potere

  • Preoccupanti e pericolose somiglianze

    Tenete sempre divisi i furfanti. La sicurezza del resto della terra dipende da ciò.

    Jean de La Fontaine

    In Europa uno dei più significativi simboli della “Guerra fredda” era  il Muro di Berlino, noto ufficialmente anche come la Barriera Antifascista da parte di coloro che lo idearono ed, in seguito, lo costruirono. La costruzione del Muro era un’iniziativa comune dell’Unione Sovietica e della Germania dell’Est (la Repubblica Democratica Tedesca) ed ebbe inizio il 13 agosto 1961. Un muro che impediva ai cittadini della Germania dell’Est di passare dall’altra parte, verso il tanto ambito mondo occidentale. Quel muro crollò finalmente il 9 novembre 1989 e segnò anche il crollo dei sistemi dittatoriali comunisti dell’Europa dell’Est, nonché lo sgretolamento della stessa Unione Sovietica. È ormai opinione comune che una delle persone che contribuì a quei importanti eventi e sviluppi geopolitici è stato Papa Giovanni Paolo II. Egli, già durante il suo primo discordo da Papa, il giorno dell’insediamento, il 22 ottobre 1978, tra l’altro disse: “Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo, alla sua salvatrice potestà!”. Aggiungendo perentorio: “Aprite i confini degli Stati, i sistemi economici come quelli politici, i vasti campi di cultura, di civiltà, di sviluppo”. Mentre durante la sua visita ufficiale in Polonia, nel giugno 1979, Papa Wojtyla disse: “Non vuole forse, Cristo, che questo Papa polacco, slavo, proprio ora manifesti l’unità spirituale dell’Europa?”. Riferendosi proprio al ruolo di Papa Giovanni Paolo II, durante l’Angelus del 9 novembre 2014, in occasione del 25o anniversario della caduta del Muro di Berlino, Papa Francesco disse: “…La caduta avvenne all’improvviso ma fu resa possibile dal lungo e faticoso impegno di tante persone che per questo hanno lottato, pregato e sofferto, alcuni fino al sacrificio della vita. Tra questi, un ruolo di protagonista lo ha avuto il santo Papa Giovanni Paolo II”.

    Era il 23 giugno 1996 quando Papa Wojtyla, a Berlino, passava sotto la porta di Brandeburgo. E proprio dalla porta di Brandeburgo, dove si erano radunati numerosissimi partecipanti per vedere e sentire il Pontefice, rivolgendosi ai suoi “cari berlinesi”, a coloro che fino a pochi anni prima erano divisi dal Muro e dai fili spinati, ribadì: “…La Porta di Brandeburgo è stata occupata da due dittature tedesche. Ai dittatori nazionalsocialisti serviva da imponente scenario per le parate e le fiaccolate ed è stata murata dai tiranni comunisti. Poiché avevano paura della libertà, gli ideologi trasformarono una porta in un muro”. E riferendosi a quanto era accaduto negli ultimi decenni passati il Papa aggiunse: “…proprio in questo punto si è manifestato a tutto il mondo il volto spietato del comunismo, al quale risultano sospetti i desideri umani di libertà e di pace. Esso teme però soprattutto la libertà dello spirito, che dittatori bruni e rossi volevano murare”. In seguito, rivolgendosi ai partecipanti, Papa Wojtyla ha ricordato che “… la Porta di Brandeburgo, nel novembre del 1989, è stata testimone del fatto che gli uomini si sono liberati dal giogo dell’oppressione spezzandolo. La Porta chiusa di Brandeburgo era lì come simbolo della divisione; quando infine fu aperta, divenne simbolo dell’unità […]. E così si può dire a ragione: la Porta di Brandeburgo è diventata la Porta della libertà”. Papa Giovanni Paolo II era convinto, e lo ribadì, che “L’uomo libero è tenuto alla verità, altrimenti la sua libertà non è più concreta di un bel sogno, che si dissolve al risveglio”. E le dittature opprimono, annientano la libertà, sia quella del singolo essere umano che della società intera. Causando atroci sofferenze e tantissime vittime innocenti. Quanto è accaduto in Germania, sia durante la dittatura nazista che, poi in seguito, durante la dittatura comunista, rappresenta un’inconfutabile testimonianza. Un valoroso ed importante insegnamento lasciato a tutti e non solo ai berlinesi, quanto Papa Giovanni Paolo II disse convinto e perentorio sotto la Porta di Brandeburgo quel 23 giugno 1996. Un insegnamento per tutti coloro, ovunque nel mondo, che apprezzano la libertà e vogliono, ci tengono, ad essere delle persone libere. Non bisogna mai arrendersi alle dittature!

    Purtroppo in diverse parti del mondo sono attivi non pochi sistemi autocratici/dittatoriali. Dittature “ideologiche e politiche”, nonostante non di rado gli autocrati/dittatori si camuffino dietro le “ideologie” per giustificare tutto il resto. Anche in Europa, fatti accaduti, documentati, testimoniati e denunciati pubblicamente alla mano, risulta siano attivi alcuni sistemi autocratici e dittatoriali. In Turchia l’ormai presidente della Repubblica dal 28 agosto 2014 risulta essere una persona che ha ampi poteri decisionali. Fondatore nel 2001 del partito della Giustizia e dello Sviluppo (nella lingua turca Adalet ve Kalkınma Partisi – AKP; n.d.a.), è stato il sindaco di Istanbul (1994 – 1998). In seguito è stato primo ministro dal marzo del 2003 fino al suo insediamento come presidente della Repubblica nell’agosto 2014. Quasi due anni dopo, il 15 luglio 2016, in Turchia c’è stato un fallito colpo di Stato. Il presidente turco denunciò allora subito come mandante del colpo di Stato Fethullah Gülen, suo amico fino a qualche anno prima. Il nostro lettore è stato informato di tutto ciò a tempo debito. L’autore di queste righe scriveva allora: “….dopo il fallito colpo di Stato del 15 luglio 2016, il presidente turco ha deciso di rafforzare i propri poteri”. Sottolineando che “Il fallito golpe del 15 luglio 2016 rappresenta un momento cruciale della recentissima storia della Turchia in cui è stato coinvolto direttamente e personalmente Erdogan”. Egli scriveva allora che “…il presidente turco dopo il fallimento del golpe aveva soprattutto ideato e avviato un periodo di rappresaglie e di purghe […]….Lui vedeva e considerava nemici dappertutto, chiunque poteva essere e/o diventare un pericoloso avversario per lui. Perciò dichiarò guerra a tutto e tutti. Obiettivi e vittime, uccisi o condannati, decine di migliaia, tra alti ufficiali dell’esercito, giornalisti, docenti universitari e insegnanti, artisti e altri ancora”. Dopodiché l’autore di queste righe si chiedeva: “E se questo non rappresenta un inizio di dittatura, allora cos’è?” (Erdogan come espressione di totalitarismo; 28 marzo 2017). Dopo il fallito colpo si Stato il presidente della Turchia proclamò un referendum per approvare alcuni emendamenti costituzionali che garantivano al presidente altri poteri. Il referendum, svoltosi il 16 aprile 2017, approvò tutti i richiesti cambiamenti costituzionali. Cosicché il presidente turco, che potrà rimanere al potere fino al 2029, ha aumentato per legge il suo autoritarismo. Proprio lui che da anni, ma soprattutto dopo il fallito colpo di Stato del 15 luglio 2016, fatti accaduti, documentati e denunciati alla mano, viene accusato di usare dei “metodi duri” per ammutolire tutte le denunce e le critiche nei suoi confronti, fatte dai suoi avversari, sia in Turchia che all’estero.

