Turismo

  • Tunisia gettonatissima per l’estate, il vettore aereo nazionale fa il pieno di prenotazioni

    La Tunisia si prepara alla stagione estiva per cui è atteso un considerevole aumento di turisti e visitatori. Dal trasporto aereo alle strutture ricettive, che approfittano della relativa calma del mese sacro islamico di Ramadan per lavori di manutenzione e rinnovi, tutti in Tunisia scommettono in una stagione da record. A partire dal 18 aprile, la compagnia di bandiera tunisina, Tunisair, offrirà due voli settimanali da e per Venezia. Il collegamento rientra nel programma eccezionale messo in atto dal vettore durante il periodo estivo 2024 per cui si prevede un considerevole aumento della domanda. Tunisair ha dichiarato di aver ricevuto prenotazioni per 7.068 voli ossia 2,7 milioni di posti, il che rappresenta un aumento del 19% rispetto all’estate dell’anno scorso.

    Per soddisfare la domanda, la compagnia è riuscita a mobilitare 16 aerei e a noleggiarne altri due che hanno rispettivamente una capacità di ospitare 300 e 160 passaggi, per un totale di 18 aerei rispetto ai soli 11 dell’anno scorso. La compagnia di bandiera della Tunisia riprenderà inoltre un volo regolare a settimana verso ogni lunedì, a partire dal primo maggio, due voli settimanali da Tunisi e un volo settimanale da Djerba verso Zurigo a partire dal 2 aprile. Maggiori collegamenti settimanali sono stati annunciati verso gli aeroporti francesi di Nantes, Lione, Marsiglia, Nizza e Parigi Orly, da Tunisi, Djerba e Monastir. Offrirà anche da 3 a 11 voli settimanali per il Marocco ed almeno tre voli a settimana verso i Paesi dell’Africa sub-sahariana.

    Il turismo ha registrato una netta ripresa in Tunisia nel 2023 con 8,8 milioni di visitatori, in crescita del 57,4 per cento in un anno rispetto ai 5,2 milioni del 2022. In testa troviamo gli algerini (3 milioni contro gli 1,2 dell’anno precedente) seguiti dai libici (2,5 milioni). Anche i flussi turistici dai paesi europei hanno registrato un incremento, raggiungendo i 2,5 milioni di ingressi rispetto a 1,8 dell’anno precedente, in particolare i francesi, circa 1 milione contro 839,7mila dell’anno precedente, i tedeschi 303,2 mila contro 187,4mila del 2022, gli italiani 123.078, al sesto posto in termini di nazionalità in ingresso. Il settore era già in ripresa nel 2022, quando la Tunisia aveva recuperato il 68 percento del flusso turistico del 2019.

    Nei primi due mesi del 2024, secondo gli ultimi dati diffusi dalla Banca centrale tunisina (Bct), la Tunisia ha registrato un aumento delle entrate dal settore del turismo del 10,6 per cento dall’inizio dell’anno, rispetto allo stesso periodo del 2023, raggiungendo i 216 milioni di euro. Nello stesso periodo, le rimesse cumulative dei lavoratori sono aumentate del cinque per cento superando i 293 milioni di euro. Il turismo in Tunisia comprende attrazioni che vanno dalla sua città cosmopolita, nonché capitale, Tunisi, alle antiche rovine di Cartagine e Dougga, i tradizionali quartieri musulmano ed ebraico di Djerba, il deserto del Sahara con le oasi di Tozeur ed infine località costiere come Monastir, Sousse e Kelibia. Ricca anche l’offerta culturale con kermesse, eventi e festival dedicati a cinema, teatro, danza e arti tradizionali, partendo dalla Fiera internazionale del libro di Tunisi, in programma dal 19 al 28 aprile e che vedrà l’Italia in qualità di ospite d’onore.

