bene dei loro figli. Come dico nel libro, si fidano di noi per tenerli al sicuro, e noi li stiamo deludendo».

  • “BARBIE: A Cultural Icon Exhibition”, la mostra a Milano dedicata a un fenomeno multigenrazionele

    Alzi la mano chi, a partire dal 1959, non ha mia chiesto una Barbie come regalo di Natale? Bionde e bellissime, dapprima con un semplice costume da bagno e poi con un corredo sempre più ricco, o glamour che dir si voglia, al quale si sono via via aggiunti una casa a più piani, un’automobile, un camper, biciclette, piscine e ogni dettaglio in miniatura – possibilmente rosa o nelle sue varianti – della nostra vita quotidiana sono diventate l’oggetto del desiderio di tante generazione di bambine e di collezionisti. A lei, la splendida icona che compie 65 anni, senza dimostrali, Milano dedica una mostra al Next Exhibition (Via Paolo Sarpi 6/8) che sarà visitabile fino alla metà di gennaio. E quale occasione migliore allora per tuffarsi nel suo mondo, che poi è quello di tutti noi, proprio durante le festività natalizie?

    BARBIE: A Cultural Icon Exhibition, ideata dalla collaborazione tra Next Exhibition e Mattel, Inc., proprietaria del marchio, e curata dal collezionista Mario Paglino, rende omaggio a sessantacinque anni di moda e ispirazione, dimostrando come Barbie sia più di una bambola, bensì una vera e propria icona culturale e di stile. La mostra celebra Barbie come riflesso della cultura con interviste esclusive e uno sguardo ravvicinato alle bambole vintage, alla rappresentazione delle carriere e alle tendenze della moda di ogni epoca.

    Oggi il portfolio prodotto Barbie è uno tra i più diversificati e inclusivi al mondo, ispirando le ragazze a immaginare tutto ciò che potranno diventare. L’obiettivo della mostra è quello di spingere tutti coloro che la visitano a ripercorrere tutto ciò che hanno sempre saputo su Barbie e a riflettere su come la società si sia evoluta con ogni generazione.

    “Barbie: A Cultural Icon Exhibition” presenta una bambola Barbie originale prodotta nel 1959 e accompagna i visitatori in un viaggio attraverso i decenni, rendendo omaggio a Barbie e al mondo che la circonda e analizzando le tendenze della moda degli anni ’60, ’70, ’80, ’90 e 2000, fino all’iconica bambola del 65esimo anniversario, rilasciata nel 2024. Includendo vestiti, accessori e lifestyle e seguendo un viaggio cronologico, la mostra presenta oltre 250 bambole e accessori vintage, che prendono vita attraverso esposizioni a tema personalizzate.

    Supporti video e interviste ai designer di Barbie ampliano la narrazione, così come gli scenari iconici: dalla prima Dreamhouse del 1962 a un’inconfondibile macchina rosa, da una fantastica tavola da surf alle due postazioni per selfie di Barbie e Ken a grandezza naturale, dove poter scattare delle foto souvenir.

    Non resta che immergersi nel meraviglioso mondo di Barbie per sognare, ricordare e lasciarsi ispirare.

  • Rapporto Coldiretti-Censis: figli italiani sempre più assuefatti alle merendine

    L’82% delle famiglie italiane chiede un piano pubblico per salvaguardare la salute dei propri figli, sempre più “drogati” di energy drinks, merendine e cibi ultra-trasformati, una vera e propria dipendenza che crea enormi pericoli per il loro sviluppo. Un grido d’allarme da parte dei genitori che vedono fallire il ricorso a divieti o altre forme di coercizione proprio mentre si levano più forti gli allarmi del mondo medico scientifico. E’ quanto emerge dal Rapporto Coldiretti/Censis presentato in occasione della giornata inaugurale del Forum internazionale dell’agricoltura e dell’alimentazione a Villa Miani, a Roma. Il forum è stato organizzato in collaborazione con The European House-Ambrosetti, alla presenza del presidente della Coldiretti, Ettore Prandini, e del segretario generale, Vincenzo Gesmundo. Con loro anche Matteo Bassetti, professore ordinario di Malattie infettive dell’università degli Studi di Genova, Alberto Villani, coordinatore funzionale dell’area clinica Pediatria universitaria ospedaliera dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù – università di Roma Tor Vergata, Esmeralda Capristo, professoressa in Scienze tecniche dietetiche applicate all’università Cattolica del Sacro Cuore di Roma e Stefano Pisani, sindaco di Pollica.

    Per l’occasione sono state allestite due grandi tavole per mettere a confronto il cibo ultra-trasformato con quello naturale, simbolo della dieta mediterranea. Uno stile alimentare che i genitori italiani vogliono trasmettere ai propri figli – rilevano Coldiretti/Censis – poiché percepito come un insieme di abitudini che garantiscono che i giovani mangeranno bene. Un cibo equilibrato, sano, sicuro e genuino in linea con la tutela della salute personale e del pianeta. Uno sforzo quotidiano che si scontra però con la considerazione che appena ne hanno la possibilità i propri figli non mangiano in modo salutare. Un fenomeno, quello degli ultra-trasformati, che va combattuto – sottolinea Coldiretti – aumentando le ore di educazione alimentare nelle scuole e mettendo in campo campagne di sensibilizzazione per far conoscere i pericoli associati all’assunzione sistematica e continuativa di cibi ultra-trasformati, come chiesto dai genitori italiani. Un passo decisivo sarebbe la definizione di forme di etichettatura per evidenziare che un determinato prodotto appartiene alla categoria degli ultra-trasformati.

