presidente

  • Auguri al Presidente Napolitano

    Auguriamo al Presidente Napolitano di superare anche questa nuova prova, gli auguri che gli hanno espresso le diverse forze politiche ricordano a tutti il suo impegno nelle istituzioni italiane e la sua passione europeista.

  • I tre asset istituzionali

    La maggioranza di governo persegue due obiettivi programmatici ambiziosi e considerati compatibili.

    Il primo è rappresentato dal riconoscimento di una maggiore autonomia per le regioni del Veneto(*),  Lombardia ed Emilia Romagna. Il secondo, viceversa, prevede una forte riforma istituzionale e contemporaneamente della divisione di poteri attraverso l’elezione diretta del Presidente del Consiglio o in subordine del Presidente della Repubblica

    Nel caso in cui queste due importanti riforme venissero entrambe approvate dai due rami del Parlamento ci troveremmo di fronte a un asset istituzionale caratterizzato da un insostenibile terzetto di istituzioni locali. in quanto alle cinque regioni a statuto autonomo si dovrebbero aggiungere altre tre dotate di una maggiore autonomia amministrativa sulle materie delegate ed infine una terza rappresentata dalle regioni a statuto ordinario.

    In questo contesto la stessa elezione diretta del Presidente del Consiglio rappresenterebbe per gli abitanti delle tre tipologie di regioni prerogative ed aspettative decisamente differenti proprio in rapporto al livello di autonomia conseguito dalla propria regione di residenza.

    Uno stato federale, infatti, non si può reggere su tre diversi asset istituzionali la cui differenza si basa sul riconoscimento di tre tipologie di autonomia amministrativa e fiscale.  Viceversa, tutti gli asset istituzionali basati sul riconoscimento del federalismo trovano la propria ragione costitutiva quando esprimono un stato centrale più o meno titolare di prerogative, in aggiunta al riconoscimento dei poteri locali demandati ai singoli Stati o alle regioni.

    Al di là, quindi, delle dichiarazioni formali della maggioranza, emerge evidente come molto probabilmente verranno disattese le legittime aspettative di maggiore autonomia amministrativa da parte dei veneti  e  contemporaneamente si abbandonerà una qualsiasi riforma verso un presidenzialismo anche se spurio.

    La realtà politica attuale dimostra come nessuno di questi obiettivi di “riforme istituzionali” sia nella realtà raggiungibile in quanto il vero l’obiettivo di queste “visioni istituzionali” rimane quello di sostenere un alto interesse che rappresenta la molla per mantenere il proprio consenso elettorale.

    (*) A fronte anche di un referendum dall’esito plebiscitario

  • Una legge elettorale che abbia dignità

    Speriamo che il forte richiamo alla dignità, dignità dei singoli, dignità dell’Italia, dignità delle istituzioni, fatto dal Presidente Mattarella al Parlamento riunito trovi ascolto nei cuori e nelle menti di tutti coloro che lo hanno applaudito così che ciascuno operi affinché la politica abbia dignità in tutte le sue manifestazioni. Per questo speriamo anche che la futura legge elettorale abbia dignità e ridia si cittadini il diritto di scegliere i suoi rappresentanti.

  • Il secondo mandato di Mattarella

    Personalmente avrei preferito l’elezione di Mario Draghi, al secondo mandato di Sergio Mattarella, che però costituisce il migliore piano B possibile, per bloccare il tentativo di ripresa del potere da parte della insulsa e incapace casta politica nazionale.

    Ma certamente lo scienziato Salvini e tutti i politicanti che hanno complottato contro la naturale elezione al Colle di Draghi hanno fatto la scelta peggiore in assoluto in rapporto ai loro egoistici obiettivi.

