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  • Nuovi sconti sul mercato cinese, Tesla incalza Byd in casa sua

    La casa automobilistica statunitense Tesla ha varato nuovi incentivi in Cina per fidelizzare e aumentare la quota di clienti nel mercato nazionale, dove è alle prese con una serrata guerra dei prezzi con rivali locali come Build Your Dreams (Byd). Come riferito dall’azienda di Elon Musk in una nota pubblicata sul social network Weibo, la casa automobilistica offrirà incentivi fino a 4.807 dollari a quanti acquisteranno esemplari invenduti di berline Model 3 e Suv Model Y entro la fine del mese. Tesla offrirà anche piani di finanziamento preferenziali a tempo determinato per l’acquisto di Model Y, che garantiranno agli acquirenti un risparmio fino a 2.306 dollari.

    Gli incentivi comprendono anche uno sconto di 1.111 dollari sui prodotti assicurativi e sconti pari a 1.389 dollari per modifiche alla colorazione dell’auto. A fronte del rallentamento della domanda e alla crescente concorrenza in Cina, Tesla ha tagliato i prezzi su alcune tipologie di Model 3 e Y a gennaio, offrendo sconti in contanti per alcune Model Y dal primo febbraio. Il suo più grande rivale locale, Byd, ha abbassato oggi il prezzo di lancio di una nuova versione del suo Suv ibrido Song Pro del 15,4%. Byd ha detronizzato Tesla come principale produttore di veicoli elettrici nel quarto trimestre.

    Sull’altra sponda del Pacifico, l’amministrazione del presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha mosso i primi passi verso la chiusura del mercato automobilistico statunitense ai veicoli elettrici connessi a Internet di produzione cinese, sulla base di considerazioni legate alla sicurezza nazionale. Il dipartimento del Commercio Usa ha avviato proprio un’indagine a carico dei veicoli elettrici cinesi connessi alla rete, argomentando che Pechino potrebbe utilizzarli come mezzo per appropriarsi di informazioni sensibili. L’indagine è il primo passo di un processo che potrebbe condurre a restrizioni sulle vetture elettriche importate dalla Cina, e fonti dell’amministrazione presidenziale citate dalla stampa Usa hanno evidenziato che l’indagine potrebbe sostenere “un’ampia gamma di risposte politiche” alle auto elettriche a basso costo cinesi, che stanno rapidamente guadagnando ampie quote del mercato globale della mobilità alternativa.

    In una nota diffusa ieri dalla Casa Bianca, Biden ha affermato che “la Cina è determinata a dominare il futuro del mercato dell’auto, anche tramite pratiche inique”. Secondo il presidente Usa, “le politiche della Cina potrebbero inondare il nostro mercato di veicoli, ponendo un rischio per la sicurezza nazionale. Non lascerò che accada sotto il mio sguardo”, afferma la nota.

  • Il finto e colpevole pensiero liberale

    Il risultato finale di uno scolastico pensiero liberale emerge limpido dalla semplice verifica dei dati economici. Il consuntivo delle “italiche” liberalizzazioni che hanno semplicemente trasferito monopoli statali a complessi interessi privati nell’ultimo decennio sono presto elencati. Costi a carico dell’utenza nell’ultimo decennio: energia elettrica +240%, gas +65%, acqua +54%, rifiuti +23% (*). Contemporaneamente le retribuzioni registrano un tasso di crescita del +11,5%.

    Un modo semplice ed elementare per comprendere per quale motivo negli ultimi trent’anni il reddito disponibile in Italia sia complessivamente diminuito del -3% mentre in Germania risulti cresciuto del +34,7% ed in Francia di oltre il 27% https://www.ilpattosociale.it/attualita/lappropriazione-indebita-del-termine-liberali/.

