Minori

  • Troppo pochi magistrati minorili, oltre 100mila casi di minorenni in difficoltà restano in alto mare

    Bambini che si drogano, adottandi dimenticati, figli lasciati a genitori che li maltrattano. Sono le conseguenze del deficit di forza lavoro togata che affligge i tribunali minorili del Belpaese. Secondo quanto ricostruito dal Corriere della Sera a firma di Milena Gabanelli e Simona Ravizza, i 29 tribunali minorili italiani hanno 110mila casi pendenti che non riescono a smaltire per carenze d’organico. A Milano ci sono 13 giudici invece dei 18 che dovrebbero essere in servizio, a Roma 12 invece di 16, a Genova 5 invece di 7, a Bari 7 invece di 10. Ne consegue che a Milano vi sono 12.662 casi pendenti: nel tribunale minorile lombardo, che è il più produttivo d’Italia, ogni magistrato minorile deve gestire 974 fascicoli arretrati per anno e nello stesso tempo arrivano 562 casi nuovi, a Roma le pendenze sono 8.368, a Napoli 5.531 e a Bologna addirittura 10.106. In tutta Italia, ci sono 108.876 vicende che coinvolgono minorenni e che richiedono l’intervento dello Stato che attendono di essere definite perché mancano le toghe. L’emergenza non è sfuggita all’ex guardasigilli Marta Cartabia ma resta il fatto che le norme introdotte per far fronte al problema continuano a scontrarsi con la carenza materiale di personale che si occupi di applicare le norme del caso a minorenni in situazioni di difficoltà.

  • Festival del Cinema dei Diritti Umani di Napoli: il documentario italiano ‘Stai fermo lì’ riceve il Premio per la Pace dell’Ambasciata svizzera in Italia

    “Quello che mi rattrista maggiormente sono i ricordi delle persone trattenute in carcere, picchiate e torturate, anche per motivi futili come indossare i jeans o ascoltare la musica occidentale… i ricordi delle madri che aspettano i figli e disperate non sanno dove sono finiti. Una situazione che ancora oggi va avanti… E pensare invece che noi dovremmo essere fratelli, dovremmo condividere la felicità e tutti insieme proteggere la terra!”. Sono parole pronunciate da Babak Monazzami, giovane persiano, nel documentario Stai fermo lì che racconta una parte della sua vita. Il documentario ha ricevuto il Premio sulla Pace dell’Ambasciata Svizzera in Italia in occasione del Festival del Cinema dei Diritti Umani di Napoli, giunto alla XV edizione, svoltosi nel capoluogo campano dal 15 al 25 novembre e intitolato, quest’anno, Diritti minori – I bambini alla guerra.

    A raccogliere e filmare i pensieri e i racconti di Babak è la giornalista Clementina Speranza, alla sua prima esperienza in veste di regista, che ha intitolato il documentario Stai fermo lì, come la canzone di Giusy Ferreri per cui Monazzami ha interpretato, durante il suo periodo milanese, un video musicale e che un po’ il leitmotiv della sua vita: da una parte scappa e dall’altra è costretto a rimanere fermo.

    Artista poliedrico Babak dipinge tele dai molteplici soggetti che compaiono anche nel documentario e una sua opera dedicata ai diritti umani, La sposa bambina, era presente anche in sala in occasione della proiezione alla quale ha partecipato con l’autrice del documentario. “Non è stato facile effettuare le riprese, l’emozione ha interrotto numerose volte il girato. Il ripercorrere i ricordi cruenti e tragici, o sentimentali, sui propri cari, impediva a Babak di proseguire”, afferma Clementina Speranza.  E aggiunge: “Obiettivo non è solo quello di risvegliare la coscienza del pubblico, ma anche di ricordare quale sia il prezzo che il silenzio può esigere. È un invito a non chiudere gli occhi verso chi è dovuto scappare dalla propria terra anche se mai l’avrebbe voluto”.

