Cina

  • Quattordici accordi tra Egitto e Cina riguardo a Suez

    La Zona economica del Canale di Suez ha firmato 14 accordi affinché le principali aziende cinesi stabiliscano numerosi progetti in Egitto, con la partecipazione del settore privato. Lo ha annunciato il responsabile del settore economico del Canale di Suez, Walid Gamal el Din, alla Conferenza di cooperazione e scambio tra Egitto e Cina. Walid ha annunciato il successo dell’esperienza di cooperazione egiziano-cinese nella Zona di cooperazione economica Teda Egitto, nella quale il volume degli investimenti ha finora raggiunto circa 2 miliardi di dollari attraverso la presenza di 150 aziende in molteplici settori industriali e logistici.

    La Zona economica del Canale di Suez è riuscita ad attrarre 128 progetti, in zone industriali e portuali, nel periodo da luglio 2023 a marzo 2024 (compresi progetti che hanno ottenuto l’approvazione finale e progetti che hanno ottenuto l’approvazione preliminare), con un costo di investimento superiore a 3 miliardi di dollari, di cui 40 per cento investimenti cinesi. Tra gli accordi più importanti siglati tra lo sviluppatore industriale Teda-Egitto c’è “un accordo per stabilire un progetto per la produzione di fibra di vetro e poliestere” con investimenti pari a 800 milioni di dollari e una capacità produttiva di circa un milione di tonnellate all’anno, su un’area di 600mila metri quadrati, nell’ambito dello sviluppatore industriale Teda-Egitto nella zona industriale integrata di Sokhna. La capacità produttiva nella prima fase del progetto dovrebbe raggiungere le 300mila tonnellate all’anno, con inizio della produzione nel 2026. L’accordo è stato firmato da Liu Aimin, presidente del consiglio di amministrazione di Teda-Egitto e Teda-Africa, e Ma Jianmiao, vicepresidente della Shin Company.

  • Torna di moda il binomio Cina e infezioni; via il pipistrello, ora c’è la scimmia

    Un nuovo virus in Cina preoccupa il mondo. Un uomo di 37 anni è in condizioni critiche dopo aver contratto l’herpes B, ovvero il virus delle scimmie. Con molta probabilità è stato contagiato dalla malattia all’interno di un parco di Hong Kong, il parco Kam Shan, dove ci si può avvicinare agli animali e dove il 37enne ha riferito di essere stato graffiato da un esemplare di scimmia.

    Il paziente ha avuto una febbre altissima e poi ha perso conoscenza. Affaticamento, febbre e dolori muscolari sono sintomi tipici del virus delle scimmie, compaiono dopo 3-7 giorni dal contagio e ricordano molto quelli del Covid-19. Col passare del tempo, se non si trattano questi primi sintomi, però, insorgeranno difficoltà respiratorie, dolore all’addome e vomito.

    Il virus simiae, noto anche come herpes B, è un agente patogeno che fa parte della famiglia degli Herpesviridae . È stato identificato per la prima volta nel 1932 e si trova principalmente nei macachi, ma per le scimmie si tratta di una malattia asintomatica, mentre una volta che viene trasmesso all’uomo può causare gravi danni all’organismo. L’herpes B si stabilisce nel corpo umano grazie al contatto di fluidi infetti delle scimmie oppure di graffi e morsi da parte di questi esemplari.  L’herpes B, in fase avanzata, provoca delle dolorose infiammazioni nel midollo osseo e nel cervello e, a quel punto, solo il 20% dei contagiati sopravvive. La ferita da cui il virus ha fatto il suo ingresso potrebbe riempirsi di vescicole

    Il caso del 37enne contagiato non è l’unico che conosciamo: nel 2021 un veterinario era morto di herpes B a Pechino, dopo aver presentato sintomi come nausea e vomito. Secondo i medici, l’infezione è estremamente rara (sono stati contati soltanto una cinquantina di casi dal 1932 a oggi) ma davvero fatale (21 di questi sono morti). Se le popolazioni che vivono in aree rurali o accanto a parchi che ospitano esemplari di scimmie non si terranno a distanza dagli animali per evitare morsi e graffi, il virus simiae potrebbe rapidamente diffondersi.

  • Un edificio suscita ilarità sui social cinesi per la sua forma equivoca

    Il progetto di una stazione ferroviaria nella città cinese di Nanchino ha attirato l’attenzione degli internauti cinesi. Le autorità affermano che il design della stazione di Nanchino Nord trae ispirazione dai fiori di pruno, per i quali la città è famosa, ma online si sottolinea invece la sua somiglianza con qualcosa di piuttosto diverso: un assorbente.

