Cultura

  • Granaio berbero restaurato in Tunisia con l’aiuto dell’Italia

    È stato inaugurato a Tataouine, regione meridionale della Tunisia, il Ksar Ouled Soltane, uno storico granaio fortificato di origine berbera, restaurato con il sostegno dell’Italia. Alla cerimonia d’inaugurazione hanno partecipato l’ambasciatore d’Italia a Tunisi Alessandro Prunas, la direttrice dell’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics) a Tunisi Isabella Lucaferri, il direttore dell’Istituto nazionale del patrimonio tunisino (Inp) Tarek Baccouche e rappresentanti delle autorità locali. Lo ksar, restaurato con il sostegno dell’Aics, si sviluppa su due cortili, ognuno dei quali è circondato da un perimetro di cantine a più piani con soffitto a volta, o ghorfas. Come altri ksour (plurale di ksar) costruiti dalle comunità berbere, Ksar Ouled Soltane si trova sulla cima di una collina, in una posizione strategica per la difesa dalle incursioni in epoche passate.

    In questa occasione, l’ambasciatore Prunas e la direttrice dell’Aics Lucaferri hanno inoltre inaugurato il punto vendita di prodotti locali gestito dal Gruppo di sviluppo agricolo (Gda) femminile di Tataouine, dove vengono proposti prodotti locali e testimonianze sulla storia della comunità. Questi risultati sono parte integrante del progetto Rinova – Risanamento dell’ambiente, creazione di posti di lavoro e promozione del territorio a Tataouine, attuato dal Comune di Nuoro, in collaborazione con l’associazione Arcs Tunisie. Il programma mira a promuovere uno sviluppo territoriale sostenibile e resiliente attraverso tre pilastri fondamentali: la gestione dei rifiuti, il sostegno all’economia locale e la valorizzazione del patrimonio culturale materiale e immateriale. Durante la cerimonia, l’ambasciatore italiano ha espresso la sua “ammirazione per il coinvolgimento attivo delle donne”, sottolineando il loro “contributo essenziale” alle dinamiche locali e all’innovazione sociale. Il punto vendita di Tataouine rappresenta un significativo esempio di cooperazione italo-tunisina al servizio dei territori e delle comunità locali, sottolinea Aics in un post sui propri canali social.

    Tataouine, città situata nel sud-est della Tunisia, a 531 chilometri da Tunisi e capoluogo dell’omonimo governatorato, è nota come la “porta del deserto”. Il suo nome deriva dal berbero “tiṭṭawin”, plurale di “tiṭṭ” che significa “occhio”. Oltre al suo fascino paesaggistico e alla ricchezza culturale, Tataouine ha conquistato fama internazionale grazie alla celebre saga cinematografica Guerre Stellari: alcune scene furono infatti girate nel suo deserto, che ispirò il nome del pianeta immaginario “Tatooine”, reso celebre dal franchise. Il restauro e la valorizzazione del patrimonio storico e culturale della regione di Tataouine offrono nuove opportunità di sviluppo, in particolare per il turismo culturale, rivolto sia ai visitatori provenienti da tutta la Tunisia che ai suoi stessi abitanti e alle comunità locali.

    Il restauro del Ksar Ouled Soltane, realizzato nell’ambito del progetto Rinova, non si limita alla mera salvaguardia del monumento, ma rappresenta un motore per lo sviluppo locale. Oltre alla creazione del Gda, composto da una ventina di donne del villaggio, che propongono prodotti tipici del territorio, è stato creato il marchio “Tataoui”, la cui gestione è affidata all’Istituto delle regioni aride, con l’obiettivo di promuovere l’identità e le eccellenze locali. Il patrimonio culturale è un ambito cruciale in cui si intrecciano la memoria, la diversità e lo sviluppo delle culture. Il patrimonio archeologico, in particolare, costituisce una parte fondamentale della cultura e della storia della società tunisina.

    Nell’ambito della collaborazione tra Arcs Tunisie e Inp a Tataouine, sono stati anche avviati i lavori di restauro a Ksar Zenata, situato nel villaggio di Maztouria e considerato il più antico della regione (XII secolo). L’Inp ha garantito una parte del finanziamento e la direzione tecnica dei lavori, mentre il progetto Rinova ha fornito il restante finanziamento e la gestione logistica e amministrativa dell’operazione. Il potenziamento e lo sviluppo del turismo archeologico, oltre alla creazione di nuovi posti di lavoro, rappresentano un investimento per il rinnovamento e la diversificazione dell’offerta turistica. La conservazione del patrimonio crea un ponte tra le generazioni, mantenendo vivi segni identitari fondamentali nel tempo.

  • Il coraggio della paura

    Di fronte ad un episodio di tale violenza nei confronti di una bambina di prima media come quello avvenuto giovedì 10 a Mestre, non si possono esprimere parole o concetti che siano in grado anche solo fornire una vaga idea della gravità della violenza subita da una bambina di undici anni ed il dramma della bimba e dei suoi genitori.

