Iran

  • In Iran tornano le pattuglie per il controllo del decoro

    A meno di un anno dalla morte Mahsa Amini, la giovane uccisa in Iran perché non indossava
    correttamente l’hijab, le pattuglie della polizia morale, istituite dopo la Rivoluzione islamica del 1979, potranno nuovamente sanzionare coloro che non portano il velo correttamente nei luoghi pubblici.

    L’assurdo omicidio aveva portato moltissime persone a manifestare in maniera veemente contro il regime, la maggior parte erano donne che avevano tolto il velo e tagliato i capelli in segno di ribellione. Dopo centinaia di arresti e condanne a morte, l’Iran aveva sospeso le forze della polizia morale poiché gli agenti di sicurezza, durante le proteste, avevano picchiato, torturato, ucciso e fatto sparire delle persone. Nonostante il regime iraniano, le proteste sono andate avanti a lungo. Adesso però gli agenti ripristineranno il controllo capillare sui civili, in particolare sul corretto utilizzo dell’hijab da parte delle donne, avvalendosi anche di
    telecamere in strada.

  • Aerei Usa nel Golfo Persico per impedire sequestri di navi da parte di Teheran

    Gli Stati Uniti hanno deciso d’inviare caccia F-16 nella regione del Golfo Perisco, in particolare intorno allo Stretto di Hormuz, per meglio proteggere le navi in transito da tentativi di sequestro da parte dell’Iran. Lo riportano i media Usa citando una fonte del Pentagono, secondo la quale Washington è sempre più preoccupata dai crescenti legami tra Iran, Russia e Siria.

    Gli F-16 si uniranno agli aerei da attacco A-10 che stanno già conducendo attività di pattugliamento dell’area da oltre una settimana. Questo dopo che a metà luglio l’Iran ha cercato di sequestrare due petroliere in transito attraverso lo Stretto, aprendo anche il fuoco contro una di esse. In entrambi i casi, le imbarcazioni iraniane sono tornate indietro dopo l’arrivo dell’incrociatore statunitense Uss McFaul.

    La fonte anonima del Pentagono ha spiegato che gli F-16 garantiranno copertura aerea alle navi e miglioreranno le capacità di controllo delle forze armate Usa nell’area, oltre a costituire una forza di deterrente contro nuovi attacchi iraniani. Lo stesso funzionario del dipartimento della Difesa ha aggiunto che gli Stati Uniti stanno considerando diverse opzioni sul tavolo per rispondere ai sempre più frequenti attacchi aerei della Russia in Siria, che complicano le operazioni degli Stati Uniti contro lo Stato islamico. Washington, ha aggiunto la fonte, continuerà in ogni caso a effettuare missioni di antiterrorismo nella parte occidentale del Paese.

  • L'”arte” della guerra

    Riceviamo e pubblichiamo un articolo del Prof. Francesco Pontelli

    La guerra, qualsiasi guerra, presenta un aspetto relativo alla battaglia territoriale ed un altro contemporaneo giocato nell’articolato contesto diplomatico al quale aggiungere nella contemporaneità della nostra società anche l’aspetto mediatico.

    Il successo in una guerra, quindi, necessita ovviamente di una superiorità militare espressa con una capacità strategica vincente, ma anche di una parallela visione diplomatica attraverso la quale trovare delle soluzioni politiche per un cessate il fuoco, senza dimenticare l’obiettivo di isolare quanto più possibile il nemico che si intende abbattere.

    La Grande Alleanza nata tra Stati Uniti, Gran Bretagna ed Unione Sovietica aveva l’obiettivo, per altro perfettamente riuscito, di isolare la Germania nazista e quindi porre le basi militari, politiche e diplomatiche finalizzate alla vittoria nella Seconda Guerra Mondiale.

    L’amministrazione Biden, già prima dell’inizio della guerra russo-ucraina avviata da Putin, decise scientemente di annullare le alleanze che la precedente amministrazione Trump aveva definito, come l’accordo tra gli Stati Uniti con l’Arabia Saudita. Un’intesa di carattere politico ed economico con vicendevoli opportunità per i due contraenti che aveva assicurato il mantenimento del pezzo del petrolio a 60 dollari grazie proprio all’alleanza tra il primo produttore di petrolio al mondo, cioè gli Stati Uniti, con la prima nazione per riserve petrolifere, cioè la sunnita Arabia Saudita. Contemporaneamente l’intero mondo occidentale vedeva il potere dell’Opec, con la sua politica ricattatoria, ridimensionato come mai in precedenza.