    Il mondo reale sconosciuto agli stessi scolastici promotori del liberalismo senza regole che hanno infestato le istituzioni nazionali dimostra quanto sia il danno economico e patrimoniale che questa risibile “scuola di pensiero” ha arrecato al nostro Paese, riducendo, in più, l’Italia a recitare, nella tragedia teatrale europea, il ruolo dell’Argentina. Il nostro sistema economico è tenuto in piedi paradossalmente dalla moneta unica (euro), perché se così non fosse avremmo gli stessi tassi di interesse (90%) dell’Argentina che opera con la propria valuta.

    Il Paese è stato depredato delle più importanti infrastrutture indivisibili (**) (autostrade, energia etc) in nome di un finto pensiero liberale assolutamente diverso da quello applicato in Svizzera e in Germania dove, solo per offrire un esempio, le autostrade sono di gestione pubblica. In questi paesi le infrastrutture e il loro efficientamento rappresenta un fattore fondamentale finalizzato alla crescita della competitività dell’intero paese.

    Nel nostro, invece, sono diventate, con un’evidente complicità del sistema politico, occasione di speculazioni a danno dell’utenza e del Paese.

    In questo contesto, basti ricordare come lo stesso ex primo ministro del governo conservatore Boris Johnson in Gran Bretagna abbia rinazionalizzato le ferrovie britanniche.

    Dopo una approfondita ricerca era emerso, non senza imbarazzi, come la liberalizzazione delle ferrovie britanniche avesse determinato un aumento del costo dei biglietti unito ad un peggiorato servizio reso ai viaggiatori https://www.luciferonline.it/2021/06/21/il-ritorno-di-british-railway-ed-il-silenzio-liberale/

    Emege molto difficile trovare strategie che assicurino uno sviluppo, specialmente a livello industriale, senza adottare un vero pensiero politico liberale che abbia come prospettiva l’efficentamento in termini qualitativi e di costi per l’utenza delle infrastrutture.

    Molto lontano, quindi, dalla smobilitazione di monopoli statali a favore di interessi privati invece di favorirne un accesso sulla base del principio della concorrenza.

    (*) Fonte Il Sole 24 Ore

    (**) I servizi di accesso dovrebbero invece essere oggetto di liberalizzazioni (p.e. Telepass)

  • Nel 2022 rincari medi di 3.000 euro per ogni famiglia

    Il 2022 è stato senza dubbio l’anno nero dei rincari, con la guerra in Ucraina e la crisi energetica che hanno spinto al rialzo i prezzi di beni e servizi portando ad incrementi dei listini che hanno investito tutti i settori, dagli alimentari ai trasporti, dal turismo alla ristorazione. Così una famiglia media di 4 persone si è trovata costretta a subire una stangata di oltre 3.000 euro di maggiori spese.

    Il dato emerge dai calcoli del Codacons sulla base dei numeri definitivi sull’inflazione media del 2022 diffusi dall’Istat. E, analizzando voce per voce l’aumento medio di prezzi e tariffe registrato lo scorso anno, il podio spetta chiaramente alle bollette per l’energia elettrica, aumentate del 110,4% rispetto al 2021. A seguire c’è il prezzo dei biglietti aerei (internazionali ed europei), cresciuti dell’85,9% anno su anno, e la bolletta del gas (+73,7%). I rincari ‘monster’ non risparmiano alcun aspetto della spesa quotidiana. Così, ad esempio, l’olio di semi è rincarato in media lo scorso anno del 51,5%, il gasolio per riscaldamento del 38,4%, mentre la voce “altri carburanti” (Gpl, metano) è salita del 33,3%.

    Aumenti quelli del 2022 che si sono dunque tradotti in un pesante aggravio per gli italiani. Considerata infatti la spesa per consumi di una famiglia con due figli, il tasso di inflazione medio dell’8,1%, a parità di consumi, si è tradotto in una stangata da 3.018 euro. Di questi 698 euro di maggior esborso solo per la spesa alimentare: per la voce “pane e cereali” una famiglia di quattro persone ha speso circa 144 euro in più rispetto al 2021 (+10,9%), 122,7 euro in più per la carne (+7,2%), 117,3 euro in più per la verdura (+11,8%). La spesa per latte, formaggi e uova è salita in media di 94 euro a nucleo (+9,5%) e di 43,6 euro per la frutta.