    Il fatto che questa ragazza sia stata seguita dalla palestra e successivamente fino a casa, nonostante fosse al telefono con la sua amica, tuttavia spinge a delle considerazioni fondamentali per quanto riguarda anche il nostro sistema educativo e i valori e le sicurezze che dovremmo trasmettere ai ragazzi.

    La paura è un sentimento umano, molto spesso nasce dalla suggestione e per fortuna anche dalla semplice fantasia. Tuttavia, specialmente in realtà cittadine come quelle di Mestre, emerge come sia vitale educare le ragazze ed i ragazzi a non avere alcuna vergogna di provare una qualsiasi forma di paura e soprattutto, in questo frangente, a non vergognarsi di manifestarla chiedendo aiuto a chiunque abbiano di fronte o semplicemente entrando in un bar o un negozio per cercare un primo riparo.

    Se una ragazza si sente pedinata o in pericolo dovrebbe essere sicura e quindi non provare alcuna vergogna nel fermare le persone che possa trovare di fronte o, nel caso del tram, di chiedere aiuto al guidatore. Oppure, una volta scesa dal mezzo pubblico, entrare immediatamente in un bar e in un negozio e chiedere aiuto alle persone all’interno. E magari, contemporaneamente, chiamare la polizia ed i carabinieri dichiarando il proprio nome e cognome, l’età e chiedere aiuto in quanto si sente in pericolo a causa di un uomo che la sta seguendo.

    Quando una bambina si dovesse trovare in una situazione così terribile dovrebbe sapere di poter contare sulla possibilità di chiedere aiuto a chiunque e non affidarsi al telefonino dove trovare una voce amica ma che purtroppo la isola dal contesto. In altre parole, la tensione e lo sfaldamento sociale della nostra società fa sì che i ragazzini e le ragazzine non abbiano quella sana percezione di vivere in una società disponibile sempre ad aiutarli ed eventualmente a salvarli da situazioni potenzialmente pericolose. Questa sensazione nasce probabilmente anche da una sostanziale sfiducia nei confronti della società stessa che i giovani ragazzi non percepiscono come amica e che magari avvertono tale anche dai comportamenti degli adulti.

    Al di là delle solite, rituali quanto inutili discussioni che seguiranno questo terribile episodio, le quali otterranno il medesimo risultato di quelle successive alla morte di quel povero ragazzo in Corso del Popolo sempre a Mestre, sarebbe ora di tempo che si cominciasse a valutare e magari aggiornare anche il sistema educativo nel quale dovrebbe essere previsto anche un paradigma di comportamenti da seguire nel caso che si trovi in una situazione di paura. In questo nuovo contesto educativo la società dovrebbe insegnare alle ragazzine e a chiunque percepisca una situazione di pericolo o di paura di non vergognarsi di queste sensazione ma, viceversa, di sentirsi in diritto di cercare di superarla attraverso la richiesta di aiuto verso chiunque si trovi lungo il proprio percorso.

    E’, infatti, assolutamente incredibile che nel luogo in cui questo inseguimento è avvenuto, alle 18:30, nessuno abbia compreso la paura di questa ragazza e come lei, forse per una intima vergogna, non si sia rivolta a chiunque lei avesse incontrato per chiedere un primo aiuto.

    Molto spesso, anzi troppo spesso, si parla di società inclusiva, una definizione ideologica incapace di affrontare le problematiche sociali ma che assicura una visibilità politica ed ideologica a chi la definisce. Tanto poi, alla fine, tutti noi non siamo in grado neppure di salvare da una situazione di pericolo una bambina di 11 anni. Troppo distratti dalle nostre misere realtà quotidiane tanto da dimostrarci incapaci persino di vedere la disperazione nel volto di una bimba.

  • Conto alla rovescia per il Salone del Mobile.Milano

    Torna a Milano dall’8 al 13 aprile, negli spazi di Rho Fiera, il Salone del Mobile. L’edizione n. 63 è pronta ad accogliere, negli oltre 169.000 mq di superficie espositiva, più di 2.100 espositori, di cui 168 brand per la prima volta al Salone e 91 di ritorno, con una presenza sempre più consistente dall’estero. Stessa tendenza per i decisori, buyer, progettisti, investitori in arrivo a Fiera Milano Rho da più di 150 Paesi. Ancora una volta il Salone del Mobile si annuncia evento leader internazionale di settore per storia, numero di operatori, fatturato complessivo e qualità della proposta di una manifattura industriale che entra in connessione con il mondo con un’offerta senza uguali in termini di estetica, innovazione funzionale e tecnologica, ricerca sui materiali.

