sanzioni

  • Politica lungimirante o masochismo?

    Riceviamo e pubblichiamo un articolo dell’On. Dario Rivolta con alcune considerazioni finali di Cristiana Muscardini 

    Nella politica internazionale i rapporti amichevoli tra leader giocano sempre un qualche ruolo positivo ma, al momento del dunque, ciò che rimane è soltanto l’interesse del Paese che si rappresenta. Di là dalle dichiarazioni di prammatica, di là dai sentimenti espressi, siano essi sinceri o di pura cortesia o perfino bugiardi, di là dalle conferenze stampa congiunte o dagli editoriali di giornalisti compiacenti o nemici, tutte le potenze mondiali metteranno al primo posto i loro interessi e, se necessario, sacrificheranno gli interessi dei loro alleati. D’altra parte non molto tempo fa ci fu un cancelliere tedesco che disse: “I trattati sono solo dei pezzi di carta (chiffons de papier)”. Questa realtà non va mai dimenticata se si vogliono esprimere giudizi sugli avvenimenti mondiali e quando un politico deve prendere decisioni. Il comportamento di Trump verso gli altri leader mondiali non sfugge a questo schema: le sue azioni e ciò che fa rientrano in quello che lui crede essere l’interesse degli Stati Uniti e solo il loro. È quindi inutile criticarlo e sarebbe molto meglio prenderne atto e reagire usando le sue stesse armi. Inoltre, non è affatto detto che riesca a ottenere i risultati cui aspira e, anzi, potrebbe addirittura raggiungere il risultato opposto danneggiando irrimediabilmente il benessere dei suoi concittadini. Chi, purtroppo, ha già nuociuto agli interessi dei propri governati sono i capi di Stato europei che hanno deciso di assecondare le strategie statunitensi contro la Russia sacrificando i nostri stessi interessi per assecondare quelli americani, con la speranza che il servilismo politico potesse essere ripagato.  Al contrario, basterebbe conoscere un po’ di storia politica per vedere che, da sempre e in modo ancora più evidente dopo la caduta dell’Unione Sovietica, la politica dei nostri alleati storici ha mirato ad impedire che potesse realizzarsi un vero riavvicinamento economico tra Mosca e l’Europa. Dal punto di vista di Washington tale intesa avrebbe consentito agli europei di avere un maggiore accesso alle materie prime russe, di approfittare di un grande mercato in via di sviluppo e di non sentire più l’esigenza della “protezione” americana contro quello che fu un sicuro nemico per tutta la guerra fredda. Inoltre, i grandi gruppi finanziari ed economici d’oltreoceano puntavano ad impadronirsi delle ricchezze offerte dall’immenso territorio della Federazione Russa, magari approfittando di una eventuale disgregazione di quello Stato in tante piccole e politicamente insignificanti repubbliche. In altre parole, occorreva garantire la supremazia americana nel mondo e l’avvicinamento dell’Europa alla Russia rappresentava per gli USA il pericolo che si costituisse un nuovo potente concorrente politico ed economico sulla scena mondiale. Dopo la semi-anarchia politica dell’era Eltsin i vertici europei si dimostrarono incapaci di cogliere le grandi novità geopolitiche che si aprivano con l’ascesa alla presidenza di Putin (solo Berlusconi lo capì) e rimasero inconsapevoli vittime e complici di tre fattori che ci hanno portato alle circostanze odierne: l’eredità non ragionata di una alleanza un tempo utile ma ora sempre meno necessaria, il desiderio di vendetta di alcuni Paesi già nel Patto di Varsavia e le loro patologie storicamente comprensibili (vedi Polonia e Baltici), la onnipresente e pervasiva lobby politica e spionistica americana.

    Il risultato ottenuto da questa politica è che oggi ci troviamo con un costo dell’energia quadruplicato, una crisi economica che avanza, soldi gettati nella voragine ucraina e la assurda prospettiva di doverci assorbire i costi enormi di un dopoguerra in quel Paese (magari addirittura assorbendolo nell’Unione) mentre i profitti saranno principalmente destinati proprio agli USA. Nonostante questo scenario, i soloni di Bruxelles e della NATO avrebbero deciso di dirottare i fondi necessari per affrontare la crisi economica e garantire lo stato sociale verso un enorme investimento a favore delle industrie belliche che, per ovvietà pratica (vedi compatibilità NATO), non potranno che principalmente essere americane.

    Come tutto ciò non bastasse, con Trump Washington ha gettato la maschera e sta pensando di organizzare una nuova Yalta dove noi non saremo nemmeno invitati al tavolo. Al nostro posto si sederanno dapprima la Russia e poi, probabilmente, anche la Cina. In barba ai trattati alle consuetudini e alla globalizzazione voluta proprio dagli americani, Trump pretende anche che noi si continui a “servirli” ma senza più nemmeno la contropartita di poter noi godere di qualche surplus commerciale.