    Passando alla nota dolente dell’energia, un aumento del 110,4% per la luce equivale, in base ai dati Istat, ad un aggravio medio pari a +862 euro in bolletta nel 2022, +533,6 euro per il gas, per un totale di +1.395 euro a nucleo. Per i carburanti una famiglia italiana ha invece speso lo scorso anno 335 euro in più, con il gasolio salito in media del 22,1% e la benzina dell’11,8%. Sensibili incrementi dei listini anche per bar, ristoranti e hotel, cresciuti del 6,3%. Dall’ondata di rincari, infine, non si salvano nemmeno i mobili e i servizi per la casa (+83,1 euro a nucleo), i prodotti per animali domestici (+14,5 euro) e la spesa per fiori e piante (+9,5 euro).

    “La guerra in Ucraina e il caro-energia hanno determinato rincari a cascata a danno degli italiani, erodendo il potere d’acquisto delle famiglie e modificando profondamente le abitudini dei cittadini – afferma il presidente del Codacons Carlo Rienzi – Un allarme che, purtroppo, non è cessato, e sembra destinato a perdurare anche nel 2023: già nelle prossime settimane potremmo assistere ad una nuova fiammata dei listini al dettaglio».

  • La deriva medievale di Milano

    In un periodo di grande crisi come quello contemporaneo causato dalla malefica sintesi tra i devastanti  effetti causati dalla pandemia e il conflitto ucraino anche in Germania si è voluto affrontare le conseguenze dell’inflazione la quale segna un tasso al +10%.

    Già durante il 2021 si è deciso di ridurre le aliquote Iva con l’obiettivo di ridurre l’escalation dei prezzi a cominciare da quello dei carburanti, vero e proprio volano inflattivo in particolare nel settore alimentare. Successivamente, proprio per tutelare le fasce di reddito meno elevato, si è introdotto l’abbonamento mensile a NOVE euro che permettesse l’utilizzo di tutti i mezzi pubblici senza limitazioni in considerazione della maggiore onerosità dei mezzi privati. Questo ha contemporaneamente permesso di ridurre le emissioni di Co2 di 1,3 milioni di tonnellate in soli tre mesi. Più recentemente sono stati inseriti a bilancio 200 miliardi di finanza pubblica straordinaria come ulteriore sostegno diretto alle imprese ed alle famiglie e ridurre così l’impatto della esplosione dei costi energetici.

    Nel nostro Paese, invece, si attende ancora, dopo DIECI mesi, una decisione relativa ad un salvifico “price cap” del gas mentre Francia, Spagna e Portogallo lo hanno imposto per legge già nei mesi addietro.

    Ecco, quindi che non si possa più considerare un caso se la Spagna e il Portogallo abbiano ora un tasso di inflazione inferiore del 50% rispetto al nostro (*) il quale viaggia al +11,8%, ma nel settore alimentare ha già raggiunto il +12,2% e le proiezioni parlano di un +13% .

    Questi drammatici differenziali dell’inflazione esprimono la deleteria strategia del governo Draghi adottata ciecamente anche dal governo Meloni, il quale pensa a dei bonus per gli animali domestici e nel frattempo aumenta il carico fiscale sui carburanti.

    In questo problematico contesto il sindaco di Milano ha chiuso ai meno abbienti, intesi come i proprietari di auto fino ad euro 5, l’ingresso alla città e quindi rendendo il lavoro più problematico ed oneroso. Non pago di rendere la vita lavorativa sempre più difficile alle fasce di reddito più basse aumenterà il biglietto urbano a 2,2 euro. L’effetto combinato delle due “decime medioevali” rende già ora la vita lavorativa delle fasce deboli della popolazione ancora più problematica.

    Questa medioevale politica adottata senza un minimo di considerazione per il difficile periodo economico e sociale si dimostra in cristallino contrasto con la politica tedesca la quale invece ha reso più conveniente l’accesso al mezzo pubblico.