    Quattro i Progetti Speciali del Programma Culturale 2025: due in città, due nei Padiglioni del Salone. Il primo a inaugurare al pubblico, il 6 aprile, sarà l’installazione Robert Wilson. Mother, al Museo della Pietà Rondanini – Castello Sforzesco, un’“opera totale” dedicata al capolavoro di Michelangelo, riconosciuto, insieme all’Ultima Cena di Leonardo, come l’opera d’arte più iconica di Milano. L’altro è Library of Light dell’artista britannica Es Devlin, una potente esperienza performativa allestita nel Cortile d’Onore della Pinacoteca di Brera. Due le installazioni in fiera, nella prima lo sguardo visionario del regista premio Oscar Paolo Sorrentino, affiancato dalla scenografa Margherita Palli e dal tessuto sonoro di Max Casacci, porgerà un tributo a un sentimento universale: l’attesa, il momento più sincero della vita, scandito dal battito di un cuore misterioso. Mentre è a Pierre-Yves Rochon, protagonista assoluto dell’hotellerie internazionale più esclusiva, che Salone ha voluto affidare il compito di dare forma a un’idea d’interior, che reinterpreta il lusso nella sua dimensione atemporale: Villa Héritage, un omaggio alla Venezia di Luchino Visconti, alle note di Gustav Mahler, al talento di progettare stanze che diventano mondi dove l’héritage non è vincolo ma un atto di libertà.

    Torna nel 2025, dopo il successo dell’edizione del 2023, anche Euroluce con 306 espositori, tra i migliori brand del settore, 45% dei quali dall’estero. La Biennale restituirà, ancora una volta, un focus internazionale sull’evoluzione della luce negli spazi domestici indoor e outdoor, così come nel paesaggio urbano.

    Dopo aver festeggiato nel 2024 i suoi primi 25 anni SaloneSatellite torna con 700 progettisti da 36 Paesi e 20 Scuole e Università di design internazionali. Tema della nuova edizione: Nuovo artigianato: un mondo nuovo//new craftsmanship: a new world, un invito a re-immaginare l’universo del fatto a mano. Grande attenzione, infine, per la sostenibilità. Grazie a un percorso misurabile, dal 2023 Salone è certificato ISO 20121 per la gestione sostenibile dell’evento, parallelamente, all’impegno costante nell’incoraggiare le aziende espositrici a progettare e realizzare allestimenti seguendo Linee Guida Green sempre più sfidanti secondo i principi che la Manifestazione si dà nella propria Politica di Sostenibilità.

    Dal 1961, Salone del Mobile è un ecosistema che unisce business, cultura e networking, generando valore concreto per la manifattura industriale in una dimensione dinamica, che riflette la trasformazione del design, dell’abitare, della cultura di impresa e del progetto”, commenta Maria Porro, Presidente del Salone del Mobile.Milano. E aggiunge: “Ogni edizione è il punto di partenza per nuove sfide, rese possibili grazie alla fiducia di una filiera che riconosce nel Salone un partner strategico per l’internazionalizzazione”.

    Per il quinto anno consecutivo, Salone rinnova il suo legame con Fondazione Teatro alla Scala. A curare la serata di inaugurazione della 63a edizione della Manifestazione al Teatro alla Scala sarà Robert Wilson che, con The Night Before: Chairs, Objects, Opera, offrirà un viaggio in alcuni dei più celebri brani del repertorio operistico che lo hanno visto alla regia nel corso degli anni.

    Otto gli interventi di grafica in giro per la città di Milano, in prossimità di alcune tra le icone di design più importanti, volti a celebrare il ruolo della cultura del progetto e a dimostrare come il design sia presente e accessibile a tutti. Tra queste, il corrimano della Metro Milano M1/M2, design di Franco Albini e Franca Helg; le pensiline degli autobus ideate da Norman Foster; il panettone in cemento progettato da Enzo Mari.

    Immancabile Salone in città con oltre 100 showroom dei brand espositori delle Manifestazioni Annuali e di Euroluce che si uniranno, nella guida di Fuorisalone.it, alla grande festa del design, aprendo le porte ai design lover e coinvolgendo cittadini e visitatori.

  • Identità, memoria e futuro a ‘OtherMovie’, il festival del cinema indipendente di Lugano

    Una ragazza nella sua stanza fissa un libro dal quale una storia prende vita: una bimba è inseguita da un mostro e, al termine della corsa, si manifesta, ansimante per il pericolo scampato, nella stanza, fissando la giovane donna che, dopo un attimo di smarrimento, si riconosce nella piccola saltata fuori, come un fumetto, da quelle pagine che fissava. Passato e presente si incontrano, reale e virtuale si fondono. Una coinvolgente storia per immagini di pochi minuti per introdurre la 14° edizione di OtherMovie – Lugano Film Festival che quest’anno ha come tema ‘Identità: la memoria che nutre il futuro”. Presentato a Milano nella sede della Stampa Estera dal direttore Drago Stevanovic, dall’arch. Piero Boschetto, da Luca M. Venturi, giornalista e architetto, moderati dalla giornalista Tatjana Dordevic, il premio si svolgerà dal 29 marzo al 5 aprile, con un prefestival dal 25 marzo, a Lugano. Con i suoi lungo e cortometraggi OtherMovies invita a riflettere sulla memoria nella vita, nella società, nella cultura e nell’arte come fondamento del concetto di identità.

