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  • Twitter lays off staff at its only Africa office in Ghana

    Twitter has fired nearly all its staff in Ghana, which was home to its only office in Africa.

    The firm “is re-organising its operations as a result of a need to reduce costs,” read Twitter’s email, seen by the BBC.

    The layoffs were part of a global staff cull introduced by new boss Elon Musk.

    The Ghana office was opened to some fanfare last year with the company saying it wanted to be more “immersed” in African conversations.

    Ghana staff were sent messages about the end of their contracts to their personal accounts, after being denied access to work emails.

    “It’s very insulting,” one person who wanted to stay anonymous told the BBC.

    “From the mail to the lack of next steps to the tone of the letter. Just everything. Ridiculously insulting,” the staff member continued.

    There were just under 20 people employed in Ghana’s Twitter office, the BBC understands.

    The termination of employment notice indicates that the “last day of employment will be 4 December 2022”.

    This move is against local labour laws which state that employers must give employees at least three months’ notice before the termination of contract date.

    It is also against the law in Ghana to not offer redundancy pay, which the anonymous staff members said they have not received, but will get their normal salary.

    The letter from Twitter’s management further warned staff not to “contact or deal with any customers, clients, authorities, banks, suppliers or other employees of the Company and are required to inform the Company if contacted”.

    It also told staff not to commence any other employment or engagement until their last day with the organisation, while wishing them the very best in their future endeavours.

    Mr Musk, Twitter’s new owner, has been laying off staff worldwide. He said he had “no choice” but to slash the company’s workforce as the firm was losing more than $4m (£3.5m) a day.

    Last year, Twitter announced it was opening its first Africa office in Ghana in a bid to “be more immersed in the rich and vibrant communities that drive the conversations taking place every day across the African continent”, it said in an April 2021 statement.

    At the time, Twitter had praised Ghana for “free speech, online freedom, and the Open Internet” with the news even being welcomed by Ghana’s President Nana Akufo-Addo who described it as “excellent”.

  • Anche Orlando usa a sproposito Twitter

    Le nuove polemiche via Twitter tra il ministro Orlando e Francesco Ramella evidenziano una volta di più quanto questo strumento sia inidoneo ad accoglierei pensieri e considerazioni, giuste o sbagliate, di chi, più o meno degnamente, rappresenta la politica, l’informazione, la cultura. Il nostro augurio e la nostra speranza è che finalmente si comprenda che questo strumento è adatto a giovani cittadini e al massimo ai soliti influencer, giusto per parlare di shampoo e oggetti d’abbigliamento.

    Affidare a Twitter pensieri, commenti o analisi, quando si ricoprono ruoli pubblici, è la dimostrazione di quanto poco pensino, prima di scrivere, coloro che dovrebbero essere di guida al Paese e di come sia facile esternare con parole prive di ragionamento. Chi lavora in certi settori delicati dovrebbe impiegare meglio il suo tempo invece di dar vita a nuove incomprensioni e polemiche. Saper usare gli strumenti che la modernità ci offre non dovrebbe esonerare dal capire quali strumenti siano adatti rispetto al ruolo che si ricopre ed alle conseguenze che scaturiscono da improvvide esternazioni. Ma purtroppo ormai tutti sembrano ragazzini senza controllo.

  • Twitter ban in Nigeria to end ‘very soon’, information minister says

    ABUJA, Sept 15 (Reuters) – Nigeria said on Wednesday it expects to end its ban on Twitter in a “few more days”, raising hopes among users eager to return to the social media platform three months after the suspension took effect.

    The ban, announced in June, has hurt Nigerian businesses and drawn widespread condemnation for its damaging effect on freedom of expression and the ease of doing business in Africa’s most populous nation.

    But Information Minister Lai Mohammed told a post cabinet media briefing the government was aware of the anxiety the ban had created among Nigerians.

    “If the operation has been suspended for about 100 days now, I can tell you that we’re just actually talking about a few, just a few more days now,” Mohammed said without giving a time frame.

    When pressed further, Mohammed said authorities and Twitter officials had to “dot the I’s and cross the T’s” before reaching a final agreement.

    “It’s just going to be very, very soon, just take my word for that,” he said.

    The government suspended Twitter after it removed a post from President Muhammadu Buhari that threatened to punish regional secessionists.

