imprenditoria

  • Il turismo questo sconosciuto

    Durante tutto il 2023 non è passato giorno nel quale ministri, governatori delle regioni assieme agli stessi sindaci non avessero esaltato le performance dell’economia turistica.

    Tutte le affermazioni e gli ipotetici successi vantati tanto dai rappresentanti istituzionali quanto dagli operatori del settore del mondo del turismo italiano risultano, invece, viziate da un banale opportunismo politico.

    Rispetto ai nostri diretti concorrenti nel mondo dell’economia turistica l’Italia ha perso tra il -5/-6% (fonte WSJ) in termini generali, mentre i dati aggiornati relativi ai pernottamenti nel mese di luglio 2023 segnano una flessione del -15,3% con poco più di 64 milioni rispetto al 2019 nel quale segnarono oltre 74 milioni.

    In altre parole, oltre alla mistificazione dei dati oggettivi la complessa economia turistica italiana ha perso in competitività ed attrattività rispetto ai concorrenti europei, in particolare Grecia, Francia e Spagna.

    Paradossale poi che molti analisi individuino una delle cause di questa flessione nella ricerca della centralità di una offerta legata “al lusso” che ha per contro assicurato un pessimo ritorno di immagine con i lettini venduti nel Salento a 1000 euro.

    Questi impietosi dati vengono, poi, confermati anche per la stagione invernale, come riportato da demoskopika.it, che ha rilevato una contrazione del -6,7% degli arrivi e dei turisti stranieri ed una flessione della spesa del -7,1%.

    In questo contesto di numeri importanti ma al tempo stesso incontestabili sarebbe opportuno ripensare le strategie che sembrano alla base dell’economia turistica italiana, partendo dal semplice presupposto che l’Italia rappresenti un unicum nel mondo e quindi meriti la elaborazione di strategie turistiche uniche.

    Risulta evidente come la scelta verso un banale turismo di lusso indicata tanto per tanto per Cortina d’Ampezzo (si pensi alla questione dell’aeroporto di Fiames) quanto per Venezia, che si vorrebbe trasformare in una piccola Montecarlo (dimenticando il vantaggio fiscale del Principato), rappresenti un approccio banale ed espressione di incompetenza, oltre che essere inapplicabile ed assolutamente deleteria per il settore turistico in generale, come i dati hanno confermato.

    Il turismo rappresenta sicuramente una fonte importante di sviluppo economico dell’economia italiana, ma contemporaneamente assicura una bassa concentrazione di manodopera per milione di fatturato e con qualifiche professionali più basse rispetto al mondo manifatturiero.

    Al contrario, basti pensare come la Gran Bretagna stia raggiungendo un livello di economia manifatturiera molto simile a quella degli anni settanta/ottanta grazie ad una strategia adottata degli anni passati dal primo ministro Cameron (2010/16).

    L’unicità dell’offerta turistica italiana dovrebbe indurre al ricorso di strategie che non si limitino ad adottare modelli a noi lontani ma ad un approccio diverso rispetto ad ogni altra parte del mondo in forza proprio della sua specificità.

    I numeri dimostrano come fino ad ora il turismo non sia ancora stato compreso nella sua articolata espressione e rimanga un settore sconosciuto soprattutto a quelle figure istituzionali che si vantano di inesistenti successi.

  • Il Consiglio europeo per l’innovazione e l’Istituto europeo di innovazione e tecnologia lanciano un nuovo premio europeo per le donne innovatrici

    Il Consiglio europeo per l’innovazione (CEI) e l’Istituto europeo di innovazione e tecnologia (EIT) hanno rafforzato il loro partenariato lanciando un nuovo premio europeo per le donne innovatrici. Questo concorso comune premierà una comunità ancora più ampia di innovatrici, portando alla ribalta i risultati da esse ottenuti e spalancando loro nuove opportunità. I premi saranno assegnati alle donne imprenditrici più esemplari, la cui innovazione abbia avuto un impatto positivo sulla nostra società e sul nostro pianeta.