    Martedì 2 aprile, il ministro del Turismo, Mohamed Moez Belhocine, si è recato sull’isola di Djerba, accompagnato dal governatore di Medenine, Saeed bin Zayed, per fare il punto sull’andamento dell’attività turistica e sul grado di preparazione per la stagione estiva. L’obiettivo è quello di fornire un servizio d’eccellenza al visitatore partendo dal suo arrivo in aeroporto. “Il miglioramento della qualità inizia con la fornitura dei migliori servizi all’arrivo del turista in aeroporto fino alla sua partenza dal Paese”. Ha dichiarato Belhocine, facendo visita al Centro di formazione turistica di Djerba, dove viene formata forza lavoro specializzata nell’ambito del programma di partenariato tra l’Agenzia di formazione per le professioni del turismo e il Centro Alif locale. Il ministro ha anche ammirato la bellezza di una tradizionale “Casa di Djerba” vista la recente inclusione dell’isola nella lista del patrimonio mondiale Unesco e l’antica medina di Djerba Midoun.

  • Il patrimonio olimpico

    Le Olimpiadi, specialmente quando vengono disputate in piccole località turistiche, rappresentano sicuramente un’occasione unica.

    Nel caso delle prossime Olimpiadi 2026 sicuramente anche per il bellunese l’occasione si presentava decisamente interessante ed importante nel senso di un nuovo potenziale economico e specificatamente turistico. Non andrebbe infatti dimenticato che una delle motivazioni giustamente addotte per sostenere la candidatura nel 2018 di Cortina d’Ampezzo come sede delle prossime Olimpiadi 2026 era stata indicata anche nella certezza che questa stupenda manifestazione mondiale si sarebbe potuta rivelare un importante volano nel tentativo di bloccare lo spopolamento delle comunità montane.

    Viceversa, un articolo del 13 febbraio 2024 del Corriere delle Alpi dimostra semplicemente come già ora il primo obiettivo sia stato clamorosamente mancato in quanto viene certificato l’abbandono da parte dei giovani bellunesi dell’intera provincia verso zone ad intensità lavorativa maggiore.

    Nessun effetto si è concretizzato evidente nei cinque anni dall’assegnazione dei giochi all’interno della provincia di Belluno nella quale, invece, si vede confermato il fenomeno dell’esodo giovanile in cerca di lavoro e di condizioni migliori.

    Neppure la tanto contrastata realizzazione della prossima pista di bob nella Conca, per la quale verranno impegnati degli operai norvegesi, ha dato un minimo di respiro all’occupazione bellunese. Il tutto avviene clamorosamente con una implicita approvazione dei sindacati di categoria i quali dovrebbero avere, invece, come primo obiettivo lo sviluppo delle opportunità di lavoro per i residenti. Questo silenzio, infatti, certifica di fatto l’assenso delle maggiori organizzazioni sindacali alle importazioni di manodopera in sostituzione di quella italiana.

    Tornando agli effetti sul territorio, avendo mancato quello occupazionale si potrebbe sperare, allora, nel valore aggiunto offerto come “Patrimonio Olimpico” il quale si compone essenzialmente, oltre l’evento sportivo, della rivalutazione degli asset esistenti e con l’inaugurazione di nuovi impianti per le discipline olimpiche invernali.

    In questo contesto andrebbe considerato l’aspetto fortemente polemico e divisivo che l’allestimento della pista di bob negli ultimi cinque anni ha creato non solo all’interno della comunità ampezzana, ma con degli effetti devastanti in termini di immagine anche a livello internazionale in quanto si sta arrivando ad avere il CIO espressamente contrario alla realizzazione della nuova pista.

    Allora a livello di semplice comunicazione l’obiettivo di una rivalutazione complessiva del paese e delle località (*) che ospiteranno le competizioni olimpiche risulta già ampiamente compromesso. Non solo a causa dei ritardi certificati ed evidenziati persino dagli stessi esponenti della maggioranza in regione, come il leader di Forza Italia, ma soprattutto perché l’evento olimpico si dimostra un elemento divisivo e non più di unità per un intero paese attorno ai contenuti valoriali olimpici. Le Olimpiadi rappresentano un momento meraviglioso di confronto agonistico all’interno però di un contesto che presenta dei valori umani, etici e sportivi molto chiari. A cinque anni dalla loro assegnazione invece il percorso verso la loro realizzazione sta assumendo i contorni di un semplice gioco di finanza e spesa pubblica (**) ma privo di impatti positivi per il territorio sia professionali che lavorativi e soprattutto ancora privi di un barlume di programmi gestionali post olimpici. In ultima analisi, poi, disperdere questo patrimonio rappresenta un delitto nei confronti del territorio bellunese, veneto e nazionale.