    Infatti, se avessero eletto Draghi, che da Presidente avrebbe ovviamente ostacolato la politica dell’assalto alla diligenza delle risorse pubbliche, è anche vero che avrebbero potuto convergere sulla scelta unitaria di un premier, politico o tecnico, da proporre a Draghi più malleabile di lui che, invece, con l’elezione di Mattarella,  resterà Premier e, a fronte di partiti sconfitti e indeboliti, e di nuovo con le spalle blindate dalla conferma dello stesso Presidente che lo aveva nominato, certamente continuerà il commissariamento della politica ancora più decisamente che in passato.

    Quale scenario peggiore per i leader di partiti, abituati non a convincere gli elettori sulla bontà delle loro tesi politiche, che non esistono, così come i progetti di governo e neanche le semplici idee, ma piuttosto esperti ad acquisire i consensi con la demagogia spicciola, il ricorso agli algoritmi e, soprattutto, la graziosa distribuzione di ogni possibile prebenda, contributo e regalia, ovviamente a spese dell’aumento esponenziale del debito pubblico, di ritrovarsi sulle macerie della propria sconfitta e, soprattutto, privi di sponde su cui trovare conforto alle loro impresentabili esigenze?

    E se è vero che il primo obiettivo di evitare le elezioni anticipate è stato raggiunto, è pur vero che le elezioni si terranno comunque entro un anno circa, ed è evidente che i vertici  della partitocrazia imperante, già da oggi cominceranno a tremare all’idea di affrontarle senza potere ricorrere ai giochetti delle bandierine di partito, né alle ordinarie sovvenzioni, utili solo ad alimentare le loro altrimenti sterili campagne elettorali, finanziate a discapito degli interessi reali del Paese e soprattutto di quella parte che lavora, produce e paga le imposte.

    Un incubo che non li farà dormire la notte e che, soprattutto, per il modo ridicolo e insensato di come è stata gestita la corsa all’elezione del Presidente della Repubblica, ha lasciato ferite gravi e, forse insanabili, in tutte e due gli schieramenti, ma con una frattura più pesante in quello del centrodestra, che proprio per il fatto di avere più voti, ambizioni e soprattutto presunzioni di successo, è chiaramente imploso davanti all’evidente sconfitta, e per questo pagherà il prezzo più alto.

    Una brutta storia, che dà soprattutto il senso di una classe politica ottusa e arrogante che si è, speriamo per l’ultima volta, delegittimata da sola per pura incapacità e che dovrebbe prendere atto che è arrivata al capolinea, e sarebbe ora che lasciasse, senza eccezioni, il campo ad un processo di cambiamento e di vero rinnovamento della politica, che se non torna ai valori, ai principi e ai contenuti per il corretto esercizio della sua funzione, perderà sempre maggiore credibilità da parte dei cittadini e confermerà la sua inutilità.

    Con il rischio che il primato della politica, che è un valore inestimabile perché garantisce in democrazia il corretto esercizio del controllo democratico e della sovranità popolare, già da tempo osteggiato, possa essere definitivamente cancellato, persino con il paradosso autolesionistico del beneplacito della stessa società civile, stanca di imbonitori e venditori di fumo, come ormai appaiono i leader dell’attuale partitocrazia nazionale e desiderosa di fare pulizia, buttando via il bambino insieme all’acqua sporca.

    E invece c’è l’assoluta necessità di salvare la democrazia e rinforzare la partecipazione popolare, per una politica al servizio del Bene Comune, a partire dalla immediata riforma dell’elezione del Presidente della Repubblica, da togliere ai Grandi Elettori e da affidare direttamente al popolo, nonché dalla celere adozione di una legge elettorale che restituisca il diritto ai cittadini di scegliere i loro rappresentanti, ed eliminare finalmente e per sempre l’osceno esproprio della sovranità popolare, imposto da tutti i capi partito a loro esclusivo beneficio.

    *già sottosegretario per i Beni e le Attività Culturali

  • Una volta

    Qualche decennio fa il socialista Rino Formica definì la politica “sangue e merda” affrescando così un’immagine molto forte.

    La vicenda della rielezione del presidente Mattarella dimostra invece quanto obsoleta possa oggi venire considerata questa terribile definizione.