    Ma in Europa non è solo il presidente della Turchia che con dei cambiamenti della Costituzione e/o con l’approvazione delle leggi ad personam, garantisce a se stesso poteri e protezione. Il presidente della Bielorussia, Alexander Lukashenko, che è al potere dal 1994 e che esercita il suo potere in modo autocratico, ha firmato nei primi giorni di quest’anno una nuova legge a suo favore. Una legge, approvata alla fine del 2023 dal parlamento, che garantisce al presidente bielorusso “l’immunità a vita contro eventuali procedimenti penali” nei suoi confronti. Inoltre la nuova legge protegge anche i suoi familiari. In più questa legge, riferendosi alla vissuta realtà in Bielorussia, riduce di molto le possibilità per gli avversari politici del presidente di creargli problemi durante le elezioni. Avversari che si trovano soprattutto fuori dal territorio della Bielorussia. Si, perché la nuova legge impedisce a tutti i probabili oppositori, cittadini bielorussi che non hanno vissuto stabilmente nel Paese negli ultimi vent’anni, di candidarsi alle elezioni presidenziali. Guarda caso, le prossime elezioni in Bielorussia sono proprio previste nel 2025. Inoltre tutti sanno che il presidente della Bielorussia è un stretto amico e sostenitore di un altro autocrate/dittatore, il presidente della Russia.

    E proprio all’inizio dello scorso dicembre il presidente della Russia ha annunciato “casualmente” la sua candidatura per le prossime elezioni presidenziali, previste di svolgersi tra il 15 e il 17 marzo prossimo. Lo ha fatto durante una conversazione informale durante la cerimonia di consegna della medaglia della Stella d’Oro agli Eroi della Russia che si è svolta al Cremlino. “Non nascondo che in altri momenti ho avuto pensieri diversi. Ma ora, avete ragione, è il momento di prendere una decisione. Mi candiderò alla carica di presidente della Federazione russa”, ha detto l’autocrate/dittatore russo ai partecipanti. Anche lui, al potere dal 2000, quattro mandati da presidente ed un solo mandato da primo ministro (2008-2012), ha consolidato la sua posizione. Ha usato una “riforma costituzionale” aumentando il mandato presidenziale da quattro a sei anni. In seguito, con altri emendamenti ha fatto partire da zero il conteggio dei sui anni da presidente, il che significa che adesso lui potrà avere anche due altri mandati da presidente. In quanto alle elezioni nel prossimo marzo, con tutta probabilità, lui le vincerà. Anche perché il suo avversario, ormai da anni carcerato, da dicembre scorso è stato trasferito in una prigione per detenuti pericolosi nel nord della Russia.

    Un altro autocrate/dittatore, il primo ministro albanese, è al potere dal 2013. E sta facendo di tutto per continuare ad esercitare e abusare del suo potere prima conferito e poi usurpato. Ormai, fatti accaduti e che stanno tutt’ora accadendo, fatti documentati alla mano, lui, il primo ministro albanese, controlla personalmente tutti i poteri. Lui, essendo il maggior responsabile istituzionale del potere esecutivo, non solo controlla ma addirittura ordina i rappresentanti istituzionali sia del potere legislativo che di quello giudiziario. In più, il primo ministro albanese controlla anche il potere mediatico tramite legami di clientela che ha con i proprietari della maggior parte dei media in Albania. Da anni ormai il nostro lettore è stato informato, con la dovuta e richiesta oggettività, della vera, vissuta e sofferta realtà albanese. Cosi che, fatti accaduti e documentati ufficialmente alla mano, il nostro lettore è stato spesso informato della galoppante corruzione che sta pericolosamente divorando la cosa pubblica in Albania. Da anni chi scrive queste righe ha informato il nostro lettore, basandosi solo e soltanto sui numerosi fatti facilmente verificabili, che in Albania è stata restaurata negli ultimi anni, e si sta consolidando ogni giorno che passa, una nuova e pericolosa dittatura sui generis. Una dittatura camuffata da un “pluripartitismo” più di facciata che reale, grazie a dei legami occulti e di interesse reciproco che il primo ministro ha stabilito con alcuni dirigenti politici in Albania. Una dittatura pericolosa, come espressione dell’alleanza tra il potere politico, rappresentato istituzionalmente proprio dal primo ministro, la criminalità organizzata locale ed internazionale ed alcuni raggruppamenti occulti e finanziariamente potenti internazionali, soprattutto uno di oltreoceano. Anche di questo il nostro lettore è stato spesso informato, fatti accaduti, documentati e pubblicamente denunciati alla mano. Una realtà questa che è stata palesemente confermata anche da quello che è accaduto con il dirigente dell’opposizione, ex presidente della Repubblica (1992-1997) ed ex primo ministro (2005-2013). Per il primo ministro e per i suoi “alleati”, lui rappresenta non solo un avversario politico, ma bensì un nemico da combattere con tutti i metodi. E dal 30 dicembre scorso, in piena violazione della Costituzione e delle leggi in vigore, il dirigente dell’opposizione è agli arresti domiciliari. Anche di questo il nostro lettore è stato informato durante gli ultimi mesi (Preoccupante ubbidienza delle istituzioni al regime dittatoriale, 7 novembre 2023; Un dittatore corrotto e disposto a tutto, 20 dicembre 2023).

    Chi scrive queste righe pensa che quanto sopracitato rappresenta delle preoccupanti e pericolose somiglianze. Perciò, parafrasando un po’ Jean de La Fontaine, si potrebbe dire che bisogna tenere sempre divisi i furfanti e gli autocrati/dittatori. La sicurezza del resto della terra dipende da ciò.

  • Un dittatore corrotto e disposto a tutto

    …Chi approfitta della politica per guadagnare poltrone o

    prebende non è un politico. È un affarista, un disonesto.

    Sandro Pertini

    Sì, proprio così dichiarava Sandro Pertini, noto e stimato uomo politico italiano, ex presidente della Camera dei Deputati (1968-1976) ed ex presidente della Repubblica (1978-1985). Lo dichiarava durante una lunga intervista rilasciata ad Oriana Fallaci e pubblicata dal settimanale L’Europeo il 27 dicembre 1973. La stessa intervistatrice presentava così l’intervistato: “L’uomo non ha bisogno di presentazioni. Si sa tutto su Sandro Pertini, presidente della Camera. Si conosce il suo bel passato di antifascista condannato all’ergastolo e a morte, il suo bel presente di socialista privo di fanatismi e di dogmi, il suo coraggio, la sua onestà, la sua dignità, la sua lingua lunga. Nessun segreto da svelare su questo gran signore che della libertà ha fatto la sua religione, della disubbidienza il suo sistema di vita, del buon gusto la sua legge”. E poi aggiungeva: “È noto che ama la moglie, i quadri d’autore, le poesie, la musica, il teatro, la cultura, che è un uomo di cultura e uno dei pochissimi politici di cui possiamo andar fieri in Italia”. Oriana Fallaci sottolineava, sempre riferendosi a Sandro Pertini, che: “…È anche un uomo che ha tanto da dire, senza esser sollecitato. Infatti non si intervista Sandro Pertini. Si ascolta Sandro Pertini. Nelle sei ore che trascorsi con lui, sarò riuscita sì e no a piazzare quattro o cinque domande e due o tre osservazioni. Eppure furono sei ore di incanto”. E durante quelle sei ore trascorse insieme, l’ex presidente della Repubblica raccontò anche parte di un colloquio che egli aveva avuto con un altro uomo politico italiano, dicendogli: “Senta, la politica se non è morale, non m’interessa. Io, se non è morale, non la considero nemmeno politica. La considero una parolaccia che non voglio pronunciare”. La risposta del suo interlocutore era: “Ma caro Pertini! In politica, fare i morali è un’ingenuità!”. Al che Sandro Pertini rispose: “Senta, mi dia pure del sentimentale o dell’ingenuo. Tanto non me ne offendo, per me anzi è un onore. Ma non esiste una moralità pubblica e una moralità privata. La moralità è una sola, perbacco, e vale per tutte le manifestazioni della vita. E chi approfitta della politica per guadagnare poltrone o prebende non è un politico. È un affarista, un disonesto”. E poi rivolgendosi ad Oriana Fallaci, le disse: “Gli ho detto proprio così, cara Oriana, e aggiungo: se li esamina bene, questi che affermano in politica essere onesti è un’ingenuità, scopre che sono disonesti anche nella vita privata. Ladri di portafogli. Oh, la politica io l’ho sempre vista come una missione da assolvere nell’interesse del popolo, al servizio di una fede”. E siccome Sandro Pertini non era un credente, ha ritenuto necessario aggiungere e specificare che egli aveva scelto la politica “…come una fede, come un lavoro, nello stesso spirito dei preti che dicono sacerdos sum in aeternum (siamo sacerdoti per sempre; n.d.a.). Lo capiva anche mia madre. Mia madre non condivideva le mie idee: era una cattolica, lei, una credente. Però era fiera di me e ripeteva: “Ah, se il mio Sandro fosse stato un soldato di Cristo, che bel soldato di Cristo sarebbe!”. E aveva ragione. Perché io non avrei fatto il parroco o il cardinale. Avrei fatto il missionario, il…”. E poi Sandro Pertini, durante la lunga conversazione con Oriana Fallaci, durata per circa sei ore, aveva trattato e parlato di molti altri argomenti e fatti accaduti e vissuti da lui in prima persona.