    Questo nuovo premio verrà assegnato per ispirare l’Europa e le donne innovatrici. Lanciato dal Consiglio europeo per l’innovazione e dall’Istituto europeo di innovazione e tecnologia, il premio mira a rimuovere gli ostacoli che le donne incontrano nel mondo delle imprese e della tecnologia. Attendo con interesse un elevato numero di contributi”, ha dichiarato Margrethe Vestager, vicepresidente esecutiva per Un’Europa pronta per l’era digitale. Per Margaritis Schinas, Vicepresidente e Commissario per la Promozione dello stile di vita europeo, questo nuovo premio” è un ottimo modo per l’Europa di dimostrare il suo impegno comune a favore dell’innovazione e della parità di genere. È una causa che riunirà il CEI e l’EIT, alleati naturali, al fine di abbattere le barriere per le donne nelle imprese e nel settore tecnologico. Spero che molte donne innovatrici e imprenditrici partecipino al concorso, in modo da poter dimostrare la diversità delle tecnologie europee. ”

    Durante il vertice del Consiglio europeo per l’innovazione del marzo 2024 saranno annunciate tre vincitrici in ciascuna delle seguenti categorie: donne innovatrici, innovatrici emergenti e leadership femminile dell’EIT. Le candidature saranno aperte fino al 27 settembre 2023.

  • Le imprese femminili in Italia sono piccole e fragili ma innovative

    Saranno anche più piccole, più fragili e con una minore capacità di sopravvivenza, ma quanto a voglia di innovazione le imprese femminili hanno una marcia in più. Infatti la ripresa post pandemia ha convinto un ulteriore 14% di imprese femminili ad iniziare ad investire nel digitale (a fronte dell’11% delle aziende maschili) e un 12% a investire nel green (contro il 9%). E’ quanto mostra il V Rapporto sull’imprenditoria femminile, realizzato da Unioncamere in collaborazione con il Centro studi Tagliacarne e Si.Camera, presentato a Roma.

    A fine giugno 2022, l’esercito delle imprese femminili conta un milione e 345mila attività, il 22,2% del totale delle imprese italiane. Di queste un 31% di aziende femminili ha aumentato o mantenuto costante gli investimenti in tecnologie digitali in questi anni, e il 22% che ha fatto altrettanto nella sostenibilità ambientale (contro il 23% delle altre imprese). Tuttavia -secondo il rapporto – la metà delle imprese femminili, infatti, ha interrotto gli investimenti o addirittura esclude di volerli avviare nel prossimo futuro. Le imprese femminili hanno però una minore capacità di sopravvivenza: a 3 anni dalla loro costituzione, restano ancora aperte il 79,3% delle attività guidate da donne, contro l’83,9% di quelle a guida maschile e, dopo 5 anni, la quota delle imprese femminili che sopravvivono è del 68,1%, contro il 74,3% delle altre.

    Nel secondo trimestre 2022, rispetto allo stesso periodo del 2021, il numero delle imprese femminili è rimasto sostanzialmente stabile, crescendo di 1.727 unità (+0,1%). Il confronto con lo scorso anno mostra un incremento delle imprese femminili soprattutto nell’industria (+0,3%) e nei servizi (+0,4%), tra le società di capitali (+2,9%), nel Mezzogiorno (+0,6%), tra le imprese straniere (+2,6%).

  • La migliore Italia

    In un periodo di crisi completa, assoluta espressione di una sintesi nefasta tra i postumi della pandemia, e del perseverare del covid, e la terribile guerra voluta da Putin ed ancora in assenza di una strategia diplomatica europea la situazione economica volge drammaticamente verso una recessione figlia anche della infantile illusione di una ripresa nel 2021 legata, invece, quasi esclusivamente ai bonus ed alla esplosione della spesa pubblica ben oltre i mille (1.000) miliardi.

    In questo contesto l’Italia, quella vera, cioè del lavoro e delle imprese dalla cui unione nasce la possibilità di creare una vera crescita del Pil, con l’obiettivo di superare l’impasse dell’intero mondo politico italiano, dimostra la propria capacità di reazione alle avversità.