    Purtroppo, non sono più vivi i Talleyrand, i Metternich, i Bismarck, i De Gaulle, i Brandt e sembra che più nessuno a Bruxelles e nelle nostre capitali abbia la capacità e il coraggio di guardare di là del proprio naso e pensare in termini strategici. È ben chiaro a chi scrive che in politica (e soprattutto in politica internazionale) occorre evitare i colpi di testa e ogni mossa deve essere intrapresa con cautela (ma Trump non lo sa?) e che ogni possibile nuova strategia vada sondata e resa palese solo dopo averne accertata la fattibilità e le sue conseguenze. Tuttavia, poiché proprio gli americani vogliono scaricare sulle nostre spalle solo i costi e toglierci anche i profitti che incassavamo fino ad ora, sarebbe bene che chi di dovere cominci a pensare alle alternative praticabili guardando al medio e lungo termine.

    Innanzitutto togliamoci dai piedi le stupide idiozie propagandistiche che i media e i nostri politici attuali continuano a ripeterci. Dapprima han cercato di spiegarci che con le sanzioni cominciate nel 2008, incrementate nel 2014, aumentate ancora nel 2022 e continuate ad estendersi fino ad oggi, la Russia sarebbe stata messa in ginocchio e ci avrebbe supplicato di perdonarla. Evidentemente si sono sbagliati, visto che l’economia russa non è mai stata buona e viva come oggi. In seguito ci hanno detto che aveva finito le armi ma, inspiegabilmente, missili e droni contro l’Ucraina non fanno che moltiplicarsi. Ora giornalisti servili e pseudo-analisti vogliono convincerci che a Mosca si preparino per invadere il resto d’Europa dopo aver sconfitta l’Ucraina. Chi lo sostiene non si rende nemmeno conto dell’assurdità di tali affermazioni oppure è in netta malafede. Tutti vediamo le difficoltà sul campo che i russi hanno incontrato dopo tre anni di guerra contro un Paese di 35 milioni di abitanti e con un PIL di 190 miliardi di dollari circa (2024). Ebbene, l’Unione Europea e la Gran Bretagna insieme vantano una popolazione di più di 500 milioni e un PIL di più di 24 trilioni di dollari (per inciso, i russi sono circa 130 milioni e il loro PIL è stimato attorno ai 2 trilioni di dollari), senza contare che è tuttora in vigore l’art. 5 dell’Accordo Transatlantico. Crediamo davvero che i russi siano dei pazzi irresponsabili? O non sono piuttosto dei bugiardi in malafede quelli che vogliono convincerci che esista per l’Europa un “pericolo russo”?

    Detto ciò e affermando senza ombra di dubbio che tale “pericolo” sia solo pura propaganda per giustificare (nel migliore dei casi) l’aumento delle spese verso le industrie belliche, cominciamo a pensare davvero a quali siano i nostri veri interessi e partiamo dalla costatazione che la Russia non ha alcun motivo nel XXI secolo di considerarci rivali strategici.

    Al contrario, sin che le è stato possibile, ha sempre cercato di avere rapporti ottimali con tutti noi. Il suo rivale strategico reale è quello che attualmente è il suo alleato indispensabile: la Cina. È con la Cina che ha da sempre una rivalità oggettiva nel centro-Asia, è con lei che ha da secoli problemi di confine, è con la cultura cinese che ha molti meno rapporti che con quella del resto d’Europa. Se dipendesse solo da Mosca, indipendentemente dalla propaganda di questo periodo di conflitto e da ciò che pochi sparuti intellettuali slavofili hanno scritto ogni tanto, i rapporti con le capitali europee sarebbero economici, culturali e anche politici. E lo stesso, reciprocamente, vale per noi: ci farebbe comodo una immensa riserva di materie prime a buon prezzo, un mercato che ha ampi margini di fronte a sé e necessita di capitali freschi e di know how. Inoltre sarebbe per noi un modo per tornare ad essere protagonisti su una dimensione mondiale, cosa che abbiamo perduto da tempo. E l’Ucraina? Se i nostri politici avessero avuto più sale in zucca e meno servilismo nel seguire interessi altrui e se gli oligarchi e i politici corrotti di quel Paese fossero stati un po’ meno delinquenziali un’Ucraina neutrale e indipendente avrebbe potuto prosperare proprio come ponte economico tra la Russia, cui era economicamente legata, e l’Europa.