    “OtherMovies è un festival particolare, più piccolo, più alternativo e dalla durata più lunga rispetto al più conosciuto Festival del Cinema di Locarno” – precisa Drago Stevanovic, che aggiunge “le nostre sono piccole produzioni, indipendenti, non distribuite che si focalizzano su varie tematiche tutte legate all’identità. Sono film in lingua originale, con sottotitoli, provenienti dalle più disparate parti del mondo, non solo drammatici ma anche ironici”. Una sessantina di film, oltre quaranta dei quali in concorso, e circa una trentina di ospiti, per raccontare il cinema, e l’arte, da diverse prospettive. Come hanno sottolineato gli organizzatori, infatti, quest’anno è stata prediletta la chiave narrativa comica che permette di trattare con leggerezza temi profondi. E, non a caso, Drago Stevanovic cita il film Home Swiss Home, del regista Geert Smets, in cui un americano in Svizzera si imbatte negli stereotipi che del paese elvetico ha chi si appresta a viverlo. Una visione che spesso fa il paio con il pregiudizio e la mancanza di conoscenza di luoghi e popoli e nella quale lo stesso Stevanovic si è imbattuto da ‘immigrato’ in Svizzera molti anni fa. Non solo equivoci, nella commedia La lunga corsa di Andrea Magnani, ad esempio, identità e libertà saranno raccontate dal punto di vista di un ragazzo nato in carcere che conosce solo quella realtà, mentre Ridatemi le mie ossa di Patrizio La Bella affronta il tema del rapimento e della vendita di bambini.

    Durante la presentazione milanese si è parlato anche del binomio apparentemente ‘strano’, eppure molto concreto tra il cinema e l’architettura. Come ha sottolineato l’architetto e giornalista Luca M. Venturi “il cinema è l’architettura dei sogni, grazie al cinema conosciamo molta architettura e design”, invitando a riflettere anche su quanto una sana urbanistica nelle città limiti la delinquenza e il degrado. Ma non solo, Venturi ricorda quanto, riferendosi alla tematica del festival, la memoria e la storia siano presenti nella storia dell’arte e perciò l’architettura rappresenta la possibilità di fare sempre quel passo in più che lascia il segno. A fargli eco l’Arch. Boschetti che presenta la serata del Festival dedicata proprio all’architettura in cui sarà affrontato il tema del riuso e della nuova vita edifici mantenendo l’identità del luogo, come accaduto per la Clinica federale di riabilitazione che sarà raccontato in un cortometraggio.

    Non solo film ma anche libri che affrontano il tema dell’identità e della memoria come Il vento da Est della giornalista e scrittrice Tatjana Dordevic che racconta un pezzo di storia della Jugoslavia a trent’anni dalla guerra che sconvolse i Balcani.

  • A Milano la mostra dedicata all’Art Decò, i dieci anni fulgidi tra le due guerre mondiali

    Si intitola Art Déco. Il trionfo della modernità la mostra che Palazzo Reale a Milano, dal 27 febbraio al 29 giugno, dedica ad uno dei periodi di più fervida creatività e di buon gusto. Nel 2025 si celebra, infatti, il centenario di uno dei più noti eventi espositivi del Novecento: l’Exposition internationale des arts décoratifs et industriels modernes, aperta a Parigi nel 1925. Un evento che codificò non solo un nuovo gusto estetico internazionale, diffusosi rapidamente in Europa nel primo dopoguerra, appunto lo “Stile 1925” o “Art Déco”, ma che in particolare decretò universalmente il successo delle arti decorative italiane. In questa nuova dimensione raffinata ed elegante si pongono le fondamenta per quella sintesi fatta di qualità dei materiali, straordinarie competenze tecniche e creatività uniche, nota in tutto il mondo come “Made in Italy”.

    Curata da Valerio Terraioli, promossa dal Comune di Milano-Cultura e prodotta da Palazzo Reale e 24 ORE Cultura-Gruppo 24 ORE, la mostra vede il contributo del MIC-Museo Internazionale delle Ceramiche di Faenza e della Fondazione Vittoriale degli Italiani di Gardone (Brescia), che hanno prestato importanti pezzi per la realizzazione del progetto espositivo che ha come obiettivo quello di approfondire la genesi, lo sviluppo e la rapida fine dell’Art Déco. Se infatti in Francia e in Italia l’Art Déco durerà effettivamente solo un decennio, questo fenomeno stilistico avrà però modo di riverberarsi nel resto del mondo ancora per tutti gli anni Trenta.

