Natura

  • Caccia al cervo

    Si è riaperta, in alcune aree, la stagione della caccia e dall’8 agosto l’Abruzzo, regione che abbiamo spesso citato ad esempio per la convivenza tra orsi ed umani e per la gestione dei parchi e della fauna selvatica, ha emanato una delibera  autorizzando il prelievo, e cioè l’uccisione, di quasi 500 cervi.

    La cosa che più sconcerta è che nella delibera è predisposto un tariffario, i cacciatori cioè per uccidere i cervi dovranno pagare, a seconda dell’animale abbattuto, un tanto alla regione. Secondo quanto riportato, anche da organi nazionali d’informazione, cinquanta euro per un cucciolo, 100 per le femmine giovani, 150 per i maschi giovani e 250 per i maschi con più di cinque anni, non è ancora chiaro quanto costeranno i trofei dei maschi adulti, cioè i palchi, e quanto sarà la differenza di costi  tra i cacciatori abruzzesi e quelli che proverranno da altre regioni.
    Due cose particolarmente stupiscono e diciamo pure ci indignano, la prima, ovviamente, è che si autorizza, addirittura si invita, a sparare ai cuccioli, bersagli fin troppo facili, l’altra è che risulta che la densità di cervi nelle aree individuate per gli abbattimenti è solo di poco superiore alla soglia che, per legge, permette la caccia di selezione fissata quando vi sono più di due capi per chilometro quadrato. Ovviamente e giustamente le associazioni a protezione degli animali stanno protestando e una petizione del WWF ha già raccolto circa 80.000 firme contro gli abbattimenti.
    Che sia un errore di valutazione  da parte della regione od una marchetta ai cacciatori il provvedimento, specie per l’abbattimento dei cuccioli, sarebbe da ritirare subito con tanto di scuse alla popolazione civile.

    Visto che la caccia sta riprendendo in più parti vogliamo ricordare alcuni dati ai nostri lettori e a quei politici che pensano ai voti che i cacciatori possono dare, le armi ad uso venatorio in Italia sono solo 571.000 e considerando che spesso un cacciatore ha più armi rimane evidente come il numero degli amanti della caccia sia ormai poco rilevante ai fini elettorali rispetto al numero di coloro che credono nel rispetto di una convivenza pacifica con gli animali, fonte di equilibrio per l’ecosistema e per gli interessi turistici.

    Siamo consapevoli che un numero eccessivo di ungulati e di cinghiali sono un danno ma siamo anche certi che vi sono sistemi più corretti per eliminare i problemi connessi al sovrannumero, problemi che non si vogliono affrontare con decisione e competenza tant’è che non si è riusciti ad arginare neppure la peste suina e che perciò continuano a dover essere eliminati centinaia di maiali d’allevamento con un grave danno economico per tutti

    Troppa improvvisazione, troppa superficialità anche in questi campi.

  • “Orchidays”, il festival dedicato alle orchidee spontanee del Gargano

    Torna a Mattinata, per il secondo anno consecutivo, Orchidays – Nel fiore di Mattinata, il festival dedicato alle orchidee spontanee pugliesi. Nella nota località turistica, infatti, fioriscono 60 delle 93 varietà del Gargano che conferiscono al borgo un primato europeo tanto da attirare, da tempo ormai, studiosi ed appassionati provenienti da tutto il mondo.

    Per tutta la durata del Festival sarà possibile ammirare varietà di orchidee autoctone con gli agronomi e i più grandi esperti di orchidee sul piano internazionale che condurranno turisti e curiosi in un percorso naturalistico immersivo all’insegna della conoscenza e della sostenibilità ambientale. In programma escursioni tra i sentieri in cui sorgono in maggiore quantità i fiori spontanei, trekking, passeggiate esperienziali tra i tesori nascosti dell’abbazia della Santissima Trinità, eventi di musica e arte, spettacoli, degustazioni, laboratori e attività ludiche a tema green dedicati ai bambini. E quest’anno sarà anche possibile fare un volo in mongolfiera, sorvolando il cielo di Mattinata alle prime luci dell’alba per far godere il panorama mozzafiato del Gargano.