    Tutto quanto è stato detto durante quella conversazione è stato ed è un buon insegnamento per tutti coloro che scelgono la politica come la loro attività. Ma purtroppo non tutti hanno avuto e hanno lo stesso intendimento che Sandro Pertini aveva della politica e delle responsabilità che comporta essere attivo/attiva in politica e rappresentare anche molte altre persone che, con il loro voto, hanno permesso a loro una simile attività. Sono stati e sono purtroppo tanti i casi che lo testimoniano. Casi che sono stati verificati e che tutt’ora si verificano in diverse parti del mondo. Italia compresa. Ma anche quanto sta accadendo da anni in Albania ne è un’ulteriore conferma dove, invece di rispettare la Costituzione e servire le istituzioni, lo Stato, nonché proteggere e gestire nel migliore dei modi il bene pubblico, abusa consapevolmente del potere conferitogli. L’operato dell’attuale primo ministro albanese rappresenta proprio una testimonianza molto significativa e inconfutabile. Lui è un individuo al quale calza a pennello quanto diceva Sando Pertini durante il colloquio con Oriana Fallaci. E cioè che: “…chi approfitta della politica per guadagnare poltrone o prebende non è un politico. È un affarista, un disonesto”.

    Anche durante queste ultime settimane sono stati denunciati altri casi clamorosi e sono stati resi pubblici diversi documenti ufficiali, riguardanti quello che da anni è ormai noto come lo scandalo dei tre inceneritori. Si tratta di documenti che coinvolgono direttamente sia il primo ministro albanese e/o il sindaco della capitale, sia altri loro stretti collaboratori. Il nostro lettore è stato informato di questo scandalo ormai da qualche anno e a tempo debito. L’autore di queste righe, riferendosi allo scandalo degli inceneritori, informava il nostro lettore tre settimane fa che “Ormai le notizie sui continui e clamorosi abusi del bene pubblico in Albania sono diventate una “normalità” quotidiana. […]. Ma quando i casi di abuso, resi pubblici, sono veramente tanti, inevitabilmente tali abusi si sovrappongono e non lasciano tempo neanche per riflettere. Si tratta di abusi che, da anni, stanno svuotando in un modo allarmante e pericoloso le casse dello Stato. E tutto ciò in uno dei Paesi più poveri dell’Europa” (Misere bugie per nascondere clamorosi abusi quotidiani ed altro, 27 novembre 2023 ecc…).

    Quello degli inceneritori è veramente un clamoroso scandalo milionario, tutt’ora in corso. Uno scandalo che testimonia non solo il diretto coinvolgimento del primo ministro, del sindaco della capitale, del segretario generale del Consiglio dei ministri, nonché altri alti funzionari del governo, ma anche il diretto controllo delle istituzioni del sistema “riformato” della giustizia da parte del primo ministro albanese. Un allarmante e preoccupante fatto, visto che lui controlla altresì il potere esecutivo e quello legislativo. Un fatto che purtroppo testimonia l’annientamento del ben noto principio della separazione dei poteri in uno Stato democratico, definito da Montesquieu già nel 1748. Il che dimostra e testimonia che in Albania ormai lo Stato non può essere più considerato uno Stato democratico, bensì un regime autocratico, una dittatura. E la realtà vissuta e sofferta in Albania in questi ultimi anni lo dimostra, fatti accaduti e che stanno accadendo anche in questi ultimissimi giorni alla mano. L’autore di queste righe spesso deve ripetere che in Albania ormai è stato restaurato e si sta consolidando, ogni giorno che passa, un nuovo regime autocratico, una nuova dittatura sui generis, come espressione di una pericolosa alleanza tra il potere politico, la criminalità organizzata locale ed internazionale e certi raggruppamenti occulti, ben potenti finanziariamente; soprattutto uno di oltreoceano.

    Sempre da molti fatti pubblicamente denunciati, anche in questi ultimissimi giorni ,alla mano, molti dei quali depositati ufficialmente, da parte dell’opposizione politica, presso una delle strutture del nuovo sistema “riformato” della giustizia, la Struttura Speciale contro la Corruzione e la Criminalità Organizzata, il vanto sia del primo ministro albanese che di certi “rappresentanti internazionali”, risulterebbe che quello degli inceneritori sia veramente uno scandalo clamoroso. Uno scandalo, di fronte al quale il primo ministro, per salvare se stesso ed alcuni suoi fedelissimi collaboratori, da alcuni mesi è stato costretto a “scaricare” man mano i suoi collaboratori coinvolti nello scandalo, consegnandoli a quella Struttura Speciale. Non è difficile capire che lo fa per dimostrare che i veri colpevoli sono alcuni suoi collaboratori, coloro che “hanno abusato della sua fiducia alle sue spalle”. Lo fa anche per ingannare l’opinione pubblica, cercando di dimostrare che le istituzioni del sistema “riformato” della giustizia e soprattutto la Struttura Speciale contro la Corruzione e la Criminalità Organizzata fanno il proprio dovere istituzionale, senza essere condizionate da niente e da nessuno, primo ministro compreso. Un suo lapsus freudiano, che dimostrerebbe proprio il contrario. Gli “eroi dei [vostri] bambini ed il terrore dei criminali” li definiva nel 2021, con  gioia ed entusiasmo, l’ex ambasciatrice statunitense, in presenza anche del rappresentante della Delegazione dell’Unione europea in Albania, i procuratori di quella Struttura Speciale. E tutti e due loro non hanno mai nascosto il palese sostegno al primo ministro albanese. Quegli “eroi dei bambini” però, i procuratori della Struttura Speciale contro la Corruzione e la Criminalità Organizzata, diventano il terrore degli alti rappresentanti politici ed istituzionali, nonché dei noti criminali, solo dopo il nullaosta arrivato dall’alto, da molto alto.

    Ma non è solo lo scandalo degli inceneritori ed, in generale, l’abuso del potere che genera simili scandali in Albania. Quello che veramente dovrebbe allarmare e preoccupare tutti, comprese anche le istituzioni dell’Unione europea e le cancellerie di alcuni singoli Paesi membri dell’Unione, Italia compresa, è la confermata irresponsabilità istituzionale e personale del primo ministro albanese. Di colui che ogni giorno che passa fa di tutto, e purtroppo ci riesce, per annientare l’opposizione, per poi non avere nessuno che possa denunciare il suo clamoroso e testimoniato abuso del potere conferitogli e soprattutto usurpato. Come da anni anche il nuovo zar russo, un altro dittatore al potere, sta facendo con l’opposizione in Russia. Il primo ministro albanese lo ha fatto anche lunedì scorso, 18 dicembre. La commissione dei mandati del parlamento, ubbidiente a tutti i suoi ordini, ha approvato il permesso per l’arresto del dirigente del maggior partito dell’opposizione, ex presidente della Repubblica (1992-1997) ed ex primo ministro (2005-2013). Tutto ciò partito da una richiesta anticostituzionale di un procuratore della Struttura Speciale contro la Corruzione e la Criminalità Organizzata, il quale, guarda caso è stato procuratore anche nel periodo del regime comunista. E solo per questa ragione lui non doveva essere in quella Struttura per legge. Una richiesta con la quale si chiedeva l’obbligo d’apparizione e si confiscava il passaporto proprio del dirigente del maggior partito dell’opposizione. Il nostro lettore è stato informato di questo fatto (Inconfutabili testimonianze di una dittatura in azione, 23 ottobre 2023; Preoccupante ubbidienza delle istituzioni al regime dittatoriale, 7 novembre 2023). Mentre ieri, martedì 19 dicembre, un’altra commissione del parlamento ha approvato un disegno di legge che prevede il controllo delle attività parlamentari da parte della maggioranza governativa, e cioè del primo ministro. Molto presto quel disegno di legge sarà approvato definitivamente dal parlamento. Lo ha fatto alcuni anni fa anche un altro autocrate, il “fratello ed amico” del primo ministro albanese, il presidente turco che nell’aprile 2017 cambiò la Costituzione per aumentare i propri poteri. Bisogna sottolineare che solo durante questi ultimi mesi il parlamento in Albania, tra l’altro, non ha permesso la costituzione di otto commissioni parlamentari che dovevano indagare proprio sugli abusi del bene pubblico da parte del primo ministro, lo scandalo degli inceneritori ed altri scandali. Si è trattato di decisioni prese in piena violazione della Costituzione, E se questa non è un’ulteriore, preoccupante ed inconfutabile testimonianza di una dittatura in azione, allora cos’è?!