    Durante questa settimana, indipendentemente dai soggetti politici, abbiamo assistito ad un susseguirsi di proposte di candidati lanciati allo sbaraglio in quanto privi di alcun accordo politico precedente contemporaneamente a tradimenti politici e personali consumati nel giro di qualche ora. Uno spettacolo avvilente che ha dimostrato l’assoluta mancanza di qualsiasi tipo di valore umano espresso da questi leader politici i quali, per conseguire l’obiettivo minimo e anche la sola propria visibilità o l’affermazione della propria compagine politica, hanno senza ritegno imbastito delle trame finalizzate più a danneggiare l’avversario che non a raggiungere l’obiettivo, cioè l’elezione di un nuovo Presidente della Repubblica. Questi torbidi personaggi hanno utilizzato il palcoscenico parlamentare per recitare di fronte ai media la poesiola degli “alti obiettivi” che la loro azione intendeva raggiungere per poi, lontano dalle luci della ribalta e mediatiche, ordire le peggiori trame che mente umana possa immaginare.

    Subito dopo l’elezione del Presidente della Repubblica, infatti, ognuno si è arrogato il merito della rielezione del presidente Mattarella accusando la parte avversa di aver ordito e tramato contro sé stessi e la nazione.

    Dopo sole quarantotto (48) ore si ritroveranno tutti assieme al prossimo Consiglio dei Ministri come espressione di un’alleanza politica, avendo ampiamente dimostrato la propria incapacità come forze governative risultando relegate a semplici forze di sostegno ad un governo eterodiretto.

    Se Rino Formica avesse ragione il sangue dovrebbe sgorgare da ferite politiche ed umane e, di conseguenza, dare vita a mutamenti politici e personali proprio in seguito alle ferite subite e al sangue che ne è conseguito.

    Viceversa lo spettacolo offerto dalla politica dimostra, soprattutto alle giovani generazioni, come si possa tradire senza pagare alcuna conseguenza e sempre per un interesse personale sorvolare sui torti subiti venendo meno a qualsiasi principio di dignità personale.

    Questo oggi emerge come unico messaggio che la politica è in grado di offrire e comunicare: un luogo dove non si trova più né il sangue né la merda. Semplicemente, invece, l’immagine più vicina allo spettacolo parlamentare è quello di un’immensa discarica priva di ogni valore politico, etico ma soprattutto umano.

  • Per eleggere il Presidente 24 ore di silenzio stampa

    Per arrivare all’elezione condivisa del Capo dello Stato sarebbe prima di tutto necessario che i vari giornalisti, analisti, commentatori ed esperti decidessero di stare zitti per 24 ore, infatti da giorni non stanno fornendo notizie ma ci propinano diverse e dannose elucubrazioni, che spesso diventano masturbazioni pseudo intellettuali, con il risultato di rendere ancora più difficile un accordo tra le forze politiche.

    In sintesi le uniche cose certe sono che: 1) Draghi potrebbe rimanere a guidare il governo solo se il Capo dello Stato fosse eletto dalla stessa, od eventualmente più ampia, maggioranza che forma  l’attuale governo; 2) se Draghi dovesse andare al Quirinale il nuovo capo del governo dovrebbe garantire la stessa stabilità che ha garantito Draghi e questo è un impegno che solo le forze politiche possono prendere; 3) il Presidente Mattarella, nel suo messaggio di fine anno, ha detto in maniera incontrovertibile che il Parlamento è sovrano, di conseguenza se la grande maggioranza del Parlamento lo votasse non potrebbe  che  tornare ad essere Presidente e noi riavremmo la situazione attuale che ha aiutato e continuerebbe ad aiutare l’Italia nel contesto interno ed internazionale.