    (*) Valutata in modo decisamente ambizioso in oltre 1 miliardo dall’università di Venezia

    (**) Qualcuno disse: “Saranno Giochi ad impatto zero e diffusi con costi notevolmente inferiori rispetto alle precedenti”. Ad ora, a due anni dall’inaugurazione, siamo già arrivati a 3,2 miliardi di cui 2,8 finanziati dallo Stato

  • La Commissione fa il bilancio dei progressi compiuti verso un turismo verde e digitale

    La Commissione ha pubblicato una relazione contenente un primo bilancio del percorso di transizione per il turismo, il più avanzato dei percorsi di transizione. A due anni dalla pubblicazione del percorso, la relazione enumera i risultati concreti ottenuti in tutti i settori strategici grazie al sostegno garantito dall’impegno dei portatori d’interessi del settore turistico in tutti gli Stati membri dell’UE e al di fuori dell’Unione.

    Dalla relazione emerge che 204 organizzazioni (comprese le PMI), rispondendo all’invito, si sono assunte 424 impegni per rinnovare il turismo nell’UE. La maggior parte delle azioni dei portatori di interessi mira a sostenere la transizione verde del turismo. Ad esempio, in Italia, la Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della piccola e media impresa si è impegnata a conseguire soluzioni sostenibili e flessibili per il trasporto multimodale e a sviluppare politiche per proteggere il patrimonio naturale e la biodiversità, nel rispetto dell’autenticità socioculturale delle comunità di accoglienza. Come tutti gli impegni, anche questo è stato pubblicato sul sito web della Commissione quale esempio concreto e stimolante da seguire.

  • Il turismo questo sconosciuto

    Durante tutto il 2023 non è passato giorno nel quale ministri, governatori delle regioni assieme agli stessi sindaci non avessero esaltato le performance dell’economia turistica.

    Tutte le affermazioni e gli ipotetici successi vantati tanto dai rappresentanti istituzionali quanto dagli operatori del settore del mondo del turismo italiano risultano, invece, viziate da un banale opportunismo politico.

    Rispetto ai nostri diretti concorrenti nel mondo dell’economia turistica l’Italia ha perso tra il -5/-6% (fonte WSJ) in termini generali, mentre i dati aggiornati relativi ai pernottamenti nel mese di luglio 2023 segnano una flessione del -15,3% con poco più di 64 milioni rispetto al 2019 nel quale segnarono oltre 74 milioni.

    In altre parole, oltre alla mistificazione dei dati oggettivi la complessa economia turistica italiana ha perso in competitività ed attrattività rispetto ai concorrenti europei, in particolare Grecia, Francia e Spagna.

    Paradossale poi che molti analisi individuino una delle cause di questa flessione nella ricerca della centralità di una offerta legata “al lusso” che ha per contro assicurato un pessimo ritorno di immagine con i lettini venduti nel Salento a 1000 euro.

    Questi impietosi dati vengono, poi, confermati anche per la stagione invernale, come riportato da demoskopika.it, che ha rilevato una contrazione del -6,7% degli arrivi e dei turisti stranieri ed una flessione della spesa del -7,1%.

    In questo contesto di numeri importanti ma al tempo stesso incontestabili sarebbe opportuno ripensare le strategie che sembrano alla base dell’economia turistica italiana, partendo dal semplice presupposto che l’Italia rappresenti un unicum nel mondo e quindi meriti la elaborazione di strategie turistiche uniche.

    Risulta evidente come la scelta verso un banale turismo di lusso indicata tanto per tanto per Cortina d’Ampezzo (si pensi alla questione dell’aeroporto di Fiames) quanto per Venezia, che si vorrebbe trasformare in una piccola Montecarlo (dimenticando il vantaggio fiscale del Principato), rappresenti un approccio banale ed espressione di incompetenza, oltre che essere inapplicabile ed assolutamente deleteria per il settore turistico in generale, come i dati hanno confermato.