    Chi scrive queste righe è convinto, dati e fatti accaduti e che tutt’ora stanno accadendo alla mano, che il primo ministro ha usurpato ormai tutti i poteri ben definiti da Montesquieu già nel 1748. Anche il primo ministro albanese fa parte di quella combriccola di individui, per i quali Sandro Pertini diceva “..Chi approfitta della politica per guadagnare poltrone o prebende non è un politico. È un affarista, un disonesto”. Ed uno che conosce l’attuale realtà vissuta e sofferta in Albania avrebbe aggiunto che lui, il primo ministro, è un dittatore corrotto e disposto a tutto. Proprio a tutto.

  • La lotteria familiare della politica

    Tra mille posizioni retoriche uno degli strumenti attraverso il quale la politica potrebbe riacquisire un minimo di credibilità potrebbe essere quello di adottare delle misure minime, ma in grado di permettere il mantenimento di un rapporto con la civiltà che li ha eletti.

    Da troppo tempo la carriera politica rappresenta un affare di famiglia in quanto vede coinvolti mariti e mogli ma anche figli e cugini i quali beneficiano di tutti i vantaggi che un incarico politico può distribuire dalla propria posizione.

    La carriera politica in questo modo diventa una sorta di SuperEnalotto per l’intera stirpe familiare, la quale discenda da deputato o da un senatore o dal rappresentante politico regionale fino al livello comunale.Questo tipo di percezione sempre più evidente nel corpo elettorale determina un progressivo allontanamento della politica dal circostante mondo della realtà.

    In più viene azzerata  sempre più la autorevolezza generale confermata  dalla dimostrazione di una priorità concessa ad una riforma istituzionale preferita a quella di un sistema elettorale all’interno del quale l’elettore sia messo nella possibilità di scegliere i propri rappresentanti.

    In fondo basterebbe una semplice legge la quale escludesse, o perlomeno limitasse, vantaggi che una carica politica comunque possa assicurare, escludendo in questo modo ogni persona legata da un vincolo di parentela con l’eletto. Un limite che permetterebbe alla politica di tornare a rappresentare sicuramente una posizione di privilegio ma non più ad esercitare i vantaggi di una vincita al SuperEnalotto per l’intera famiglia di appartenenza del politico stesso.

    Il distacco del mondo della politica rispetto agli elettori parte anche da queste piccole cose, con mariti e mogli in parlamento, figli di rappresentanti del governo i quali, senza arte né parte, vengono assunti nella FIGC (Federazione Italiana Gioco Calcio o nella Fondazione Milano Cortina) o cognati ministeriali, molti dei quali senza il minimo sindacale di competenza.

    Se veramente si volesse aumentare la credibilità della politica risulterebbe fondamentale che questa posizione politica non rappresentasse la vincita di una lotteria una l’acquisizione di una posizione, di privilegio, per un solo componente della famiglia stessa.

  • Corruzione, abuso di potere e molto altro

    E’ una esperienza che sempre si ripete nella storia il fatto

    che qualsiasi uomo abbia del potere è portato ad abusarne.

    Montesquieu

    Nei primi giorni di questo mese la Commissione europea ha pubblicato il rapporto ufficiale sull’Albania per il 2022. Nei precedenti rapporti si evidenziavano sempre “i successi ed i positivi risultati raggiunti”. Si evidenziava e si sottolineava anche “il massimo impegno del governo albanese”, grazie al quale erano stati conseguiti dei “continui progressi” nel percorso come Paese candidato per l’adesione nell’Unione europea. Ma, diversamente dai precedenti, il rapporto per il 2022 sull’Albania, per la prima volta dal 2014, evidenzia alcune problematiche. Problematiche dalle qualli, nonostante il “linguaggio diplomatico” usato da coloro che hanno redatto il rapporto, si capisce che non possono essere solo quelle elencate. Si capisce, in base ad un sano ragionamento, che quelle sono causate da altre problematiche, non evidenziate nel rapporto, ma che, purtroppo, sono ben presenti, gravi e preoccupanti. Si, perché, se si afferma che “…Le misure contro la corruzione continuano ad avere, in generale, un limitato impatto”, si capisce che la corruzione è stata ben presente in Albania anche prima. Era presente anche negli anni precedenti, quando non risultava per niente nei rapporti della Commissione europea sull’Albania. Chissà perché?! Si sa però, in base a molte esperienze da altri Paesi, che la corruzione non può nascere e diventare un problema solo in pochi mesi. Il nostro lettore è stato informato a tempo debito e a più riprese di certi rapporti “molto positivi”, zuccherati e per niente realistici della Commissione europea sull’Albania. Così come è stato informato anche dei palesi “atteggiamenti protettivi” dei massimi rappresentanti istituzionali della Commissione europea nei confronti del primo ministro albanese (Era troppo presto per dimenticare, 6 marzo 2017; Irresponsabili falsità e fandonie da Bruxelles, 11 dicembre 2017; Di nuovo falsità e fandonie da Bruxelles, 26 marzo 2018; Soltanto per merito, 23 aprile 2018; Patti con Satana e irritanti bugie, 3 giugno 2019; Ciarlatani e corrotti di alto livello istituzionale; 19 dicembre 2022 ecc..). Ma qualcosa dovrebbe aver costretto coloro che hanno redatto ed approvato il rapporto della Commissione europea sull’Albania per il 2022 ad elencare alcune delle problematiche, ma certamente non tutte. Forso i clamorosi scandali milionari che si susseguono e che coinvolgono direttamente i massimi livelli del potere politico ed istituzionale, primo ministro compreso. Scandali che non possono più “sfuggire” all’attenzione di chi di dovere anche nella Commissione europea. O forse si tratta di una nuova “strategia d’approccio”? Chissà. Sarà il tempo però, quel perenne galantuomo, che chiarirà tutto e ce lo farà sapere. A proposito di “strategie”, l’autore di queste righe ricorda e cita spesso una frase molto significativa e sempre attuale, tratta dal noto romanzo “Il Gattopardo” di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Una frase detta da Tancredi allo zio, il principe di Salina, mentre in Sicilia stavano avanzando i garibaldini. “Zio, se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi”!