    La stagione delle orchidee inizia a gennaio e finisce a settembre ma è tra marzo e maggio che avviene la loro massima fioritura, uno spettacolo multicolore dal fascino unico.

    Da sempre questi fiori, nati da soli nelle campagne e sulle colline della zona, hanno convissuto in simbiosi con piante, erbe, muretti a secco e rocce, decorandoli senza pretese, eleganti nella loro molteplicità di colori, così comuni per gli abitanti del luogo che non pensavano di avere in casa un patrimonio botanico di tale valore, abituati a convivere con la bellezza. Poi la svolta, intorno alla metà degli anni ’80, quando turisti appassionati di ambiente e di botanica scoprono il valore di quel fiore al quale conferiscono il nome di ‘orchidea spontanea’.

    Le orchidee del Gargano sono piccole e delicate, oltre ad essere affascinanti grazie alla varietà di forme e colori che le rende uniche nell’intero territorio europeo, in cui ne fioriscono 500, e nazionale, con circa 284 specie. Sono 106, invece, quelle che si trovano in Puglia, di cui 93, appunto, sul Gargano. Per questo ogni anno, in primavera, il promontorio attrae visitatori da ogni parte del mondo, incuriositi anche da una specie di recente scoperta che Angela Rossini, tra le più grandi esperte di orchidee, ha rinominato “Ophrys mattinatae” (Orchidea di Mattinata), considerata il fiore all’occhiello del territorio.

    L’evento nasce dalla volontà dell’amministrazione comunale di internazionalizzare un prodotto turistico rappresentato dalle orchidee spontanee e far sì che il turismo botanico diventi sempre più popolare e coinvolga curiosi e neofiti della materia. Una strategia turistica volta a promuovere la città non solo durante il periodo estivo ma tutto l’anno con una proposta sempre più mirata alla destagionalizzazione, anzi, “extra-stagionalizzazione”. Non più e soltanto destinazione per una vacanza al mare, ma anche centro culturale di primo piano per l’intera regione Puglia. Obiettivo di Orchidays, dunque, è quello di presentare al mondo meravigliosi fiori perenni, di cui Mattinata ne è la capitale, e generare interesse e sensibilità nelle nuove generazioni affinché tutelino la bellezza e il patrimonio naturalistico e culturale.

  • Al via il voto pubblico per selezionare il vincitore del premio Natura 2000 tra 27 finalisti

    La Commissione ha aperto il voto per selezionare il vincitore del Citizens’ award, al suo 10º anniversario, nel quadro dell’edizione 2024 del premio Natura 2000. È possibile votare il proprio finalista preferito fino al 25 aprile al seguente link https://environment.ec.europa.eu/topics/nature-and-biodiversity/natura-2000-award/natura-2000-award-meet-2024-edition-finalists_en

    Con 96 candidature provenienti da 25 Stati membri, l’edizione 2024 del premio Natura 2000 ha riscosso un grande successo. Le 27 iniziative finaliste sono state svolte in siti Natura 2000 in Belgio, Estonia, Francia, Germania, Irlanda, Italia, Lettonia, Lituania, Polonia, Portogallo, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svezia e Paesi Bassi, e illustrano con esempi concreti come la conservazione della natura e lo sviluppo sostenibile possono sostenersi a vicenda e contribuire alla formazione di ecosistemi resilienti a beneficio delle persone, del clima e del pianeta.

    La cerimonia di premiazione si terrà il 29 maggio 2024 nell’ambito della Settimana verde dell’UE. Oltre al Citizens’ award, una giuria indipendente selezionerà i vincitori in categorie riguardanti, tra l’altro, la conservazione su terra, la cooperazione transfrontaliera, la collaborazione per la natura, la conservazione dell’ambiente marino e la comunicazione.