    Forse è fin troppo tardi ma, se l’Europa oggi aprisse a oneste, e necessariamente riservate, negoziazioni dirette con Mosca nuovi scenari si potrebbero aprire e, se la strada si rivelasse percorribile, in tanti avremmo da guadagnarci. Purtroppo con l’Europa che ci troviamo e gli pseudo-leader oggi disponibili a Bruxelles è praticamente impossibile immaginare che le cose cambino da come si sono messe. È solo partendo con iniziative individuali da parte di qualche governo nazionale che si dovrebbero esplorare le nuove strade. D’altra parte se Trump lo sta facendo, perché noi non dovremmo sentirci autorizzati a farlo? Non si creda che chi scrive stia peccando di ingenuità: nessuno si nasconde che quando si gioca su più tavoli e si hanno più interlocutori contemporaneamente chiunque potrebbe fare il doppio gioco e usare gli uni contro gli altri per il proprio beneficio. Non è ciò che si fa negli affari ed esattamente quello che sta facendo Trump? Occorre, comunque, essere lungimiranti e realisti e considerare tutte le convenienze, anche a costo di pensare l’impensabile: a Mosca conviene di più avere rapporti ottimali con Pechino o con l’Europa? Per noi è davvero assurdo immaginare di avere qualche autonomia o dobbiamo sempre servire interessi americani? E anche volendo salvaguardare il nostro rapporto con gli USA, è un bene nemmeno fingere di metterlo in discussione e accettare solo ordini da oltreoceano oppure alzare la cresta potrebbe farci rispettare un poco di più? Come reagirebbe Washington se noi unilateralmente annunciassimo di voler disdire il nostro rapporto con la NATO e aprissimo a Mosca? Se temesse che noi si faccia sul serio, continuerebbe a minacciarci con la stessa supponenza? E già che ci siamo, invece di leccargli gli stivali (o peggio ancora, come Trump disse che avremmo fatto) e visto che la Cina affaccia sul Pacifico e non sul Mediterraneo perché non fargli sapere che noi vorremmo cominciare a negoziare con Pechino e senza pre-condizioni?

    Si badi bene: non si possono negligere i grandi interessi economici e finanziari che ci legano agli Stati Uniti né il fatto che l’Europa attuale è un ridicolo coacervo politico senza volontà. Tuttavia, poiché il mondo non è più quello né della guerra fredda né quello unipolare del dopo URSS, politici intelligenti dovrebbero cominciare a vagliare tutte le alternative nell’interesse dei nostri paesi. Di sicuro non, come fanno Macron, Starmer e la Germania di Merz, che minacciano di continuare da soli la guerra con l’Ucraina al solo scopo di poter avere uno sgabellino al possibile tavolo delle trattative di pace.

    Utopie? Fantasie irrealizzabili?  Forse. Ma se da noi ci fossero stati diplomatici e politici con una visione strategica non ci avrebbero trascinati verso una situazione come quella odierna che potrebbe diventare molto pericolosa per la pace mondiale e non soltanto per il nostro benessere economico.

    L’amico on. Dario Rivolta ha sempre la capacità di affrontare gli scenari internazionali con una visione ampia. Sulle sue considerazioni, comunque interessanti, varrebbe la pena di aprire un dibattito ampio, intanto vogliamo ricordare, per chiarezza verso i nostri lettori, che per mettersi ad un tavolo, per delle trattative serie e non utopiche, dovremmo avere politici in grado di farlo, capaci di visioni, consapevoli delle realtà geopolitiche e anche delle opportunità e minacce derivanti dalle nuove tecnologie. Non ci sono solo Trump, Putin l’Europa, il presidente cinese, i paesi arabi, l’India etc etc, ma anche Musk con i suoi satelliti che ci controllano e controllano lo spazio, insieme a quelle di alcune super potenze, per non parlare dell’intelligenza artificiale che sembra ormai molto più avanti di quella umana. 

    Inoltre a quel tavolo, che tutti vorremmo fosse realizzato, dovremmo puntualizzare che se Mosca vuole tornare ad essere interlocutore dell’Europa per prima cosa dovrebbe liberare i territori occupati, liberare i bambini rapiti, accettare l’indipendenza dell’Ucraina ed i politici che gli ucraini si scelgono, ovvia premessa, però, a qualunque trattativa è comunque un cessate il fuoco che Putin non vuole.

  • Sanzioni Usa contro quattro giudici della Corte penale internazionale

    Il segretario di Stato Usa, Marco Rubio, ha annunciato sanzioni contro quattro giudici della Corte penale internazionale (Cpi), accusati di aver avviato azioni contro cittadini statunitensi e israeliani senza averne gli strumenti legali. I quattro giudici – l’ugandese Solomy Balungi Bossa, la peruviana Luz del Carmen Ibanez Carranza, la beninese Reine Adelaide Sophie Alapini Gansou, la slovena Beti Hohler – sono “direttamente coinvolti” negli sforzi della Corte per “arrestare, fermare, perseguire cittadini degli Stati Uniti o Israele, senza il consenso” dei due Paesi, non aderenti allo Statuto di Roma, si legge in una nota. La Corte penale internazionale, prosegue il segretario di Stato “è politicizzata e rivendica falsamente discrezionalità illimitata nell’indagare, accusare e perseguire cittadini degli Stati Uniti e dei nostri alleati”. Washington adotterà tutte le azioni “necessarie per proteggere la nostra sovranità, quella di Israele e di qualsiasi altro alleato degli Stati Uniti dalle azioni illegittime della Corte penale internazionale”. Rubio ha infine rivolto un invito ai Paesi che sostengono la Cpi, “molti dei quali hanno ottenuto la loro libertà al prezzo di grandi sacrifici degli statunitensi”, a contrastare “questo vergognoso attacco” a Usa e Israele.