    250 le opere presenti a Palazzo Reale: dai vetri alle porcellane alle maioliche ai centro tavola, dalle opere d’arte stricto sensu come dipinti, sculture, oggetti d’arredo, tessuti fino ad abiti haute couture, accessori, alta oreficeria, ma anche vetrate e mosaici che rimandano agli ambienti lussuosi di hotel, stazioni e mezzi di trasporto di lusso, come aerei e transatlantici.

    Art Déco. Il trionfo della modernità” non solo  propone una specifica attenzione alle  preziose manifatture che definirono – in particolar modo in Francia e in Italia – la cifra stilistica della ‘modernità’ degli anni Venti, ma vuole anche aprire una finestra più ampia su quel periodo storico assolutamente affascinante, evocando sullo sfondo tratti della società europea: i luoghi e i modi di vivere, la moda, l’architettura, il progresso tecnologico e il proto-design, senza dimenticare le incertezze e le continue tensioni economiche e sociali che caratterizzarono questo fragile decennio dopo la fine del primo conflitto mondiale.

    Dal 1920 al 1930 la società europea vive una parentesi di gioia travolgente, dove le avanguardie artistiche si intrecciano con forme di splendore e di glamour sempre più ricche. Parigi, Londra, Milano, Monaco, Vienna, Praga e Berlino diventano il palcoscenico di un’eleganza cinica e scintillante, dove ogni angolo riflette un’atmosfera unica, sospesa tra il desiderio di rinnovamento e il tentativo di superare i ricordi degli orrori della Prima Guerra Mondiale. Le residenze alto borghesi e i palazzi si trasformano in palcoscenici di bellezza e di stile di vita, salotti e ville urbane sono colmi di oggetti di raffinata eleganza da esibire come simbolo di un lusso impareggiabile.

    Il gusto déco connota particolari ambienti non solo di uso privato, ma caratterizza lo stile di ambienti ad uso collettivo, come le stazioni ferroviarie, i teatri, le sale cinematografiche e moltissimi palazzi pubblici, ma anche la cartellonistica pubblicitaria, la scultura e la pittura, la moda, la produzione automobilistica e il cinema.

    È questo il momento delle prime trasmissioni radiofoniche, delle navi transatlantiche, dei dirigibili, degli aerei che riducono le distanze e della nascita di Hollywood, che darà vita a un nuovo immaginario collettivo.

    Il mondo vive un periodo di rapido progresso tecnologico che trasforma la società. I cartelloni pubblicitari, protagonisti nelle città, utilizzano colori vivaci e slogan dinamici per promuovere prodotti e plasmare nuovi stili di vita. La pubblicità si intreccia con la nascita dei grandi magazzini, templi della modernità urbana, come La Rinascente a Milano, che offrono merci di ogni tipo in spazi eleganti e illuminati, trasformando l’acquisto in un’esperienza sociale.

    Parallelamente, l’elettrificazione e l’industrializzazione rivoluzionano la vita quotidiana con la diffusione di tram, radio e fabbriche dotate di catene di montaggio.

    Nelle sale si susseguono le invenzioni per la Richard-Ginori di Gio Ponti, ma anche le opere ideate da Tomaso Buzzi, Paolo Venini, Galileo Chini, dell’artista del vetro Vittorio Zecchin, del maestro ebanista Ettore Zaccari, dell’orafo Alfredo Ravasco. Una generazione di artisti, artigiani, architetti e designer che ha sancito indiscutibilmente la nascita del design italiano.

    Questa esuberanza però non è priva di ombre: il progresso, il lusso e la bellezza che dominano la scena sono anche segno di un’epoca che non sembra consapevole della propria fragilità. La borghesia vive in un’escalation di eccesso, velocità e desiderio di stupire, mentre l’Europa sta per entrare nel periodo oscuro segnato dall’ascesa delle dittature.

    Numerose le iniziative in città celebreranno l’Art Decò durante il periodo espositivo. Tra queste, una serie di film d’epoca al Cinema Arlecchino e, grazie alla collaborazione tra Palazzo Reale e la Fondazione FS Italiane, l’opportunità di visitare il Padiglione Reale in Stazione Centrale che, per l’occasione, sarà punto di partenza di una serie di tour guidati in città – a piedi e in bicicletta – alla scoperta di edifici, interni e dettagli architettonici déco che hanno segnato un’epoca.

  • Il pittore russo Safronov regala al Papa il ritratto che ha viaggiato nell’orbita terrestre

    Nikas Safronov è una delle figure iconiche dell’arte contemporanea russa, conosciuto e apprezzato in tutto il mondo per i suoi ritratti a capi di Stato e celebrità. Anche da Papa Francesco è tra i suoi estimatori dopo essere rimasto colpito dal dipinto che raffigurava il primo luogo del suo ministero, il Santuario di San José de Flores a Buenos Aires. In questi giorni il Pontefice ha ricevuto l’artista in Vaticano il quale gli ha donato il suo ritratto. L’opera ha visitato la Stazione Spaziale Internazionale da marzo a fine settembre 2022, è stata nello spazio e insieme all’equipaggio ha compiuto più di 3.000 giri intorno alla Terra. Ora il dipinto di Safronov ha conquistato un posto speciale nella collezione del Pontefice.