    Le risultanti di questa politica nazionale e locale non possono che dimostrarsi insostenibili per la cittadinanza italiana ed in particolare per quella meno abbiente. In più rappresentano l’espressione di una volontà chiara di un “nuovo ambientalismo ideologico” che ha molto in comune con la politica medievale delle decime e che è l’espressione ed il mezzo per schiavizzare nuovamente il popolo e contemporaneamente ghettizzarlo.

    (*) Spagna 6,8%, Portogallo 7,2%

  • Il 2023 si prospetta ‘nero’ per gli automobilisti

    Brutte notizie per gli automobilisti italiani, con il nuovo anno destinato ad aprirsi all’insegna dei rincari di prezzi e tariffe che potrebbero trasformare il 2023 nell’anno “nero” per i proprietari di auto e moto. L’allarme viene lanciato da Federcarrozzieri, ma trova riscontro nelle previsioni delle organizzazioni dei consumatori che puntano il dito su Rc auto e carburanti. Secondo l’associazione che rappresenta le carrozzerie italiane, sono in aumento non solo i costi delle riparazioni auto, ma anche i tempi di attesa per gli interventi. “Nel corso del 2022 sono esplosi i prezzi dei materiali di consumo delle carrozzerie come effetto combinato del caro-energia e del costante rincaro dei pezzi di ricambio, voce che incide per circa il 70% del costo medio delle riparazioni – spiega Federcarrozzieri – Gli operatori del settore sono riusciti solo in parte ad assorbire i maggiori costi a loro carico, con la conseguenza che nell’anno in corso i listini al pubblico relativi alle riparazioni hanno subito inevitabili rincari. Ulteriori aumenti sono previsti per il 2023, con i costi degli interventi destinati a salire in media del +15% rispetto a inizio 2022”.

    Federcarrozzieri sottolinea poi come la crisi delle materie prime e della componentistica abbia aumentato le difficoltà di approvvigionamento di ricambi e materiali, dilatando i tempi di attesa a danno degli automobilisti, che crescono fino al 20% rispetto allo scorso anno. “A fronte di tale situazione, un numero crescente di consumatori si sta rivolgendo per interventi di riparazione a carrozzieri improvvisati privi di qualsiasi autorizzazione, che per marginalizzare i costi ricorrono a ricambi di qualità inferiore, spesso eseguendo lavori in modo approssimativo così da ridurre i tempi, con conseguenze sia sulla qualità del servizio, sia sulla sicurezza stradale», afferma il presidente Davide Galli. Anche per questo Federcarrozzieri ha contribuito alla formulazione delle linee guida per la riparazione dei veicoli a regola d’arte che finalmente forniscono ai consumatori un agile strumento per comprendere e valutare la qualità della riparazione anche rispetto ai metodi di lavorazione e ai materiali utilizzati». Ma a rischio aumenti sono anche le tariffe Rc auto, che dopo la costante riduzione degli ultimi anni, sembrano destinate ad invertire la rotta.

    “Oggi il premio medio dell’Rc auto, al netto delle tasse, è di circa 310 euro – spiega Assoutenti – La situazione economica del Paese, caratterizzata dall’allarme energia e da una pesante inflazione, si ripercuoterà anche sulle polizze assicurative che rischiano di salire del +6% nel corso del 2023. Se si considera che in Italia circolano 43 milioni i veicoli assicurati, di cui 32,5 milioni di autovetture, la stangata sull’Rc auto solo per la categoria degli automobilisti raggiungerebbe nel nuovo anno la maxi-cifra di 605 milioni di euro”. “Dal prossimo 1 gennaio – ricorda poi il presidente Furio Truzzi – circa 2 milioni di assicurati rischiano di vedersi quadruplicati i premi delle polizze Rc auto in virtù dell’entrata in vigore della norma, introdotta dalla Legge sulla Concorrenza, che obbliga le imprese estere operanti in Italia ad adottare la procedura di risarcimento diretto. Una novità che potrebbe costare altri 400 milioni di euro alla collettività degli assicurati”.