    It was a culmination of months of tension. Twitter Chief Executive Jack Dorsey’s posts encouraging donations to anti-police brutality protests last October and Twitter posts from Nnamdi Kanu, a Biafran separatist leader currently on trial in Abuja, infuriated authorities.

    Last month, Mohammed told Reuters the Twitter ban would be removed before the end of this year, adding that the government was awaiting a response on three final requests made of the social media platform.  The ban is just one area of concern for free speech advocates. Nigeria dropped five spots, to 120, in the 2021 World Press Freedom Index compiled by Reporters Without Borders, which described Nigeria as one of the most dangerous and difficult West Africa countries for journalists.

    Reporting by Felix Onuah, Writing by MacDonald Dzirutwe, Editing by William Maclean

  • Il potere dei social media

    Cosa pensereste se, entrando in un negozio ove eravate abituati a fare acquisti il proprietario ve lo impedisse e vi cacciasse fuori dicendo che gli siete antipatico perché vi vestite non secondo il suo gusto? E cosa pensereste se nel democratico Paese di cui siete cittadino qualcuno vi dicesse che tutti avranno libertà di parola ma non voi e chi la pensasse come voi?

    È ovvio che reagireste indignati gridando alla dittatura e alla violazione dei più elementari diritti di libertà che credevate garantiti dalle leggi che i vostri rappresentanti avevano votato.

    Ebbene, negli Stati Uniti di oggi accade di peggio.

    Un gruppo di società private si è arrogato il diritto di decidere chi può proporre agli altri le proprie idee e chi ne verrà impedito.  Twitter, Instagram, Facebook, YouTube, Snapchat e altri “social” più o meno connessi hanno deciso che il signor Donald Trump e tutti i suoi simpatizzanti non potranno più avere accesso ai loro servigi. In altre parole non sarà loro concesso di usare questi strumenti per comunicare tra loro o con terze persone.

    Occorre notare che non abbiamo a che fare con un tipo qualunque di società, bensì di strumenti di comunicazione talmente diffusi in tutti gli strati della popolazione da poter essere oramai considerati un vero e proprio sevizio pubblico. Un po’ come il servizio postale. Vi immaginate se qualcuno decidesse che voi non potrete più ricevere o spedire alcuna forma di corrispondenza?

    Il fatto diventa di una enorme gravità quando si considerano tutti i fattori coinvolti:

    1. Il mercato dei social è praticamente oggetto di un oligopolio che può mettere fuori gioco (e lo sta facendo tramite boicottaggi o acquisizioni) ogni tentativo di creare lo spazio per un’alternativa. Per definizione, non possono esserci molti social network poiché il loro scopo è di connettere molti utenti, ognuno dei quali può “consumare” solo un numero limitato di servizi internet di questo tipo.
    2. Donald Trump fino al 20 di Gennaio è ancora il Presidente in carica degli Stati Uniti
    3. Limitandoci solamente a Twitter, i “lanci” di Donald Trump erano seguiti da 80 milioni di persone che, da pochi giorni orsono, non potranno più farlo.
    4. Donald Trump, Presidente o non Presidente, è un uomo politico che aveva deciso (affar suo!) di comunicare con i suoi elettori o simpatizzanti soprattutto attraverso quei servizi di comunicazione.

    Di fatto, dei privati cittadini hanno autonomamente deciso che Donald Trump non ha, e non avrà più, gli stessi diritti di espressione e di libertà di parola di tutti gli altri.

    Rientra tutto questo nell’idea che ci eravamo fatto della democrazia e dello Stato di diritto?

    Le risposte avanzate dai sostenitori di quello che a me sembra un misfatto sono di due tipi:

    1. le parole di Trump sono un invito alla violenza e quindi vanno zittite preventivamente in nome della pace sociale.
    2. anche Twitter e tutti gli altri, così come qualunque testata giornalistica, hanno il diritto di pubblicare o meno interviste, dichiarazioni o commenti che, per qualunque loro insindacabile motivo, giudichino non opportuni.

    Per quanto riguarda il punto b), la differenza per nulla insignificante è che, almeno fino ad ora, anche negli Stati Uniti le testate giornalistiche sono numerose e il loro pubblico conosce sin dall’inizio quale preferire in base alla loro più o meno marcata tendenza politica. Il caso di Twitter e i social network che si presentano come indipendenti e senza vocazione politica è ben diverso poiché, lo si voglia o non lo si voglia, tutti insieme coprono pressoché la totalità del mercato della comunicazione “social”.