    Da tre anni l’Ambasciata di Svizzera collabora con il Festival dei Diritti umani istituendo il ‘Premio per la Pace’, valore che caratterizza fortemente il documentario Stai fermo lì, come sottolineato da Raffaella D’Errico, Console Onoraria di Svizzera in Campania: “Assegnando questo premio, l’Ambasciata di Svizzera intende mettere in evidenza come il rispetto dei diritti umani sia il presupposto necessario per ottenere una pace durevole. La difesa dei diritti umani deve andare al di là dei casi più noti ed eclatanti; ogni destino individuale vale la nostra attenzione”.

    Con quasi 50 conflitti, di cui due alle porte dell’Europa, e nel 75° anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo il documentario Stai fermo lì racconta una storia tipica del nostro tempo. “E’ il frutto di una serie di guerre che l’Occidente ha dichiarato ai paesi Orientali lasciando poi irrisolti i problemi e creando nuovi e ulteriori problemi, non ai governi ma alle popolazioni indifese, e a chi fugge e viene perseguitato in tutto il mondo” – spiega Maurizio Del Bufalo, direttore artistico del Festival del Cinema dei Diritti Umani di Napoli. Proprio come nel caso di Babak, “un agente di pace, un mediatore culturale che viene perseguitato anche in Europa. Stiamo pagando le colpe di una cattiva gestione della pace mondiale. Questo premio per la pace – conclude Del Bufalo – vuole essere un premio a chi, nonostante le condizioni in cui il suo Paese si trovi, riesce a lavorare per la pace di tutti anche a costo di pagare per le conseguenze del suo coraggio”.

    In sala erano presenti Julie Meylan, Prima Segretaria dell’Ambasciata della Svizzera in Italia, Mariano Bruno, Console Onorario del Principato di Monaco, Segretario Generale del Corpo Consolare di Napoli; Francesca Giglio console Onoraria delle Filippine; Stefano Ducceschi, Console Onorario della Germania; Gianluca Eminente, console onorario dell’Islanda; Valentina Mazza, console onoraria del Kazakhstan; Maria Luisa Cusati, Console Onoraria del Portogallo; Jacopo Fronzoni Console Onorario della Slovenia.

  • In aumento la violenza minorile

    Negli ultimi 12 anni, secondo la direzione generale  della polizia criminale, i reati perpetrati da minori  sono aumentati  del 12% e nello stesso periodo, secondo il rapporto criminalità minorile in Italia, vi è stato  un aumento del 31% di giovani denunciati  o arrestati nel nord ovest.

    Continua ad abbassarsi l’età di chi commette crimini o violenze come dimostrano le sempre più frequenti aggressioni perpetrate da bande di ragazzini, sia a danno di loro coetanei che di adulti.

    L’arrivo di molti migranti minorenni non accompagnati, o figli di famiglie disagiate, ha aumentato il fenomeno che, dopo il covid ed i problemi causati dalla forzata mancanza di socialità e di frequentazioni scolastiche,si è ulteriormente aggravato e  ha reso ancora più evidente l’insicurezza, e la sensazione di pericolo per le persone più fragili, non solo nelle aree metropolitane.

    La violenza che porta a risse, furti, soprusi, pestaggi non è un fenomeno legato solo alle periferie e alle grandi metropoli ma si è spostato anche in città di provincia, addirittura in paesi dove si poteva presupporre che vi fosse maggior capacità di controllo ed educazione da parte  delle famiglie e della scuola.

    Vi è una sempre maggior diffusione, in età adolescenziale, del consumo di stupefacenti e di alcool e la presenza, sui social, di video che mostrano la violenza, il compimento di reati come fatti da imitare perché creano maggiore considerazione nel gruppo, ha acuito il fenomeno.

    Le bande di strada aumentano così come la diffusione di reati sessuali e di stalkeraggio e nei più piccoli cresce l’imitazione dei gesti negativi, come dimostra quanto avvenuto recentemente a Piacenza, in una terza elementare, dove un ragazzino di 8 anni, già noto per le sue eccessive turbolenze fisiche e verbali, ha reagito ad una reprimenda dell’insegnante minacciandola con un coltello.

    Da tempo gli insegnanti subiscono atti intimidatori o vere e proprie aggressioni, purtroppo a volte anche da parte dei genitori, e da tempo si parla, inutilmente, di come certi strumenti tecnologici dovrebbero non essere usati dai bambini così come non dovrebbe essere permessa, ai minori, la visione di molto di quanto trasmesso dai social.