    Per la Corte penale internazionale “le sanzioni emesse dagli Stati Uniti nei confronti dei quattro giudici, sono un chiaro tentativo di attentare all’indipendenza del tribunale”. “Queste misure sono un chiaro tentativo di minare l’indipendenza di un’istituzione giudiziaria internazionale che opera grazie al mandato di 125 Stati membri da tutto il pianeta. La Cpi fornisce giustizia e speranza a milioni di vittime di atrocità inimmaginabili, nel rigoroso rispetto dello Statuto di Roma, e mantiene i più alti standard di protezione dei diritti degli indagati e delle vittime”, si legge nella nota. Attaccare chi lavora per “accertare le responsabilità” non “aiuta i civili ostaggio dei conflitti”, ma “incoraggia solo coloro che credono di poter agire impunemente”. Le misure, comunicate dal segretario di Stato Marco Rubio, “non sono dirette solo a persone designate, ma anche a tutti coloro che sostengono la Corte, compresi i cittadini e le entità corporative degli Stati Parte. Sono contro vittime innocenti in tutte le situazioni dinanzi alla Corte, nonché lo stato di diritto, la pace, la sicurezza e la prevenzione dei crimini più gravi che sconvolgono la coscienza dell’umanità”.

  • Erdogan prova ad attrarre la Siria nell’orbita turca

    Le relazioni bilaterali e gli ultimi sviluppi regionali sono stati al centro dell’incontro che si è tenuto il 24 maggio a Istanbul tra i presidenti di Turchia e Siria, Recep Tayyip Erdogan e Ahmed al Sharaa. Lo ha reso noto la Direzione delle comunicazioni della Repubblica turca, spiegando che all’incontro, tenutosi a porte chiuse, hanno partecipato anche i ministri turchi degli Esteri e della Difesa, rispettivamente Hakan Fidan e Yasar Guler, il capo dell’agenzia di intelligence Mit, Ibrahim Kalin, il responsabile delle Industrie della difesa Haluk Gorgun, il consigliere capo del presidente, Sefer Turan, e il consigliere del presidente per la Politica estera e la sicurezza, Akif Cagatay Kilic. Come riporta il comunicato, nel corso delle discussioni Erdogan “ha dichiarato di ritenere che la Siria avrà giorni molto più luminosi e pacifici, e la Turchia continuerà a sostenerla come ha fatto fino ad oggi”.

    Il presidente turco ha inoltre accolto con favore la revoca delle sanzioni contro la Siria e ha sottolineato l’importanza di garantire l’integrità territoriale e l’unità del Paese. Nel corso dell’incontro, il capo dello Stato turco ha evidenziato che “l’occupazione e gli attacchi di Israele nel territorio siriano sono inaccettabili” e Ankara “continuerà a opporsi in qualsiasi piattaforma”. In merito alle relazioni bilaterali, Erdogan ha evidenziato che “la cooperazione tra Turchia e Siria continuerà a rafforzarsi in tutti i settori, in particolare quelli dell’energia, della difesa e dei trasporti”. Secondo quanto riporta il comunicato, Al Sharaa ha ringraziato il presidente turco per il “sostegno fondamentale” e per “gli sforzi orientati alla revoca delle sanzioni internazionali”.

    Quella di Istanbul è stata la prima visita del presidente siriano in Turchia dopo la decisione di Stati Uniti e Unione europea di revocare le sanzioni. Come riportato dai media siriani, Al Sharaa è stato accompagnato da una delegazione composta dal ministro degli Esteri Asaad al Shaibani e dal ministro della Difesa Murhaf Abu Qasra. L’incontro a Istanbul ha fatto seguito ai colloqui svoltisi in Siria all’inizio della settimana tra il capo dell’intelligence turca Ibrahim Kalin e Al Sharaa. La Turchia è stata tra i primi Paesi a mostrare sostegno alla nuova amministrazione siriana dopo la caduta del regime di Bashar al Assad, avvenuta lo scorso dicembre, promettendo il suo appoggio per la ricostruzione della Siria.

    Secondo indiscrezioni diffuse recentemente dai media arabi e turchi, Ankara sarebbe intenzionata anche a stabilire delle basi militari per rafforzare la lotta contro il terrorismo, in particolare contro lo Stato islamico, le cui cellule residue sono ancora presenti in Siria come anche in Iraq. Il portale d’informazione “Middle East Eye” ha riferito nei mesi scorsi che la Turchia sarebbe pronta a dispiegare sistemi di difesa aerea nella zona centrale della Siria. In particolare, Ankara starebbe pianificando l’installazione del sistema missilistico Hisar di fabbricazione turca, nonché l’invio di droni da ricognizione e da attacco con l’obiettivo di rafforzare la copertura aerea e condurre operazioni contro lo Stato islamico.