    Nel sopracitato rapporto, per il 2022, della Commissione europea sull’Abania si afferma, altresì, che “Nei confronti degli alti rappresentanti (delle istituzioni governative e statali; n.d.a.) ci sono state alcune condanne definitive per delle accuse di corruzione, ma fino ad adesso nessuna condanna si riferisce alla qualifica degli atti di corruzione come un crimine grave”. Una simile constatazione evidenzia però una ben più grave realtà, sull’esistenza della quale sono direttamente responsabili sia le strutture specializzate del governo, che quelle del sistema “riformato” della giustizia. Si capisce perciò che chi ha l’obbligo costituzionale, legale ed istituzionale di combattere la corruzione non ha fatto ancora il proprio dovere. Lo afferma, sempre con il solito “linguaggio diplomatico”, anche il rapporto per il 2022 sull’Albania, quando si riferisce alla Struttura speciale contro la Corruzione e la Criminalità organizzata. Una struttura, quella costituita nel novembre 2019, nell’ambito della ristrutturazione del sistema “riformato” della giustizia, che è presentata come un “vanto” sia dal primo ministro albanese che dai soliti “rappresentanti internazionali” in Albania. Nel rapporto per il 2022 della Commissione europea sull’Albania si afferma che quella struttura “deve avere un approccio proattivo per lottare contro la corruzione negli alti livelli”. E poi, sempre riferendosi alla stessa struttura, si evidenzia che ci sono dei “disaccordi tra l’alto numero delle indagini e il numero delle condanne definitive”. Soprattutto quando le persone ufficialmente denunciate e indagate sono molto altolocate. Primo ministro in testa. Anzi la Struttura speciale contro la Corruzione e la Criminalità organizzata sarà veramente e realmente credibile, sarà un vanto per tutti, quando, in base alla legge e solo alla legge, aprirà e svolgerà delle indagini incondizionate, serie e professionali proprio a carico di quelle persone altolocate, partendo dal primo ministro. Anche perché quanto sta accadendo in Albania durante questi ultimi anni porta direttamente al primo ministro! Almeno istituzionalmente.

    Nel sopracitato rapporto si evidenzia anche che “L’aumento del numero delle condanne definitive dei funzionari di alto livello deve essere una priorità importante”. Ma, fatti accaduti e che stanno tuttora accadendo, fatti documentati e denunciati pubblicamente testimoniano che, purtroppo, la Struttura speciale contro la Corruzione e la Criminalità organizzata sia stata molto selettiva nei casi trattati, “mettendo in soffitta” tanti casi molto sensibili e pubblicamente denunciati. Le cattive lingue da tempo stanno dicendo che quella struttura è direttamente controllata dal primo ministro e/o da chi per lui. Elencando anche molti casi significativi e pubblicamente noti. E, come sempre, le cattive lingue difficilmente sbagliano in Albania. Si capisce però che la corruzione esiste ed è diffusa, partendo dai più alti livelli del potere politico, dell’amministrazione pubblica, centrale e/o locale e delle istituzioni governative e statali e si sta cercando, da chi di dovere, di trattarla non con la dovuta responsabilità e serietà. In più, non essendo qualificata la corruzione “un crimine grave” in nessuna delle condanne fatte, come si evidenzia nel rapporto, testimonia una perfida e ben ideata “strategia protettrice” per tutti, nel malaugurato caso ci si dovesse affrontare con l’accusa di corruzione. E potrà capitare a molti, visto che si tratta di un fenomeno così diffuso.

    Ma la corruzione non è e non poteva essere, purtroppo, la sola seria preoccupazione in Albania. Si, perché fatti accaduti e che stanno tuttora accadendo, fatti documentati e pubblicamente denunciati alla mano, testimoniano palesemente che è altrettanto grave e preoccupante anche l’abuso del potere conferito, partendo sempre dai più alti livelli del potere politico ed istituzionale, per poi diffondersi, gerarchicamente, su tutti i livelli subordinati. Purtroppo, nel rapporto ufficiale della Commissione europea sull’Albania per il 2022 non si fa nessun chiaro e dovuto riferimento al abuso del potere. Così come non si fa nessun chiaro e dovuto riferimento neanche ad un’altra grave, preoccupante e pericolosa problematica, come quella del riciclaggio del denaro sporco. Denaro proveniente non solo dalla diffusa corruzione, ma anche e soprattutto dalle attività della criminalità organizzata locale ed/o internazionale. Così come non si fa nessun chiaro riferimento neanche ad altre gravi, preoccupanti e pericolose problematiche, vissute e sofferte quotidianamente in Albania. Alcune delle quali contestate in precedenza anche da alcuni rappresentanti della stessa Commissione europea. Come il disegno di legge sull’amnistia fiscale, ma anche sui cosiddetti “passaporti d’oro”, oppure sugli appalti del tutto non trasparenti, in palese violazione con le leggi in vigore in Albania. E anche con quanto è previsto nell’Accordo di Associazione e Stabilizzazione dell’Albania con l’Unione europea, entrato in vigore nell’aprile 2009. Il caso del porto di Durazzo ne è una palese e molto significativa dimostrazione e testimonianza di una simile violazione di quell’Accordo. Il nostro lettore, anche di tutti questi casi è stato sempre e a tempo debito informato durante questi ultimi anni. Chissà perché non sono stati evidenziati tutti questi casi però nel rapporto per il 2022 della Commissione europea sull’Albania?!

    Nel 1989, durante il vertice G7 di Parigi, è stata costituita una struttura ormai nota come FATF (Financial Action Task Force on Money Laundering, n.d.a.), nota anche come GAFI (Gruppo di Azione Finanziaria; n.d.a.). Gli Stati membri del G7, preoccupati dalle simili realtà con le quali si dovevano affrontare, decisero di combattere insieme i reati dovuti ai finanziamenti delle attività illecite, al riciclaggio del denaro sporco ed al finanziamento delle attività terroristiche, dovunque si presentassero. Perciò FATF rappresenta e funziona come una struttura intergovernativa. Partito con soli 7 membri nel 1989, attualmente FATF annovera 39 membri. Ci sono anche altri Paesi e organizzazioni specializzate internazionali che figurano come membri associati e come membri osservatori. Nel 1997 è stato costituito un’altra struttura nota come MONEYVAL (Committee of Experts on the Evaluation of Anti-Money Laundering Measures and the Financing of Terrorism – Comitato d’Esperti per la Valutazione delle Misure contro il Riciclaggio di Denaro e il Finanziamento del Terrorismo; è una struttura di monitoraggio del Consiglio d’Europa; n.d.a.). Si tratta di una struttura specializzata del Consiglio d’Europa che ha come compito principale quello di combattere il riciclaggio del denaro. In più MONEYVAL collabora strettamente con FATF, usando ed applicando i suoi stessi standard. Ebbene, sia FATF che MONEYVAl da anni hanno rapportato l’Albania come uno dei Paesi problematici per il riciclaggio del denaro sporco. Ragion per cui hanno inserito l’Albania nella cosiddetta “zona grigia” dal 2020. Il che significava che l’Albania deve essere un Paese “sorvegliato e sotto un allargato monitoraggio”. Bisogna sottolineare che secondo le normative che regolano il funzionamento di MONEYVAL, si stabilisce che “Gli Stati possono essere messi sotto sorveglianza allargata nel caso in cui si identificano delle serie incompatibilità con gli standard….”. Ma niente di tutto ciò è stato evidenziato nel rapporto per il 2022 della Commissione europea sull’Albania! Chissà perché?!

    Chi scrive queste righe è convinto che la corruzione, l’abuso di potere conferito, a tutti i livelli, il riciclaggio del denaro sporco e molto altro sono, purtroppo, delle realtà preoccupanti e pericolose non solo per l’Albania, ma anche per altri Paesi. Italia compresa. Chi scrive queste righe è altresì convinto, sempre fatti accaduti, documentati e pubblicamente denunciati alla mano, che il primo ministro albanese è, almeno istituzionalmente, il diretto responsabile di queste realtà. Lui che è il rappresentante istituzionale di una pericolosa alleanza tra il potere politico, la criminalità organizzata e determinati raggruppamenti occulti locali ed internazionali. Il nostro lettore, è stato informato di molti fatti inconfutabili, che portano ad una simile conclusione.

    Chi scrive queste righe pensa che di queste realtà gravi, preoccupanti e molto pericolose devono essere ben informati anche tutti i rappresentanti statali, governativi ed istituzionali europei ed altri quando programmano di incontrarsi, anche per poco, con il primo ministro albanese. Chi scrive queste righe pensa che doveva essere stata ben informata anche la Presidente del Consiglio dei ministri della Repubblica Italiana, che nei giorni scorsi ha accettato “l’invito amichevole” proprio del primo ministro albanese per passare alcuni giorni insieme nella costa ionica dell’Albania. Un’occasione ghiotta quella per l’anfitrione che, come sempre quando si trova in difficoltà, cerca di approfittarne. E lui, bugiardo e ingannatore innato e senza nessun freno morale, si è sentito in questi giorni un “fratello d’Italia”, riferendosi al partito della presidente Meloni. Mentre con il suo operato dà ragione alla convinzione di Montesquieu cheè una esperienza che sempre si ripete nella storia il fatto che qualsiasi uomo abbia del potere è portato ad abusarne”.