    Il quadro si chiude con i carburanti: per effetto delle misure sulle accise introdotte dal Governo e indipendentemente dall’andamento dei prezzi alla pompa, un pieno di benzina nel 2023 costerà 6,1 euro in più, con ripercussioni solo sui rifornimenti pari a +146 euro all’anno ad automobilista, ricorda invece il Codacons.

  • Il caro energia minaccia il 10% di bar e ristoranti

    Almeno il 10% delle imprese della ristorazione sono a rischio chiusura a causa del caro energia. E traballano soprattutto quelle più giovani e meno patrimonializzate. A lanciare l’allarme la Fipe-Confcommercio, la Federazione italiana dei Pubblici esercizi, e la Fic, la Federazione italiana Cuochi. La guerra in Ucraina, le sanzioni alla Russia e il prezzo dei beni energetici – affermano – stanno mettendo seriamente a rischio, insieme alla pausa caffè degli italiani, anche il futuro di tante piccole imprese.

    E anche secondo Confesercenti, l’altra grande associazione, se non interviene una variante ad invertire la curva degli energetici, il settore rischia un colpo peggiore di quello subito dalle varie misure di contenimento del Covid. Già con le tariffe correnti Confesercenti stima che nei prossimi 12 mesi il comparto della ristorazione sosterrà per le bollette di energia e gas quasi 2 miliardi in più rispetto ai 12 mesi precedenti (1.944 milioni di euro), mentre le imprese di servizio bar si troveranno a sborsare oltre un miliardo in più (1.045 milioni). Le ultime bollette arrivate (relative al periodo giugno-luglio) mostrano incrementi anche del 400% rispetto allo scorso anno. Un colpo che potrebbe mettere fuori mercato circa 30mila pubblici esercizi.

    Secondo Confartigianato, per le piccole imprese del settore alimentare – in cui operano 70mila aziende artigiane con 271mila addetti – i rincari dell’energia elettrica hanno provocato, negli ultimi 12 mesi, un maggiore costo delle bollette pari a 1,2 miliardi. In particolare, per le 17.500 gelaterie e pasticcerie artigiane, le bollette, nell’ultimo anno, sono aumentate in media tra il 300 e il 350%.

    Per Confcommercio è “drammatico” lo scenario che si profila da qui ai primi sei mesi del 2023. Col caro energia nel 2022 il terziario di mercato ha speso 33 miliardi di euro, cioè il triplo rispetto al 2023. Sono a rischio circa 120mila piccole imprese del terziario di mercato e 370mila posti di lavoro.

    “Tutti i settori produttivi del Paese sono in ginocchio – sottolinea Aldo Cursano, vicepresidente di Fipe-Confcommercio – Ma se le imprese a monte della filiera riescono a scaricare gli extra-costi sugli altri anelli della filiera, bar e ristoranti non possono farlo con facilità perché i consumatori non sono imprese”.

  • Il commercio agroalimentare dell’UE continua ad adattarsi al boom dei prezzi delle materie prime a livello mondiale

    Secondo l’ultima relazione mensile sul commercio agroalimentare pubblicata dalla Commissione europea, il commercio agroalimentare dell’UE ha raggiunto un valore totale di 34,9 miliardi di euro nel maggio 2022, con un aumento dell’11% mese su mese e del 32% rispetto al maggio dello scorso anno. Questo sviluppo è in gran parte dovuto al continuo aumento dei prezzi delle materie prime.

    Le esportazioni sono state valutate a 19,4 miliardi di euro. Questo dato riflette una crescita dell’8% mese su mese e del 21% rispetto a maggio 2021, con volumi maggiori di grano e mais, ma minori di altri cereali.

    Le importazioni hanno raggiunto un valore di 15,6 miliardi di euro, vale a dire un aumento del 15% rispetto ad aprile e del 48% rispetto a maggio dello scorso anno. Ciò è dovuto principalmente al forte aumento del volume delle importazioni di mais e all’aumento dei prezzi del caffè e della frutta a guscio.

