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Dazi danno per la Cina e boomerang per gli Usa, i due giganti cercano un’intesa

Il timore di nuove sanzioni accelera gli scambi con Pechino, che però perde quote di mercato

Cina e Stati Uniti si sono dati tempo fino al 2 marzo per chiudere un nuovo trattato, secondo quanto il presidente Usa Donald Trump, e quello cinese, Xi Jinping hanno concordato a Buonos Aires, a margine del G20, per evitare una nuova ondata di tariffe su 267 miliardi di dollari di prodotti cinesi. 

Il round tenutosi a Pechino tra le delegazioni dei due Paesi nei giorni scorsi attesta quantomeno buona volontà su entrambi i versanti. Pechino, infatti, deve fare fronte a un calo di appeal dei suoi prodotti sui mercati mondiali e i dazi americani certo non aiutano, Washington di contro deve fare i conti col fatto che proprio l’adozione dei dazi ha spinto chi commercia con la Cina ad accelerare gli scambi, prima di incorrere in nuove misure penalizzanti varate dall’amministrazione americana.

L’avanzo commerciale della Cina con il mondo si è ridotto lo scorso anno a 351,76 miliardi di  dollari in calo di oltre il 16% dal surplus di 422,51 miliardi del 2017 quando si era contratto del 17%, secondo i dati diffusi dalle Dogane cinesi, le esportazioni totali cinesi nell’anno sono aumentate del 9,9% a 2.480 miliardi mentre le importazioni sono aumentate del 15,8% attestandosi a 2.140 miliardi. In controtendenza, lil surplus commerciale della Cina con gli Usa, grazie alla robusta domanda americana di beni cinesi, ha raggiunto, i 323,32 miliardi nel 2018, con un balzo del 17% rispetto all’anno precedente.

Come rilevato da Il Transatlantico di Andrew Spannaus seguendo il round negoziale sino-americano dei giorni scorsi, «Sullo sfondo di trattativa e guerra di parole rimangono le domande più importanti, sul futuro della politica economica cinese. Queste riguardano prima di ogni altra cosa le prospettive di apertura del mercato agli investimenti esteri, da cui dipendono in parte le riforme del sistema cinese. L’apertura del settore bancario e finanziario, ad esempio, innescherebbe un profondo cambiamento nelle attività d’investimento in Cina e nelle attività cinesi all’estero. Il presidente Xi ha già annunciato da tempo tale apertura, ma le resistenze sono ancora molte. Come minimo si dovrà attendere la fine delle trattative commerciali con Washington (che dietro le quinte riguardano da vicino anche questo punto), per vedere cambiamenti sostanziali. Sulla stessa onda viaggiano le speranze e le aspettative delle riforme industriali in Cina. Da un lato Pechino vuole affrontare un cambiamento epocale e divenire realmente competitiva su un piano di respiro globale; dall’altro Washington vuole assicurarsi i vantaggi, che in parte già possiede, necessari per continuare a essere il principale partner commerciale della Cina e sfruttare in modo espansivo un mercato potenziale di oltre un miliardo di consumatori».

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