  • Gli ultimi rantoli dell’economia russa schiacciata dalle sanzioni occidentali

    Riceviamo e pubblichiamo un articolo di Anceo Agostini

    E’ perlomeno singolare che i numerosi zelanti corrispondenti da Mosca dei media occidentali non mettano al corrente i loro lettori dei folgoranti successi della politica sanzionatoria. Senza pretendere che lascino i loro uffici basterebbe un minimo sforzo per confrontare online i rapporti ufficiali sul numero di infrastrutture realizzate a Mosca nel 2023 rispetto a quelle del 2024 e individuare il declino del sistema. Inoltre, tenuto presente che Mosca è sempre stata  considerata la vetrina del Paese, è verosimile che nelle altre città la situazione non sia migliore della capitale.

    Per il 2023 il sito (https://www.mos.ru/news/item/133505073/) del comune di Mosca riportava i seguenti dati concernenti le opere realizzate:

    • completato il grande anello della metropolitana e aperte 9 nuove stazioni;
    • aperte 2 stazioni della metropolitana Pykhtino e Aeroporto Vnukovo;
    • aperte 3 stazioni della metropolitana Jakhomskaja, Lianozovo e Fiztekh;
    • aperti al traffico i diametri centrali nr 3 (85km, 39 stazioni) e nr 4 (86km, 36 stazioni) della metropolitana di superficie;
    • riaperta dopo il restauro la stazione fluviale Sud;
    • inaugurate due nuove linee regolari di trasporto fluviale;
    • aperta al traffico la direzione sud del diametro viabile veloce;
    • aperti 4 centri ospedalieri d’avanguardia;
    • aperto il complesso il nuovo centro clinico nr 1 per le malattie infettive;
    • inaugurato il complesso clinico-diagnostico del centro scientifico Loginov;
    • terminata la prima tappa di ristrutturazione della rete di ambulatori (in totale 200 policlinici)
    • costruiti 7,3 milioni di mq di fabbricati ad uso abitativo (dato dell’Istituto di Statistica Rosstat).

    Sempre sul sito del comune di Mosca per il 2024 vengono riportati i seguenti risultati:

    • aperte 2 tratte e 7 stazioni della nuova linea Troickaja (16ma) della metro cittadina;
    • nuova stazione Potapovo della linea metro Sokolnicheskaja;
    • inaugurato nuovo centro di medicina nucleare del complesso clinico-ospedialero nr 1 di Mosca;
    • inaugurato il parco di laboratori e ricerca applicata e il campus dell’Universita’ Tecnica N.E. Bauman;
    • inaugurata la nuova cittadella-ginnasio N.V. Pushkov a Troizk;
    • inaugurata la funicolare di 769m nel parco mostre VDNKh;
    • inaugurato il secondo mercato ittico coperto a Mitino;
    • inaugurata la prima tappa del parco cinematografico di livello mondiale “Moskino”;
    • costruiti 6,5 milioni di mq di fabbricati ad uso abitativo (dato preliminare).

    Per quanto concerne le stazioni della metro si può notare che non hanno più lo stile imperiale delle prime costruite ai tempi di Stalin né lo sfarzo dei mosaici e marmi di quella più recente aperta nel 2003 nei pressi di Park Pobedy, sono semplici e funzionali e purtroppo non verranno decorate dai graffiti che adornano le metropolitane europee.

    Per una corretta analisi va rilevato che al 31.12.2022 il Think Tank europeo guidato da Ursula von der Leyen aveva già confezionato nove pacchetti di sanzioni, nel corso del 2023 e del 2024 se ne erano aggiunti altri 3+3 e attualmente gli specialisti di Bruxelles stanno elaborando il 16o pacchetto. In base ai dati riportati dal sito https://x-compliance.ru/statistics dell’agenzia Interfax, aggiornato al 2 febbraio 2025, il numero di sanzioni dei Paesi democratici contro la Russia ammonta a 18.389.

    La minaccia contro i Russi pronunciata già il 22 febbraio 2022 dall’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza Josef Borrell si è pienamente avverata: “Niente più shopping a Milano, feste a Saint Tropez e diamanti ad Anversa. Questo è un primo passo”. A ciò va aggiunto che i cittadini russi non possono più acquistare né Mercedes ne’ Audi, Volkswagen, BMW, Jeep ecc. e che il mercato dell’auto in Russia è praticamente passato in mano ai produttori cinesi (60%) e ai produttori locali (30%).

    Confrontando il disastro della Russia con la prosperità europea si può senz’altro concludere che se i risultati definitivi relativi al 2024 non modificheranno radicalmente il quadro, la Russia ha le ore contate.