    Fonte: Commissione europea

  • Milano città più cara d’Italia per fare la spesa alimentare, costa il doppio di Napoli

    Milano si conferma la città più cara dove fare la spesa alimentare, a Napoli si spende circa la metà. Ma ad Aosta spetta il primato dei servizi più costosi. Il dato emerge da una indagine del Codacons che ha messo a confronto prezzi e tariffe di un paniere di beni e prestazioni nelle principali città italiane, per capire come cambia lo scontrino medio degli italiani a seconda della zona di residenza.

    Sul fronte degli acquisti alimentari a Milano, per riempire un carrello contenente prodotti che spaziano dall’ortofrutta al pesce, si spendono circa 116 euro, il 17,7% in più della media nazionale e addirittura il +54% rispetto alla città più economica, Napoli, dove per gli stessi acquisti bastano 75 euro.

    Per i servizi, dal ginecologo al dentista, passando per tintorie e parrucchieri, è Aosta la città dove si spende di più, con una media di 458 euro per un paniere ad hoc, il 29,7% in più sulla media nazionale. Tra le città più costose figurano anche Trento e Bologna mentre le più economiche, in base allo studio del Codacons, sarebbero Napoli, Pescara e Palermo.

    Non mancano le curiosità: per il taglio capelli uomo conviene trasferirsi a Catanzaro, dove bastano appena 14,29 euro contro i 26,3 euro di Trieste, il cappuccino meglio a Roma (1,18 euro) che a Trento (1,68 euro), mentre per lavare e stirare un abito in tintoria i cittadini di Torino spendono in media 8,43 euro, il 25% in meno della media nazionale. Il petto di pollo più economico è venduto a Pescara (in media 8,82 euro al kg), le alici più “salate” a Roma (9,71 euro al kg), proibitivo il salmone a Milano (quasi 30 euro al kg).

  • Corre il mercato delle case delle vacanze

    L’interesse degli italiani nel mattone “è enorme”, in tempi di pandemia e smart work, e la casa dei sogni è, spesso, un’abitazione per le vacanze. Gli acquisti nelle località turistiche italiane sono cresciuti molto di più della media nazionale e hanno raggiunto il +41,1% nel 2021, secondo i dati dell’Osservatorio Nazionale Immobiliare Turistico 2022 di Fimaa-Confcommercio e Nomisma.

    I prezzi riflettono questa voglia di seconda casa con aumenti medi del 3,2% in un anno. La crescita raggiunge il 7% in Lombardia e nelle Marche e tocca il 6% in Campania e anche in una regione dimenticata dal turismo di massa come il Molise. I rincari sono diffusi in quasi tutto il Paese con la sola eccezione del Piemonte (-0,4%).

    Il prezzo medio è di 2.550 euro al metro quadro commerciale, nel 2022, ma i valori risultano fino a sei volte superiori nelle località più esclusive. La destinazione vip per eccellenza è Madonna del Campiglio, dove i prezzi massimi si attestano a 15mila euro al metro quadro. Seguono, a pari merito, Forte dei Marmi e Capri, dove “bastano” 14mila euro per le sistemazioni top. La classifica delle località più care vede poi, nell’ordine, Cortina d’Ampezzo, Santa Margherita Ligure, Courmayeur, Positano, Rapallo, Selva di Val Gardena, Porto Cervo, Ortisei e Panarea. I prezzi, solo negli ultimi due casi, scendono (di poco) sotto i 10mila euro al metro quadro.

    Anche gli affitti segnano un’impennata. Affittare una casa a giugno, luglio e agosto 2022 costa il 4,8% in più rispetto allo scorso anno. Per un appartamento con quattro posti letto ci vogliono in media 525 euro a settimana per il mese di giugno, 750 euro per luglio e circa 1.000 euro ad agosto (970), all’apice della stagione.