    L’apertura, invece, dell’amministrazione Biden allo storico nemico sciita, l’Iran, fu giustamente vissuta come un tradimento da parte dell’Arabia Saudita la quale, in più occasioni, ha dimostrato il proprio risentimento appoggiando senza esitazione le politiche restrittive relative alle estrazioni di petrolio da parte dell’Opec.

    Una apertura americana che ha visto ovviamente l’appoggio dell’Unione Europea, da sempre incapace di elaborare una propria politica estera e che ha determinato, in più, il beffardo appoggio tecnologico e militare dello stesso Iran alla Russia di Putin, quindi contro gli stessi Stati Uniti ed Unione Europea.

    L’annuncio di questi giorni della ulteriore riduzione delle estrazioni di petrolio di oltre un milione di barili di petrolio rappresenta l’ennesima conferma della sempre più evidente contrapposizione tra il mondo occidentale con i paesi esportatori di petrolio a causa proprio della politica estera dell’amministrazione Biden.

    La situazione risulta talmente problematica che i nemici di sempre, Iran e Arabia Saudita, sotto l’egida della Cina (*), hanno ora addirittura raggiunto un primo storico accordo tra le due declinazioni della religione araba da sempre in guerra, cioè sciita e sunnita, compattando il fronte economico e politico che si contrappone nella complessa guerra russo-ucraina.

    Emerge evidente come, diversamente dalla vittoriosa strategia della Seconda Guerra Mondiale, la quale ha unito mondi politici ed istituzionali diversi come Stati Uniti Gran Bretagna ed Unione Sovietica, la contemporanea strategia americana, della NATO e della stessa Unione Europea tenda sempre più a non solare il nemico dichiarato, cioè la Russia di Putin, quanto a fortificare le alleanze tra Cina, Russia e mondo arabo.

    La supremazia militare mondiale degli Stati Uniti, quando non viene supportata da una adeguata politica estera e diplomatica, si riduce alla semplice esposizione dei primati militari e tecnologici. Traguardi i quali, tuttavia, perdono ogni effetto “deterrente” a favore dell’efficacia complessiva di una visione strategica politica, militare e diplomatica delle quali l’attuale amministrazione Biden, come la stessa Unione Europea, sembrano esserne assolutamente deficitarie.

    (*) La Cina acquisisce una nuova centralità nella geopolitica mondiale proprio in ragione degli errori statunitensi.

  • Iran: le nostre responsabilità

    La situazione iraniana sotto il profilo dei diritti civili sta ormai sprofondando verso un punto di non ritorno ed è l’espressione più evidente di un regime totalitario ormai in metastasi, senza alcun sostegno della propria popolazione.

    Sarebbe tuttavia superficiale e profondamente sbagliato dimenticare le responsabilità attribuibili all’intero mondo “occidentale” il quale ha sempre dimostrato un atteggiamento accondiscendente verso il regime teocratico iraniano, se non altro come espressione di un sentimento antisraeliano.

    L’ex Presidente degli Stati Uniti Donald Trump aveva stipulato, nell’ambito della politica estera relativa al Medio Oriente, una alleanza con l’Arabia Saudita, quindi con i musulmani sunniti, anche in contrapposizione al regime teocratico iraniano sciita.

    L’inversione di strategia nella politica estera espressa dalla nuova amministrazione Biden non solo ha determinato la perdita di un alleato come l’Arabia Saudita all’interno dell’Opec, la quale infatti ha appoggiato il taglio della produzione di petrolio di due milioni di barili, ma soprattutto ha riportato l’Iran all’interno dello scenario internazionale con una posizione di forza. Una scelta talmente scellerata e miope che ha determinato degli effetti persino all’interno della guerra tra la Russia e l’Ucraina in quanto il regime iraniano ha dimostrato il proprio sostegno sia economico che armato a Putin.

    Alle responsabilità statunitensi si aggiunge anche la sudditanza culturale dimostrata da tutte le principali istituzioni politiche europee e nazionali le quali hanno dimostrato sempre una grande attenzione per la teocrazia iraniana, anche mortificando spesso i principi democratici italiani.

    In altre parole, la rinnovata forza del sistema teocratico iraniano nasce anche dalla sua ricollocazione all’interno dello scenario politico internazionale come conseguenza della politica statunitense e della accondiscendenza europea, quindi dell’amministrazioni Biden e del cerchiobottismo dell’Unione Europea nei confronti del regime iraniano.