    Troppe famiglie sembrano non in grado di occuparsi seriamente della crescita corretta dei loro figli, di non essere più in grado di vietare alcunché, troppi minorenni, anche giovanissimi, non hanno nessun controllo, figure di riferimento, remore che facciano comprendere come non può esistere una libertà totale nel disprezzo delle libertà e dei diritti altrui.

    La recente intervista, sul Corriere della Sera, al magistrato e procuratore di Napoli Nicola Gratteri dovrebbe richiamare tanta parte della politica ad occuparsi con più attenzione e a tutto campo  dell’educazione dei giovani partendo dalla scuola, dalla famiglia, dall’informazione e all’uso della rete.

    Bisogna occuparsi dei giovani, degli adolescenti, dei bambini  prima che il baratro, davanti al quale si trova la società dell’apparire, che ha spodestato la società dell’essere, diventi per tutti la tomba del futuro.

  • La Commissione invia a TikTok e YouTube una richiesta di informazioni a norma del regolamento sui servizi digitali

    La Commissione europea ha formalmente inviato a TikTok e YouTube una richiesta di informazioni a norma del regolamento sui servizi digitali perché fornisca maggiori informazioni sull’uso dei loro servizi da parte dei minori e sulle misure adottate per adempiere agli obblighi in materia di tutela dei minori ai sensi del regolamento sui servizi digitali.

    TikTok e YouTube devono fornire alla Commissione le informazioni richieste entro il 30 novembre 2023. Sulla base dell’esame delle risposte, la Commissione valuterà le prossime tappe, che potrebbero includere l’avvio formale di un procedimento a norma dell’articolo 66 del regolamento sui servizi digitali. La Commissione può infliggere, infatti, sanzioni pecuniarie per la fornitura di informazioni inesatte, incomplete o fuorvianti in risposta a una richiesta di informazioni. In caso di mancata risposta, la Commissione può decidere di chiedere le informazioni mediante decisione. In tale circostanza, la mancata risposta entro il termine potrebbe comportare l’imposizione di penalità di mora.

    TikTok ha già ricevuto il 19 ottobre 2023 una richiesta di informazioni sulla diffusione di contenuti terroristici e violenti e di incitamento all’odio, sulla presunta diffusione della disinformazione e su aspetti generali relativi alla tutela dei minori online.

  • Dichiarazione della Commissione europea e dell’Alto rappresentante in occasione della Giornata mondiale contro il lavoro minorile

    In occasione della Giornata mondiale contro il lavoro minorile, la Commissione europea e l’Alto rappresentante Josep Borrell hanno rilasciato la seguente dichiarazione:

    “L’Unione europea si impegna da tempo per eliminare il lavoro minorile e tutelare i diritti dei minori. Questo fenomeno rimane diffuso in tutto il mondo, insieme al lavoro forzato e ad altre forme di sfruttamento dei minori. Secondo l’Organizzazione internazionale del lavoro, il fenomeno del lavoro minorile interessa ancora 160 milioni di bambini, metà dei quali sfruttati in lavori pericolosi. In linea con gli Obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite e con l’Appello all’azione di Durban, e come previsto dal Piano d’azione dell’UE per i diritti umani e la democrazia 2020-2024, l’Unione europea si impegna a eliminare il lavoro forzato, la schiavitù moderna, la tratta di esseri umani e tutte le forme di lavoro minorile entro il 2025.

    La Strategia globale dell’Unione europea sui diritti dei minori (2020-2024) pone l’eliminazione del lavoro minorile al centro della propria dimensione mondiale. Con il primo Piano d’azione per i giovani nell’ambito dell’azione esterna sono state proposte misure concrete di follow-up.

    L’UE aspira a diventare membro dell’Alliance 8.7 e si impegna, insieme ai partner, ad accelerare gli sforzi necessari per tutelare i diritti di tutti i minori e permettere loro di godere dell’infanzia senza subire alcuna forma di sfruttamento o abuso”.