  • Togliamo a Putin l’arma del grano

    Fino a qualche anno fa chi deteneva il petrolio aveva in mano il futuro di altre nazioni, poi è venuto il tempo delle terre rare, senza le quali il nostro moderno sistema di vita si inceppa, e del nucleare, che da minaccia reciproca, ma controllata, impediva alle grandi potenze di annientarsi vicendevolmente e consentiva alle altre di avere l’energia necessaria, anche se spesso rischiosa.

    Nessuno si era reso conto che la vera potenza è detenere le materie alimentari, le strutture per coltivare, produrre, conservare ed esportare quegli alimenti primari senza i quali molte popolazioni sono destinate alla carestia ed alla morte per fame.

    Anche negli anni scorsi si sapeva quanta disperazione stringeva d’assedio paesi più poveri: la mancanza di acqua e, conseguentemente, di cibo è stata causa anche di varie sommosse e rivoluzioni oltre che una ovvia spinta inarrestabile all’immigrazione.

    La guerra che Putin ha portato e continua, con immutata ferocia, a portare in Ucraina si è tramutata in una guerra a tutto campo con la nuova decisione di sospendere l’accordo sul grano che porta la conseguenza, a lui ben nota, di provocare altra fame e disperazione in molti paesi i quali necessitano di quel grano, russo od ucraino che sia, per continuare a sopravvivere.

    La sospensione dell’accordo, oltre a portare nuova fame e disperazione, avrà l’ovvia conseguenza di moltiplicare l’esodo di massa, che già avviene dai paesi più poveri, verso l’Europa: un’immigrazione sempre più massiccia e incontrollabile è la potente arma di Putin contro l’Occidente, specie europeo.

    La sospensione dell’accordo sul grano è l’arma di ricatto e di pressione che potrebbe spingere, in breve, paesi non occidentali, ma che sono stati favorevoli a sostenere la resistenza Ucraina, a cambiare posizione e a fare pressioni, nelle sedi internazionali, per una soluzione al conflitto anche accettando le imposizioni russe.

    Non dimentichiamoci che a Bruxelles paesi dell’America Latina hanno già manifestato, nei giorni scorsi, il loro pensiero in merito al proseguimento di aiuti all’Ucraina.

    Il cibo è un arma spaventosa e non può essere lasciata alla Russia, noi stessi non siamo in grado, come non lo eravamo per l’energia, di essere autosufficienti.

    È urgente che, mentre si useranno tutti i mezzi possibili per tornare a fare rispettare l’accordo sul grano, si comprenda la necessità, in sede nazionale ed europea, di una nuova politica agricola che metta a regime tutta la terra possibile per le coltivazioni di interesse europeo ed extra europeo e che si trovino nuovi modi di cooperazione con quei paesi che potrebbero coltivare meglio se avessero l’acqua e maggiori strumenti di produzione.

  • Governo che funziona come un gruppo criminale ben strutturato

    I criminali non muoiono per mano della legge. Muoiono per mano di altri uomini.

    George Bernard Shaw, Uomo e superuomo, 1903

    Nella mitologia della Grecia antica Crono era uno dei figli di Urano, il dio che rappresentava il Cielo, e di Gea, la dea che rappresentava la madre Terra. Urano metteva incinta Gea con la pioggia e così sono nate altre divinità della terra, del cielo e dell’acqua. Crono era il più giovane dei sei Titani, partoriti da Gea. Da Urano e Gea erano nati anche i sei Titanidi, tra i quagli Rea, nonché i tre Ciclopi, degli esseri giganteschi con un solo occhio sulla fronte, e i tre Ecatonchiri; questi ultimi avevano cento braccia ed erano dotati di una straordinaria forza fisica. Urano però, nonostante fosse un dio, temeva di essere spodestato dai propri figli, perciò, secondo la mitologia, teneva loro chiusi e sotto il suo controllo. Gea, da premurosa madre, non poteva sopportare che i suoi figli venissero trattati in quel modo da Urano, perciò decise di metter in atto un piano per liberare i propri figli. Procurò una falce e chiese a loro di aggredire Urano. Ma nessuno ebbe il coraggio di farlo, tranne Crono, il sesto dei Titani. La mitologia greca ci tramanda, tra l’altro, anche il simbolismo dello scontro tra le generazioni che ha accompagnato sempre l’umanità. Gea inganna Urano facendogli credere di voler accoppiarsi con lui. Urano, desideroso di far l’amore con la moglie, non ci pensa due volte. Nel frattempo però Crono esce da dove era nascosto, in accordo con la madre, colpisce e recide i genitali del padre con la falce che gli aveva dato Gea. Questo impariamo dalla mitologia, grazie anche al poema Theogonía (in greco significa la genealogia degli dei; n.d.a.), scritto da Esiodo, un poeta dell’antica Grecia, vissuto circa ventotto secoli fa.

    Crono, a sua volta, era sposato con Rea, una dei sei Titanidi. A Crono era stata resa nota però una profezia secondo la quale uno dei suoi figli gli avrebbe tolto il potere e lo avrebbe messo da parte. Ma non gli era stato detto chi sarebbe stato. Così come suo padre Urano, infatti, anche Crono voleva uccidere i suoi figli per non essere spodestato. Perciò Crono, deciso a mantenere per sempre il suo potere, divorava tutti i figli appena nati. Sua moglie, Rea, da madre non poteva permettere che tutti i suoi figli venissero divorati dal padre appena nati. Perciò dopo aver partorito il suo sesto figlio, invece di portare l’appena nato a Crono, diede a lui una pietra avvolta con delle fasce per farla sembrare come un appena nato. Crono non se ne accorse e divorò anche la pietra dura, convito di aver ucciso suo figlio, il quale poteva essere colui che gli avrebbe tolto il potere. Così Rea riuscì a salvare l’ultimo dei suoi figli, che era Zeus. Dalla mitologia della Grecia antica, soprattutto dal poema Theogonía scritto da Esiodo, impariamo che Rea tenne nascosto suo figlio salvato nell’isola di Creta, dove lui veniva accudito e nutrito da una ninfa chiamata Adrastea con il latte di una capra prescelta, Amaltea. Una volta cresciuto e diventato adulto, Zeus andò ed incontrò suo padre, Crono, il quale era convinto di aver divorato tutti i suoi figli. Affrontando il padre, Zeus gli chiese di portare di nuovo in vita tutti i figli. Il poeta Esiodo racconta che Crono, impaurito e costretto dalla determinazione di Zeus, cominciò a rigurgitare tutti gli altri figli che aveva divorato. E guarda caso, per primo, ha fatto uscire dalla sua gola la pietra dura che Rea gli aveva portato avvolta con delle fasce al posto di Zeus. Dopo aver riportato in vita tutti i suoi figli, a Crono sono stati tolti da Zeus tutti i suoi poteri. La divinità di Crono era stata trasferita dai greci anche tra i latini, per i quali era proprio Saturno che veniva identificato come Crono. I romani erano convinti che Crono, scacciato dall’Olimpo, si era trasferito nel Lazio. Lì, conosciuto proprio come Saturno, aveva regnato durante un periodo di pace e di sviluppo. In suo onore si celebravano nel mese di dicembre delle festività note come i Saturnalia. Durante il primo giorni delle festività dedicate a dio Saturno, gli schiavi di Roma godevano di una piena libertà e, addirittura, potevano mangiare nello stesso tavolo dei loro padroni, godendo dei loro servizi. Ma i romani pensavano che un giorno Saturno sarebbe andato via, lasciandoli soli e, così facendo, avrebbe dato inizio a delle conseguenze preoccupanti per tutti. Da Crono, il dio della mitologia greca, noto come Saturno per i romani, è stato ispirato anche il noto pittore spagnolo dell’Ottocento, Francisco Goya. Il suo celeberrimo dipinto intitolato “Saturno divora i suoi figli” presenta proprio Saturno, cioè Crono, che divora uno dei suoi figli appena nato.