    Questa Italia della concretezza opposta a quella della politica si espone per la sopravvivenza della propria azienda e dei posti di lavoro assicurati sul territorio e dimostra di non attendere le vuote dinamiche politiche, troppo prese dagli accordi di lista in vista delle prossime elezioni di giugno, i cui vertici non si dimostrano neppure in grado di comprendere come senza ordini dei mercati esteri, e quindi anche di quello russo, il fatturato non possa crescere e tanto meno possono venire assicurati i posti di lavoro*.

    La distonia del mondo politico viene poi confermata dalle “iniziative politiche” di alcuni leader privi di un minimo senso del ridicolo e della tempistica i quali blaterano di un necessario aumento delle retribuzioni non ponendosi in alcun modo nell’ottica del primo obiettivo odierno rappresentato dalla sopravvivenza del tessuto industriale minato dalla recessione.

    Questa è la vera ed unica Italia di cui essere fieri, composta da persone intraprendenti e capaci di affrontare anche le terribili conseguenze di una economia di guerra e lontana anni luce dall’imbarazzante atteggiamento della politica ad ogni livello, comunale, regionale e nazionale, la quale sembra giocare anche in questo terribile momento (oltre due anni!) con la sopravvivenza di un sistema economico e quindi con le prospettive di vita dei cittadini solo ed esclusivamente per un vantaggio personale sia esso professionale, economico, narcisistico o ideologico.

    Solo pochi anni fa venni premiato proprio a Fermo, capitale del distretto calzaturiero marchigiano, per la mia attività a favore del Made in Italy, del quale il distretto calzaturiero marchigiano ne rappresenta un valido esempio, e posso assicurare come già dal 2014 questo importante distretto industriale soffrisse gli effetti delle sanzioni nei confronti di uno dei principali mercati di riferimento come la Russia.

    Ora, dopo otto anni di estrema difficoltà, ha deciso invece di reagire per la propria stessa sopravvivenza: a loro dovrebbe andare il più convinto appoggio come a tutte le famiglie il cui futuro dipende dalla continuazione dell’attività produttiva della aziende e dalla decisione degli imprenditori marchigiani di affrontare le conseguenze di una terribile guerra senza attendere i vuoti tempi della politica.

    Questa è l’unica Italia nella quale ci si dovrebbe riconoscere con orgoglio e speranza contrapposta alla mediocrità nella quale siamo immersi.

    *https://www.corriereadriatico.it/fermo/fermo_sfidano_europa_sanzioni_guerra_ucraina_calzaturieri_partono_fiera_mosca_ultime_notizie-6646537.html

  • Un imprenditore, un esempio

    Sabato 30 gennaio il Presidente dell’Upiveb, Sergio Pirovano, è mancato all’affetto della sua famiglia, dei suoi amici, dell’associazione che da più di 13 anni lo ha visto difendere con intelligenza, dedizione e lungimiranza un comparto strategico per l’Italia contrastando la contraffazione ed il dumping. Puntualmente il Presidente Pirovano è stato protagonista in Europa intervenendo, anche come membro del board della Eifi – European Industrial Fasteners Istitute, sui vari problemi connessi alle importazioni illegali di acciaio ed alle discrasie del mercato con i conseguenti danni non solo per i lavoratori e le imprese ma anche per la salute e sicurezza dei consumatori.

    Imprenditore avveduto, che fin dalla giovane età si era occupato dell’azienda di famiglia, dopo la morte del padre, è stato un uomo giusto nei rapporti di lavoro e generoso verso gli altri, fermamente convinto che chi ha di più debba essere capace di aiutare coloro che sono in difficoltà ed essere pronto ad occuparsi anche di quelle situazioni sanitarie che hanno bisogno del contributo dei privati. Rimarranno nella memoria dei presenti i suoi interventi, alle riunioni conviviali di Natale organizzate da Upiveb, sia per la semplicità, serenità ed incisività che per le proposte e la profondità dei sentimenti.