  • Ventesima giornata “Per un internet più sicuro”: rendere la Rete migliore e più sicura per bambini e giovani

    La Commissione celebra la 20a giornata “Per un internet più sicuro”, volta a consentire ai bambini e giovani di tutto il mondo di utilizzare le tecnologie digitali in modo più sicuro e responsabile. Per celebrare l’occasione, la Commissione ha pubblicato una versione a misura di minore della strategia europea per un’internet migliore per i ragazzi, in tutte le lingue ufficiali dell’UE e in ucraino. Ha anche pubblicato una versione a misura di minore della dichiarazione sui principi digitali, insieme a un gioco online sui principi digitali, in modo che i bambini e gli adolescenti possano conoscere i loro diritti nel mondo digitale.

    Nell’UE vi sono circa 80 milioni di persone sotto i 18 anni. Nel corso dell’ultimo anno, l’UE ha introdotto una serie di strumenti che includono misure atte a proteggere e responsabilizzare i giovani online. Tra questi figurano la dichiarazione europea sui diritti e i principi digitali, che prevede impegni specifici per quanto riguarda i minori online ed è stata firmata dai presidenti della Commissione, del Parlamento europeo e del Consiglio nel dicembre 2022. La normativa sui servizi digitali, entrata in vigore nel novembre 2022, introduce norme rigorose per salvaguardare la vita privata, la sicurezza e la protezione dei minori. La strategia europea per un’internet migliore per i ragazzi perfezionerà i servizi digitali adeguati all’età e contribuirà a garantire che i bambini siano protetti, autonomi, responsabili e rispettati online.

  • A 75 anni dall’approvazione della Carta Universale dei Diritti manca la carta universale dei doveri

    75 anni sono trascorsi dall’approvazione della Carta Universale dei Diritti e indubbiamente molti progressi sono stati realizzati.

    Purtroppo alcuni paesi, pur firmatari della Carta, sono ben lontani dal rispettarla ed anche nelle aree più sviluppate, e dove vi è un sistema democratico, rimangono violazioni ed ingiustizie specie per quanto riguarda la situazione femminile e dei bambini.

    La recente guerra che l’Ucraina sta subendo dalla Russia ripropone in modo drammatico come troppi diritti siano violati in tempo di guerra quando si colpiscono obiettivi civili o si infierisce sulla popolazione con torture e violenze sessuali.

    Le guerre portano ad efferatezze che si ripercuotono proprio sui più deboli ed è quanto è avvenuto e avviene in Iran, in Siria, in Libia, in Nigeria, in Somalia solo per citare alcuni stati dove i conflitti interni od esterni di susseguono.

    La situazione di troppi lavoratori, non solo nei paesi più poveri, vede una costante violazione di diritti fondamentali, diritti lesi in maniera macroscopica quando è vietata la libera scelta delle donne o quando milioni di persone rischiano la morte per carestia e siccità.

    I ritardi, le volute inadempienze potrebbero essere in gran parte risolti se la comunità internazionale o almeno, per cominciare, l’Unione Europea comprendesse l’urgenza, che da circa vent’anni anni sosteniamo, di una carta universale dei doveri.

    I diritti per essere attuati hanno necessità che ci siano corrispondenti doveri da rispettare, doveri dei singoli verso le istituzioni, verso i propri simili, e doveri delle istituzioni verso la collettività ed i singoli.

    Negare la necessità di colmare le gravi carenza nell’applicazione della Carta dei Diritti, dovute alla mancanza di una carta universale dei doveri, da parte di tanti governi e di tanta politica è colpevolmente miope ed è il sistema per potere non assumersi responsabilità per il mancata, o parziale, rispetto dei diritti.

    Se infatti molti governi, che hanno firmato la carta dei diritti, non la applicano è perché comunque, nel contesto nazionale ed internazionale non si sentono obbligati ad alcun dovere.

    Siamo ovviamente consapevoli che non sarà la semplice firma sotto una carta universale dei doveri ad obbligare tutti al rispetto degli stessi ma sarebbe, come è già stato per i diritti, un inizio, un passo avanti del quale tutti abbiamo bisogno

    In questo settantacinquesimo anniversario rilanciamo un appello alla politica italiana ed europea per cominciare a fare il primo passo per realizzare quello che è il necessario completamento di quanto avvenuto 75 anni fa: alla Carta dei Diritti sia affiancata la carta universale dei doveri.

