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Biden, l’Europa, Putin e l’amico cinese

La questione Russia-Ucraina, oltre che molto pericolosa, è diventata surreale con le diplomazia non in grado di formulare proposte e Capi di Stato che rischiano, con dichiarazioni e minacce, di peggiorare una situazione esplosiva per tutti. Come i cani maschi marcano il loro territorio con l’urina così i leader cercano di marcare nuovi territori politici ed economici con le parole e lo spostamento di soldati, mezzi bellici e persone. In concreto cosa vuole Putin? Che l’Ucraina non entri nella Nato per non avere ai propri confini la presenza, più o meno forte, dell’Occidente e in particolare degli Stati Uniti. E’ un problema di leadership, di potere, ma non solo perché, come sempre, incombe anche l’ombra dello spionaggio, militare ed economico. Putin ha già annesso la Crimea  e rivendica altri territori ucraini dove vivono sia russi che ucraini favorevoli alla Russia e dove, ormai da anni, vi è di fatto una guerra non dichiarata. Molti ucraini vivono in Russia e i due Stati sono legati, tramite i loro cittadini, da odi profondi ma anche da forti rapporti di parentele ed amicizie. Non è certo una novità che il presidente russo cerchi di allargare sempre più il suo raggio di influenza tramite annessioni o stringendo rapporti sempre più stretti con governi a lui vicini. Anche la recente missione in Kazakistan ne è una prova.

In un mondo dove gli Stati liberali e democratici stanno perdendo colpi  e un certo benessere ingenera lotte interne tra i partiti, a tutto danno proprio della democrazia, gli Stati totalitari, tramite la gestione diretta di un sistema economico che ha tramutato il libero mercato in un mercato oligarchico, cercano di allargare la loro area di influenza, un esempio per tutti l’espansionismo  cinese in Africa.

Putin vuole siano tolte le sanzioni che gravano sul suo Paese e ha una forte leva perché produce e commercializza quel gas che per l’Europa è vitale, gas che a noi centellina mentre lo offre alla Cina in quantità superiori a quelle stabilite da contratto. E Putin ha, nei giorni scorsi, siglato un nuovo patto di amicizia e collaborazione con il presidente cinese stabilendo aree di pertinenza e strategie. Guardando lontano però Putin potrebbe avere problemi con la Cina, infatti Xi Jinping è al momento il più forte e se Putin dovesse perdere nelle richieste che ha fatto all’Occidente diventerebbe per i cinesi un alleato debole e la Russia dovrebbe guardarsi non solo dagli Stati Uniti e dalla molle Europa. Battaglioni schierati, navi in esercitazione davanti a Kiev, aerei russi che violano lo spazio aereo del Regno Unito, l’organizzazione Wagner presente non solo in Libia ma in vari contesti di guerriglia in Africa, sono alcuni strumenti che Putin usa per consolidare la sua immagine all’interno e rafforzare il suo peso all’esterno. Il presidente russo non retrocederà se non potrà dimostrare di aver portato a casa qualcosa e non credo proprio che la minaccia di nuove sanzioni sia lo strumento idoneo per trovare una via d’uscita.

È il momento di scegliere un compromesso onorevole per tutti, di concedere qualcosa a Putin per avere in cambio la garanzia del rispetto della sovranità dell’Ucraina e di qualunque  altro Paese, non possiamo infatti dimenticare che domani potremmo trovarci ad affrontare anche la minaccia di invasione delle repubbliche baltiche. Al tavolo delle trattative con il presidente russo non bisogna però dimenticare la Cina ed i suoi progetti vicini e lontani, e al mondo occidentale giova tentare in ogni modo che l’alleanza tra Putin e Xi Jinping non  diventi strutturale.

Uno scacchiere complesso che richiede nervi saldi e ampiezza di vedute geopolitiche per il presente ed il futuro, la pace di oggi va garantita e consolidata per garantire la pace anche domani ed è difficile immaginare che lo si possa fare solo scambiandosi reciproche minacce. I negoziatori devono essere ben consapevoli di cosa si può dare e di quanto si deve ottenere in cambio.

E in ogni trattativa bisogna ricordare di non mettere mai l’avversario nella condizione di non potere avere una onorevole possibilità di cambio di rotta.

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