    L’argomento ha generato milioni di visualizzazioni su varie piattaforme di social media cinesi.

    Secondo il quotidiano Nanjing Daily, il progetto preliminare ha ricevuto il via libera dal governo della provincia di Jiangsu e dal China State Railway Group e l’inizio dei lavori è previsto nella prima metà del 2024.

    Secondo un rapporto del 2017 del sito Nanjing Morning News, si stima che la stazione ferroviaria costerà circa 20 miliardi di yuan cinesi (2.763 milioni di dollari; 2.224 milioni di sterline) e si estenderà su un’area totale di 37,6 chilometri quadrati (14 miglia quadrate). .

    Questo non è il primo progetto di architettura in Cina che ha attirato un’attenzione inaspettata. La sede dell’emittente statale CCTV nella capitale Pechino è conosciuta da molti come l’edificio dei “grandi boxer”, per la sua forma unica.

  • L’economia cinese cresce più velocemente del previsto nel primo trimestre

    L’economia cinese ha avuto un inizio d’anno più forte del previsto, nonostante l’aggravarsi della crisi nel settore immobiliare. Secondo i dati ufficiali, nei primi tre mesi del 2024 il prodotto interno lordo (PIL) è cresciuto del 5,3% rispetto all’anno precedente, superando superato le aspettative. La seconda economia mondiale potrebbe vedere la crescita rallentare al 4,6% nel primo trimestre. Il mese scorso Pechino ha raggiunto un ambizioso obiettivo di crescita annuale pari a circa il 5%”.

    I dati dell’Ufficio nazionale di statistica (NBS) hanno anche mostrato che la crescita delle vendite al dettaglio nel primo trimestre, un indicatore chiave della fiducia dei consumatori cinesi, è scesa al 3,1%. Nello stesso periodo gli investimenti immobiliari sono diminuiti del 9,5%, evidenziando le sfide affrontate dalle società immobiliari cinesi.

    I dati sono arrivati mentre la Cina continua a lottare con la crisi del mercato immobiliare in corso. Secondo il Fondo Monetario Internazionale (FMI), il settore rappresenta circa il 20% dell’economia. Gli ultimi dati hanno anche mostrato che a marzo i prezzi delle nuove case sono scesi al ritmo più veloce da oltre otto anni. La crisi del settore immobiliare è stata evidenziata a gennaio, quando un tribunale di Hong Kong ha ordinato la liquidazione del colosso immobiliare Evergrande. La settimana scorsa, l’agenzia di rating del credito Fitch ha ridotto le sue prospettive per la Cina, citando i crescenti rischi per le finanze del paese a causa delle sfide economiche.

    Per decenni l’economia cinese si è espansa a un ritmo stellare, con dati ufficiali che indicavano una crescita media del PIL vicina al 10% annuo.

  • Le pale eoliche cinesi finiscono nel mirino dell’Antitrust europeo

    La vicepresidente della Commissione europea Margrethe Vestager ha annunciato l’apertura di un’indagine sui sussidi cinesi all’aziende dell’eolico, sulla falsariga di quanto l’Antitrust europeo ha già fatto per le auto elettriche made in China.

    “La strategia di Pechino sui maxi-sussidi statali e le esportazioni è attuata in tutte le aree delle tecnologie pulite, dei microchip e oltre. Le nostre economie non possono assorbirla. Non è solo pericolosa per la nostra competitività: mette a repentaglio anche la nostra sicurezza economica”, ha sottolineato Vestager, prospettando come eventualità in cui non incorrere una dipendenza dell’Europa rispetto a quei prodotti cinesi: “Non possiamo permetterci di vedere accadere ad auto elettriche, energia eolica o chip essenziali quello che è successo ai pannelli solari”.

    Senza un cambio di rotta, questo il timore di Bruxelles, l’Ue rischia di sviluppare una dipendenza dalla Cina entro il 2030 per l’eolico simile a quella che aveva dalla Russia per il gas prima dell’invasione dell’Ucraina. Mentre le aziende europee dell’energia eolica, da Orsted a Siemens Energy a Vestas, sono in difficoltà i costruttori cinesi sono molto solidi. Le tre principali aziende cinesi del settore – Goldwind, Envision e Windey – hanno installato più della metà delle turbine eoliche in patria. Da sola la Cina rappresenta il 58% delle installazioni di energia solare e il 60% delle installazioni di energia eolica a livello globale.