    Il simbolismo dei figli divorati dal padre ha accompagnato sempre il genere umano. E non solo sotto forma di quella che viene riconosciuta come la “sindrome di Crono”, e cioè di uno stato in cui il padre “uccide” non necessariamente fisicamente il proprio figlio. Si tratta, ovviamente, di un simbolismo, che si riferisce, metaforicamente, al sacrificio delle persone care per tutelare se stessi. Si tratta spesso di un simbolismo che comprende anche l’abbandono consapevole degli amici e dei collaboratori, per non essere incaricati delle stesse colpe a loro riconosciute. Un simbolismo, quello del “divoramento dei figli”, che, come la storia ci insegna, è legato anche al carattere del singolo individuo e si verifica in tutto il mondo. Le cronache legate alla criminalità organizzata, soprattutto quando si tratta di mettere in salvo i vertici delle organizzazioni criminali, ci testimoniano che, non di rado, si possono “sacrificare” gli altri.

    Quanto sta accadendo in questi ultimi giorni in Albania testimonierebbe alcuni fatti importanti e, allo stesso tempo, molto preoccupanti. Risulterebbe, documenti e denunce rese pubbliche alla mano, che il governo albanese sta funzionando come un gruppo criminale ben strutturato. In più risulterebbe che il primo ministro, per salvare se stesso da scandali milionari che lo vedono direttamente e/o indirettamente coinvolto, sempre documenti e denunce rese pubbliche alla mano, sta “sacrificando” uno dopo l’altro, molti dei suoi “amici” e “stretti collaboratori”. Risulterebbe altresì e purtroppo, che lui, il primo ministro albanese, sempre documenti e denunce rese pubbliche alla mano, per riuscire in tutto questo si serve delle istituzioni del sistema “riformato” della giustizia che controlla personalmente e/o da chi per lui, con un pugno di ferro. E la stessa persona, il primo ministro, controlla ovviamente il potere esecutivo e quello legislativo, avendo la maggioranza in parlamento. Montersquieu, nella sua ben nota opera voluminosa De l’esprit des lois (Dallo spirito delle leggi; n.d.a.) pubblicata nel 1748, tratta ampiamente e argomenta perché la separazione e l’indipendenza dei tre poteri, quello esecutivo, legislativo e giudiziario è un conditio sine qua non per la stessa esistenza di un sistema democratico. Ogni violazione del principio della separazione dei poteri indebolisce e, addirittura annienta la democrazia. Da alcuni anni purtroppo è proprio questo che sta accadendo in Albania. Il nostro lettore è stato informato spesso di una simile e molto pericolosa e preoccupante realtà, sempre con la necessaria oggettività e sempre dati e fatti accaduti, documentati e denunciati pubblicamente alla mano. Si tratta purtroppo si una realtà legata al continuo consolidamento in Albania di una nuova dittatura sui generis, come alleanza tra il potere politico, la criminalità organizzata e certi raggruppamenti occulti internazionali. Una dittatura che cerca di coprire tutto con una parvenza, una facciata di pluripartitismo. Ma quanto è accaduto in Italia ed in Germania prima della Seconda guerra mondiale e anche quanto sta accadendo durante questi anni in Russia ed in altri Paesi del mondo testimonia che si tratta semplicemente di facciate che non impediscono ai dittatori di esercitare indisturbati il loro potere.

    Durante il periodo buio della dittatura comunista in Albania (1945 – 1991), una delle più spietate e sanguinose dell’Europa dell’est, il dittatore comunista ha eliminato, ha “divorato” molti dei suoi “compagni”. Lo aveva fatto anche prima, durante la Seconda guerra, subito dopo la costituzione del partito comunista albanese, nel novembre 1941. Ha continuato poi a farlo nei primi anni dopo la guerra. Ma il periodo in cui il “divoramento dei compagni” ha raggiunto i massimi livelli è stato quello dal 1975 al 1982. Il dittatore dichiarava e accusava dei gruppi di “nemici del partito e del popolo” e condannava per primo in pubblico i “nemici”. In seguito si muovevano tutte le apposite strutture della dittatura per “giudicare i nemici”, la maggior parte dei quali venivano in seguito condannati ed uccisi. Il dittatore comunista ha fatto tutto questo perché era ossessionato di perdere il suo potere. Come Crono della mitologia greca che divorava i propri figli. Lo stesso sta facendo adesso il primo ministro albanese che, tra l’altro, è un diretto discendente di una famiglia della nomenklatura comunista. E fatti accaduti alla mano, lui, il primo ministro, sta mettendo in atto i metodi della dittatura, seguendo le orme del suo “padre spirituale”, il dittatore comunista.

    Per tutta la scorsa settimana, l’attenzione dell’opinione pubblica in Albania è stata attirata dalla richiesta d’arresto di uno dei più stretti collaboratori del primo ministro, Si tratta del suo vice che è stato anche ministro delle finanze e di altri ministeri importanti, dove si gestiva il denaro pubblico, nonché deputato  L’ordine è stato firmato dal dirigente della Struttura speciale contro la Corruzione e la Criminalità organizzata, una nuova istituzione del sistema “riformato” della giustizia il 7 luglio scorso, Ordine che è stato reso noto dal parlamento con tre giorni di ritardo, il 10 luglio scorso. Giorni molto utili per il diretto interessato che, come è stato confermato in seguito dal suo avvocato, non si trovava più in Albania! L’ex vice primo ministro veniva accusato di corruzione in quello che ormai è noto come lo scandalo degli inceneritori. Il nostro lettore è stato informato a tempo debito di questo scandalo milionario (Misere bugie ed ingannevoli messinscene che accusano, 4 aprile 2022; A ciascuno secondo le proprie responsabilità, 26 aprile 2022; Diaboliche alleanze tra simili corrotti, 9 maggio 2022; Corruzione scandalosa e clamoroso abuso di potere, 19 luglio 2022; Un regime totalitario corrotto e malavitoso, 13 agosto 2022; Irresponsabile abuso di potere e scandali molto altolocati, 21 novembre 2022 ecc…). Uno scandalo, quello degli inceneritori, che ha sperperato milioni del denaro pubblico e continua a farlo, nonostante nessuno dei tre inceneritori sia in funzione. Anzi, due di loro figurano solo nei contratti abusivi, illegali e milionari che hanno la firma del primo ministro, perché non esistono fisicamente come tali. Soprattutto quello della capitale.

    L’autore di queste righe scriveva per il nostro lettore quasi un anno fa: “Un clamoroso scandalo quello dei tre inceneritori che rappresenta un’inconfutabile dimostrazione e testimonianza della galoppante, radicale e gerarchicamente diffusa corruzione in Albania. Ma, allo stesso tempo, rappresenta anche una significativa dimostrazione e testimonianza del controllo, da parte del primo ministro e/o da chi per lui, del sistema “riformato” della giustizia e delle sue “efficienti istituzioni”. Si tratta di uno scandalo nel quale, […] risulterebbero essere coinvolti lo stesso primo ministro, alcuni attuali ministri ed ex ministri, il segretario generale del Consiglio dei ministri, il sindaco della capitale ed altri alti funzionari delle istituzioni governative e delle amministrazioni locali” (Irresponsabile abuso di potere e scandali molto altolocati, 21 novembre 2022).

    Chi scrive queste righe seguirà ed informerà il nostro lettore di questo scandalo tuttora in corso. Ma in base a quanto è stato reso pubblico, egli è convinto che il governo albanese sta funzionando come un gruppo criminale ben strutturato. Egli è altresì convinto che il sistema “riformato” della giustizia risulta essere agli ordini del primo ministro. E non vale a niente la richiesta per l’arresto dell’ex-vice primo ministro, un altro “figlio divorato dal padre”, se non viene ancora indagato lui, il primo ministro albanese. Chi scrive queste righe, parafrasando George Bernard Shaw, auspica che possa venire anche per l’Albania il tempo in cui i criminali possano morire per mano della legge e non per mano di altri uomini. E che il primo ministro non possa più “divorare” i suoi più stretti collaboratori, solo per salvare se stesso e mantenere più a lungo il suo smisurato potere.