    Il punto a) è ancora più delicato. In uno Stato di diritto esiste una magistratura che si presume indipendente e che è titolata, come unica fonte giuridica, a censurare dopo adeguata istruttoria atti compiuti o dichiarazioni rilasciate da un qualunque cittadino. La stessa magistratura è l’unica che, eccezionalmente, può intervenire in modo preventivo al fine di evitare reati. Nessuna legge democratica prevede la concessione di tale diritto a chi non è legalmente autorizzato.

    La magistratura americana a questo proposito è sempre stata molto precisa: la censura è una restrizione alla libertà di parola ed il primo emendamento alla Costituzione degli Stati Uniti, adottato nel 1791, la garantisce. Perfino il Governo Federale e i Governi dei vari Stati non hanno il diritto di censurare l’espressione dei singoli cittadini. Quando, nel 2019, Trump chiese di bloccare l’accesso ai commenti sul suo account Twitter, una Corte d’Appello Federale gli negò il diritto di farlo, proprio invocando la libertà di espressione prevista dal primo emendamento. È pur vero che In un atto del 1996 (Communication Decency Act, paragrafo 230) la legge stabilì che i social network sono autorizzati a limitare l’accesso a contenuti che loro stessi considerano osceni o offensivi ma in un “Counteracting Internet Censorship” del maggio 2020 tale autorizzazione viene limitata a pubblicazioni piratate o se relative ad abusi sessuali sui minori. Inoltre, gli stessi network sono esentati dalla responsabilità civile per i contenuti che gli utenti vi pubblicano limitando proprio a costoro le conseguenze civili e penali dei loro atti.

    La questione riguardante la censura preventiva e la difesa della libertà d’espressione è stata, negli ultimi mesi, oggetto di una diatriba tra Repubblicani ed i Democratici. Questi ultimi, in spregio al loro stesso nome, chiedono di aumentare la responsabilità dei social network verso ciò che pubblicano e quindi di concedere loro un diritto censorio perfino maggiore. Tuttavia, detto ciò, sia i Repubblicani che i Democratici hanno sostenuto al Congresso e al Senato che i più grandi social network sono “oggettivamente” un oligopolio ed è cominciata la discussione sulla possibilità di obbligare le società più grandi a spezzettarsi, così come fu fatto agli inizi del ‘900 nei confronti dei giganti del petrolio. L’accusa bipartisan è di manipolare, con accordi sotterranei, i prezzi della pubblicità, confermando così la mancanza di libera concorrenza in quel tipo di mercato.

    Considerando la loro posizione dominante, se fosse confermato il diritto dei social network a decidere autonomamente cosa sia legittimo e cosa no, chi autorizzare e chi censurare, si realizzerebbe di fatto qualcosa di molto simile a quel controllo totalizzante ipotizzato in modo preveggente da George Orwell nel suo famoso “1984”. La sola differenza, che rende la cosa perfino peggiore, è che in quella anti-utopia chi controllava i cittadini era un Governo. In questo caso il potere apparterrebbe invece e solamente a un piccolo gruppo di arricchiti che potrà così controllare il mondo.

  • I dipendenti di Twitter potranno lavorare da casa in modo permanente anche dopo l’emergenza Covid 19

    Si potrà lavorare da casa in modo permanente, anche dopo il superamento del blocco del Coronavirus. E’ quanto ha fatto sapere ai dipendenti il CEO di Twitter, Jack Dorsey, in una e-mail inviata il ​​12 maggio scorso. Per il principio secondo il quale la sicurezza delle persone viene prima di tutto il colosso del web ha incoraggiato il suo personale al telelavoro dall’inizio di marzo trasformando poi l’invito ad unica modalità lavorativa da metà marzo. Mentre alcuni dipendenti possono lavorare da casa a tempo indeterminato, altri che lavorano in posti che richiedono la presenza fisica, come la manutenzione dei server, dovranno tornare, se necessario. Chi invece desidera ritornare alla propria postazione dovrà aspettare fino a settembre. E quando si aprirà, fanno sapere dall’azienda, neanche a dirlo, con un tweet, lo si farà gradualmente. Intanto i viaggi di lavoro dei dipendenti sono stati sospesi fino a settembre e che per il 2020 non si terranno eventi aziendali di persona.

