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In Italia ci sono già patrimoniali per 45,7 miliardi

In Italia sono già in vigore tasse patrimoniali per 45,7 miliardi di euro, rileva Ferruccio De Bortoli su L’Economia, e se anche il governo Conte2 varerà misure fiscali di quel genere, come appare probabile per tenere a bada i conti, la novità che il premier ha promesso essere rappresentata dal suo governo bis sarà una novità ben poco confortevole per gli italiani. La patrimoniale colpisce infatti beni registrati, che non possono essere occultati proprio perché registrati, ma ne deprime il valore: il valore di un immobile diminuisce nel momento in cui il possibile acquirente teme di dover pagare su di esso tributi prima non in vigore e chi pensi di cambiare auto non è certo incentivato a farlo se teme di veder applicati nuovi balzelli su di essa. Insomma, la novità promessa da Giuseppe Conte rischia di consistere semplicemente nello svilimento del patrimonio degli italiani. E peraltro, se patrimoniale sarà, il Conte2 si muoverà all’insegna di una continuità che risale addirittura all’Italia monarchica. Altro che novità, la patrimoniale comparve nell’Italia repubblicana già un anno prima della Costituzione, nel 1947. Ma la sua prima apparizione risale al 1919, primo governo Nitti. Prima di Mario Monti e Giuliano Amato, gli ultimi premier che vi hanno fatto ricorso, fu utilizzata anche dal Fascismo, nel 1936 e nel 1940.

La patrimoniale peraltro ha sempre reso meno delle attese, nel 2018 le varie misure di questo tipo (bollo auto, imposta di registro, Imu e Tari) hanno reso l’equivalente dell’1,2% del Pil, 45,7 miliardi appunto. Ma per un governo di sinistra come si preannuncia il Conte2 il rincaro dell’Iva – frutto delle misure del governo Conte1 (reddito di cittadinanza e quota 100) – sarebbe esiziale. Non tanto e non solo perché deprimerebbe i consumi mentre venti di recessione spirano sul mondo intero, quanto perché l’Iva è un’imposta indiretta che tutti pagano in identica misura a prescindere dal loro reddito e dai loro averi. La patrimoniale può essere invece una misura progressiva o classista, tarata solo su alcuni (e infatti a un liberista come Luigi Einaudi non piaceva).

Certo, c’è sempre la lotta all’evasione per far fronte alle necessità finanziarie dello Stato. Ma un governo la cui componente maggiore ha già dimostrato di amare moltissimo affacciarsi al balcone per dare annunci tonitruanti come la sconfitta della povertà potrà mai rinunciare a misure propagandistiche, di consenso elettorale? Ecco allora che la persistenza dell’evasione elettorale offre l’alibi a quella classe politica per continuare a prendere in giro le masse con promesse da Bengodi. Basta mettere a preventivo entrate per tot euro alla voce recupero dell’evasione per poter dire che interventi dal chiaro intento elettoralistico godono della copertura finanziaria di cui per legge ogni intervento governativo in ambito economico deve godere. Ma certo, se l’evasione fosse davvero debellata, un simile giochetto non si potrebbe più fare. Il partito (movimento) dell’onestà dovrebbe riconoscere i limiti di azione  in cui inevitabilmente il governo incorre. E a quel punto la Casaleggio non potrebbe più vantare l’entusiasmo con cui la gente partecipa alle votazioni sulla piattaforma Rosseau.

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