    In tanti anni di attività parlamentare in Europa molte sono le persone e i rappresentanti di impresa e di categoria che ho incontrato e con i quali mi sono confrontata sulle reali esigenze e gli obiettivi diritti da difendere, in una visione del commercio internazionale che non dovrebbe mai prescindere dalla capacità di coniugare gli interessi europei e dei paesi terzi con quelli della propria nazione. Molte di queste persone, come è ovvio, sono state conoscenze passeggere, così come spesso avviene anche con i colleghi parlamentari, sembra difficile che la politica regali qualche vera amicizia scevra da interessi. Sergio Pirovano è stato, è restato e resterà un amico, al di là delle più rare occasioni di incontro degli ultimi anni e del rimpianto che in molti avremo per non potere più confrontarci con lui sui tanti problemi che ancora si dovranno affrontare, specie per tutto il manifatturiero, dalla sicurezza dei prodotti alla corretta concorrenza.

    Ci mancherà ma il suo esempio, la sua pacatezza, mai disgiunta dalla passione per le cose nelle quali credeva, e la sua determinazione nel lavoro e nella vita ci aiuteranno a sentirlo ancora presente. Nella confusa situazione, non solo del nostro Paese, possiamo solo sperare che vi siano sempre più imprenditori ed uomini come lui.

  • 2019, obiettivi raggiunti: crescita zero e maggiore disoccupazione

    Ormai in Europa, ed in particolare in Italia, l’ideologia politica ha acquisito nell’elaborazione delle strategie economiche la posizione dominante. Al crudo pragmatismo indicato come il limite degli economisti si sostituisce ora una visione onirica ed ideologica  priva di ogni rapporto con la realtà i cui disastrosi effetti si manifestano proprio sulla vita quotidiana. Una visione talmente infantile ma soprattutto incapace di analizzare le ricadute economiche ed occupazionali di qualsiasi ideologia possa determinare nel  sistema economico tanto nazionale quanto europeo.

    Nell’ultima elaborazione del Nafta gli Stati Uniti hanno ottenuto di riportare la soglia delle auto prodotte in Nord America dal 64 al 75%. Una scelta che si traduce in nuova occupazione la quale a sua volta diventa volano della crescita economica stessa. Parallelamente in Italia ed in Europa, al di là dello scandalo dieselgate imputabile al management Volkswagen, la tecnologia diesel oggi rappresenta la forma più economica (in quanto richiede minore importazione di petrolio) e meno inquinante nella mobilità complessiva (*).

    L’ideologia iconoclasta pseudo ambientalista, invece, contrappone una visione di origine, sostanza ed applicazione talebana per la quale la motorizzazione a gasolio rappresenta il male assoluto da abbattere. Al di là della assoluta mancanza di sostegno tecnologico a tale visione, questa inoltre produce dei contraccolpi occupazionali devastanti in quanto solo in Piemonte verranno cancellati 450 posti di lavoro ed altri 620 in Puglia.

    Oltre l’Oceano Atlantico, per proporre un semplice parallelo, gli Stati Uniti riescono ad incrementare l’occupazione rinegoziando i trattati internazionali di libero commercio, mentre l’Europa e l’Italia si attivano per creare nuovi disoccupati ignorando bellamente per esempio come l’auto negli ultimi vent’anni abbia ridotto del 95% le proprie capacità di emissione.

    Contemporaneamente vengono omessi per colpevole complicità dati come quelli  delle 203 navi da crociera che inquinano come i 260 milioni di auto europee (**).

    La recita ambientalista  che viene proposta nei teatri della politica italiana ed europea nasce solo dalla volontà di una classe politica che cerca la propria ed ulteriore visibilità ben oltre le proprie competenze.  Basti pensare all’impatto devastante per l’economia italiana della tassa sulla plastica (solo in Veneto 30.000 secondo uno studio delle regione). Un’imposta nella sua autorità finalizzata a colpire la produzione e non il consumo. Il Governo Conte 1 aumenta la tassa sulla plastica da 187 centesimi/kg a 208 mentre nell’ultima finanziaria questo contributo passerà a 45/kg, una tassa che colpisce l’eccellenza industriale italiana e fornisce una svalutazione competitiva per tutti i concorrenti che producono all’estero la plastica necessaria per la quale ovviamente rimarranno invariati i consumi. Mai l’ambientalismo di casa nostra era riuscito a produrre risultati così devastanti per l’occupazione come per  il futuro della crescita economica italiana.