    La crescita delle aziende cinesi, oltre alle tre grandi ci sono un’altra dozzina di realtà, è una consistente minaccia all’industria eolica europea, dato che le turbine made in China costano la metà di quelle occidentali e che potrebbero sempre più venire esportate all’estero. Nel 2018 le società europee controllavano il 55% del mercato eolico globale, ma nel 2022 sono calate al 42%; nello stesso periodo, quelle cinesi sono cresciute dal 37 al 56%.

  • Zambia uncovers ‘sophisticated’ Chinese cybercrime syndicate

    A “sophisticated internet fraud syndicate” has been uncovered in Zambia, leading to the arrest of 77 people, including 22 Chinese nationals.

    It was a “significant breakthrough in the fight against cybercrime”, the authorities said after a multi-agency raid on a Chinese-run company.

    The firm employed Zambians who believed they were to be call-centre agents.

    Among equipment seized were devices allowing callers to disguise their location and thousands of Sim cards.

    Golden Top Support Services, the company at the centre of the raid, has not commented on the allegations.

    The swoop on its premises, located in Roma, an upmarket suburb of the capital, Lusaka, was led by the Drug Enforcement Commission (DEC) and also involved the police, the immigration department and anti-terrorism unit.

    It came after months of intelligence gathering by the agencies following an alarming rise in internet fraud cases in Zambia, DEC director general Nason Banda said after Tuesday’s raid.

    He said Golden Top Support Services had recruited ” unsuspecting” Zambians aged between 20 and 25.

    They had been tasked “with engaging in deceptive conversations with unsuspecting mobile users across various platforms such as WhatsApp, Telegram, chatrooms and others, using scripted dialogues”.

    During the operation 11 Sim boxes were found – these are devices that can route calls in a way that bypasses legitimate phone networks.

    This enables them to be used “for fraudulent activities, including internet fraud and online scams”, Mr Banda said.

    More than 13,000 Sim cards – both domestic and international – were also seized, which underscored “the extent of the operation’s reach”, the DEC head said.

    An increasing number of Zambians were losing money from their bank accounts through money-laundering schemes, though this scam’s alleged “illicit operations extended beyond Zambia’s borders”, he said.

    Evidence indicated people in countries including Singapore, Peru, the United Arab Emirates (UAE) and others across Africa had been targeted.

    Two firearms and about 78 rounds of ammunition were confiscated and two vehicles, belonging to a Chinese national linked to the business, have been impounded.

    Mr Banda said the Zambian nationals had been charged and released on bail so they could help the authorities with their investigations.

    The foreign nationals – 22 Chinese men and a Cameroonian – remain in custody.

  • Il peccato originale tra il 2018 e il 2024

    Sono passati sei anni dal marzo 2018 da quando individuavo il pericolo della crescita di una potenza assolutamente non democratica come la Cina (https://www.ilpattosociale.it/attualita/il-peccato-originale/).

    La conferma arriva ora proprio durante la crisi russo-ucraina, in quanto la seconda potenza economica mondiale ha confermato il proprio sostegno alla Russia anche nel caso di un evento bellico durante il quale resterà al fianco di Putin.

    Questo conferma ancora una volta la visione miope di una oligarchia economica occidentale all’interno di un mondo globale il quale, privo di un minimo di regole condivise, rischia la disintegrazione proprio avendo sfruttato solo il vantaggio competitivo della diversità di sistemi fiscali, economici e democratici come strumento di speculazione, finalizzato semplicemente al raggiungimento del minor costo della manodopera e quindi dell’investimento.

    Il dumping economico, espressione di un più complesso dumping fiscale e sociale che si manifesta con una minore tutela dei lavoratori e dei consumatori, mostra i propri limiti proprio all’interno di una complessa situazione internazionale che mette in gioco la stessa democrazia.

    L’illusione di una supremazia dell’interesse economico in grado di trasformarsi in una sorta di adeguamento politico ed istituzionale al modello occidentale ha permesso ed anzi incentivato il trasferimento del primato tecnologico ed industriale dell’Occidente ai paesi dell’estremo Oriente. Con l’unico effetto che ora questi possono, sfruttando il basso costo della manodopera, mettere in difficoltà il sistema economico occidentale il quale non è in grado in alcun modo di risolvere le criticità politiche e strategiche internazionali.