  • Proposte nuove norme per la lotta contro gli abusi sessuali sui minori

    La Commissione propone  una nuova legge dell’UE per proteggere i minori dagli abusi sessuali online. Gli 85 milioni di immagini e video che ritraggono abusi sessuali sui minori segnalati solo nel 2021 nel mondo, e molti altri casi non ancora emersi, dimostrano come il fenomeno sia dilagante.

    La pandemia di COVID-19 ha aggravato la situazione: nel 2021 la Internet Watch Foundation ha constatato un aumento del 64% delle segnalazioni confermate di abusi sessuali sui minori rispetto all’anno precedente. L’attuale sistema basato sull’individuazione e la segnalazione volontarie da parte delle aziende si è rivelato insufficiente per proteggere adeguatamente i minori e, in ogni caso, non sarà più possibile ricorrervi una volta decaduta la soluzione provvisoria attualmente in vigore. Fino al 95% di tutte le segnalazioni di abusi sessuali sui minori ricevute nel 2020 provenivano da un’unica azienda, anche se è chiaramente dimostrato che il problema non si limita a un’unica piattaforma.

    Per contrastare efficacemente l’uso improprio dei servizi online a fini di abuso sessuale sui minori occorrono norme chiare, corredate di condizioni e garanzie solide. Le norme proposte obbligheranno i fornitori di questi servizi a individuare, segnalare e rimuovere il materiale pedopornografico sulle piattaforme. I fornitori dovranno inoltre valutare e attenuare il rischio di tale uso improprio e le misure adottate dovranno essere proporzionate al rischio e soggette a condizioni e garanzie solide.

    Un nuovo Centro indipendente dell’UE sugli abusi sessuali sui minori faciliterà l’azione dei fornitori di servizi in questo senso fungendo da polo di competenze, fornendo informazioni affidabili sul materiale individuato, ricevendo e analizzando le segnalazioni dei fornitori per individuare quelle erronee ed evitare che arrivino alle forze di polizia, trasmettendo tempestivamente le relazioni ricevute alle autorità e, infine, fornendo sostegno alle vittime.

    Le nuove norme contribuiranno a salvare i minori da ulteriori abusi, a impedire che certi contenuti ricompaiano online e ad assicurare i responsabili alla giustizia. Spetta ora al Parlamento europeo e al Consiglio approvare la proposta.

    Fonte: Commissione europea

  • I minori che campiono reati online sono quasi triplicati in 5 anni

    Sono cresciuti addirittura del 250%, negli ultimi 5 anni, i minori che commettono reati on line, anche di particolare gravità, come la pedopornografia. Un fenomeno a cui ha contribuito la pandemia, che ha fatto crescere a dismisura il tempo di connessione alla rete di ragazzi e bambini, spesso senza controllo da parte dei genitori. Nello stesso arco temporale sono saliti del 130% i casi di pedofilia e si è abbassata l’età dell’adescamento e dei consumatori di pornografia on line. Dati gravi e allarmanti che arrivano dalla relazione finale del gruppo di lavoro sui Social e i minori, presieduto dalla sottosegretaria alla Giustizia Anna Macina, il gruppo di lavoro ha anche avanzato una serie di proposte che verranno consegnate alla ministra della Giustizia Marta Cartabia. Si prevedono più tutele per i minori che navigano sulla rete, anche con il riconoscimento del diritto all’oblio. E una protezione mirata ai baby influencer, con garanzie che investono pure il patrimonio accumulato con la loro attività.

    I dati raccolti dicono inoltre che sono sempre più piccole le vittime dei pedofili: se nel 2018 nella fascia d’età compresa tra 0 e 9 anni c’erano state 14 denunce, nel 2020 sono salite a 41, quasi il quadruplo in tre anni. Sempre negli ultimi cinque anni si sono registrati 14 estorsioni sessuali, nella fascia d’età compresa tra 0 e 13 anni, di cui quattro nella fascia d’età 0-9 anni. In crescita anche il consumo precoce della pornografia on line. Stavolta a lanciare l’allarme davanti al gruppo di lavoro è stata l’Associazione Prometeo Onlus, secondo la quale il fenomeno interessa, a livello globale, il 30% dei bambini fra gli 11 e i 12 anni e, in Italia il 44% dei ragazzi fra i 14 e 17 anni.