    Papa Francesco ha sempre sottolineato l’importanza della cultura russa e la sua inseparabilità dalla cultura mondiale e dopo aver invitato Safronov a tenere mostre in Europa, anche in Vaticano, ha espresso la speranza che la cultura russa sia sempre presente sulla scena culturale mondiale.

    L’attività creativa di Nikas Safronov è iniziata nel 1978, quando è stata organizzata la sua prima mostra personale a Panevezys, e da allora la sua fama di brillante simbolista, ritrattista e sperimentatore è cresciuta di mostra in mostra, di conferenza in conferenza. Nikas ha aperto una nuova direzione nell’arte mondiale Dream Vision, ma l’artista lavora costantemente nel realismo. All’attivo, solo negli ultimi 10 anni, ci sono più di trecentoventi mostre personali in tutto il mondo visitate da centinaia di migliaia di persone.

    Questo non è il primo incontro di Safronov con un Pontefice, all’inizio degli anni 2000 aveva incontrato Papa Giovanni Paolo II.

  • Nova Gorica si celebra capitale europea della cultura insieme a Gorizia

    In occasione della cerimonia di inaugurazione della Capitale europea della cultura, l’8 febbraio si terrà una manifestazione che unisce simbolicamente Gorizia e Nova Gorica con la presenza anche di Commissari europei: un corteo partirà dalla stazione di Gorizia alle 10. La cerimonia introduttiva sarà alle 16 in piazza Transalpina. Il corteo attraverserà Carinarnica alle 14 e le celebrazioni continueranno fino alle 18 con discorsi istituzionali e spettacoli. Dalle 19, borderless party.

    Il titolo di Capitale europea della cultura consente alle città di stimolare il loro sviluppo locale e regionale attraverso la cultura e comporta una serie di benefici culturali, economici e sociali a lungo termine, sia per le città che per le regioni circostanti. Per poter essere selezionate, le città dovevano istituire un programma culturale con una forte dimensione europea, promuovendo la partecipazione attiva delle loro comunità. La Commissione ha assegnato alle Capitali europee della cultura 2025 il premio Melina Mercouri, del valore di 1,5 milioni di euro, finanziato nell’ambito del programma «Europa creativa» in riconoscimento della qualità dei loro preparativi per l’anno in corso. Glenn Micallef, Commissario per l’equità intergenerazionale, la gioventù, la cultura e lo sport, ha dichiarato: «Congratulazioni alle nostre Capitali europee della cultura 2025, Chemnitz e Nova Gorica. Attendo con interesse un intero anno di celebrazioni che mettano in evidenza la diversità, le identità e i valori delle culture europee, evidenziando nel contempo ciò che riunisce i cittadini europei nel celebrare la nostra diversità, le nostre identità e i nostri valori. Si tratta inoltre di un’opportunità per riflettere sull’impatto di questa prestigiosa iniziativa negli ultimi 40 anni».

    La Piazza della Transalpina (Piazza dell’Europa in sloveno), centro delle celebrazioni, è uno dei diversi progetti finanziati dai fondi di coesione UE a Gorizia e Nova Gorica. La Piazza è stata restaurata grazie a 5,6 milioni di fondi europei che hanno trasformato questa simbolo di divisione in uno di unità, uno spazio condiviso di connessione transfrontaliera. Tra gli altri progetti finanziati, anche dal programma Interreg Italia-Slovenia, figurano la trasformazione di un ex ospedale in un moderno campus scolastico transfrontaliero per studenti italiani e sloveni (16,5 milioni) e la riconversione di un ex magazzino ferroviario in spazi culturali e per spettacoli (2,15 milioni).

  • Il progresso culturale

    Si confonde spesso la conoscenza e la sua disponibilità, garantita sempre più dai supporti digitali, con la cultura. Allo stesso tempo si cerca di alimentare nella società contemporanea un ipotetico scontro tra due schieramenti che esprimono posizioni contrapposte anche nell’ambito della stessa formazione.

    Una prima posizione molto più incline alla innovazione tecnologica, e quindi all’insegnamento di materie tecniche, e una seconda più favorevole ad una istruzione umanistica, e quindi favorevole allo studio del latino anche alle scuole medie.

    Viceversa andrebbe sottolineato come un progresso culturale, figlio a sua volta di un processo di arricchimento cognitivo che comincia in famiglia per poi diventare nelle scuole una crescita formativa, prevede un percorso continuo e senza un limite in quanto si alimenta anche con i contenuti offerti con le proprie esperienze professionali le quali non devono essere considerate culturalmente inferiori.