    La crisi internazionale scaturita dal covid e dalla guerra russo-ucraina, come dal conflitto arabo israeliano e dagli attacchi alle rotte del Mar Rosso, pone in evidenza come la sola economia (o forse sarebbe più corretto parlare degli interessi speculativi di una minima parte degli operatori economici) non abbia la capacità, e forse neppure l’interesse, di risolvere e tantomeno di prevedere i problemi politici e democratici di un mondo troppo globale anche per le istituzioni politiche internazionali.

    In altre parole, la sintesi della criticità internazionali dimostrano come sia illusorio credere in un ipotetico primato dell’economia su ogni asset politico, sociale e culturale. Lo stesso principio della concorrenza a favore dei consumatore diventa solo teorico se non inserito all’interno di un quadro di norme condivise politiche, fiscali e sociali. In altre parole il suo valore si può esprimere solo se in quadri democratici condivisi, altrimenti ogni evoluzione economica diventa un semplice fattore di speculazione che si arena al primo ostacolo.

    Qualsiasi crescita economica, specialmente se non espressione di investimenti, ma semplicemente favorita da un minore costo della manodopera, quando avviene all’interno di sistemi politici non democratici favorisce gli oligopoli e rafforza le dittature creando le condizioni per le crisi internazionali come quella attuale.

  • Cimici dagli occhi a mandorla sulle gru dei porti yankee

    Il Congresso Usa ha avviato una indagine sulle gru di fabbricazione cinese presenti in diversi porti statunitensi, riscontrando la presenza di componenti e attrezzature per le telecomunicazioni che non sono legate alla normale operatività delle strutture. Fonti anonime hanno riferito al “Wall Street Journal” che a bordo di alcune gru sarebbero stati anche installati modem per telefoni cellulari che potrebbero essere accessibili da remoto. La scoperta ha rinnovato le preoccupazioni dei parlamentari in merito alla necessità di garantire la sicurezza informatica delle infrastrutture portuali, alla luce dei rischi di sabotaggio e spionaggio industriale derivanti dalla presenza di un enorme numero di gru prodotte dalla società cinese Zpmc. Ad oggi, queste rappresentano circa l’80 per cento delle gru impiegate nei porti statunitensi. Il presidente della commissione per la Sicurezza interna della Camera dei rappresentanti, il repubblicano Mark Green, ha affermato che il governo di Pechino sta “sfruttando ogni opportunità per raccogliere informazioni di intelligence e sfruttare le vulnerabilità delle nostre infrastrutture, anche nel settore marittimo: il Paese ha ignorato questa minaccia per troppo tempo”.

    Secondo le fonti, durante le indagini sono stati rinvenuti più di 12 modem in diverse gru, e almeno uno sarebbe stato trovato all’interno della sala server di un porto statunitense. La presenza di componenti per le telecomunicazioni a bordo delle gru è spesso giustificata dalla necessità di monitorare le operazioni da remoto, ma in più di un caso la presenza di queste attrezzature non sarebbe stata richiesta dalla società produttrice. Il mese scorso, la Casa Bianca ha annunciato investimenti per oltre 20 miliardi di dollari sulla sicurezza dei porti nazionali, anche con l’obiettivo di dismettere le gru cinesi. Le spese saranno coperte dal pacchetto infrastrutturale da mille miliardi di dollari approvato nel 2021 dal Congresso Usa. A produrre le nuove gru portuali sarà una controllata statunitense della compagnia giapponese Mitsui.

    La decisione delle autorità federale segue un’inchiesta pubblicata lo scorso anno proprio dal “Wall Street Journal”, che ha riferito dei timori dei dirigenti statunitensi in merito ai rischi di spionaggio e sabotaggio legati alla presenza nei porti Usa (alcuni utilizzati anche dalle forze armate) di un enorme numero di gru giganti fabbricate da colossi statali cinesi. La preoccupazione di Washington è che i software impiegati dalle gru possano essere manipolati dalla Cina, in particolare nel caso di un conflitto nello Stretto di Taiwan o altrove. Le gru impiegate nei porti statunitensi, per l’80 per cento prodotte dalla cinese Zpmc, dispongono inoltre di sensori sofisticati che possono registrare e tracciare l’origine e la destinazione dei container in transito, consentendo così potenzialmente a Pechino di assumere informazioni sulla ricezione o sulla spedizione di materiale (anche militare) da parte degli Usa.