  • Twitter announces employees can work from home permanently

    In an email sent to employees on May 12, Twitter’s CEO Jack Dorsey said they could work from home permanently, even after the Coronavirus lockdown passes.

    “We’ve been very thoughtful in how we’ve approached this from the time we were one of the first companies to move to a work-from-home model,” a Twitter spokesperson told BuzzFeed news, adding that safety of people and communities comes first.

    Twitter had encouraged its staff to telework since early March and mandated employees to work from home since mid-March.

    “We were uniquely positioned to respond quickly and allow folks to work from home given our emphasis on decentralisation and supporting a distributed workforce capable of working from anywhere,” the company said in a blogpost.

    While some employees can work from home indefinitely, others working in posts that require physical presence, such as maintaining servers, will still be requested to return, when necessary. Those wishing to return to office, will probably need to wait until at least September.

    “When we do decide to open offices, it also won’t be a snap back to the way it was before. It will be careful, intentional, office by office and gradual, Twitter’s post reads.

    The tech giant also said that employee business travel has been suspended until September and that no in-person company events will be held for the rest of 2020.

  • Aspettando l’alba di un giorno migliore

    Vi sono due tipi di muri, i muri che vedi, che tocchi, che puoi abbattere con la forza, con la politica, con il consenso popolare, muri che lasciano calcinacci come ricordi e souvenir, che non tengono a mente le ferite che gli uomini, divisi da pietre e mattoni, hanno dovuto sopportare. E vi sono i muri invisibili, quelli che impediscono alle coscienze di avere ragione degli odi e delle paure, i muri che impediscono l’empatia, la comprensione dell’altro e spesso anche di noi stessi, muri di pregiudizi e di incomunicabilità, di rifiuto e di indifferenza.
    Oggi vi sono molti muri  in Europa, di cemento e di filo spinato, che chiudono fuori e chiudono dentro, dalla Spagna alle Repubbliche baltiche, dalla Bulgaria a Cipro, e molti muri incombono nelle ex repubbliche sovietiche, negli Stati Uniti, nel continente africano, in Asia, in sud America, muri costruiti e in via di costruzione, muri che credono di poter impedire il propagarsi di una società mondializzata ma che si è dimostrata incapace di darsi regole comuni e di adottare strumenti per farle rispettare.
    Nel ricordare la caduta del muro di Berlino come giorno simbolo di un mondo che avrebbe dovuto provare a vivere nelle libertà e nella giustizia non possiamo dimenticare il pericolo di un muro invisibile che oggi mina la serena convivenza usando come strumento quella tecnologia che doveva essere il miglior veicolo di comunicazione e conoscenza. Troppe oramai le persone  che, una di fronte all’altra, non riescono più a parlarsi, ognuno rimane chiuso nel suo mondo, ognuno è concentrato  a mandare foto e commenti a chi è lontano e spesso sconosciuto e si è diventati incapaci di scambiare idee, parole, sentimenti  con chi è di fronte. Anche capi di Stato, uomini di governo ormai lanciano minacce o fanno  conoscere decisioni importanti, mai purtroppo ponderate  a sufficienza, con un massaggino.
    9 novembre 1989 abbiamo visto il tramonto di un mondo peggiore ma stiamo ancora aspettando l’alba di un giorno migliore.

  • Noi che…

    Noi che non penseremmo mai di passare una notte in coda per comperare l’ultimo paio di scarpe di moda, noi che reputiamo assurdo comperare un jeans stracciato e per di più pagarlo tanto,

    noi che stiamo ben attenti a non esibire il nome dello stilista scritto, a caratteri cubitali, sulle nostre mutande,

    noi che pensiamo che i pantaloni a vita bassa, come porta anche Renzi, facciano uscire inutilmente la pancia e che quelli a cavallo basso facciano sembrare tutti con le gambe corte corte,

    noi che rifiutiamo di coprirci di tatuaggi per cercare un’identità che, bene o male, pensiamo di aver trovato,

    noi che pensiamo che il bullismo, in ogni forma ed ogni età, è dimostrazione di una scuola e di una famiglia che non funzionano e che non è sufficiente innalzare un vessillo arcobaleno per costruire una pace giusta,