    Una parte della responsabilità di questa deriva assolutamente ingiustificabile del regime iraniano nasce quindi anche dalla nostra debolezza espressa nel mantenimento dei principi democratici sacrificati sull’altare delle convenienze economiche e politiche.

  • Non solo il velo

    A muovere le proteste in Iran, rese ogni giorno più difficili dalla sanguinosa e crudele repressione del regime, non c’è soltanto la ribellione al velo e l’ira ed il dolore per le tante donne ed uomini, specialmente giovanissimi, che sono stati trucidati in questi mesi ma anche una tragica situazione del Paese dove le caste di chi governa e dei pasdaran, che hanno in mano l’amministrazione, vivono nel privilegio.

    La popolazione, ormai da tempo, è in condizioni di gravi difficoltà economiche oltre che in inaccettabili costrizioni delle libertà individuali.

    La realtà del Paese è una inflazione che arriva a più del 50% con aumenti dei prezzi di frutta, verdura, carne che impediscono alla maggior parte delle famiglie un’alimentazione minimamente corretta.

    Secondo il Fondo Monetario Internazionale quasi un terzo della popolazione è sotto la soglia della povertà estrema mentre non demorde la crisi energetica dovuta alle scelte sbagliate del governo, nonostante l’Iran sia ricco di gas.

    Le proteste dilagano in ogni parte del Paese, giovani e meno giovani si trovano insieme a reclamare libertà e condizioni di vita degne ma ricevano in cambio morte e continua violenza mentre troppa parte del mondo occidentale dimostra la propria impotenza.

    La gran parte della popolazione iraniana dovrà presto decidere tra un salto di qualità delle proteste o il lasciar soccombere la propria gioventù. Il salto di qualità della lotta contro il regime può essere deciso solo dagli iraniani ma, se lo decideranno, dovranno trovare aiuti concreti da parte di coloro che oggi trovano difficoltà anche ad organizzare manifestazioni di solidarietà nei paesi liberi.

  • Iran protests: Security forces intensify deadly crackdown in Kurdish areas

    At least 30 anti-government protesters have been killed by security forces in Kurdish-populated cities in west Iran in the past week, a rights group says.

    Hengaw reported that seven had died since Sunday in Javanroud alone, amid an intense crackdown by Revolutionary Guards armed with heavy weapons.

    On Monday, the funerals of two protesters turned into a mass rally.

    In one video, a protester can be heard saying the Revolutionary Guards are firing machine guns at people’s heads.

    The footage, which has been verified by BBC Persian, also appears to show people covered in blood lying on a street and someone shouting that a girl has been shot in the head. Automatic gunfire can also be heard.

    A mother who was worried about the fate of her young daughter and son protesting in the town posted an emotional appeal to people elsewhere in Iran, saying: “Please help us, they are killing everyone, killing our youth. Why aren’t people in Tehran coming out to the streets? Please help Kurdistan, help our youth.”

    The BBC also obtained on Monday a video showing a convoy of Revolutionary Guards with machine guns mounted on pick-up trucks heading to Mahabad, which has also witnessed intense confrontations recently.

    The city’s member of parliament, Jalal Mahmoudzadeh, said at least 11 people had been killed there in the past week.

    In Piranshahr, another small town, tens of thousands participated in the funeral of Karvan Ghadershokri, a 16-year-old-boy who was killed at a protest. A crowd earlier gathered in front of his parents’ house to prevent security forces from stealing his body.

    Every such funeral has turned into a mass rally against the clerical establishment. In response, security forces have taken away a number of protesters’ bodies and buried them in secret, without the presence of their families and friends.

    The protests that have spread across Iran like wildfire over the past two months started in the Kurdish region.

    They were sparked by the death in custody of Mahsa “Zhina” Amini, a 22-year-old Kurdish woman who fell into a coma after being arrested by morality police in the capital Tehran for allegedly wearing “improper” hijab.

    The Kurdish region has remained an epicentre of the unrest and has been a focus of the deadly crackdown by security forces.

    Iranian authorities have accused armed Kurdish opposition groups based in neighbouring Iraq of instigating “riots” in the region, without providing any evidence. The videos posted on social media have shown unarmed protesters confronting security personnel.

    Hengaw, which is based in Iraq’s Kurdistan Region, said last week that more than 80 protesters had been killed and 4,000 others detained in Kurdish-populated areas alone.

    The Human Rights Activists News Agency (HRANA), which is based outside Iran, has put the nationwide toll at 419 and also reported the deaths of 54 security personnel.