    Come ultima, ovvia, considerazione il Presidente della Repubblica deve essere in grado di affrontare, oltre ai noti problemi sanitari ed economici, le nuove emergenze Russia-Ucraina, Cina ed Iran con le conseguenze energetiche e di stabilità in varie aree del pianeta. Difficile immaginare che alcuni dei nomi circolati, più o meno ufficialmente, in questi giorni, benché di buon livello, possano offrire le necessarie garanzie per affrontare questo tipo di problemi. Perciò il richiamo da un lato al buon senso e dall’altro al silenzio è d’obbligo, ma siamo purtroppo certi che tutti continueranno a parlare con la conseguenza che, oltre a dar aria ai denti, renderanno sempre più difficile ogni accordo di buon senso.

  • L’elezione di Bianca

    L’elezione di Bianca che non per la prima volta dovrà rinunciare all’incarico e, presumibilmente, non sarà l’ultima, e dopo la prolungata confusione di leader e peones i quali, con la complicità dei media, sono riusciti attraverso dichiarazioni e commenti a sminuire la figura di Draghi e il peso dell’Italia in Europa e nel mondo, le prossime ore si annunciano quanto mai deludenti per chi sperava nel ritorno della politica.

    In fondo però non c’è nulla di particolarmente nuovo e diverso dalle elezioni di altri presidenti, in altri paesi: basta ricordare quella negli Stati Uniti o le dichiarazioni di alcuni candidati per le prossime legislative francesi. Non c’è molto da dire sulla drammatica evidenza che le democrazie annaspano mentre le loro istituzioni sono state in gran parte usurpate da personaggi i quali, con sistemi elettorali ad hoc, hanno instradato e manipolato l’espressione del voto popolare.

    Il bene comune, l’interesse della Nazione, la dignità dello Stato sono obiettivi passati in terzo piano rispetto agli interessi elettorali e personali. Oggi le democrazie sono diventate asfittiche, deboli, succubi anche dei social e quello che un tempo era un gigante economico, l’Unione Europea, che non è stata in grado per veti incrociati ed insipienza dei capi di Stato di diventare Unione politica, dimostra, proprio sul piano economico, di avere basi sempre più fragili. Intanto i paesi forti, con presidenze assolutiste e dittatoriali, riprendono a diventare egemoni dividendosi le aree di influenza e potere nel mondo. Putin e Xi Jinping, di fatto, hanno già siglato un accordo per spartirsi aree geografiche per espansioni militari ed economiche, accordo che potrebbe essere vantaggioso anche per l’area di influenza che l’Iran mira ad ottenere, almeno per quanto riguarda gli armamenti nucleari.

    Nel contesto il terrorismo non è per nulla sopito, la pandemia globale non è vinta, già si parla di nuove mutazioni e di altri virus in agguato, la povertà aumenta, nei paesi più sviluppati come negli altri, rendendo sempre più drammatico il processo immigratorio, e il potere dei super speculatori, di un mondo finanziario spesso fittizio e sempre arrogante, non si cura di preservare l’economia reale. Rischiamo a breve, vicino a noi, guerre non solo economiche, mentre è già di oggi il problema energetico e quello ambientale, intanto i grandi elettori italiani sono in attesa di conoscere le decisioni dei loro leader impegnati nel gioco al massacro di quella che sta diventando non l’elezione del Presidente della Repubblica ma l’inizio della campagna elettorale per le prossime elezioni nazionali.