  • La Ue impegna gli Stati a ripristinare l’habitat naturale sui propri territori

    Secondo la Commissione europea oltre l’80% degli habitat europei è in cattive condizioni e di conseguenza sono in declino una specie su tre di api e farfalle e oltre il 30% delle specie di uccelli. Per questo, l’Unione europea ha messo a punto una legge per il ripristino della natura, la Nature Restoration Law, che sancisce che non è più sufficiente tutelare la natura che ancora rimane ma occorre anche iniziare a restaurare quanto abbiamo compromesso.

    I singoli Stati dovranno pertanto ripristinare almeno il 20% degli habitat terrestri e marini degradati in Europa entro il 2030 (tale quota salirà al 60% entro il 2040 e al 90% entro metà secolo), dovranno inoltre piantumare 3 miliardi di nuovi alberi e garantire che non si verifichi una diminuzione dello spazio verde urbano complessivo e della copertura arborea (il 2021 è l’anno di riferimento). Ancora: entro il 2030 i Paesi dell’Ue devono invertire il declino delle popolazioni di impollinatori e ottenere in seguito una tendenza all’incremento, misurandola almeno ogni 6 anni; ogni Stato membro è chiamato a predisporre un Piano Nazionale di Ripristino che concorra al raggiungimento di questi obiettivi molto sfidanti, che verrà validato e successivamente monitorato insieme alla Commissione europea.

    Per ripristinare la natura nei terreni utilizzati dal settore agricolo, la Nature Restoration Law prevede che i Paesi dell’Ue dovranno mettere in atto misure e azioni volte a raggiungere una tendenza positiva in due dei tre seguenti indicatori: l’indice di farfalle nei prati; la quota di terreni agricoli con caratteristiche paesaggistiche ad alta biodiversità; lo stock di carbonio organico nei suoli minerali coltivati.

  • Che tempo abbiamo più?

    Anche la giornata mondiale dell’ambiente se ne è andata.
    Sarà il cambiamento climatico in sinergia con l’accelerazione tecnologica, usata da tutti indiscriminatamente anche quando non sarebbe necessaria, ma il risultato è che il tempo scorre sempre più rapido e domani, in un attimo, è già diventato l’altro ieri, il mese scorso.
    Tempo per pensare ce n’è sempre meno, troppi input, richieste, esigenze, allerte, problemi, comunque problemi.
    Qualcuno sostiene che siamo all’ora zero, che diventa sempre più impossibile fermare il declino, che l’erosione del fragile equilibrio dell’ecosistema è arrivata al limite.
    Non lo so, so per certo quello che sappiamo tutti: i venti di guerra aumentano di giorno in giorno anche nei luoghi ove si pensava che una più forte percezione della libertà, del diritto internazionale avessero un radicamento oggettivo. E queste guerre producono non solo morti nell’immediato ma un danno spesso irreversibile alla terra, all’aria, alla speranza di una vita futura.
    I delitti aumentano, grandi e piccoli, dal bullismo adolescenziale alle più tragiche violenze domestiche, dalle sparatorie o accoltellamenti nelle scuole ad una costante diffusione di ogni tipo di sostanza stupefacente che brucia i cervelli e le coscienze.
    La smodata concezione dei propri individuali diritti ha cancellato ogni senso del dovere, ogni sentimento di empatia, ogni capacità di autocritica, di limite.
    Con la natura gli esseri umani hanno aperto un irragionevole dissidio  da molto, troppo, tempo e, dopo tanta sopportazione, è arrivata la risposta, infatti le calamità naturali, da qualche anno, si susseguono con particolare virulenza mietendo vittime tra gli  umani, gli animali e le cose.
    La tecnologia travolge se stessa, l’intelligenza artificiale si ribella a quella umana, nessun sito è più sicuro da hackeraggio, nessun dato sensibile è più riservato, anche nella propria casa ciascuno è esposto e può essere in pericolo.
    L’essere umano  è diventato incapace di convivere con le altre realtà che fanno parte del sistema terra e si scontra con altre realtà da lui stesso create.
    I cinghiali pascolano in città, cervi ed ungulati vari prolificano a dismisura, i lupi, animali schivi e sociali per eccellenza, sembrano avere scelto di venire tra le case, camminano, come già fanno cervi e cinghiali, sui nastri d’asfalto mentre le api sono sempre meno, l’impollinazione è a rischio e con essa il nostro cibo, perché non basterà il transgenico a sfamarci.
    Non mi spaventa il lupo, che qualcuno pensa già di tornare a sterminare, ma l’uomo, l’essere umano sì, perché uccide con la stessa indifferenza il lupo e la pecora, la sua prole e tutto quanto è intorno: sulla terra e oltre lo spazio.
    Per combattere la paura, per fermare quanto sta precipitando dobbiamo ritrovare il tempo, ma quando anche le centrali sono fatte saltare condannando alla distruzione presente e futura che tempo abbiamo più?