  • Proseguono le schermaglie tra Cina e Filippine

    Le Filippine non consentiranno alla Cina di rimuovere l’avamposto militare mantenuto sulla Brp Sierra Madre, nave di fabbricazione statunitense incagliata dal 1999 nell’atollo di Second Thomas Shoal, parte del conteso arcipelago delle Isole Spratly, nel Mar Cinese Meridionale. Lo ha chiarito il vicecomandante della Marina filippina, Roy Trinidad, aggiungendo che Manila non consentirà neanche la realizzazione di alcuna struttura in un’altra area “calda” del Mar Cinese Meridionale, quella della secca di Scarborough. “Si tratta di linee rosse per le Filippine e per le loro forze armate”, ha dichiarato Trinidad in una conferenza stampa. L’ufficiale ha ricordato come tali “linee rosse” fossero state già tracciate dalla precedente amministrazione filippina, guidata dall’ex presidente Rodrigo Duterte, cui dal maggio del 2022 è succeduto l’attuale capo dello Stato Ferdinand Marcos Junior.

    Le parole dell’ufficiale rappresentano l’ennesima tappa di una schermaglia in atto da tempo tra i due Paesi e giungono dopo che 4 membri dell’equipaggio di una nave filippina sono rimasti feriti in un attacco con cannoni ad acqua sferrato dalla Guardia costiera di Pechino contro l’imbarcazione filippina Uniza May 4 che stava effettuando una missione di rifornimento dell’avamposto militare a Second Thomas Shoal, una secca al centro di una lunga controversia territoriale con la Cina. L’incidente si è verificato poco dopo la collisione tra due imbarcazioni causata dalle “pericolose manovre di blocco” di un pattugliatore cinese, denunciato il 5 marzo da Manila. Poche ore più tardi, due navi della Guardia costiera cinese avrebbero attaccato la nave filippina con cannoni ad acqua, mandandone in frantumi il parabrezza e provocando il ferimento di quattro persone a bordo. Nella stessa giornata, il governo filippino ha convocato il vice responsabile della missione cinese a Manila, Zhou Zhiyong, cui ha espresso una formale protesta per l’incidente. La portavoce del ministero degli Esteri cinese Mao Ning, dal canto suo, ha difeso come “professionali e giustificate” le manovre della Guardia costiera cinese, denunciando violazioni delle acque territoriali.

    Le Filippine hanno accusato ieri la Guardia costiera cinese di aver effettuato “manovre pericolose” risultate in una collisione con una imbarcazione della Guardia costiera filippina impegnata in una “missione di rifornimento” presso Second Thomas Shoal. Secondo il portavoce della Guardia costiera delle filippine, Jay Tarriela, la collisione ha causato “danni strutturali di lieve entità” al vascello filippino. “Le loro azioni sconsiderate e illegali hanno causato la collisione”, ha accusato il portavoce tramite un messaggio pubblicato su X (Twitter), accompagnato da un video in cui è ripreso il momento dell’urto tra le due imbarcazioni. La Guardia costiera cinese ha affermato tramite una nota di aver assunto misure contro una imbarcazione filippina che si era “introdotta illegalmente” nelle acque rivendicate d Pechino. Secondo la nota, Manila condurrebbe “provocazioni deliberate” nei confronti della Cina, e alimenterebbe “propaganda tesa a minare la pace e la stabilità nel Mar Cinese Meridionale”.

    Dall’insediamento del presidente filippino Ferdinand Marcos Junior, nel maggio del 2022, per la sorpresa di numerosi osservatori che attribuivano al nuovo leader l’intenzione di perseguire una politica estera filo-cinese simile a quella del suo predecessore Rodrigo Duterte, le relazioni tra Filippine e Cina si sono rapidamente deteriorate. Manila ha rafforzato la cooperazione in materia di difesa con gli Stati Uniti, aumentando la frequenza e le dimensioni delle regolari esercitazioni congiunte e, soprattutto, concedendo alle forze armate Usa la possibilità di stanziare i propri uomini in quattro nuove basi militari nel Paese del sud-est asiatico, oltre alle cinque già previste da un accordo firmato nel 2014. Una concessione che Pechino ha fortemente criticato, anche perché due delle nuove basi sono distanti meno di 400 chilometri dall’isola di Taiwan, che la Cina continua a considerare una sua provincia, e potrebbero essere utilizzate dalle forze statunitensi in caso di conflitto nello Stretto.