  • Il deficit democratico per l’elezione del Capo dello Stato

    Per molti giorni ho sperato che qualcuno dei leader politici, tutti indaffarati nel parlare, per altro senza risultato, del vicino appuntamento per l’elezione del Presidente della Repubblica, affrontasse un grave problema di deficit di rappresentanza democratica. Neppure i più noti giornalisti e commentatori hanno ritenuto di occuparsi del fatto che nuovamente l’elezione del Presidente della Repubblica avverrà con il voto dei rappresentanti regionali ma ancora una volta senza quello dei parlamentari europei. I parlamentari europei rappresentano l’Italia nel contesto europeo, sono eletti direttamente dai cittadini con un’elezione proporzionale e preferenziale, rappresentano perciò in assoluto la diretta volontà popolare ma neppure quei partiti che chiedono l’elezione diretta del Capo dello Stato si sono posti il problema di come eliminare questo grave deficit democratico. In questi anni si è più volte svillaneggiata e si è tentato di cambiare in peggio la nostra Costituzione ma le forze politiche non hanno mai voluto risolvere il problema del voto degli europarlamentari per l’elezione del Capo dello Stato. Non se ne occupò neppure il Presidente Napolitano che pure era stato deputato europeo. Certo è strano che il Capo dello Stato sia eletto da deputati e senatori che, per le leggi elettorali degli ultimi anni, sono di fatto nominati dai loro capi partito e i deputati europei, che dal 1979 sono eletti dai cittadini, non abbiano ancora diritto di votare. Poi ci chiediamo perché il Parlamento europeo conta così poco nell’immaginario collettivo degli italiani? La conseguenza la conosciamo bene sul peso che la delegazione italiana ha in Europa! In queste ore in molti giustamente ricordano e rimpiangono David Sassoli ma se David fosse vivo, lui italiano e Presidente del PE, non avrebbe avuto diritto di votare per il suo Presidente della Repubblica! C’è qualcosa che non va nella politica in genere e nella testa dei capi partito in particolare e questo non è colpa del covid.

  • Non buttiamo via tutto

    C’è uno strisciante, ma sempre più evidente, cupio dissolvi in quelle forze politiche che sulla presidenza della Repubblica giocano le proprie fortune di partito, completamente indifferenti a quanto è meglio per la Patria, a parole difesa e decantata e nei fatti tramutata in strumento per fini personali o di gruppo. Proprio coloro che chiedono sia un patriota, una persona che rappresenti tutti, ad assumere la presidenza sostengono poi la candidatura del capo di Forza Italia. E Berlusconi, in pieno aumento della pandemia, con le difficoltà di tanti italiani la cui unica speranza e l’arrivo  dei finanziamenti europei, dichiara che se Draghi diventerà presidente il suo partito uscirà  dalla coalizione di governo per ottenere elezioni anticipate. Possono essere queste la parole di chi, candidandosi o facendosi candidare alla presidenza, dovrebbe, almeno in questa occasione, dimostrarsi persona sopra le parti? Rispettiamo le ambizioni di ciascuno e siamo in grado di riconoscere che Berlusconi tra i tanti sbagli fatti, come persona e come politico, abbia fatto anche cose buone, sopratutto come imprenditore, e che probabilmente una parte delle sue tante  vicissitudini giudiziarie possa essere stata frutto di un certo accanimento politico. Non è stato il primo e non sarà l’ultimo e a suo tempo, da Presidente del Consiglio, avrebbe potuto, dovuto, tra le tante riforme promesse e non attuate, dare vita ad una vera riforma del sistema giudiziario. Ma è seriamente pensabile che possa essere il cavaliere a rappresentare senza faziosità tutta l’Italia? Ed è pensabile che un uomo il quale, per motivi di salute, da lungo tempo partecipa a convegni ed incontri pubblici solo parlando per telefono possa essere colui che ci rappresenta nel mondo confrontandosi con capi di Stato potenti, efficienti ed agguerriti.

    Auguro sinceramente al leader di FI di tornare presto ad avere una salute di ferro per poter svolgere a pieno il suo ruolo di capo partito e di deputato europeo, penso, proprio per cercare di togliere ombre e rimediare ad errori da parte di tutti, che potrebbe essere nominato senatore a vita, auspico che finisca questa indegna bagarre sul nome di Draghi, perché la brutta figura la stiamo facendo tutti.

    Spero che Draghi, qualunque ruolo ricopra e ricoprirà, possa continuare a sostenere l’Italia in Europa e nel mondo. Abbiamo faticosamente riconquistato, come nazione, dignità e rispetto, cerchiamo di non buttare via tutto perché la strada è ancora lunga ed impervia come ci dimostrano i continui licenziamenti, le chiusure di tante attività, la crisi energetica e ambientale, l’aumento di povertà ed insofferenze ed il virus, che è in continua mutazione come molti rappresentanti politici, non può trovare nuovo spazio grazie ai soliti  giochi di potere ed alle miopi arroganze.