    Il 16o pacchetto di sanzioni di Ursula sarà fatale.

    metro 2024 https://realty.rbc.ru/news/676914a59a7947856d43b415

    https://www.mos.ru/news/item/148661073/

    https://77.rosstat.gov.ru/folder/70759/document/230310

  • La Commissione chiude le indagini relative ai ruling fiscali concessi a Fiat, Amazon e Starbucks

    La Commissione europea ha chiuso tre indagini approfondite avviate ai sensi della normativa sugli aiuti di Stato relative ai ruling fiscali sui prezzi di trasferimento concessi dal Lussemburgo a Fiat e Amazon e dai Paesi Bassi a Starbucks. In seguito alle sentenze pronunciate dagli organi giurisdizionali dell’Unione europea, la Commissione ha concluso che i ruling fiscali non concedevano vantaggi selettivi alle imprese.

    Nel 2015 e nel 2017 la Commissione ha constatato che il Lussemburgo aveva concesso vantaggi fiscali selettivi a Fiat e Amazon e i Paesi Bassi a Starbucks, in violazione delle norme dell’UE in materia di aiuti di Stato. In ciascun caso la Commissione ha osservato che un ruling fiscale emesso dalla rispettiva autorità tributaria nazionale aveva ridotto artificialmente l’imposta versata da ciascuna società, concedendo a ciascuna di esse un vantaggio selettivo rispetto ad altre società. Le decisioni iniziali della Commissione in tutti e tre i casi sono state annullate dagli organi giurisdizionali dell’Unione europea, per cui le rispettive indagini approfondite sono rimaste aperte.

    Dal 2013 la Commissione indaga sui ruling fiscali concessi dagli Stati che non costituiscono un problema se si limitano a confermare che le disposizioni fiscali sono conformi alla legislazione fiscale pertinente. Se invece conferiscono un vantaggio fiscale selettivo a imprese specifiche, possono creare distorsioni della concorrenza all’interno del mercato unico, in violazione delle norme UE sugli aiuti di Stato.

    Nell’ottobre 2015 la Commissione è giunta alla conclusione che un ruling fiscale emesso dalle autorità lussemburghesi nel 2012 conferiva un vantaggio selettivo a Fiat e, da quella data, aveva indebitamente ridotto l’onere fiscale per questa società di 20-30 milioni di €. Nel novembre 2022 la Corte di giustizia ha annullato una sentenza del Tribunale del 2019, che confermava la decisione della Commissione del 2015, e ha annullato tale decisione. La Corte di giustizia ha concluso che la Commissione aveva utilizzato parametri errati nella sua indagine.

    Nell’ottobre 2015 la Commissione ha constatato che un ruling fiscale emesso dalle autorità neerlandesi nel 2008 conferiva un vantaggio selettivo a Starbucks e, da quella data, aveva indebitamente ridotto l’onere fiscale per questa società di 20-30 milioni di €. Nel settembre 2019 il Tribunale ha annullato la decisione della Commissione sostenendo che quest’ultima non aveva dimostrato che, mediante il ruling fiscale, i Paesi Bassi concedevano un vantaggio selettivo a Starbucks.

    Nell’ottobre 2017 la Commissione ha constatato che un ruling fiscale emesso dal Lussemburgo nel 2003 e prorogato nel 2011 aveva ridotto indebitamente l’imposta versata da Amazon nel Lussemburgo di circa 250 milioni di €. Nel maggio 2021 il Tribunale ha annullato la decisione della Commissione sostenendo che quest’ultima non aveva dimostrato l’esistenza di un vantaggio selettivo. L’annullamento è stato confermato dalla Corte di giustizia nel dicembre 2023.

  • Meta: sanzione di 797,72 milioni di euro per pratiche abusive a vantaggio di Facebook Marketplace

    La Commissione europea ha sanzionato Meta con una multa di 797,72 milioni di € per aver violato le norme antitrust dell’UE collegando il suo servizio di annunci classificati online, Facebook Marketplace, con il suo social network personale, Facebook, e imponendo condizioni di transazione non eque ad altri fornitori di servizi di annunci online.

    Dall’indagine della Commissione è emerso che Meta è dominante nel mercato dei social network personali, grande almeno quanto lo Spazio economico europeo (SEE), e anche nei mercati nazionali della pubblicità online sui social media. In particolare, la Commissione ha constatato che Meta ha abusato delle sue posizioni dominanti violando l’articolo 102 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE). Ha collegato infatti Facebook Marketplace, il servizio di annunci classificati online, con il social network personale Facebook, e ha imposto unilateralmente condizioni di transazione non eque ad altri fornitori di servizi di annunci pubblicitari online che pubblicizzano sulle piattaforme di Meta, in particolare sui suoi popolarissimi social network Facebook e Instagram.

    La Commissione ha ordinato a Meta di porre fine a detta condotta e di astenersi dal ripetere l’infrazione o dall’adottare pratiche con oggetto o effetto analogo in futuro.

  • L’Ue adotta nuove sanzioni verso la Russia per violazioni dei diritti umani

    La Commissione accoglie con favore l’adozione da parte del Consiglio di un nuovo regime di sanzioni contro la crescente e sistematica repressione dei diritti umani, della democrazia e dello Stato di diritto da parte delle autorità russe.

