Europa

L’Italia vuole i Balcani nella Ue entro il 2030

A settant’anni dalla storica Conferenza di Messina del 1955, l’Italia rilancia il suo ruolo di motore dell’integrazione europea e ponte diplomatico. Le celebrazioni tenute a Taormina e Messina hanno richiamato rappresentanti dei 27 Stati membri, dei Paesi candidati all’ingresso nell’Unione e delle istituzioni europee. Al centro dei lavori, una priorità della politica estera italiana: l’accelerazione del processo di allargamento ai Balcani occidentali e a Paesi come Ucraina e Moldova. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha definito quello dell’Italia come un “messaggio forte a tutti i Paesi candidati a far parte dell’Unione europea” ribadendo che “accelerare i tempi della riunificazione è una priorità” per il nostro Paese. Tajani ha citato come principali beneficiari Albania, Serbia, Macedonia del Nord, Bosnia Erzegovina, Montenegro e Kosovo, e ha annunciato: “Per celebrare i 70 anni della Conferenza di Messina e Taormina, abbiamo invitato anche la Moldova e Ucraina proprio per dare un segnale di grande attenzione a questi Paesi”.

Sulla tabella di marcia l’auspicio è concreto: i Balcani occidentali dovrebbero entrare “prima del 2030”. “L’allora presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, disse il 2030. Io vorrei che si anticipasse il 2030 per i Paesi dei Balcani occidentali, e dopo si parlerà di Moldova e Ucraina, che sono altri due Paesi candidati e che è giusto che facciano parte della nostra Unione”, ha affermato Tajani, ricordando che “ci sono Paesi come l’Albania e il Montenegro che hanno fatto dei passi in avanti molto importanti”. Il titolare della Farnesina ha aggiunto che, ascoltando oggi le parole dei rappresentanti “di tanti di questi Paesi”, la loro intenzione è “fare tutto il possibile per entrare a far parte dell’Unione europea in tempi brevi”. “Hanno fatto una scelta politica, è giusto sostenerli e fare tutto ciò che, anche come Italia, è in nostro potere per aiutarli”, ha aggiunto il ministro.

Durante la riunione non si è discusso solo di Ue. La Conferenza è stata occasione per affrontare la crisi mediorientale, gravata da un’escalation tra Iran e Israele che desta sempre più preoccupazione. Tajani ha confermato che i nostri ambasciatori “resteranno lì sinché ci saranno italiani da aiutare”, facendo riferimento alle conversazioni avute con i capi missione a Teheran e Tel Aviv, rispettivamente Paola Amadei e Luca Ferrari. L’Italia, inoltre, sta lavorando a dei “charter, i primi probabilmente partiranno dall’Egitto, con a bordo dei cittadini” con l’obiettivo di aiutare i connazionali “a lasciare il territorio di Israele”, ha spiegato Tajani, specificando che non si tratta di “evacuazioni ma di aiuto e coordinamento”. Il messaggio che arriva dalla diplomazia italiana è di presenza continua e operativa, in particolare in quei Paesi con connazionali da assistere, in un contesto geopolitico complesso.

Pur considerando che la situazione è “preoccupante in generale”, Tajani ha sottolineato che “non ci sono pericoli imminenti per i nostri militari” dislocati nella zona e ha voluto precisare che al momento non ci sono “notizie di basi militari Usa in Italia coinvolte” nell’escalation che coinvolge Iran e Israele, anche se “non sappiamo cosa vorranno fare gli Stati Uniti”. Parole che seguono alcune indiscrezioni riportate dall’emittente dell’opposizione iraniana con sede a Londra “Iran International”, secondo cui la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, avrebbe discusso ieri della possibilità che gli Stati Uniti utilizzino delle basi militari in Italia per attaccare l’Iran, durante degli incontri con funzionari di alto livello dell’intelligence e comandanti delle Forze armate dell’Italia.

Dalla Conferenza di Messina Taormina è giunto quindi un tentativo di rilanciare il progetto europeo – con l’Italia in prima linea nel chiedere una Europa più ampia, più forte e più coesa – e allo stesso tempo un’azione diplomatica concreta per la gestione delle crisi internazionali. Come riassunto dai passi della conferenza, la Dichiarazione Messina Taormina afferma che il “processo di riforma interna dell’Unione europea dovrà essere portato avanti separatamente, ma in parallelo con il processo di allargamento”. L’Ue, prosegue il testo, sarà così pronta “a completare efficacemente un allargamento basato sul merito, come una priorità geopolitica e un investimento strategico in pace, sicurezza e prosperità per l’intero continente”, in uno spirito di “solidarietà, fiducia reciproca e cooperazione aperta e trasparente”.

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