    Ma l’utilizzo di questi prodotti va anche vietato nelle mense scolastiche e nei distributori automatici diffusi negli edifici pubblici, a partire proprio dalle scuole, con precisi limiti anche alla pubblicità, seguendo l’esempio del Regno Unito che ha vietato le fasce orarie di maggiore esposizione per bambini e adolescenti. E del fatto che i propri figli appena possono scelgono cibi ultra-trasformati se ne è reso conto quasi un genitore su due (48 per cento). E non sembrano funzionare i divieti, una strada scelta dal 37 per cento di famiglie – secondo Coldiretti/Censis – che hanno imposto ai bambini di non mangiare merendine, caramelle, bibite gassate e junk food di vario tipo, anche dinanzi alle sempre più chiare evidenze scientifiche sui rischi ad essi collegati.

    Dinanzi al sostanziale fallimento di politiche coercitive non sorprende, dunque, che oltre otto famiglie su dieci pensino che sarebbe importante attivare una grande campagna, dalla scuola al web, rivolta ai ragazzi sul tema dell’educazione al mangiare bene. Riconoscere di aver bisogno di un aiuto esterno per il raggiungimento di tale obiettivo, è un chiaro segnale dell’importanza che attribuiscono all’insegnamento di una buona educazione alimentare, considerandolo un dovere imprescindibile. Una battaglia sostenuta da sempre da Coldiretti che è impegnata a promuovere nelle scuole italiane il progetto Educazione alla Campagna Amica, un percorso educativo che coinvolge oltre mezzo milione di bambini all’anno su tutto il territorio nazionale. L’obiettivo è quello di formare dei consumatori consapevoli per valorizzare i fondamenti della dieta mediterranea e fermare così il consumo del cosiddetto junk food che mette a rischio la salute e fa aumentare l’obesità, come sostenuto unanimemente dalla scienza medica. Un cibo fatto in laboratorio che, entrando sempre più prepotentemente nelle abitudini alimentari quotidiane, fa inevitabilmente da apripista a quello artificiale.

  • A 35 anni dalla Convenzione ONU sui diritti dell’Infanzia, nell’Unione europea persiste lo Jugendamt tedesco

    Nel trentacinquesimo anniversario della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell’Infanzia Borrell ha giustamente ricordato le sofferenze alle quali i bambini sono ogni giorno sottoposti a causa delle molte guerre o delle tragiche situazioni economiche e climatiche di molti paesi.

    Bambini uccisi, feriti, rimasti soli, bambini rapiti dalla Russia di Putin o massacrati nella guerra in Medio Oriente, bambini denutriti, costretti a lavorare invece di studiare o giocare, bambini che non hanno possibilità di cure o usati come schiavi.

    Bambini violentati ed abusati quando non diventano addirittura serbatoio di organi da espiantare, bambini avviati alla prostituzione.

    Tra tutti drammi che Borrell ha giustamente ricordato non ha però citato quella che, ancor oggi, resta una vergogna della civilissima Europa e cioè la presenza nell’Unione di una organizzazione tedesca, lo Jugendamt, nata durante il nazismo, che continua a separare i figli delle coppie binazionali imponendo che debbano vivere in Germania e non avere più contatti, in caso di separazione tra i genitori, con quello non tedesco.

    Decine e decine di casi che hanno visto la strenue battaglia di tanti padri e madri, prima di tutti Marinella Colombo, che vogliamo ogni giorno ricordare come esempio di coraggio, separati a forza dai loro figli che non possono più incontrare.

    Bambini che perdono metà della loro identità, della loro famiglia, che in gran parte rimarranno segnati da queste criminali privazioni.

    L’Europa ha le frontiere aperte per le persone e per le merci ma le frontiere tedesche sono chiuse per tutti quei bambini che lo Jugendamt ha di fatto sequestrato.

    Intanto l’Unione tace, nonostante le molte interrogazioni che, almeno dal 2009, sono state presentate e nonostante le commissioni d’inchiesta che sono finite in nulla anche perché le traduzioni erano state falsate, dorme l’Europa e dorme l’Italia, i bambini restano sequestrati dalla Germania ed i loro genitori non tedeschi continuano a pagare ed a soffrire.

  • A Radio Radicale, oggi pomeriggio alle ore 18, Niccolò Rinaldi ricorderà Marinella Colombo

    Oggi pomeriggio, alle ore 18, l’On. Niccolò Rinaldi, già eurodeputato, interverrà a Radio Radicale per parlare della vicenda di Marinella Colombo, di minori, diritti, Jugendamt,  Germania e ricordare una donna donna ed una madre che ha lottato per la giustizia sua e di tanti genitori.

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