  • Google vuole salvare barriere coralline con l’intelligenza artificiale

    Immergersi virtualmente nelle barriere coralline e individuare i suoni di pesci, gamberi e altre creature marine per allenare l’intelligenza artificiale a monitorare gli ecosistemi e ad individuare quelli più fragili. E’ il progetto ‘Calling In Our Corals’ che Google lancia in collaborazione con i biologi marini con cui chiama a raccolta gli utenti. La piattaforma arriva in coincidenza della Giornata della Terra del 22 aprile ed è un nuovo progetto sui cambiamenti climatici del colosso di Mountain View dopo ‘Tree Canopy’, sempre basato sull’intelligenza artificiale, che monitora i colpi di calore nelle città.

    Per ‘Calling In Our Corals’ i ricercatori hanno posizionato microfoni subacquei in dieci barriere coralline in Australia, Indonesia, Filippine, Stati Uniti, Panama e Svezia e hanno registrato suoni per 24 ore al giorno. Agli utenti viene chiesto di collegarsi ad una piattaforma ad hoc, ascoltare le registrazioni di una barriera corallina in perfetta salute – un suono rilassante e meditativo – e poi allenarsi a identificare i suoni prodotti da balene, pesci più piccoli, gamberi e altre creature marine, ma anche i rumori provenienti dalle imbarcazioni. Applicando il riconoscimento di quei suoni alle diverse barriere coralline monitorate gli utenti possono aiutare i ricercatori, con i loro click, ad allenare l’intelligenza artificiale che poi farà il lavoro automaticamente e salvaguardare la salute di questi ecosistemi.

    “I set di dati audio che ascolterai non sono stati ancora revisionati dagli scienziati – si legge sul sito del progetto ospitato sulla piattaforma Google Arts and Culture – mentre ascolti, i tuoi preziosi click sull’audio verranno tracciati e inviati ai ricercatori in modo che possano capire se ci sono segni di vita nelle loro registrazioni. Tutto questo sarà utilizzato per monitorare la salute dell’ecosistema, tracciare la pesca illegale e misurare il successo del ripristino nei siti”. Il progetto ‘Calling In Our Corals’ è guidato da Steve Simpson, biologo marino dell’Università di Bristol.

  • L’animale più intelligente, l’uomo, cerchi di riparare agli errori che ha fatto

    Pochi giorni fa, il 22 aprile, si è celebrata la Giornata Mondiale per la Terra. Anche il Santo Padre ha ricordato la necessità di difendere il nostro pianeta mentre, ogni giorno, aumentano le conseguenze negative del cambiamento climatico causato dalle azioni dell’uomo.
    Torniamo sull’argomento per rimarcare, come abbiamo già scritto più volte, le gravi conseguenze portate, anche dal punto di vista ambientale, dalla guerra che i russi stanno combattendo in Ucraina, dalle altre guerre in corso, come in Sudan, dagli esperimenti per testare nuovi armi nucleari che innalzano il rischio di un’ulteriore accelerazione dell’inquinamento.
    Monossido e biossido di carbonio, ossido nitrico, ossido di azoto, protossido di azoto, formaldeide, vapori di cianuro di idrogeno e di azoto sono solo alcuni dei molti componenti chimici che stanno avvelenando l’aria, il terreno e l’acqua sia dei fiumi che delle falde. A questi si aggiungono tutte le altre parti pericolose che compongono i vari tipi di materiale bellico, armi esplose ed inesplose, che per anni continueranno ad inquinare non solo il suolo me anche a minare la salute delle persone.