    Negli ultimi mesi i rapporti tra Cina e Filippine sono stati inoltre costellati da numerosi incidenti nelle acque del Mar Cinese Meridionale, bacino attraverso il quale passa oltre il 60 per cento del commercio mondiale via mare, circa 5.300 miliardi di dollari di merci l’anno, e il 65 per cento del commercio estero della Cina. Pechino ne rivendica la quasi totalità sulla base della cosiddetta “linea dei nove tratti”, che dagli anni Quaranta del secolo scorso delimita la porzione di mare che la Cina considera sotto la propria sovranità. A opporsi alle rivendicazioni cinesi sono Taiwan e tutti i Paesi rivieraschi: il Vietnam, la Malesia, l’Indonesia, Brunei e le Filippine. Con il crescere delle ambizioni internazionali della Cina di Xi Jinping è aumentata anche l’aggressività di Pechino, che negli ultimi anni ha dato il via a una corsa alla militarizzazione di tanti degli atolli e delle scogliere che puntellano il Mar Cinese Meridionale, così come più frequenti si sono fatti gli incidenti e i rischi di scontri tra navi militari e civili dei Paesi rivieraschi. Sempre più spesso, negli ultimi mesi, tali episodi hanno riguardato le Guardie costiere di Cina e Filippine e, soprattutto, l’atollo Second Thomas Shoal (conosciuto anche come Ayungin), nelle isole Spratly.

    Qui dal 1999 è incagliata la Brp Sierra Madre, una nave militare di fabbricazione statunitense che la Marina filippina utilizza come avamposto nell’arcipelago. Quest’ultimo rientra all’interno della Zona economica esclusiva (Zee) di Manila, come confermato nel 2016 anche da una sentenza della Corte permanente di arbitrato de L’Aja che tuttavia è sempre stata ignorata da Pechino. La Cina, che considera le Spratly parte del proprio territorio, utilizza frequentemente la propria Guardia costiera per allontanare, spesso con l’utilizzo di cannoni ad acqua, le navi filippine inviate da Manila in missione di rifornimento ai militari di stanza alla Brp Sierra Madre.

  • Nuovi sconti sul mercato cinese, Tesla incalza Byd in casa sua

    La casa automobilistica statunitense Tesla ha varato nuovi incentivi in Cina per fidelizzare e aumentare la quota di clienti nel mercato nazionale, dove è alle prese con una serrata guerra dei prezzi con rivali locali come Build Your Dreams (Byd). Come riferito dall’azienda di Elon Musk in una nota pubblicata sul social network Weibo, la casa automobilistica offrirà incentivi fino a 4.807 dollari a quanti acquisteranno esemplari invenduti di berline Model 3 e Suv Model Y entro la fine del mese. Tesla offrirà anche piani di finanziamento preferenziali a tempo determinato per l’acquisto di Model Y, che garantiranno agli acquirenti un risparmio fino a 2.306 dollari.

    Gli incentivi comprendono anche uno sconto di 1.111 dollari sui prodotti assicurativi e sconti pari a 1.389 dollari per modifiche alla colorazione dell’auto. A fronte del rallentamento della domanda e alla crescente concorrenza in Cina, Tesla ha tagliato i prezzi su alcune tipologie di Model 3 e Y a gennaio, offrendo sconti in contanti per alcune Model Y dal primo febbraio. Il suo più grande rivale locale, Byd, ha abbassato oggi il prezzo di lancio di una nuova versione del suo Suv ibrido Song Pro del 15,4%. Byd ha detronizzato Tesla come principale produttore di veicoli elettrici nel quarto trimestre.

    Sull’altra sponda del Pacifico, l’amministrazione del presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha mosso i primi passi verso la chiusura del mercato automobilistico statunitense ai veicoli elettrici connessi a Internet di produzione cinese, sulla base di considerazioni legate alla sicurezza nazionale. Il dipartimento del Commercio Usa ha avviato proprio un’indagine a carico dei veicoli elettrici cinesi connessi alla rete, argomentando che Pechino potrebbe utilizzarli come mezzo per appropriarsi di informazioni sensibili. L’indagine è il primo passo di un processo che potrebbe condurre a restrizioni sulle vetture elettriche importate dalla Cina, e fonti dell’amministrazione presidenziale citate dalla stampa Usa hanno evidenziato che l’indagine potrebbe sostenere “un’ampia gamma di risposte politiche” alle auto elettriche a basso costo cinesi, che stanno rapidamente guadagnando ampie quote del mercato globale della mobilità alternativa.

    In una nota diffusa ieri dalla Casa Bianca, Biden ha affermato che “la Cina è determinata a dominare il futuro del mercato dell’auto, anche tramite pratiche inique”. Secondo il presidente Usa, “le politiche della Cina potrebbero inondare il nostro mercato di veicoli, ponendo un rischio per la sicurezza nazionale. Non lascerò che accada sotto il mio sguardo”, afferma la nota.

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