    Il turismo rappresenta sicuramente una fonte importante di sviluppo economico dell’economia italiana, ma contemporaneamente assicura una bassa concentrazione di manodopera per milione di fatturato e con qualifiche professionali più basse rispetto al mondo manifatturiero.

    Al contrario, basti pensare come la Gran Bretagna stia raggiungendo un livello di economia manifatturiera molto simile a quella degli anni settanta/ottanta grazie ad una strategia adottata degli anni passati dal primo ministro Cameron (2010/16).

    L’unicità dell’offerta turistica italiana dovrebbe indurre al ricorso di strategie che non si limitino ad adottare modelli a noi lontani ma ad un approccio diverso rispetto ad ogni altra parte del mondo in forza proprio della sua specificità.

    I numeri dimostrano come fino ad ora il turismo non sia ancora stato compreso nella sua articolata espressione e rimanga un settore sconosciuto soprattutto a quelle figure istituzionali che si vantano di inesistenti successi.

  • Coldiretti stima che la ripresa del turismo invernale valga 12 miliardi di euro

    La montagna copre oltre un terzo del territorio nazionale (35%) e rappresenta un patrimonio unico dal punto di vista ambientale, economico, sociale e culturale che va preservato dal rischio dell’abbandono e del degrado. Lo ha affermato la Coldiretti in occasione del ventennale della Giornata internazionale della montagna istituita dalle Nazioni Unite che si celebra l’11 dicembre in tutto il mondo per iniziativa delle Nazioni Unite dal 2003. Quest’anno si assiste ad una forte ripresa del turismo invernale che – ha sottolineato la Coldiretti – ha un valore stimato tra i 10 e i 12 miliardi di euro all’anno tra diretto, indotto e filiera. Si tratta di una ottima opportunità in vista del Natale – ha sottolineato la Coldiretti – con il turismo che interessa non solo le piste da sci ma per l’intero indotto delle vacanze in montagna, dall’attività dei rifugi alle malghe fino agli agriturismi Proprio dal lavoro di fine anno dipende, infatti, buona parte della sopravvivenza delle strutture agricole con le attività di allevamento e coltivazione – ha precisato la Coldiretti – svolgono un ruolo fondamentale per il presidio del territorio.

    Per celebrare il valore della montagna – ha messo in evidenza la Coldiretti – occorre ricordare e sostenere il ruolo svolto in questo ambiente dall’agricoltura e dall’allevamento che ne assicura la vitalità e ne disegna in modo profondo le forme ed i colori. Il rischio concreto è lo spopolamento della montagna anche dalla presenza degli allevamenti, che hanno garantito fino ad ora biodiversità, ambiente e equilibrio socio-economico ed ambientale delle aree più sensibili del Paese perché – ha continuato la Coldiretti – quando una stalla chiude si perde un intero sistema fatto di animali, di prati per il foraggio, di formaggi tipici e soprattutto di persone impegnate a combattere l’abbandono e il degrado spesso da intere generazioni. L’Italia può contare peraltro secondo Terranostra e Campagna Amica su oltre 7.500 agriturismi situati in montagna dove svolgono una funzione centrale per la tutela del territorio e la difesa della biodiversità a sostegno del turismo sostenibile. L’ agriturismo – ha concluso la Coldiretti – è la struttura turistica più integrata nel territorio montano del quale segue i ritmi con l’attività di coltivazione e di allevamento e ne tutela l’identità anche nell’offerta enogastronomica.

  • Il ticket d’ingresso a Venezia partirà nel 2024

    Dal prossimo anno chi vorrà visitare Venezia dovrà pagare un biglietto d’ingresso. E’ quanto ha stabilito la giunta comunale tenendo a battesimo il regolamento che governerà il contributo di accesso una volta approvato dal Consiglio comunale. L’obiettivo, neppure troppo nascosto, è quello di disincentivare il turismo giornaliero in alcuni periodi per evitare che la città venga soffocata e diventi invivibile per ospiti e residenti. La sperimentazione per il 2024 sarà di circa 30 giornate, che verranno stabilite nelle prossime settimane. In linea generale, si concentrerà sui ponti primaverili e sui week end estivi. Il meccanismo, almeno sulla carta, è abbastanza semplice e prevede deroghe per chi risiede nel comune o vi lavora.