  • Inchiesta tedesca: la Fao è in mano alla Cina

    L’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (Fao) è stata piegata dal suo direttore generale, Qu Dongyu, agli interessi della Cina. È quanto emerge da un’inchiesta delle emittenti radiotelevisive “Ard” e “Rbb”, secondo cui si tratta di consegne di pesticidi vietati in Europa, per la maggior parte provenienti da un’azienda agrochimica cinese, iniziative delle Nazioni Unite in linea con la Nuova Via della Seta e piani di investimento “discutibili”. Tutto è stato denunciato agli autori dell’inchiesta da funzionari della Fao, secondo cui “l’organizzazione è cambiata in maniera radicale” da quando il suo direttore generale Qu è entrato in carica nell’agosto del 2019. Già ministro dell’Agricoltura della Cina, il funzionario è oggetto di sospetti sin dalla sua elezione al vertice dell’istituto specializzato delle Nazioni Unite. Prima del voto, Perchino annullò un debito di 80 miliardi di dollari al Congo, che ritirò il proprio candidato alla direzione generale della Fao. All’elezione culminata con la vittoria del rappresentante cinese, prese parte anche Julia Kloeckner, ministra delle Politiche alimentari e dell’Agricoltura tedesca dal 2018 al 2021, che ora ricorda: “Prima che si svolgessero le votazioni, è emerso che gli Stati africani avrebbero dovuto per favore scattare una foto della loro scheda nella cabina”. Come nota “Ard”, si potrebbe trattare di una prova di voto di scambio della Cina per far eleggere Qu.

    Dal suo insediamento, il direttore generale della Fao ha legato più strettamente l’organizzazione alla Cina. Per esempio, Qu ha disposto lo sviluppo di un nuovo sito web dell’istituzione che dirige, con spese ingenti di cui “oltre 400 mila dollari sono andati a Pechino”. Inoltre, Qu ha assegnato importanti incarichi a funzionari del suo Paese di origine, che ha visto la propria quota di direttori della Fao aumentare da due a sei. Vi sono poi gli “ufficiali” cinesi dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, che vengono “rigorosamente” selezionati da Pechino per la loro “ideologia politica”. Questi funzionari devono riferire periodicamente sul loro operato all’ambasciata di Cina a Roma. Secondo fonti nella Fao, si tratterebbe di “spie”. Inoltre, durante la direzione generale di Qu, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura ha autorizzato spedizioni di pesticidi in Africa, Asia e Oceania. Molti di questi fitofarmaci contengono principi attivi vietati nell’Uee a causa della loro tossicità. In particolare, la Fao ha concesso la quota più alta di autorizzazione alla fornitura ai pesticidi del gruppo agrochimico Syngenta, di proprietà di una società statale cinese dal 2017. Sotto Qu, l’istituto specializzato delle Nazioni Unite ha anche stretto un partenariato con CropLife, gruppo di interesse del settore agrochimico tra i cui membri vi è Syngenta. Dalle ricerche di “Ard” e “Rbb” è poi emerso che Qu avrebbe sfruttato il suo incarico di direttore generale della Fao per promuovere la Nuova Via della Seta, il progetto infrastrutturale su scala globale della Cina, in particolare a Sao Tomé e Principe e a Panama. All’inizio di luglio, Qu si candiderà per un secondo mandato come direttore generale della Fao, con tutti gli sfidanti che si sono già ritirati dalla corsa. Come evidenzia infine “Ard”, l’Europa e gli Stati Uniti non hanno presentato alcun candidato.

  • Padova: la forza e l’intelligenza

    La forza anche in ambito istituzionale molto spesso rappresenta l’esercizio, anche arbitrario, delle autorità politiche nei confronti dei cittadini critici, con l’obiettivo di evitare ogni confronto legittimo con gli amministrati.

    All’interno di un possibile confronto democratico anche solo la minaccia dell’utilizzo della forza rappresenta semplicemente un esercizio di basso profilo culturale e politico del potere istituzionale. L’intelligenza, viceversa, supporta qualsiasi persona, quindi anche un sindaco di una città universitaria, quando dovesse affrontare temi e vicende contrastate, in quanto, per sua stessa definizione, fornisce gli strumenti dialettici e tecnici per rispondere alle legittime critiche.

    L’ intelligenza  si dimostra, quindi, in antitesi rispetto all’esercizio della forza e ancor più rispetto alle esplicite minacce di utilizzo delle vie legali nei confronti di chi metta in dubbio l’operato di una qualsiasi carica istituzionale.

    Il sindaco di Padova, ben conscio della debolezza del singolo cittadino qualora chiamato a rispondere delle proprie idee e dei propri interventi in tribunale, in quanto tutelato legalmente dallo stesso comune, utilizza un sordido esercizio di potere basato sulla posizione di privilegio del sindaco stesso.

    Quando il Primo Cittadino, che rappresenta la figura istituzionale di riferimento di una città, rifiuta il confronto, in più minacciando di adire alle vie legali dichiarandosi egli stesso l’unico responsabile e “comandante” autorizzato, allora il destino dell’intera comunità cittadina viene messo a repentaglio dal bullismo delle sue massime cariche istituzionali, senza dimenticare l’offesa nei confronti dei “rivali” definiti pensionati con tempo da perdere.

    Da sempre la massima espressione della forza coincide con la minima dimostrazione di intelligenza. Esattamente questo è avvenuto nella città del Santo quando il sindaco, in assoluto delirio, ha minacciato i propri cittadini e contemporaneamente i giornalisti (https://www.irog.it/?p=9384).

    Questo oggi è il livello democratico, politico e culturale espresso dalla giunta in carica e dal suo imbarazzante sindaco a Padova nel giugno 2023.

  • Bonino su Calenda: non dimentico i voltafaccia

    Chissà se l’on. Bonino si ricorda anche dei molti voltafaccia fatti da esponenti radicali nel corso degli anni nei quali su un unico obiettivo non hanno mai cambiato idea: rimanere a galla, raggiungere posizioni di prestigio, indifferentemente se con questo o con quello schieramento politico.

  • Natale

    Riceviamo e pubblichiamo un articolo di Michel Lodigiani

    L’anno che ci lasciamo alle spalle sembra averci fatto fare un desolante viaggio a ritroso nel tempo: la pandemia non ha cessato di falcidiare vite umane, imponendo quotidianamente un tributo che grava soprattutto sui più deboli e, forse per questo, non sembra interessare più di tanto agli altri; la guerra è tornata in Europa, segno che le tragedie del ‘900 non sono state sufficienti a vaccinarci contro di essa; la crisi alimentare, che per noi si traduce in uno scontrino più alto alla cassa di supermercati comunque saturi di prodotti, altrove assume il nome sinistro di carestia; i regimi totalitari impongono brutalmente le loro regole mentre le democrazie esitano e sacrificano i princìpi fondatori, per necessità o per scelta, ai dettami della “real politik” quando non, peggio ancora, ad astratte diatribe ideologiche e a meschini giochi di potere.

    Sinceramente, confesso, mi riesce difficile in questo quadro trovare i motivi di speranza con cui vorrei accompagnare i miei auguri, se non nella possibilità che la consapevolezza della gravità di questo momento storico costituisca la molla, per i potenti come per ognuno di noi nella propria quotidianità, per trovare la strada del bene. “La crisi” – scriveva Einstein – “può essere una vera benedizione per ogni persona e per ogni nazione, perchè è proprio la crisi a portare progresso. La creatività nasce dall’angoscia come il giorno nasce dalla notte oscura”. Speriamo che avesse ragione! Potremo tuttavia godere dei frutti straordinari della mente umana soltanto se sapremo dar loro vita con quelli del cuore, facendo nostri gli scandalosi comandamenti che ci ha lasciato quel bambino di cui ci accingiamo a celebrare il 2022° compleanno: “ama il tuo prossimo” e “ama il tuo nemico”.

    Buon Natale e Buon Anno!

    Michele

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