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  • Senza contraccettivi 160 milioni di donne nel mondo

    A livello globale è cresciuto negli ultimi 50 anni l’utilizzo dei metodi contraccettivi, ma sono ancora oltre 160 milioni le donne nel mondo che non hanno accesso ai farmaci e ai presidi necessari per evitare una gravidanza indesiderata. Quelle che incontrano maggiori difficoltà sono le donne più giovani e quelle che vivono nell’Africa subsahariana e nell’Asia meridionale. Ad affermarlo è uno studio internazionale coordinato dalla University of Washington a Seattle e pubblicato sulla rivista The Lancet.

    Dall’indagine emerge che la quota di donne in età riproduttiva che utilizza metodi anticoncezionali moderni –  ovvero farmaci e presidi – è cresciuta dal 28% del 1970 al 48% del 2019. E mentre nel 1970 più di una donna su due che voleva accedere alla contraccezione non trovava risposta, oggi la percentuale è scesa al 21%.

    Nonostante questo trend positivo, sono state 163 milioni le donne che nel 2019 non hanno avuto accesso alla contraccezione su un totale di 1 miliardo e 200mila che dichiaravano di averne bisogno.

    Lo studio rileva inoltre che le donne nelle fasce di età comprese tra 15 e 19 anni e tra 20 e 24 anni avevano i tassi più bassi di domanda soddisfatta a livello globale, rispettivamente al 65% e al 72%. In pratica 43 milioni di giovani donne e adolescenti nel 2019 non hanno avuto accesso ai contraccettivi di cui avevano bisogno.

    “È importante sottolineare che queste donne traggono vantaggi dall’uso di contraccettivi, poiché ritardare la nascita di figli può aiutarle a rimanere a scuola e ad accedere al mondo del lavoro”, ha evidenziato Annie Haakenstad, della University of Washington. “Questo – ha aggiunto – può portare a benefici sociali ed economici che durano per tutta la vita ed è un fattore essenziale per una maggiore equità di genere”.

    I tipi di metodi contraccettivi inoltre variano in base all’area geografica. I metodi più usati in America Latina e nei Caraibi sono stati la sterilizzazione femminile e i contraccettivi orali; la pillola anticoncezionale orale e i preservativi sono i più usati nei Paesi ad alto reddito. Lo Iud (la spirale) e i preservativi sono stati i metodi più utilizzati in Europa centrale, Europa orientale e Asia centrale, mentre la sterilizzazione femminile ha rappresentato oltre la metà dell’uso complessivo dei metodi contraccettivi nell’Asia meridionale.

  • Crescono i disturbi alimentari, già dai 12 anni

    I disturbi alimentari sono in crescita, anche per effetto della pandemia, ed il loro esordio è sempre più precoce, già a partire dai 12 anni di età. Un fenomeno che interessa soprattutto il sesso femminile e sul quale psicologi e psichiatri invitano a puntare l’attenzione in vista della Giornata Nazionale del Fiocchetto Lilla contro questo tipo di disturbi, celebratasi il 15 marzo, sottolineando come oggi un aiuto inedito possa però venire dalla nuova realtà virtuale.

    Riduzione dell’alimentazione fino a saltare i pasti o al contrario abbandono ad abbuffate compulsive, conto ossessivo delle calorie e del peso, eccesso di attività fisica, cambio d’umore e riduzione del contatto con il mondo esterno: sono solo alcuni dei principali campanelli d’allarme che manifesta chi soffre dei Disturbi del Comportamento Alimentare (Dca) come anoressia nervosa, bulimia nervosa e disturbo da alimentazione incontrollata (Binge Eating). Un problema di salute pubblica in aumento, segnala la Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza (Sinpia): “E’ un mondo complesso quello dei disturbi del comportamento alimentare – spiega Elisa Fazzi, presidente Sinpia e direttore della Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza agli Spedali Civili e Università di Brescia – e negli anni più recenti abbiamo osservato un progressivo abbassamento dell’età di insorgenza, tanto che non riguarda più soltanto gli adolescenti, ma anche bambine e bambini in età prepuberale, con conseguenze più gravi sul corpo e sulla mente. L’identificazione e l’intervento tempestivo e multidisciplinare sono decisivi per una prognosi migliore”.

    I Dca affliggono oltre 55 milioni di persone nel mondo e oltre 3 milioni in Italia, pari a circa il 5% della popolazione: l’8-10% delle ragazze e lo 0,5-1% dei ragazzi soffrono di anoressia o bulimia. L’incidenza recentemente è aumentata del 30% per effetto della pandemia e il picco è soprattutto tra i giovanissimi, colpiti fino a quattro volte di più rispetto al periodo pre-Covid, a causa dell’isolamento, della permanenza forzata a casa, della chiusura delle scuole e dell’annullamento delle iniziative di coinvolgimento sociale. Inoltre, il 90% di chi soffre di tali disturbi è di sesso femminile rispetto al 10% di maschi; il 59% dei casi ha tra i 13 e 25 anni di età, il 6% ha meno di 12 anni.