    Il ticket, inizialmente di 5 euro, dovrà essere corrisposto da ogni persona fisica, di età superiore ai 14 anni, che acceda alla città per una visita giornaliera. Saranno esclusi coloro che soggiornano in strutture ricettive situate all’interno del territorio comunale, i residenti nel Veneto, i bambini fino ai 14 anni di età, chi ha necessità di cure, chi partecipa a competizioni sportive, forze dell’ordine in servizio, il coniuge, il convivente, i parenti o affini fino al terzo grado di residenti nelle aree in cui vale il contributo di accesso. Anche i veneti, peraltro, non avranno vita facile: nella delibera saranno chiarite anche le modalità di prenotazione obbligatoria per alcune categorie che rientrano nell’esenzione, in modalità smart e telematica. In questo caso non pagheranno alcun contributo, ma avranno l’obbligo di prenotarsi sul portale apposito.

    «Ci poniamo come apripista a livello mondiale – dice l’assessore al turismo Simone Venturini – consapevoli dell’urgenza di trovare un nuovo equilibrio tra i diritti di chi a Venezia ci vive, ci studia o ci lavora e di chi visita la città».  Per la Serenissima, dunque, è una questione di sopravvivenza. «La prenotabilità non è uno strumento per fare cassa (anzi, permetterà di coprire solo i costi del sistema) ma garantirà ai residenti  – conferma Venturini – una qualità della vita migliore e ai turisti pernottanti una visita in grado di regalare emozioni più vivide. Dopo un lungo e difficile iter è arrivato il momento di agire concretamente, come siamo abituati a fare».

    Soddisfatti sono gli albergatori. La tassa va bene, sostengono,  basta che non finisca per ricadere su chi a Venezia ci soggiorna e spende. Il presidente di Confturismo Veneto, Marco Michielli, lo dice senza giri di parole: «A patto che non venga fatta pagare ai turisti residenti, quelli che alloggiano nelle strutture ricettive per intenderci, perché già pagano la tassa di soggiorno. Anzi, pensandoci bene, considerati gli introiti garantiti dal contributo d’accesso – rilancia – si potrebbe abolire la tassa soggiorno».

  • La Cuba del terzo millennio

    Riceviamo e pubblichiamo un articolo del Prof. Francesco Pontelli

    Da più parti si sente parlare di ripresa economica del nostro Paese, quando poi invece una “crescita” si registra solo nel settore turistico.

    Una evoluzione che, se confermata, ci destinerebbe ad una economia da terzo mondo, legata sempre più al turismo e meno al settore industriale.

    Quest’ultimo infatti registra una perdita di oltre un punto dell’indice manifatturiero, ora al 43,8% dal 45,9%, sempre più lontano da quel 50 il cui superamento determina l’inversione tra recessione e crescita economica.

    Ci si illude, poi, che il turismo, sicuramente un settore importante ma non certo sufficiente alla crescita del nostro Paese, non presenti dei costi occulti, anche sociali, sconosciuti ed addirittura negati dai sostenitori di un paese a trazione turistica (giugno 2023: https://www.ilpattosociale.it/attualita/la-presunta-sostenibilita-del-turismo/).

    In questo contesto, oltre alla flessione dell’indice manifatturiero in tutta Europa, nello specifico per il nostro Paese si aggiungono dati quantomeno allarmanti in relazione ad un -7,3% della produzione industriale, un -5,2% dell’export in valore e -10 % dei volumi condito da -5% dei consumi, ai quali vanno aggiunti i dati ancora più negativi e relativi all’inflazione con un + 6,4 %, la più alta d’Europa, che arriva ad un +11,2% per la spesa alimentare.

