Attualità

L'”arte” della guerra

Riceviamo e pubblichiamo un articolo del Prof. Francesco Pontelli

La guerra, qualsiasi guerra, presenta un aspetto relativo alla battaglia territoriale ed un altro contemporaneo giocato nell’articolato contesto diplomatico al quale aggiungere nella contemporaneità della nostra società anche l’aspetto mediatico.

Il successo in una guerra, quindi, necessita ovviamente di una superiorità militare espressa con una capacità strategica vincente, ma anche di una parallela visione diplomatica attraverso la quale trovare delle soluzioni politiche per un cessate il fuoco, senza dimenticare l’obiettivo di isolare quanto più possibile il nemico che si intende abbattere.

La Grande Alleanza nata tra Stati Uniti, Gran Bretagna ed Unione Sovietica aveva l’obiettivo, per altro perfettamente riuscito, di isolare la Germania nazista e quindi porre le basi militari, politiche e diplomatiche finalizzate alla vittoria nella Seconda Guerra Mondiale.

L’amministrazione Biden, già prima dell’inizio della guerra russo-ucraina avviata da Putin, decise scientemente di annullare le alleanze che la precedente amministrazione Trump aveva definito, come l’accordo tra gli Stati Uniti con l’Arabia Saudita. Un’intesa di carattere politico ed economico con vicendevoli opportunità per i due contraenti che aveva assicurato il mantenimento del pezzo del petrolio a 60 dollari grazie proprio all’alleanza tra il primo produttore di petrolio al mondo, cioè gli Stati Uniti, con la prima nazione per riserve petrolifere, cioè la sunnita Arabia Saudita. Contemporaneamente l’intero mondo occidentale vedeva il potere dell’Opec, con la sua politica ricattatoria, ridimensionato come mai in precedenza.

L’apertura, invece, dell’amministrazione Biden allo storico nemico sciita, l’Iran, fu giustamente vissuta come un tradimento da parte dell’Arabia Saudita la quale, in più occasioni, ha dimostrato il proprio risentimento appoggiando senza esitazione le politiche restrittive relative alle estrazioni di petrolio da parte dell’Opec.

Una apertura americana che ha visto ovviamente l’appoggio dell’Unione Europea, da sempre incapace di elaborare una propria politica estera e che ha determinato, in più, il beffardo appoggio tecnologico e militare dello stesso Iran alla Russia di Putin, quindi contro gli stessi Stati Uniti ed Unione Europea.

L’annuncio di questi giorni della ulteriore riduzione delle estrazioni di petrolio di oltre un milione di barili di petrolio rappresenta l’ennesima conferma della sempre più evidente contrapposizione tra il mondo occidentale con i paesi esportatori di petrolio a causa proprio della politica estera dell’amministrazione Biden.

La situazione risulta talmente problematica che i nemici di sempre, Iran e Arabia Saudita, sotto l’egida della Cina (*), hanno ora addirittura raggiunto un primo storico accordo tra le due declinazioni della religione araba da sempre in guerra, cioè sciita e sunnita, compattando il fronte economico e politico che si contrappone nella complessa guerra russo-ucraina.

Emerge evidente come, diversamente dalla vittoriosa strategia della Seconda Guerra Mondiale, la quale ha unito mondi politici ed istituzionali diversi come Stati Uniti Gran Bretagna ed Unione Sovietica, la contemporanea strategia americana, della NATO e della stessa Unione Europea tenda sempre più a non solare il nemico dichiarato, cioè la Russia di Putin, quanto a fortificare le alleanze tra Cina, Russia e mondo arabo.

La supremazia militare mondiale degli Stati Uniti, quando non viene supportata da una adeguata politica estera e diplomatica, si riduce alla semplice esposizione dei primati militari e tecnologici. Traguardi i quali, tuttavia, perdono ogni effetto “deterrente” a favore dell’efficacia complessiva di una visione strategica politica, militare e diplomatica delle quali l’attuale amministrazione Biden, come la stessa Unione Europea, sembrano esserne assolutamente deficitarie.

(*) La Cina acquisisce una nuova centralità nella geopolitica mondiale proprio in ragione degli errori statunitensi.

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