    Il nuovo regime fornisce il quadro di riferimento per la designazione delle persone coinvolte in violazioni e abusi dei diritti umani e in repressioni e azioni che compromettono la democrazia e lo Stato di diritto. Oggi sono già stati adottati venti inserimenti in elenco per chiamare coloro che violano i diritti umani e che partecipano alle repressioni a rispondere delle loro azioni. Il regime di sanzioni fornisce inoltre un quadro di riferimento specifico per negare all’apparato repressivo russo beni e tecnologie che possono essere utilizzati impropriamente a fini di repressione interna. Un elenco di tali beni e tecnologie figura nel regolamento. Rientrano nel divieto di fornitura anche i beni e le tecnologie non elencati ma destinati a essere utilizzati a fini di repressione interna in Russia.

    Il regime di sanzioni risponde alle politiche sempre più repressive delle autorità russe. Ne sono un triste esempio la morte di Alexei Navalny nel febbraio 2024 e la detenzione per motivi politici di dissidenti quali Oleg Orlov, Alexandra Skochilenko e Vladimir Kara-Murza.

    Il nuovo quadro di riferimento è parte di una più ampia politica dell’UE a sostegno dei difensori dei diritti umani e degli attivisti in Russia. In tale contesto si inseriscono anche coloro che osano esprimersi contro la brutale guerra di aggressione della Russia in Ucraina e la relativa disinformazione diffusa dal regime russo.

  • L’Ue avvia un’indagine contro Apple, Alphabet e Meta

    Il 25 marzo la Commissione ha avviato un’indagine di non conformità ai sensi della legge sui mercati digitale (Dma) sulle norme di Alphabet relative al pilotaggio (steering) nell’App store di Google (Google Play) e all’auto-preferenziazione di Google Search, oltre ad un’indagine sul rispetto delle norme da parte di Apple riguardo l’indirizzamento nell’App Store e sulla schermata di scelta per Safari e il “modello di pagamento o consenso” di Meta. La Commissione sospetta che le misure messe in atto da questi gatekeeper non siano in grado di garantire un’effettivo rispetto degli obblighi prevsiti dal Dma. Inoltre, la Commissione ha avviato indagini sulla nuova struttura tariffaria di Apple per gli app store alternativi e su Amazon e sulle pratiche di classificazione di Amazon sul suo marketplace. Infine, la Commissione ha ordinato ai gatekeeper di conservare determinati documenti per monitorare l’effettiva implementazione e il rispetto dei loro obblighi. Riguardo il procedimento contro Apple e Alphabet, la Commissione vuole valutare se le misure messe in atto dalle due compagnie violini le norme del Dma sull’indirizzamento dei consumatori verso offerte al di fuori degli app store delle due compagnie a titolo gratuito.

    L’esecutivo Ue, si legge in una nota, teme che le misure adottate da Alphabet e Apple non siano del tutto conformi, in quanto impongono diverse restrizioni e limitazioni, tra cui, tra l’altro, la capacità degli sviluppatori di comunicare e promuovere liberamente le offerte e di concludere direttamente i contratti, anche imponendo vari oneri. “La Commissione europea ha avviato un procedimento nei confronti di Alphabet, per stabilire se la visualizzazione da parte di Alphabet dei risultati di ricerca di Google possa portare all’autoreferenzialità in relazione ai servizi di ricerca verticali di Google (ad esempio, Google Shopping, Google Flights e Google Hotels) rispetto ad analoghi servizi concorrenti”, si legge nella nota di Bruxelles. La Commissione europea teme infatti che le misure attuate da Alphabet per conformarsi al Dma non garantiscano che i servizi di terzi che compaiono nella pagina dei risultati di ricerca di Google siano trattati in maniera equa e non discriminatoria rispetto ai servizi di Alphabet.

    Riguardo a Apple, invece, la Commissione europea ha avviato un procedimenti in merito alle misure adottate per ottemperare agli obblighi di consentire agli utenti finali di disinstallare facilmente qualsiasi applicazione software su iOS; di modificare facilmente le impostazioni predefinite su iOS; e di proporre agli utenti schermate di scelta che devono effettivamente e facilmente di selezionare un servizio alternativo predefinito, come un browser o un motore di ricerca sul proprio iPhone. La Commissione teme che le misure adottate da Apple, tra cui la progettazione della schermata di scelta del browser web, possano impedire agli utenti di esercitare realmente la loro scelta di servizi all’interno dell’ecosistema Apple. Infine, la Commissione ha avviato un procedimento nei confronti di Meta per verificare se il modello “pay or consent”, recentemente introdotto per gli utenti dell’Ue, sia conforme all’articolo del Dma che impone ai gatekeeper di ottenere il consenso degli utenti quando intendono combinare o utilizzare in maniera incrociata i loro dati personali tra i diversi servizi della piattaforma principale.