    Un recente report ha previsto che entro il 2040 il settore tecnologico rappresenterà il 14% delle emissioni globali. Per pensare ai nostri gesti quotidiani dobbiamo sapere che solo inviare una mail porta ad una produzione di anidride carbonica di più di 40 grammi.
    Lo scambio di conversazioni normali con Chat GPT equivale al consumo di una bottiglia d’acqua e l’aumento di questi scambi porta molti ricercatori a sostenere che vi saranno ulteriori ricadute negative proprio per quanto riguarda l’acqua, ed il suo consumo, in un’epoca nella quale la siccità è divenuto un problema globale.
    Anche Google consuma acqua, nei data center degli Stati Uniti si sono consumati 12,7 miliardi di litri di acqua dolce solo nel 2021.
    Sempre più grave il problema in Cina dove questi centri sono alimentati a carbone causando emissioni per 100 milioni di tonnellate di CO2.

    Benissimo celebrare la giornata per la salvaguardia della Terra ma senza azioni concrete ed immediate, e non parliamo certo delle auto elettriche o dei 30 km in città, per salvare l’ecosistema né noi né la Terra avranno vita perciò l’animale più intelligente, l’uomo,cerchi di riparare agli errori che ha fatto quando ha messo la sua intelligenza al servizio della morte.

  • Noi e il pianeta, per esistere, abbiamo bisogno anche dei selvatici

    Tra i tanti problemi, nodi da sciogliere, ve ne sono due ai quali è necessario dare subito risposta per poter meglio affrontare gli altri: 1) il nostro rapporto, come umani, con il mondo che ci circonda, 2) il rapporto  tra noi e gli altri esseri senzienti.

    Nei millenni l’essere umano è stato capace di convivere con quanto lo circondava, esseri viventi o inanimati, dai quali ha saputo ricavare ogni fonte di approvvigionamento per migliorare il proprio  benessere dando, via via, vita allo sviluppo che conosciamo.

    Oggi questo sviluppo, cresciuto esponenzialmente dopo la Seconda guerra mondiale, rischia di riportarci indietro, sono infatti, da troppi anni, mancate alcune di quelle regole che avevano consentito, alle generazioni di una volta, di cercare di rispettare, anche a proprio beneficio, alcune regole naturali.

    La rivoluzione industriale che, nel corso dei secoli, ci ha condotto all’attuale “progresso”non è stata capace di impedire che negli esseri umani si ingenerasse sempre di più la pericolosa convinzione che la terra appartenesse solo a loro e che le leggi della natura potessero essere modificate, senza conseguenze, dalla volontà dell’uomo.

    Quella convivenza, difficile ma necessaria, che esisteva, con alterne fortune, con gli altri esseri animati e senzienti, che abitavano ed abitano il pianeta, ad un certo momento non è stata più rispettata né ritenuta utile, cominciò così lo sterminio di molte specie animali e lo stravolgimento, con abbattimenti sistematici di tanta vegetazione, di interi territori.

    Oggi il cambiamento climatico, causato dai nostri errori e dalla sete di ricchezza di molti, sta producendo nuove povertà e disastri ambientali con sempre più numerose vittime e ci impone, sperando di essere ancora in tempo, di ripensare velocemente ad un nuovo modello di vita, ad un altro tipo di sviluppo.

    Il consumo del suolo, il risparmio dell’acqua, l’inquinamento delle aree urbane, i materiali da costruzione scadenti od inquinanti sono solo una parte del problema mentre vaste zone del continente subiscono le conseguenze di guerre, di esperimenti nucleari e dei gas delle missioni nello spazio ma è diventato vietato scaldarsi con un caminetto a legna.