  • Zemmour si fa un partito per correre per l’Eliseo

    All’estrema destra, ancora più estrema del Rassemblement National di Marine Le Pen, ci sarà ‘Vox Populi’: questo il nome che il polemista Eric Zemmour, che sta provocando un terremoto fra Républicains e lepenisti che potrebbero veder svanire milioni di elettori alle presidenziali di aprile, ha scelto per il suo partito. E’ stata la radio Europe 1 a rivelare che Zemmour – ormai il personaggio più mediatizzato, conteso da tutti gli studi televisivi e radiofonici del Paese – sta ormai lavorando alla sua struttura elettorale ancor prima dell’annuncio ufficiale della candidatura. Che dovrebbe, secondo quanto trapela fra i suoi fedelissimi, arrivare l’11 novembre, scompaginando definitivamente il panorama politico della destra e dell’estrema destra francese.

    Zemmour, che già un paio di sondaggi hanno dato nelle ultime settimane al secondo posto dietro Emmanuel Macron al primo turno – e quindi qualificato per il ballottaggio -, continua intanto nel disegno di estremizzare la sua posizione, al punto da aver fatto scattare nei giorni scorsi la reazione anche della comunità ebraica francese. Lui, ebreo, non ha esitato a moltiplicare le dichiarazioni provocatorie sul maresciallo Petain (il capo della Francia collaborazionista), sul caso Dreyfus, persino sui bambini vittime degli attentati islamici di Tolosa (definendoli ‘stranieri’ perché sono stati sepolti in Israele) fino a quando la comunità ebraica ha chiesto ai suoi membri che “neppure una voce” si levi per sostenere Zemmour.

    I programmi del polemista intanto proseguono fitti, anche se nell’ombra: l’11 novembre potrebbe arrivare l’annuncio della candidatura, a fine novembre una riunione di responsabili regionali della sua associazione per dare vita – con una sorta di congresso costituente – al suo partito politico. Diversi membri dell’Associazione Amici di Eric Zemmour sono già stati preavvertiti. Sul nome del partito circolano ogni giorno ipotesi, ma da settimane ‘Vox Populi’ continua ad essere la più gettonata. Stando alla tv BFM, poi, si svolgono – nel massimo riserbo – anche vere e proprie riunioni elettorali. La prima, la sera del 25 ottobre, nel quartier generale di Zemmour, che la sua associazione gli ha messo a disposizione a rue Jean Goujon, in uno dei quartieri più esclusivi di Parigi, a due passi dagli Champs-Elysées. C’era un centinaio di persone, i più stretti sostenitori dell’ex giornalista, che ha preso la parola per ringraziare i presenti del loro impegno: “A lungo – ha detto – ho immaginato un candidato che avrebbe potuto portare avanti le nostre idee… diventa possibile che sia io quando vedo il sostegno che mi date. I colpi che arriveranno saranno sempre più forti, contro di me e contro quelli che mi sostengono. Bisognerà essere forti collettivamente per arrivare fino in fondo”. Erano già pronti e sono stati mostrati ai presenti i manifesti elettorali con le scritte ‘Zemmour Président’ e ‘Z 2022′.

    Forte la preoccupazione nella destra tradizionale – che soltanto a dicembre sceglierà il suo leader in un congresso e che rischia di vedersi portar via dal nuovo candidato la parte meno moderata del partito – e nel Rassemblement National di Marine Le Pen. La quale deve guardarsi le spalle anche in famiglia: il padre Jean-Marie ha già chiaramente annunciato che “se Zemmour sarà il candidato del campo nazionale meglio piazzato” lo sosterrà senza esitazione; la nipote Marion Maréchal ha aggiunto che “con due candidature le cose diventano un po’ più complicate” e che “a un certo punto bisognerà porsi la questione di sapere chi ha più possibilità”.

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