    La Commissione teme che la scelta binaria imposta dal modello “pagare o acconsentire” di Meta non fornisca una reale alternativa nel caso in cui gli utenti non acconsentano, non raggiungendo così l’obiettivo di impedire l’accumulo di dati personali da parte dei gatekeeper. La Commissione sta inoltre intraprendendo altre azioni investigative per raccogliere fatti e informazioni al fine di chiarire se Amazon possa privilegiare i prodotti del proprio marchio sull’Amazon Store in violazione; e pe r valutare se la nuova struttura tariffaria di Apple e gli altri termini e condizioni per gli app store alternativi e la distribuzione di app dal web (sideloading) potrebbero non rispettare le norme della legge sui mercati digitali. La Commissione intende concludere il procedimento avviato oggi entro 12 mesi. Al termine dell’indagine, l’esecutivo Ue informerà i gatekeeper interessati dei suoi risultati preliminari e spiegherà le misure che sta pensando di adottare o che il gatekeeper dovrebbe adottare al fine di rispondere efficacemente alle preoccupazioni della Commissione. In caso di violazione, la Commissione può imporre multe fino al 10 per cento del fatturato mondiale dell’azienda. Tali ammende possono arrivare al 20% in caso di violazione ripetuta. Inoltre, in caso di violazioni sistematiche, la Commissione può adottare ulteriori misure correttive, come l’obbligo per un gatekeeper di vendere un’attività o parti di essa, o vietare al gatekeeper l’acquisizione di ulteriori servizi legati alla non conformità sistemica.

  • Il Gnl russo continua ad arrivare nei porti Ue, che restano aperti al business di Mosca

    L’Unione europea e il suo mercato unico, nonostante dodici pacchetti di sanzioni, hanno continuato e continuano ad offrire appigli utili alla Russia per finanziare la propria economia. Il ministero dell’Economia del governo federale del Belgio, riferisce Il Sole 24 Ore, ha rilevato che nei primi 11 mesi del 2023 il 51% del Gnl entrato nel porto di Zeebrugge era di provenienza russa. «Una parte significativa» di questo prodotto però lascia il Paese, essendo destinata ad altre destinazioni. Gli hub portuali europei sono dunque stati lasciati a disposizione per transito e movimentazione, confermando le pecche di un meccanismo sanzionatorio contro cui il Parlamento europeo ha chiesto correzioni.

    Pur a fronte di sollecitazioni a intervenire, la Ue, come spiegato dalla Commissione europea, ritiene che un messa al bando totale genererebbe un impatto «probabilmente limitato» poiché la Russia da un lato sarebbe in grado di reindirizzare la maggior parte delle esportazioni, in particolare verso l’Asia, dall’altro potrebbe finire per beneficiare dell’aumento dei prezzi globali del gas derivanti dall’embargo. Il rischio, in sostanza, è che per cancellare profitti chiudendo il mercato unico europeo e i suoi porti, si generino utili potenzialmente maggiori.

    Sul gas naturale liquefatto – sottolinea il quotidiano confindustriale in sostanza, Vladimir Putin e la sua Russia per ora la fanno franca. Non per sviste europee, ma per dinamiche che sfuggono al controllo degli europei, i cui porti per il Gnl russo restano a disposizione.

  • Chiara Ferragni e Balocco multati per il pandoro “griffato”

    Chiara Ferragni e Balocco sono stati multati per pratica commerciale scorretta con sanzioni da oltre 1 milione di euro per alcune società riconducibili all’influencer e da 420mila euro per l’azienda dolciaria. A dare la notizia l’Antitrust, spiegando che, secondo l’Autorità, «le suddette società hanno fatto intendere ai consumatori che acquistando il pandoro “griffato” Ferragni avrebbero contribuito a una donazione all’Ospedale Regina Margherita di Torino. La donazione, di 50mila euro, era stata invece già effettuata dalla sola Balocco mesi prima. Le società riconducibili a Chiara Ferragni hanno incassato dall’iniziativa oltre 1 milione di euro».

    L’Autorità contesta alle società di aver attuato una pratica commerciale scorretta per aver pubblicizzato il «Pandoro Pink Christmas», “griffato” Chiara Ferragni, lasciando intendere ai consumatori che, comprandolo, avrebbero contribuito a una donazione all’Ospedale Regina Margherita di Torino per acquistare un nuovo macchinario per le cure terapeutiche dei bambini affetti da Osteosarcoma e Sarcoma di Ewing.

    Le società Fenice e TBS Crew, riconducibili a Chiara Ferragni, hanno incassato la somma di oltre 1 milione di euro a titolo di corrispettivo per la licenza dei marchi della nota influencer e per la realizzazione dei contenuti pubblicitari senza versare nulla all’ospedale Regina Margherita di Torino.

    Secondo l’Autorità ad accrescere nei consumatori la sensazione di stare contribuendo ad una giusta causa è stato anche il prezzo del pandoro «griffato», proposto in vendita al pubblico ad un prezzo di 9 euro contro i 3,70 di pandoro classico Balocco, ovvero circa due volte e mezzo in più.

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