    Proprio a causa di questa sua stessa definizione il progresso, specialmente se culturale, tende ad accrescere e moltiplicare le fonti di conoscenza, e con loro la stessa natura piuttosto che a selezionarle diminuendole.

    In altre parole, la polemica relativa alla possibile reintroduzione del latino alle scuole medie, se viene considerata come l’espressione di visione antiquata di una società sempre più digitalizzata e tecnologica, dimostra essenzialmente come ancora ad oggi non si sia compresa la vera essenza della crescita e di un progresso culturale.

    La conoscenza tecnica come quella umanistica dovrebbero convergere verso una o più sintesi formative all’interno delle quali molto probabilmente una delle due potrebbe anche avere un ruolo predominante. Di certo, tuttavia, nessuna di queste dovrebbe escludere l’altra, in quanto l’accrescimento culturale si alimenta con la somma e mai attraverso una sottrazione di fonti e forme culturali.

    Questa contrapposizione tra la formazione tecnica e quella umanistica dimostra essenzialmente come il progresso culturale nel nostro Paese sia fermo ormai da decenni, tanto da diventare sempre più una banale polemica ideologica e politica.

  • Ultimi giorni per visitare a Milano la mostra ‘Munch. Il grido interiore’

    100 opere, tra cui una delle versioni litografiche de L’Urlo. Milano, dopo 40 anni, ospita la mostra Munch il grido interiore, visitabile a Palazzo Reale, fino al 26 gennaio. La retrospettiva, promossa da Comune di Milano – Cultura con il patrocinio del Ministero della Cultura e della Reale Ambasciata di Norvegia a Roma, e prodotta da Palazzo Reale e Arthemisia in collaborazione con il Museo MUNCH di Oslo, celebra uno dei protagonisti indiscussi nella storia dell’arte moderna. Munch è stato, infatti, uno dei principali artisti simbolisti del XIX secolo ed è considerato un precursore dell’Espressionismo, oltre a essere un maestro nell’interpretare le ansie e le aspirazioni più profonde dell’animo umano.

    Nel corso della sua lunga vita Edvard Munch realizzò migliaia di stampe e dipinti. Essendo tanto un uomo d’immagini quanto di parole, riempì fogli su fogli di annotazioni, aneddoti, lettere e persino una sceneggiatura per il teatro. L’esigenza di comunicare le proprie percezioni, il proprio ‘grido interiore’ lo accompagnò per tutta la vita, e la mostra milanese ruota attorno al ‘grido interiore’ di Munch, al suo saper costruire, attraverso blocchi di colore uniformi e prospettive discordanti, lo scenario per condividere le sue esperienze emotive e sensoriali.

    Divisa in sette sezioni, la mostra racconta le varie fasi di attività dell’artista. Si parte da opere quali Autoritratto (1881-82), Malinconia (1900-1901) e Il circolo bohémien di Kristiania (1907) per arrivare alle celeberrime Sera. Malinconia (1891), Disperazione (1894) L’urlo (1895), Lotta contro la morte (1915) e La morte nella stanza della malata (1893) in cui Munch racconta i suoi ricordi (morte della madre e della sorella) manipolati, attraverso la pittura e la scrittura, con le immagini della malattia cariche dell’agonia che si prova nel guardare qualcuno morire e della lotta con la morte che immagina i malati debbano affrontare.

    Spazio anche al periodo del “Manifesto di Saint Cloud”, scritto da Munch nel 1890, un testo poetico che si ritiene abbia orientato le sue scelte artistiche. In un’epoca di promiscuità tanto pubblica quanto privata, la determinazione di Munch nel rendere visibile quella che lui definisce la “grandiosità della sessualità” è avanguardistica e controversa. E’ possibile ammirare, tra le altre opere del periodo, Bacio vicino alla finestra (1891), Coppie che si baciano nel parco (Fregio di Linde) del 1904 e Madonna (1895).

    La Quarta sezione, ‘Munch in Italia’, è dedicata ad un aspetto poco conosciuto dell’opera dell’artista norvegese, ovvero il debito verso il nostro Paese dove arrivò per la prima volta nel 1899, assieme alla sua amata Tulla Larsen. Qui è ispirato dall’arte di Raffaello, dal Rinascimento e da Roma, dove si era recato per visitare, nel cimitero acattolico, la tomba di suo zio, Peter Andreas Munch, lo storico più famoso di tutta la Norvegia. P. A. Munch, morto a Roma lo stesso anno della nascita di Edvard. Di quel periodo, nella retrospettiva milanese, troviamo La tomba di P.A. Munch a Roma (1927) e Ponte di Rialto, Venezia (1926).