    Analoghi quanto nefasti gli effetti della sugar tax, altra interpretazione di uno Stato che vorrebbe diventare etico. Il tutto ovviamente accompagnato  da una esplosione del debito pubblico (1439 miliardi) che finanzia il reddito di cittadinanza e quota cento.

    Questa continua modifica del quadro fiscale complessivo non fa altro che disincentivare gli investimenti esteri:  tanto è vero che l’Italia risulta ultima in Europa come attrattività verso investitori esteri.

    Nel frattempo da quando periste la nostra crisi economica (venendo meno la domanda estera che si coniugava perfettamente con la capacità di esportazione delle nostre imprese ) ecco spariti  termini come gig, sharing & app Economy che avevano intasato tutte le cronache dei cosiddetti economisti alla page come volano di sviluppo per la nostra economia.

    In soli dodici mesi dalle risibili previsioni di crescita con un +2% del governo Conte 1 (legato soprattutto all’impatto nel secondo semestre del reddito cittadinanza) come affermavano i ministri economici e Savona siamo miseramente approdati ad uno +0,2 % (esattamente la metà del tasso di crescita dell’inflazione) ma con oltre 151 crisi aziendali che cercano una soluzione.

    In un simile contesto la salvaguardia delle priorità, supremazie e tecnologiche anche nell’ambito automotive dovrebbe rappresentare una  primaria strategia di un qualsiasi governo, anche di questo, privo peraltro di ogni competenza specifica. Invece la furia ideologica talebana espressione dell’ignoranza della compagine governativa intende annullare anche questo vantaggio tecnologico di matrice per altro italiana.

    Nessuno intende divinizzare il pragmatismo economico scollegato dal contesto sociale ma quando l’ideologia viene a costare la soppressione di posti di lavoro è inevitabile un giudizio negativo.

    In altre parole, in un contesto di declino culturale la politica risulta espressione delle peggiori mediocrità e si “evolve”  da costo ammortizzabile per il sistema economico italiano a responsabile del declino al quale il nostro Paese non riesce da oltre un decennio ad individuare una strategia al fine di invertire questo nefasto trend.

    (*) https://www.ilsole24ore.com/art/una-tesla-model-3-emette-piu-co2-una-mercedes-turbodiesel-c220d-ACwk9i4

    (**) http://www.rinnovabili.it/ambiente/navi-da-crociera-inquinamento-ue/

     

  • Amare Milano come Ernesto Pellegrini

    Un ragazzo di cascina. Così ama definirsi Ernesto Pellegrini, imprenditore milanese il cui nome, per i tifosi e non solo, è legato allo scudetto dei record dell’Inter, quello del 1989. Già, perché malgrado i successi professionali e le luci della ribalta, Pellegrini è rimasto sempre una persona semplice, che non dimentica, anzi, ricorda e ama raccontare quella sua infanzia e adolescenza trascorse nella cascina di famiglia, nella campagna milanese in cui lavorava la terra e vendeva i suoi frutti. A  quella storia e a tutto quello che ne è conseguito Ernesto Pellegrini ha dedicato un libro di memorie Una vita, un’impresa in cui racconta come, partendo dal basso, con poco o niente, come capitava a tanti giovani volenterosi negli anni della ricostruzione postbellica, è riuscito, scommessa dopo scommessa, idea dopo idea, a creare la sua impresa che oggi rifornisce cibo a ospedali, scuole, uffici di Milano e della Lombardia. E poi gli anni da Presidente dell’Inter, anche lì arrivatoci per una casualità dal nome Gianni Agnelli che bussò qualche anno prima alla sua porta perché l’Avvocato, avendo notato lo straordinario fiuto che il giovane imprenditore aveva per gli affari, gli propose di acquistare l’albergo di Villar Perosa dove soggiornava la Juventus…Da lì partì una nuova avventura che rimane ancora oggi, a distanza di più di trent’anni, nel cuore di tanti italiani. La voglia di crescere è andata di pari passo con la voglia di fare del bene a chi non ha avuto tanta fortuna nella sua vita. Nasce così la ‘Fondazione Ruben’, in ricordo di un amico che non ce l’ha fatta ad avere un avvenire migliore, che distribuisce ogni giorni pranzi gratuiti per i più bisognosi. Una bella storia presentata a Milano presso la Scuola Militare Teuliè, altra eccellenza milanese alla quale, per l’occasione, è stato conferito il ‘Premio Grandi Guglie della Grande Milano’ dal Presidente del Centro Studi Grande Milano, Daniela Mainini.