  • Pericolosa indifferenza ed errori del passato

    In Iran le ragazze continuano ad essere uccise mentre con tanti altri, non solo giovani fortunatamente, chiedono giustizia per chi è stato assassinato dal regime e lottano per avere un minimo di diritti e di libertà.

    Dispiace che le piazze italiane rimangano vuote e fredde su questo dramma e che tanta parte politica dimostri un’indifferenza pericolosa. Scaldarsi, anche in modo scorretto, sugli immigrati non assolve dal silenzio che è stato lasciato cadere su altre tragedie.

    Sull’immigrazione le parole del Santo Padre tolgono ogni dubbio su cosa è giusto fare.

    Anche sull’Ucraina il Papa è stato chiaro: vi è il diritto di difendersi da aggressioni e violenze.

    Altrettanto evidente è che senza l’aiuto delle armi occidentali gli ucraini non avrebbero che potuto soccombere al fuoco russo e sarebbero ora sotto il giogo di Mosca mentre i miliziani della Wagner e i sanguinari ceceni avrebbero avuto tutto l’agio di violentare, stuprare, rubare, saccheggiare su tutto il territorio ucraino così come hanno fatto nei territori che hanno occupato.

    Continua la doppia verità di certa politica, una politica che ha stancato definitivamente coloro che hanno ancora il coraggio di pensare con la propria testa, per questo i partiti al governo stiano attenti a non ripetere errori già fatti da alcuni di loro o dagli avversari ed il terzo polo se vuole veramente, come ha più volte dichiarato, pensare al futuro del Paese senza posizioni precostituite si avvii alle elezioni regionali con idee nuove e non rimestando acqua nel mortaio.

  • Sanzioni Ue all’Iran

    L’Unione europea ha licenziato un pacchetto sanzioni ai danni dell’Iran a causa delle «feroci repressioni” della protesta scatenata dal caso Mahsa Amini e ha messo nel mirino le “presunte” forniture di droni alla Russia.

    “Stiamo raccogliendo le prove e siamo pronti a reagire con i mezzi a nostra disposizione”, ha detto l’alto rappresentante della politica estera Ue Josep Borrell al termine del consiglio affari esteri Ue (Cae) riunitosi in Lussemburgo. Un artifizio diplomatico perché, in realtà, l’Ue sarebbe intenzionata a intervenire presto.

    La velocità delle crisi, insomma, supera l’attuale capacità dell’Ue di farvi fronte. Il Cae doveva essere incentrato sul grande risultato di far partire, finalmente, la missione di addestramento Ue per le forze ucraine (ben 15mila nell’arco dei prossimi due anni). Per come si era messa ad agosto dopo l’annuncio a sorpresa di Borrell, con una certa riluttanza a procedere da parte di alcuni Stati membri, Bruxelles ha chiuso la partita in tempi assai brevi per queste latitudini.

    L’Ungheria ad esempio si è astenuta, lasciando “costruttivamente” andare avanti gli altri. La missione avrà il quartier generale a Bruxelles, istruirà anche le forze di difesa territoriali ucraine (dunque non solo l’esercito regolare) e si svolgerà sul territorio di alcuni Paesi Ue (Polonia, Germania e Francia). Luce verde anche a un’ulteriore tranche di assistenza militare all’Ucraina da 500 milioni di euro, sempre attraverso lo European Peace Facility.

    Al Cae si è unito in collegamento – da un bunker antiaereo – il ministro degli Esteri di Kiev Dmytro Kuleba. “Credo che sia la prima volta che accade una cosa del genere”, ha sottolineato Borrell. Kuleba ha sferzato gli alleati a procedere con un nono giro di sanzioni alla Russia e ha sollevato con forza la questione dei droni iraniani (stando ad altri media Teheran starebbe per fornire a Mosca anche missili a corto raggio). L’Ue sul punto si sta attivando e i 27 hanno chiesto la compilazione di un dossier, con il contributo della varie intelligence. Sembra un paradosso, con le immagini dei droni che piovono sui cieli ucraini. “Ma di droni è pieno il mondo”, ha confidato un alto funzionario europeo. “L’intesa politica sulla necessità di sanzionare l’Iran c’è già, ora serve il contributo del servizio legale”.