    Contemporaneamente la Spagna, uno dei nostri principali competitor, registra flussi turistici maggiori di un +1,5% rispetto al 2018, quindi un trend molto superiore a quello registrato in Italia quest’anno, con 51 milioni di turisti nei primi otto mesi del 2023 ed una previsione di oltre 83 milioni. In un simile contesto di espansione dell’economia turistica l’inflazione si attesta, invece, ad un +1,9%, meno di un terzo di quella italiana.

    Senza una ripresa di attenzione normativa e fiscale per il settore industriale il nostro Paese è avviato a diventare la Cuba del terzo millennio.

  • La presunta “sostenibilità” del turismo

    Dai lontani tempi del liceo la nomenclatura economica, politica ed accademica ha sempre individuato nella “economia turistica” la soluzione maggiormente sostenibile per lo sviluppo economico del nostro Paese ed in più a basso impatto ambientale. Una infantile ed imbarazzante visione in quanto si dimentica, allora come oggi, come la stessa economia turistica abbia una concentrazione di manodopera per milione di fatturato inferiore rispetto a quella industriale e soprattutto con qualifiche medie decisamente inferiori. Logica conseguenza sono le retribuzioni altrettanto inferiori determinando una conseguente bassa crescita economica.

    Anche recentemente, all’interno di trasmissioni nazionali, si è parlato del turismo come “petrolio italiano”,

    non prendendo in alcuna considerazione i fenomeni già noti da tempo con nuove ulteriori problematiche attorno alle quali per incapacità, indolenza ideologica o semplicemente superficialità si è sempre glissato.

    Da anni, infatti, le maggiori località turistiche hanno conosciuto un costante ed irreversibile spopolamento senza precedenti più che proporzionale rispetto all’aumento dell’economia turistica locale. Fenomeni sociali ed urbani che hanno lasciato completamente indifferenti le autorità politiche locali (sindaci) e le istituzioni nazionali accecate dalla crescita dei flussi turistici e dalle nuove entrate per i comuni mai sazi di nuove risorse economiche. Talmente ingordi da pensare all’istituzione di un “ticket d’ingresso” per “regolare i flussi turistici”, i quali sul costo del soggiorno complessivo incidono minimamente, quindi risultano anche ininfluenti nella presunzione di modificarli (*).

    Da decenni, Venezia come Cortina d’Ampezzo, subiscono una desertificazione urbana impressionante, aggravata, nel caso della città lagunare, da una classe politica che negli ultimi trent’anni ha contribuito ad un altro tipo di desertificazione, in questo caso quella industriale del porto.

    I sindaci sembrano ora scoprire gli effetti delle loro stesse visioni complessive ed autonomamente decidono di introdurre una limitazione alla creazione di B&B nei centri storici, con Firenze capofila. Appoggiati da altrettanta incompetenza espressa dal governo il quale introduce una limitazione della libertà obbligando il soggiorno di una singola notte presso le sole strutture alberghiere, con  l’unico obiettivo di offrire una parvenza di capacità di intervento quando invece si conferma un sostanziale disprezzo nei confronti delle libertà individuali del turista e della libertà di impresa.

    Queste medesime espressioni di competenze istituzionali  contemporaneamente sostengono la digitalizzazione dell’economica e della P.A. e si dimostrano incapaci di valutare l’effetto delle piattaforme digitali nella esplosione di domanda di turismo indipendente.

    Nessuno ha intenzione di contestare l’impatto negativo della creazione di B&B in relazione alla minore disponibilità di alloggi per residenzialità permanenti. Contemporaneamente  andrebbe anche ricordata che la costituzionale tutela della proprietà privata e della propria gestione, così come la libertà di scelta del cittadino e turista.

    Al di là delle piazzate dei sindaci o di ministri relative al numero di notti minime da passare nelle strutture ricettive, l’unica alternativa alla desertificazione urbana viene quindi rappresentata da nuovi  investimenti in economia industriale ed artigianale, se veramente si volesse pensare al bene delle città turistiche e combatterne lo spopolamento.

    Tanto per restare nel Veneto, terza  regione più visitata  in Italia,  lo sviluppo dell’area industriale di porto Marghera a Venezia o artigianale di Pian da Lago a Cortina d’Ampezzo rappresenta, all’interno di una visione a medio e lungo termine, l’unica strategia per sviluppare una costante presenza di professionalità sul territorio per l’intero arco dell’anno.