  • In Italia sempre più giovani imprenditori

    Nelle settimane in cui si fa un gran parlare del Reddito di Cittadinanza e di disoccupazione giovanile, c’è un dato che fa tirare un sospiro di sollievo: le nuove generazioni in Italia sono una realtà da primato nell’inventarsi il lavoro con 560mila imprese condotte da under 35.

    Questi dati collocano il Belpaese ai vertici dell’Unione Europea in termini di numero di giovani imprenditori. È quanto emerge dallo studio su “I giovani italiani che creano lavoro” presentato in occasione dell’Assemblea Giovani Impresa della Coldiretti. Un vero e proprio esercito di giovani italiani che conta l’apertura di circa 300 imprese al giorno nel 2018. Il risultato è che in Italia quasi un’impresa su dieci è condotta da giovani (9%), ma la percentuale sale al 30% tra quelle di nuova apertura nei primi nove mesi del 2018 secondo le elaborazioni su dati Unioncamere.

    La presenza di giovani si estende a tutti i settori produttivi, dall’agricoltura all’artigianato, dall’industria al commercio fino ai servizi, ma quelle più gettonate sono, nell’ordine, il commercio al dettaglio, le attività di ristorazione e le coltivazioni agricole e l’allevamento.

    In Italia i giovani di età compresa tra i 25 ed i 34 anni che hanno un lavoro autonomo sono il 90% in più della Spagna, il 60% in più della Germania, il 53% in più della Francia e in generale sono pari ad un quarto del totale dell’area Euro, secondo le elaborazioni Coldiretti su dati Eurostat dalle quali emerge che i giovani italiani sono tra i più intraprendenti dell’Unione Europea.

    Un dato che solo apparentemente stride con le ultime statistiche secondo le quali in Italia è pari al 66,4% la percentuale di giovani (18-34 anni) che vivono ancora con i genitori nel 2017 rispetto alla media europea del 50%.

    In realtà questo legame si evidenzia anche nell’elevato numero di imprese familiari la cui presenza varia da quasi il 60% nel mercato azionario italiano a circa il 90% in settori come l’agricoltura.

    Una specificità tutt’altro che negativa perché ha permesso il radicamento territoriale di molte attività imprenditoriali che altrimenti avrebbero rischiato la delocalizzazione.

    La famiglia in Italia è un punto di riferimento perché al suo interno ha le risorse per sopportare meglio la crisi dal punto di vista economico, ma è anche in molti casi una palestra per consentire ai giovani di esprimere la propria creatività e intraprendenza. Questo però nasconde un problema di base molto ampio del nostro Paese. L’Italia presenta uno dei maggiori squilibri demografici al mondo nel rapporto tra generazioni più mature e quelle più giovani, ovvero tra i boomers e i millennials. Più nel dettaglio, gli attuali trentenni sono ben un terzo in meno rispetto agli attuali cinquantenni.

    La capacità di continuare a crescere e rendere sostenibile il sistema sociale dipenderà quindi dai giovani imprenditori. Purtroppo l’Italia è uno dei paesi avanzati che, nell’entrata nel nuovo secolo, si sono rivelati meno in grado di dotare le nuove generazioni di strumenti efficaci per essere attive e vincenti nei processi di trasformazione e sviluppo. Spingere la domanda di qualità è oggi necessario soprattutto cambiare strategia, non costringendo i giovani ad adattarsi al ribasso a quello che l’Italia oggi offre, come fatto tristemente sinora, ma consentendo all’Italia di crescere al meglio sfruttando quanto le nuove generazioni possono dare.