    Munch è stato un prolifico creatore di autoritratti. Questo tipo di soggetto gli offre il modo di esplorare l’espressione, la postura, i piani di luce e ombra e altre caratteristiche del soggetto umano. Milano ospita Il viandante notturno e Autoritratto tra il letto e l’orologio.

    In tutta la sua carriera Munch è stato un grande sperimentatore, che ha saputo intrecciare numerose forme di creatività: dalla pittura classica al cinema, dall’incisione alla fotografia, la sua ricerca ha mantenuto una straordinaria coerenza ed un potere evocativo ancora oggi estremamente contemporaneo. La sua ricerca costituisce la premessa per la nascita delle Avanguardie che nel XX Secolo porteranno gli artisti a cercare soluzioni sempre più radicali destinate a raccontare le nostre emozioni più profonde.

  • Il Museo Bagatti Valsecchi celebra 30 anni di apertura al pubblico

    Il Museo Bagatti Valsecchi compie 30 anni di apertura al pubblico e invita tutti a partecipare a sei giorni di festa, dal 19 al 24 novembre. Le celebrazioni ripercorrono la storia e i valori culturali che hanno guidato i fratelli Fausto e Giuseppe nella realizzazione di quello che sarebbe diventato uno dei luoghi simbolo della Milano di fine Ottocento. Tra visite guidate gratuite, conferenze, attività didattiche e spettacoli, il ricco programma di iniziative è un’occasione per il Museo di varcare i propri confini e celebrare questo importante traguardo assieme a nuovi ed affezionati ospiti.

    Si parte il 19 novembre con una serie di eventi itineranti, Museo oltre i confini, cicli di conferenze ad ingresso libero nelle Biblioteche di quartiere e nelle scuole di Milano per portare l’identità del museo fuori dai propri spazi, facendo conoscere le attività a un pubblico sempre più vasto. La prima, il 19, alla Biblioteca Baggio si prosegue il 20 novembre con la Biblioteche di Affori e si chiude il 22 a Calvairate.

    Numerose le visite guidate per conoscere lo splendido palazzo nel centro della città e la sua storia, come anche di grande interesse saranno gli eventi musicali e culturali che si susseguiranno nel corso della sei giorni. Con Stasera al Museo, infatti si potrà godere di un ricco cartellone culturale tematico che per l’edizione di quest’anno trae ispirazione dal motto latino intarsiato nel Salone d’Onore del Museo: Laudamus veteres sed nostris. Tutti i dettagli del programma sono scaricabili qui di seguito. file:///C:/Users/user/Downloads/ProgramaMuseoBaVa30.pdf

    Quella del Museo Bagatti Valsecchi è una bella storia di famiglia. Eran ogli anni Ottanta del XIX secolo e nel cuore di Milano tra via Gesù e via Santo Spirito vivevano due fratelli, i baroni Fausto e Giuseppe Bagatti Valsecchi che avevano un sogno: ristrutturare la dimora della loro famiglia ispirandosi alle abitazioni del Rinascimento lombardo. Iniziarono così a collezionare dipinti e manufatti d’arte applicata quattro-cinquecenteschi e in circa vent’anni di lavoro appassionante allestirono una casa unica nel suo genere e allo stesso tempo avveniristica, dotandola della luce elettrica e dell’acqua corrente. All’ingresso posero un motto latino che ancora oggi accoglie i visitatori «Amicis pateoaeternumque patebo», «Sono aperta agli amici e sempre lo sarò». E avvenne proprio questo, come testimonia il Libro degli Ospiti che raccoglie oltre 10.000 firme di tutti coloro che dal 20 ottobre 1886 al 29 maggio 1975 visitarono Casa Bagatti Valsecchi, disegnando una ricchissima trama di relazioni al centro della quale si colloca la dimora: intellettuali, scrittori, aristocrazia italiana ed europea, jet set internazionale, mondo del collezionismo e degli studiosi d’arte, senza dimenticare le infermiere volontarie della Prima Guerra Mondiale e le maestre con le loro scolaresche.

    Dopo la morte di Fausto e di Giuseppe, Casa Bagatti Valsecchi continuò a essere abitata dai loro eredi sino al 1974 e fu Pasino, figlio di Giuseppe ed erede delle collezioni d’arte di famiglia che decise di donare le collezioni d’arte rinascimentale e i manufatti raccolti dal padre e dallo zio a una Fondazione appositamente costituita. Parallelamente, Palazzo Bagatti Valsecchi fu alienato alla Regione Lombardia, la quale si impegnava a ospitare in comodato perpetuo e gratuito le raccolte d’arte all’interno degli appartamenti storici al piano nobile del Palazzo.

    Fu così che il 22 novembre 1994 aprì per la prima volta al pubblico il Museo Bagatti Valsecchi e oggi dopo 30 anni è ancora “aperto agli amici”, rafforzando sempre di più il suo ruolo di casa che accoglie, intrattiene, fa cultura e si vuole aprire anche all’esterno, oltre le proprie sale.

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