    Sembra incredibile come, ancora oggi, non risulti chiaro il diverso impatto economico tra una economia turistica che vende un prodotto ed una industriale che attraverso prodotti complessi moltiplica i fattori economici di crescita.

    La crescita complessiva di un paese nasce dal know how espresso dal  sistema industriale e solo in parte  anche da un importante afflusso turistico. La politica della limitazione dei B&B imposta dagli enti locali e dal governo per arginare la carenza di residenzialità ed il conseguente spopolamento dei centri storici qualifica le competenze di chi la propone.

    (*) Venezia ne rappresenta il caso emblematico

  • Cresce la voglia d’Italia, enoturismo e borghi smart

    Il successo del vino, testimoniato all’ultima edizione del Vinitaly dalla presenza di 4mila aziende espositrici su 18 padiglioni al completo, racconta un’Italia che attira un numero crescente di enoturisti da ogni dove, e potrà persino spingere degli stranieri, è questa la scommessa del governo, a trasferirsi in uno dei tanti borghi della penisola per lavorare “nel Paese più bello del mondo”, come detto dal ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso.

    E’ allo studio un provvedimento, per sintesi indicato dal ministro Urso “Lavora nel mondo, vivi in Italia”, volto ad attrarre i navigatori digitali per ripopolare i piccoli centri, anche rurali. Considerato lo sviluppo dello smart working durante la pandemia, “questa rivoluzione digitale – ha detto Urso – rende straordinariamente competitivi i borghi italiani nell’economia globale”. A Vinitaly, il ministro dell’Agricoltura, Sovranità alimentare e foreste Francesco Lollobrigida, ha detto di avere registrato “ottimismo, aziende interessate all’innovazione, e con tanta voglia di fare”.

    Proprio a Verona 30 anni fa nasceva il Movimento Turismo del Vino, la prima associazione sull’enoturismo e oggi Città del Vino, Donne del Vino, La Puglia in Più e il Movimento celebrano l’anniversario nel segno della crescita di questo comparto. Oggi la tipologia di cantina turistica più diffusa in Italia,  precisa una indagine a cura Nomisma-Wine monitor condotta in 265 cantine aderenti al Movimento Turismo Vino e all’Associazione Donne del Vino e e 145 comuni di distretti enologici, è quella piccola e familiare (39%) che appare particolarmente presente in Campania, Puglia e Umbria. Seguono le cantine con rilevanza storica o architettonica (14%) che hanno le percentuali più alte in Veneto e in Piemonte. Le imprese con marchio famoso o storico sono il 12% del totale e sono particolarmente diffuse in Veneto e Sicilia.

    La presenza delle cantine è rilevante anche sui social, il 99% dichiara di avere almeno un social mentre in Puglia e in Umbria è più alta la quota di cantine ben organizzate per l’incoming. “Siamo molto soddisfatti – sottolinea Nicola D’Auria, presidente nazionale Movimento Turismo del Vino – della crescita dei servizi enoturistici avvenuta negli ultimi 10 anni. E speriamo che tutte le Cantine del Movimento, comprese quelle lontane da itinerari e flussi turistici consolidati – criticità emersa in modo chiaro dalla ricerca – possano contribuire a risvegliare e coinvolgere i diversi territori. Ma un dato emerge in modo chiaro e incontrovertibile: se prima il turismo del vino viaggiava spedito, ora corre velocissimo”. Per il vicepresidente del Senato Gian Marco Centinaio (Lega) “già oggi l’enoturismo in Italia ha un valore di circa 2,5 miliardi di euro e porta nelle nostre Regioni tra i 10 e i 15 milioni di visitatori. Sono numeri che possono crescere ancora notevolmente e dare lavoro a molti giovani, anche aiutando fenomeni come la destagionalizzazione e la riscoperta di borghi e territori a rischio abbandono”. E l’enoturismo, ricorda Confagricoltura, ben si coniuga a un mezzo di trasporto slow come la bicicletta, offrendo la possibilità di godere della bellezza di vigneti e borghi, e di assaporare eccellenze vitivinicole e gastronomiche.