    C’è, in Italia, rispetto alle altre economie avanzate, una bassa domanda di qualità. Questo è dovuto in parte ad un sistema che considera i giovani manodopera da pagare poco anziché leva su cui investire per aumentare competitività e crescita delle aziende.

    Va quindi ribaltata, prima di tutto, la prospettiva di lettura della relazione tra nuove generazioni e crescita del Paese. Non sono tanto i giovani che hanno bisogno di lavoro, ma il lavoro che ha bisogno dei giovani per diventare vero motore di sviluppo e competitività.

  • Grazie alle storie di startup e auto-imprenditorialità dei suoi alunni un docente italiano cattura l’attenzione internazionale agli ‘Innovation and Entrepreneurship Teaching Excellence Awards’

    Giovedì 20 e venerdì 21 settembre si è svolta ad Aveiro, in Portogallo, la fase conclusiva degli “Innovation and Entrepreneurship Teaching Excellence Awards”, il premio internazionale per l’eccellenza didattica in termini di innovazione e imprenditorialità. Fra i dodici finalisti, anche Daniele Manni, unico italiano e unico docente non universitario. Manni insegna infatti informatica da circa 30 anni presso l’Istituto “Galilei-Costa” di Lecce che, pur non avendo vinto gli Awards ha portato a casa un risultato di tutto rispetto:  gli è stato conferito una menzione speciale con Attestato di Merito per l’impegno profuso nel guidare i propri studenti nell’ideazione e conduzione di piccole startup innovative, con particolare riferimento alla startup “Mabasta”, l’impresa sociale ideata dai suoi ragazzi nel 2016 che lotta dal basso contro bullismo e cyberbullismo e che è divenuta in pochissimo tempo un punto di riferimento per le scuole italiane.

    Daniele Manni inoltre è risultato vincitore in ex aequo con l’irlandese Paul Flynn, nella competizione parallela che vedeva in gara 22 poster di altrettanti relatori provenienti da tutto il mondo presso la 13a edizione della “ECIE – European Conference on Innovation and Entrepreneurship”. Il poster italiano ha meritato il 1° posto per l’originalità dei contenuti e per la semplicità e chiarezza espositiva.

    Anziché raccontare, come era previsto dal programma, i miei ultimi 15 anni di esperienza a scuola nell’insegnamento e guida nella creazione di micro imprese, ho preferito presentare alcune delle storie di startup dei nostri studenti, con l’inserimento di brevi video in cui i ragazzi stessi raccontano le loro idee d’impresa. Ho visto la commissione interessata e divertita, quasi quanto si sono divertiti i ragazzi a realizzarli, in inglese”, ha commentato Manni. “Gli studenti della 4A hanno parlato del loro movimento Mabasta, Daniele Chirico ha illustrato l’idea di promozione territoriale con l’hashtag #InBeautyWeTrust, Michael Candido ha introdotto la geniale modalità di vendita dell’olio extravergine Nectarea e, infine, Giulio Raganato e Francesco Tortorelli (appena 14enni) hanno scherzosamente raccontato della loro nuova startup “xCorsi”. In definitiva – continua il prof. Manni –  ho sottoposto alla commissione una domanda iniziale, ossia se valesse la pena insegnare imprenditorialità a studenti di età inferiore a quella ‘normale’ (in tutto il mondo è pratica comune per universitari e neo laureati) e, attraverso esempi e casi reali, giungere poi ad una decisa e motivata risposta affermativa, sia relativamente a studenti col business nel Dna che, soprattutto, a tutti gli altri (che rappresentano la stragrande maggioranza), in quanto escono dal percorso formativo con più fiducia in sé e nelle proprie capacità, più resilienti e con un più spiccato ottimismo nel futuro”.

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