    Dopo aver ucciso milioni di animali selvatici la scienza ha dimostrato che l’ecosistema, nel quale viviamo e senza il quale moriremmo, ha bisogno dell’esistenza di specie diverse, dall’ape che impollina al leone che impedisce la crescita eccessiva degli erbivori, dal lupo che controlla il numero dei cinghiali e degli altri ungulati all’orso altro imprescindibile anello dell’ecosistema.

    Sono così nati, per difendere la terra da ulteriori irreversibili catastrofi, progetti per salvaguardare le specie in via di estinzione e per ripopolare i luoghi nei quali questi animali erano stati sterminati o cacciati.

    Nel frattempo però gli esseri umani si sono disabituati alla convivenza con gli animali selvatici, hanno abbandonato ogni tipo di attenzione per se e per il bestiame d’allevamento e hanno preso abitudini molto pericolose: dalle immondizie lasciate vicino alle abitazioni, cibo molto appetibile per i cinghiali e gli orsi confidenti, alle placente e carcasse di bestie morte buttate nelle letamaie e che diventano un ovvio richiamo per i lupi.

    La naturale conseguenza è che molti di animali selvatici si sono avvicinati ai centri abitati e gli umani hanno subito pensato non di cambiare le abitudini sbagliate, non di prevenire gli ipotetici pericoli con le ovvie precauzioni  ma di chiedere abbattimenti più o meno “selettivi”.

    L’uomo non intende tornare alla convivenza ed al reciproco rispetto che per anni ha regolato la vita della terra ma, come i dittatori che vogliono assoggettare un altra nazione, hanno subito pensato  all’uso delle armi per uccidere.

    Inutile girarci intorno: in natura i pericoli esistono e mai come in questo periodo, ad esempio, abbiamo visto tante persone morire in montagna ma per questo non viene certo in mente di spianare le montagne.

    Diverse persone, costruttori, amministratori, politici sono responsabili per aver costruito o lasciato costruire abitazioni in luoghi pericolosi e quando si è verificato il disastro ambientale, più che prevedibile, non sono stati imprigionati a vita nonostante i molti morti ed i molti danni che avevano procurato.

    Che l’essere umano lo accetti o meno non è il padrone del mondo ma, se mai, colui che dovrebbe tutelarlo, salvaguardarlo, per garantire la continuità della propria e delle altrui specie, animali e vegetali, perché solo così la terra potrà sopravvivere.

    Siamo supercivilizzati ma far rispettare i diritti è ogni giorno un problema e di doveri non parla nessuno, ogni giorno diventano più invasive le violenze ed il bullismo, negli Stati Uniti ci si uccide a scuola o per strada, in Europa la guerra in Ucraina aggiunge orrori ad orrori, in Africa terroristi, mercenari, guerriglieri o tiranni tengono in scacco intere popolazioni mentre si continuano a temere un’invasione cinese di Taipei, un’escalation militare della Corea del Nord, le conseguenze del nuovo conflitto in Sudan.

    Il problema sarà un’orsa ed i suoi cuccioli probabilmente destinati a non sopravvivere senza la madre o il problema sono le nostre improvvisazioni, pressapochismi, paure, incapacità di prevenire e poi affrontare le conseguenze di queste incapacità e paure?

    Chi va nei boschi deve poterlo fare in tranquillità ed il bestiame d’allevamento va tutelato ma senza lupi, orsi, cinghiali, cervi, farfalle, api, lepri etc etc non ci sarebbero boschi e presto neppure città.

    Siamo supercivilzzati ma abbiamo volutamente nascosto a noi stessi che la catena alimentare è una legge di natura che nessuno può stravolgere ed ignorare, il mondo, per continuare ad esistere, non ha bisogno di buoni o di cattivi ma di giusti, giusti che lo difendano per il bene presente e futuro di tutti.

    Una volta non si costruiva sui greti dei fiumi, si edificava dove i terreni erano più solidi, possibilmente su parti più rocciose nel sottosuolo e le case, di pietra o di mattoni pieni, erano esposte in modo da offrire la migliore esposizione alla luce ed al sole.