  • Lo stile italiano conquista: chi viene torna tre volte

    II 20% di chi è stato in Italia negli ultimi cinque anni afferma di esserci tornato almeno tre volte. Tra gli austriaci e gli svizzeri questa quota sale oltre il 30% mentre gli svedesi sono agli ultimi posti tra i viaggiatori che confermano di avere interesse per le destinazioni italiane, anche in termini di frequenza di visite. E’ quanto emerge da un’indagine Enit, presentata alla Borsa Internazionale del Turismo a Milano.

    Da un’altra ricerca condotta insieme ad Isnart e Unioncamere si evince un quadro di generale ripresa del settore in Italia che ha prodotto un impatto economico stimato complessivamente in 77 miliardi di euro, grazie alle spese sostenute da oltre 770 milioni di turisti, tra pernotti in strutture ricettive e alloggi in abitazioni private (seconde case, residenze di amici e parenti, appartamenti e camere in affitto).

    L’indagine sul lifestyle italiano che conquista il mondo ha riguardato 5.004 viaggiatori di 11 paesi europei e gli Usa, perché è proprio questo l’aspetto rimasto maggiormente impresso nei loro ricordi (43,4% dei casi), seguito dalle bellezze naturalistiche e dal patrimonio culturale (rispettivamente 38,9% e 32,8%). Ciò che invece non ha particolarmente stupito gli intervistati sono i prodotti di lusso.

    Secondo Ivana Jelinic ceo Enit, il 37,7% degli intervistati ha già espresso l’intenzione di venire in Italia nel 2023. «Si registrerebbe, così, un aumento pari a circa l’8% rispetto al dato dell’ultimo quinquennio – ha aggiunto -. In base alle previsioni, la platea dei turisti dovrebbe essere composta per il 14,6% da spagnoli, per il 12,7% da statunitensi e per il 12,3% e 12,2% da svizzeri e austriaci”. Il 35% circa di chi ha viaggiato in Italia ha speso fra 500 e 1500 euro. Dallo studio Enit si nota una tendenza degli statunitensi a spendere molto più di ogni altro. Chi spende meno invece, proviene da Francia e Austria. La spesa media per viaggio si aggira attorno ai 1.800 euro. “Stiamo puntando ad azioni specifiche di marketing che tengano conto del fatto che la stagione in cui l’Italia ha raccolto il maggior numero di visitatori è quella estiva, selezionata dal 68,7% dei partecipanti alla ricerca”, ha dichiarato Maria Elena Rossi direttore marketing Enit.

    Dalla ricerca condotta da Enit con Isnart e Unioncamere, che stima l’impatto economico in 77 miliardi di euro, si evince rispetto al 2021 la crescita del +16,7% per le presenze e del +17,4% per la spesa. Nel 2022 il patrimonio naturalistico è la prima motivazione di vacanza, prende il posto del classico binomio Italia-arte, che “scende” in seconda posizione: il 18,1% degli italiani e il 22,4% degli stranieri si muovono per trascorrere una vacanza a contatto con la natura. “L’arte, la cultura e la storia d’Italia, comunque, rimangono un caposaldo della destinazione Italia, per i visitatori italiani ma soprattutto per gli stranieri, e nel 2022 è tornata forte la voglia di scoprire musei e monumenti, di partecipare a concerti ed eventi locali”, ha spiegato Roberto di Vincenzo presidente Isnart.

    Si torna sì a fare vacanza, ma cambia il modus operandi del viaggiatore: più attenzione al portafoglio, alla qualità dei servizi offerti e più valore ai rapporti interpersonali, dal turismo di ritorno all’alloggio nella struttura di fiducia. Il buon rapporto qualità/prezzo è decisivo per l’11,4% dei turisti (contro il 3,4% del 2019). Cresce il peso del turismo di ritorno: il 14,7% si muove su invito di parenti e/o amici (7% nel 2019). La qualità e i vantaggi premia le imprese capaci di fidelizzare la clientela: quasi 1 turista su 2 torna sul luogo di vacanza e 1 su 10 lo fa per alloggiare nella struttura di fiducia.

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