    Intanto il Consiglio si è mosso colpendo 11 individui e 4 entità iraniane – compresa la polizia morale – per il ruolo svolto nel corso delle repressioni (divieto d’ingresso nell’Ue e confisca dei beni). “Sappiamo che non cambierà d’incanto la vita degli iraniani ma si tratta di un messaggio politico che Teheran non gradirà: è il modo che l’Ue ha per iniziare a intervenire su questi temi”, ha notato Borrell.

    L’altro aspetto di peso è stato il dibattito sulla Cina, proprio il giorno successivo al discorso – giudicato come “assertivo” – di Xi al congresso del Partito Comunista. Un documento preparato dal servizio di azione esterna dell’Ue ha raccomandato ai 27 di attuare una postura più severa nei confronti di Pechino; documento che non è stato “confutato” dai ministri presenti. “La Cina è sempre di più un competitor per noi”, ha sentenziato Borrell. “Ma i problemi del mondo non si possono risolvere senza di lei, uno su tutti il cambiamento climatico”.

    Il dibattito continuerà ma l’obiettivo è di potenziare “la resilienza” del blocco e di evitare la ripetizioni di errori del passato. Ovvero rigettare le dipendenze in settori strategici per l’Unione – tipo le “terre rare” – al contrario di quanto fatto con la Russia sul gas.

  • Alla battaglia ideale per l’Ucraina uniamo quella per gli iraniani oppressi

    Le migliaia di giovani che si ribellano alla violenta dittatura iraniana, affiancati da tante donne ed anche uomini adulti che finalmente non tollerano più i troppi divieti che sopprimono ogni libertà, ci ricordano, ancora una volta, quanto sia importante preservare la nostra democrazia e le conquiste di civiltà che abbiamo raggiunto.

    I Cittadini iraniani che sacrificano la loro vita in questi giorni di dura, violenta repressione sono un esempio che deve indurci a cercare tutti di alimentare la speranza con messaggi ed azioni di condivisione e sostegno.

    Uniamo alla battaglia ideale a favore dell’Ucraina anche quella per la libertà degli iraniani oppressi da una violenza barbara.

  • Covid: Thousands of children left without parents in Iran

    More than 51,000 children in Iran have lost a parent to the Covid-19 pandemic, Iranian welfare authorities say.

    One such case is that of Eliza, aged four.

    Eliza was very attached to her father. They read together, sang together, and he was always there to put her to bed.

    But then one day he started coughing and was taken to hospital. Her father, who was 40, died of Covid.

    “She gets very nervous if I’m out of her sight for one minute, she thinks I might not come back, like daddy,” says Afrooz, Eliza’s mother.

    Eliza is one of thousands of children who are coping with the loss of a mother or father to Covid in Iran.

    Many of these children have been home-schooled for the last 18 months and have little access to their support network due to the pandemic restrictions. It is feared the impact could be far-reaching.

    “Children who lose parents feel life is unpredictable,” says Dr Samineh Shaheem, Professor of Psychology and Leadership in London.

    “They feel that they have lost their agency and have little control over their lives. This may have long-term consequences, while increasing the risk of short-term trauma and adverse effects on their health.”

    Compared to many of these children, Eliza is in a better situation because her mother is a teacher and can provide for her.

    For many families though, life is much more difficult – especially those who have lost their primary breadwinner.

    ‘Dire consequences’

    When the pandemic began, the Iranian economy was already struggling due to US-led economic sanctions, widespread corruption and mismanagement.

    In the first year of the crisis more than one million Iranians lost their job, according to Iran’s Islamic Parliament Research Center, with dire consequences.

    “The economic uncertainty and financial difficulties may push some older children out of the education system so that they can provide for their younger siblings, making them vulnerable to exploitation, which may have dire consequences for the whole family,” says Dr Shaheem.

    Iran has suffered one of the worst coronavirus outbreaks in the Middle East.

    The official death toll in the country has reached more than 120,000, but Iranian authorities admit that the real number is much higher.

    Many Iranians blame the scale of Covid fatalities on the decision of Iran’s Supreme Leader, Ayatollah Ali Khamenei, to ban the import of US- and UK-developed vaccines last winter.

    These vaccines are being imported now, but only 20% of the population have been double-jabbed so far.

    Iran’s president, Ebrahim Raisi, had promised that 70% of the population would be vaccinated by the end of September – a promise that hasn’t been fulfilled.

    And all of this is too late for Eliza’s father.

    Eliza’s mother says: “She keeps saying that when Covid is gone, daddy will come back.”

    It is an impossible wish. Moreover, many children like her will grow up wondering whether the death of their parents could have been prevented, had the vaccine import not been banned.

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