    noi che vorremmo poter lavorare senza 63 pratiche da compilare e che in ufficio prima facciamo il nostro lavoro e solo se c’è tempo andiamo su Internet,

    noi che vediamo i Social come strumento e non vogliamo diventare strumento dei Social e di chi ci guadagna sopra,

    noi che accettiamo le telecamere ed i controlli nella speranza aiutino a contrastare il crimine ma che poi subiamo furti ed angherie senza poterci difendere,

    noi che sentiamo parlare delle tante leggi nazionali e normative europee per la parità tra le persone ma ogni giorno vediamo donne violentate ed uccise, bambini insidiati, anziani abbandonati e scopriamo che dopo la legge c’è la solitudine di ciascuno,

    noi che vorremmo vedere una gioventù capace di tirare su la testa per affrontare le tante avversità e vediamo dilagare la droga pubblicizzata anche dalle canzoni e da certi programmi televisivi,

    noi che continuiamo a ritenere che le scelte politiche non possano essere improvvisate, che il potere legislativo sia il più importante strumento per dare sicurezza e giustizia a tutti, che ci voglia cultura, studio e meditazione prima di parlare e che Twitter, anche se lo usa un presidente americano, è roba da ragazzi non da statisti e rappresentanti delle istituzioni,

    noi che sappiamo bene come l’abito non faccia il monaco, ma spesso il cardinale e che perciò crediamo che bisogna rispettare sia il ruolo che ruolo che rappresentiamo sia chi ci ha eletto in quel ruolo,

    noi che a tavola vorremmo scambiare due idee e non vedere gli altri commensali fissi sul loro attrezzino informatico,

    noi che rispettiamo le religioni ma non vogliamo inutili sofferenze come quelle che derivano agli animali macellati senza stordimento e dissanguati ,

    noi che vorremmo l’Europa politica ed un’intelligence comune per contrastare terrorismo e criminalità e ci dobbiamo accontentare di sentir parlare di Europa da chi confonde i nomi delle istituzioni o pensa solo al proprio interesse di parte,

    noi che crediamo che la politica sia un servizio alla collettività e viviamo in un periodo dove è invece diventata al servizio dei partiti,

    noi che crediamo che gli elettori abbiano diritto di scegliere i propri rappresentanti mentre invece da troppo tempo li nominano i capi partito scegliendo in genere persone che non possano far  loro ombra e che sono sempre disposti a dire sì,

    noi che aborriamo  il ricatto e assistiamo ogni giorno a ricatti continui tra ci governa ed anche tra chi vorrebbe  candidarsi a governare,

    noi che speravamo che nell’Unione europea a nessuno fosse consentito girare col viso coperto e praticare le menomazioni genitali,

    noi che non siamo buonisti pelosi ma cerchiamo di essere cittadini corretti pensando che ciascuna libertà trova limite nel rispetto delle libertà altrui,

    noi che sosteniamo la Carta universale dei diritti e da anni chiediamo una Carta universale dei doveri, doveri per i cittadini, doveri per le istituzioni,

    noi che avremmo molte cose da dire e vorremmo ascoltare cose sensate,

    noi che non siamo né troppo di destra né troppo di sinistra,

    noi che non sappiamo quanti siamo perché altri parlano così forte e con tale irruenza che per fermarli un attimo dovremmo passare alle mani,

    noi dove stiamo andando?

  • Senatore repubblicano degli Usa twitta una frase di Mussolini

    Il senatore americano del partito repubblicano John Cornyn, che rappresenta il Texas al Senato dal 2002, ha twittato una citazione di Benito Mussolini che ha spiazzato i suoi 187mila follower: “Man mano che la civiltà assume forme sempre più complesse, la libertà dell’individuo si restringe sempre più”.