  • “Salviamo api e agricoltori!”: un milione di firme per l’iniziativa dei cittadini europei, un segnale ai colegislatori dell’UE di tenere alta l’ambizione ambientale

    La Commissione ha risposto all’iniziativa dei cittadini europei “Salviamo api e agricoltori! Verso un’agricoltura favorevole alle api per un ambiente sano”.

    La Commissione accoglie con favore l’iniziativa e ne riconosce l’importanza: le crisi interconnesse dei cambiamenti climatici, dell’inquinamento e della perdita di biodiversità rappresentano sfide crescenti per l’agricoltura e la sicurezza alimentare in Europa. Nell’UE una specie su tre di api, farfalle e sirfidi‏ è in declino, e però l’80% delle specie coltivate o specie fiorite spontanee dipendono dall’impollinazione animale. La metà dei terreni agricoli nell’UE è già esposta al rischio di un deficit di impollinazione. Lo stesso pericolo che minaccia l’esistenza di impollinatori grava sulla sicurezza alimentare e sulla vita nel pianeta.

    Il successo dell’iniziativa dei cittadini è un chiaro segnale del vasto sostegno pubblico a intervenire in difesa degli impollinatori, della biodiversità e dell’agricoltura sostenibile. In tale contesto la Commissione invita il Parlamento europeo e il Consiglio a raggiungere un accordo ambizioso in tempi brevi sulle proposte legislative già trasmesse che contribuiranno a proteggere e ripristinare gli impollinatori europei e a tradurre in legge l’ambizione dei cittadini.

    Tra gli interventi del Green Deal europeo della Commissione volti a garantire la sostenibilità dei sistemi alimentari si annoverano: la proposta di regolamento sull’uso sostenibile dei pesticidi che delinea la riduzione del 50% entro il 2030 del rischio e dell’uso dei pesticidi chimici nell’agricoltura dell’UE e la proposta di normativa sul ripristino della natura che contribuisce a invertire il declino delle popolazioni di impollinatori entro il 2030 e a riportare la natura nei terreni agricoli, anche attraverso obiettivi specifici per il ripristino degli ecosistemi agricoli.

    Insieme, queste proposte possono rappresentare un fattore di svolta per la conservazione degli impollinatori a livello UE.

    Anziché proporre nuovi atti legislativi, la priorità è garantire che le proposte in fase di negoziazione tra i colegislatori siano adottate e quindi attuate tempestivamente.

    L’iniziativa dei cittadini europei “Salviamo api e agricoltori!” riflette le preoccupazioni dei cittadini sulla sostenibilità ambientale e socioeconomica dell’agricoltura europea e chiede alla Commissione di eliminare progressivamente i pesticidi sintetici entro il 2035; ripristinare la biodiversità in agricoltura; di sostenere gli agricoltori nella transizione verso un’agricoltura sostenibile.

  • Nuovi arrivi in Somaliland

    Altri tre arrivi al CCF (Cheetah Conservation Fund) ma c’è poco da stare allegri. Il numero dei cuccioli di ghepardo confiscati, con gli ultimi tre arrivati, ha fatto salire infatti a 91 il numero dei protetti che richiedono cure nel centro del CCF in Somaliland. Tre cuccioli (due maschi e una femmina) sono stati strappati al commercio clandestino. La polizia locale ha collaborato con il Ministero per l’Ambiente e il Cambiamento Climatico Local (MoECC) per attuare le confische. I cuccioli erano tenuti in condizioni insicure al momento delle tentata vendita. In origine erano quattro, ma uno di loro era talmente traumatizzato da morire durante l’operazione di salvataggio.

    I sopravvissuti avevano problemi di salute, come tutti i cuccioli confiscati al commercio illegale. Ferite superficiali, parassiti esterni, e infezioni gastrointestinali. Sono stati subito somministrati loro i medicinali ed è stata monitorata la situazione.

    Il sostegno di tutti permette al CCF di fare il suo lavoro, per eliminare il traffico e lasciar vivere questi animali a rischio in natura, cui appartengono.

    Per aiutare il CCF basta seguire il link https://www.facebook.com/donate/1239269656640286/
    https://cheetah.org/mini-campaign/

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