    Da Terre des Hommes arrivano cinque proposte per proteggere i minori: le notifiche alle piattaforme, la rimozione di contenuti illeciti, il favorire l’individuazione degli autori di reato e del luogo in cui è stato commesso il reato, l’istituzione di un’Autorità garante dei diritti degli utenti della rete e di protezione dei minori. In Italia l’Osservatorio indifesa, condotto ogni anno da Terre des Hommes e OneDay Group, conferma che 7 ragazzi su 10 dichiarano di non sentirsi al sicuro quando navigano in rete. “Tutelare i minori nel digitale è diventato importante perché il digitale non è più quel mondo virtuale separato dal reale che pensavamo, il mondo della Rete è molto reale perché reali sono le conseguenze che si riflettono nella  nostra realtà. Poi con la pandemia c’è stata una forte accelerazione e tutto è cambiato, c’è stata una rivoluzione”, ha osservato Carla Garlatti, Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, aprendo i lavori dell’incontro “Violenza online. I Social Network nuovi protagonisti della protezione dei minorenni?”, promosso da Terre des Hommes. Per affrontare con successo questi temi è necessario il coinvolgimento delle piattaforme – hanno convenuto tutti – ma non è facile, per problemi di privacy, per problemi economici e perché è evidente che si va ad impattare in un mondo in cui gli interessi economici sono elevati.

  • Achtung, binational babies: il mercato dei diritti

    Nella maggior parte dei paesi europei sono previsti diritti naturali che vengono limitati o cancellati solo se il titolare di tale diritto ha commesso azioni che ne pregiudicano l’esercizio. Per esempio in una separazione si prevede che il bambino mantenga rapporti significativi con entrambi i rami genitoriali. Tutto ciò è considerato un diritto naturale e dunque non un diritto che debba prima essere acquisito. E’ un diritto che viene sempre riconosciuto e solo in presenza di fatti gravi viene limitato o tolto. In Germania, ancora una volta, la situazione è ribaltata. Il nonno non ha diritto ad un rapporto con il nipote per il semplice fatto di essere il nonno, deve invece dimostrare di essere una persona importante di riferimento per il bambino e soprattutto favorire il suo “bene” per poter acquisire tale diritto. A chiunque racconti che il diritto dei nonni ad avere contatti con i nipoti è fissato nel codice tedesco, chiedo di andarsi a rileggere il testo che presuntamente garantisce questo diritto, precisamente il §1685 del Codice civile tedesco che recita: “(1) I nonni e i fratelli hanno diritto al contatto con il bambino se questo corrisponde al bene del bambino [Wohl des Kindes].” Significativamente questo articolo si intitola “Contatto del bambino con altre persone di riferimento”. Non si parla dunque dei nonni in quanto tali, o in quanto persone facenti parte della stessa famiglia, ma solo di altre persone di riferimento. Tra queste potrebbero esserci anche i nonni, ma non necessariamente. Va poi ricordato che il concetto di bene del bambino [Wohl des Kindes, Kindeswohl] non è definito nei codici tedeschi e deve essere sempre interpretato. Di conseguenza, se già la presenza del genitore non-tedesco è nella quasi totalità dei casi considerata negativa o superflua nella vita e nell’educazione del figlio, a maggior ragione lo saranno i nonni non-tedeschi. Inoltre il fatto di vivere in un altro paese, per esempio in Italia, e di non parlare fluentemente la lingua tedesca costituisce un ulteriore fattore pregiudizievole. Tali nonni non sono “i nonni”, bensì “altre persone di riferimento” che non debbono avere nessun ruolo nella vita del nipote in quanto non favoriscono in nessun modo (lingua diversa dal tedesco e paese di residenza che non è la Germania) il suo bene, così come interpretato nei tribunali, nei codici e in una grande parte dell’opinione pubblica tedesca.

    Sarà utile ricordare che la parola famiglia non è praticamente mai evocata nei testi di legge, se non nei titoli delle varie sezioni del codice civile. I testi riportano espressioni come “altre persone di riferimento”, “comunità domestica”, ma non “famiglia”.

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