    Secondo gli operatori del settore, chi compra case per le vacanze lo fa soprattutto per goderne direttamente (64%), mentre il 18% ha finalità di investimento e una quota analoga mira a un mix delle due motivazioni all’acquisto. “Il mercato immobiliare delle case per vacanza gode di buona salute, nonostante gli effetti negativi della guerra in Ucraina e l’impennata dell’inflazione”, commenta il presidente della Federazione Italiana Mediatori Agenti d’Affari Fimaa, Santino Taverna, che chiede al prossimo governo un Osservatorio sul turismo con gli operatori del settore. L’amministratore delegato di Nomisma, Luca Dondi, spiega la crescita del mercato immobiliare nelle località turistiche soprattutto con l’esigenza delle famiglie di “privilegiare, dopo la pandemia, impieghi in grado di coniugare percezione di sicurezza e possibilità di godimento e gratificazione”. “Proprio quello – osserva Dondi – che nell’immaginario collettivo rappresenta l’investimento immobiliare».

  • Il caro-prezzi frena crescita al Sud. E i consumi crollano

    Inflazione più forte, crollo dei consumi, crescita rallentata. Non è un quadro roseo quello del Mezzogiorno d’Italia che emerge nelle anticipazioni del Rapporto Svimez 2022. A cominciare dall’aumento dei prezzi, il cui picco quest’anno potrebbe spingersi al Sud fino all’8,4%, contro il 7,8% del Centro-Nord, con un rientro più lento, nel Meridione, sui livelli precedenti lo “shock Ucraina”.

    Una dinamica tale da impattare fortemente sui consumi, determinandone un crollo nel biennio 2023-2024 insieme a un persistente effetto di erosione del potere d’acquisto di redditi e risparmi. A frenare di più saranno i consumi delle famiglie meno abbienti, decisamente più numerose nel Mezzogiorno che nell’Italia centrosettentrionale.

    Allargando lo sguardo al Pil, dopo la frenata dovuta alla pandemia, l’Italia ha conosciuto una ripartenza pressoché uniforme tra macro-aree. Ma il mutato contesto dovuto alla guerra espone l’economia italiana a nuove turbolenze, allontanandola da una ripartenza relativamente tranquilla e coesa tra Nord e Sud. In altre parole: si riapre la forbice tra Settentrione e Meridione, con una crescita del Pil al Sud, nel 2022, stimata dalla Svimez al 2,8%, contro il 3,6% del Centro-Nord e il 3,4% del Paese. Stesso trend previsto nel 2023: +1,7% nelle Regioni centrosettentrionali a fronte di un +0,9% in quelle del Sud. Nel 2024 invece si manterrebbe un divario di crescita a sfavore del Mezzogiorno di circa 6 decimi di punto: +1,9% al Nord, +1,3% al Sud.

    Non va meglio sul fronte delle imprese, dove lo shock sui costi di produzione si dovrebbe trascinare fino al 2024 incidendo sulle decisioni di investimento. E anche se al Sud prevarrebbe lo stimolo determinato dagli investimenti pubblici, risultano comunque in svantaggio gli investimenti in macchinari e attrezzature. Più in generale le imprese nel Mezzogiorno restano maggiormente esposte alle conseguenze del conflitto in Ucraina e all’aumento dei costi dell’energia, perché è nel Meridione che sono più diffuse realtà imprenditoriali di piccole dimensioni, caratterizzate da costi di approvvigionamento energetico strutturalmente più elevati sia nell’industria che nei servizi. Inoltre, evidenza l’analisi della Svimez, i costi dei trasporti al Sud sono più alti, oltre il doppio, rispetto a quelli delle altre aree del Paese.

    Unica nota positiva, ma da prendere con le molle, quella degli investimenti. Nel 2022 infatti crescono al Sud più che al Nord: +12,2% contro il +10,1%. Ma a trainare sono soprattutto quelli nel settore delle costruzioni, grazie a stimoli pubblici come il superbonus 110% e gli interventi finanziati dal Pnrr. Di contro, nel Meridione, la crescita degli investimenti orientati all’ampliamento della capacità produttiva è inferiore di 3  punti a quella del Centro-Nord: +7% contro +10%.

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