    Rispetto alle diagnosi più frequenti, l’anoressia nervosa è rappresentata nel 42,3% dei casi, la bulimia nervosa nel 18,2% e il disturbo di binge eating nel 14,6%. Da un recente studio tutto italiano, pubblicato su International Journal of Environmental Research and Public Health, emergono inoltre nuovi approcci terapeutici basati sulla realtà virtuale con importanti risultati nei soggetti affetti da anoressia nervosa. Questa tecnologia, spiegano gli esperti, consente ai pazienti di essere immersi in un ambiente virtuale che si adatta al loro stato psicologico e può essere particolarmente indicata negli adolescenti se presentata come un gioco. In generale, l’implementazione della realtà virtuale in contesti clinici può anche favorire una maggiore partecipazione del paziente aumentando la sua fiducia nei confronti di esperienze del mondo reale. Ad ogni tappa dello sviluppo, compresa la preadolescenza, “possono comunque corrispondere possibili rischi e vulnerabilità. In questo periodo – conclude Fazzi – la famiglia e la scuola sono fondamentali nell’individuazione dei primi segnali di rischio come forma di tutela e protezione della salute di bambini e adolescenti”.

  • Mind the STEM gap, un’installazione alla Triennale di Milano per superare gli stereotipi di genere

    Si intitola Mind the STEM Gap – A Roblox Jukebox l’installazione interattiva ideata da Fondazione Bracco e progettata da Space Caviar, con la collaborazione di Joseph Grima, visitabile fino al 31 ottobre presso il giardino della Triennale di Milano. Un viaggio virtuale con la fisica Marie Sklodowska–Curie, le matematiche Ada Lovelace e Maria Gaetana Agnesi, la filosofa Elena Lucrezia Cornaro Piscopia, la botanica Anna Atkins, l’astronoma Annie Jump Cannon, ovvero una “Virgilia”, una scienziata del passato che si è distinta in quella disciplina per introdurre bambini e bambine, ragazzi e ragazze, uomini e donne alla scoperta della bellezza delle scienze. Attraverso un vero e proprio gioco, che utilizza la piattaforma Roblox, con tanto di joystick che aiuta a districarsi nell’affascinante percorso, il progetto contribuisce al superamento degli stereotipi di genere nelle materie STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics) incoraggiando il libero accesso ai saperi di bambine e ragazze e dialoga con i temi della 23ª Esposizione Internazionale di Triennale Milano dal titolo “Unknown Unknowns. An Introduction to Mysteries” (15 luglio – 11 dicembre 2022) curata da Ersilia Vaudo.

    Un’operazione prima di tutto culturale quella di avvicinare le bambine e le ragazze alle discipline scientifiche a partire da una nuova educazione delle famiglie che spesso ostacolano o non incentivano abbastanza le figlie ad intraprendere studi e professioni STEM, questo il claim dell’incontro di presentazione del progetto. “Dobbiamo costruire nuovi uomini e nuove donne, bisogna trasmettere alle ragazze la voglia di sapere fare tutto e la consapevolezza di poter arrivare dappertutto”, sottolinea Diana Bracco, Presidente dell’omonimo Gruppo chimico farmaceutico che da 95 anni sostiene il valore aggiunto che le donne apportano ad un settore come quello tecnico scientifico da sempre ritenuto appannaggio degli uomini.

    Secondo le statistiche, infatti, appena il 9% delle ragazze decide di intraprendere un percorso universitario tecnico scientifico che, seppur terminato brillantemente, le vede operare in posizioni di secondo piano rispetto ai colleghi maschi.

    Della necessità di un cambio di passo, compreso il modo di comunicare che deve adeguarsi ai tempi, ha parlato anche il Ministro dell’Università, Maria Cristina Messa, affermando come “i cambiamenti culturali sono sempre i più complessi e scuola e famiglia insieme sono fondamentali. Le donne sono un valore aggiunto, la concezione sul loro ruolo sta cambiando anche se un sondaggio IPSOS racconta che l’80% degli intervistati vede la donna ancora legata ala cura della famiglia. E’ necessario che le aziende attivino un progetto per l’integrità di genere per poter avere accesso ai fondi”.

    Un processo culturale sposato da tempo anche da Confindustria che, attraverso programmi mirati, trasmette a famiglie e ragazzi un nuovo storytelling sul modo in cui stanno cambiando il mondo del lavoro e l’occupazione. “Il nostro Paese è a vocazione imprenditoriale – sottolinei a Giovanni Brugnoli Vice Presidente per il Capitale Umano – e l’impresa è al centro del progetto didattico. Le discipline STEM sono il fulcro della crescita perché c’è bisogno di capitale umano aderente alle richieste del mercato. Quando le ragazze decidono di iscriversi alle discipline STEM si sono già svincolate da vecchie logiche”.

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