    La frase fa parte del discorso che Mussolini pronunciò davanti all’Assemblea del Partito Fascista il 14 settembre 1929 e non è ben chiaro chiaro per quale motivo Cornyn, o qualche suo collaboratore, abbia scelto di utilizzarla. Il cinguettio è finito sotto i riflettori quando ha catturato l’attenzione dell’attrice Alyssa Milano che ha proposto il messaggio ai suoi 3,5 milioni di follower: “Vedete cosa sta facendo John Cornyn? Oh, sta solo citando Mussolini”.
    Molti utenti si sono limitati a criticare il messaggio del senatore, sollevando dubbi sulle condizioni attuali del partito democratico: “Ma che sta succedendo al Gop?”, si chiede un follower. Tra le repliche, spicca quella del colonnello Morris Davis, ex procuratore di Guantanamo: “Mio padre, partito come un giovane sano per la Seconda Guerra Mondiale e tornato disabile al 100%, non ha sconfitto i nazisti per vederli coccolati in America sei decenni più tardi”.

    Ad offrire una potenziale via d’uscita a Cornyn provvede un utente, che cerca di inquadrare la sortita in un contesto più decifrabile. “Lei odia il socialdemocratici al punto da citare l’allarme di Mussolini in relazione al socialismo?”, domanda l’utente che si identifica come ‘Respectable Lawyer’. “Hai centrato il punto – risponde Cornyn -. Dal momento che i cosiddetti socialdemocratici hanno dimenticato o non hanno mai imparato le lezioni della storia e come la loro ideologia sia incompatibile con la libertà, ritengo che dobbiamo aiutarli a ricordare o impartirgli la lezione”.

  • Usciamo dall’incantesimo degli affabulatori

    Mentre, per chi può, comincia il tempo delle vacanze ad altri continua a mancare il tempo della meditazione. Abbiamo vissuto anni nei quali dichiarare è stato, ed è purtroppo ancora, più importante che fare, e fare ha significato agire sulla scorta delle proprie idee, a prescindere da quanto servisse alla gente ed al Paese.

    Oggi è diventata ormai evidente l’incapacità di troppi di studiare i problemi, nella loro complessità, prima di passare alle dichiarazioni ed alle azioni. Il problema non è certo solo italiano: la mondializzazione degli errori, delle superficialità, delle arroganze è sicuramente riuscita e sta trascinando troppi stati, e troppi politici, verso la strada dell’ “uomo solo al comando”, ciascuno immemore di cosa hanno significato, nel secolo scorso, i regimi totalitari ed egocentrici.

    La velocità della comunicazione, con i sistemi informatici, impedisce di rileggere quanto si è scritto di getto, tutto deve essere immediato, dall’insulto alla minaccia, dalla promessa alla blandizia. E l’egocentrismo, il delirio di onnipotenza, che non termina neppure quando si è perso, la certezza assoluta di essere superiori e migliori di tutti coinvolge, ad ogni livello, impedendo di valutare conseguenze personali e collettive.

    Si è detto molto sulla necessità di riformare la politica: dall’Unione europea all’Italia i molti nodi venuti al pettine dimostrano che è un problema di uomini e donne all’interno delle istituzioni, per riformare quegli esseri umani, che sono stati e sono cattivo esempio e sprovveduti maestri, la strada è lunga ed impervia. A chi spetterà, nel caso che abbiamo lasciato crescere, riinsegnare il concetto di giustizia e correttezza, di autorità senza autoritarismi o spacconate, di bene comune, di comprensione, nella fermezza di leggi e regole, di giusto profitto e di attenzione sociale, solo per fare qualche esempio? Chi riporterà la discussione sulla differenza tra libertà e sopruso? Chi parlerà di empatia e saprà condannare l’anaffettività e l’egocentrismo che tanta indifferenza ci ha insegnato? Chi parlando in difesa della famiglia avrà il coraggio di ammettere che famiglie disastrate emotivamente, e travolte dalle ferree leggi del consumismo e dell’apparenza, hanno prodotto i disperati figli che governano con arroganza o si sballano di droghe e violenze?

    Si possono anche chiudere i porti se si aprono le menti per trovare soluzioni giuste ed efficaci perché in una società civile la morte ed il dolore degli altri non può lasciare inerti così come è legittimo difendere la propria vita e le proprie conquiste. Non saranno i robot né i cantaTwitter, penosa parodia dei cantastorie, a salvarci. Senza aspettare l’uomo della provvidenza, che spesso è il nostro carnefice, alziamo ciascuno la testa: ogni società si basa su individui che non operano soltanto per il proprio tornaconto. Usciamo dal privato dove ci siamo nascosti e rifuggiamo dal tanto peggio tanto meglio, dalle scelte di rabbia e dall’incantesimo degli affabulatori, usciamo.

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