Si dimette anche il ministro degli Esteri Boris Johnson
L’uscita segue quella del ministro della Brexit David Davis
Anche Boris Johnson, ministro degli Esteri del governo May, si dimette a due giorni di distanza dalle dimissioni del ministro per la Brexit David Davis. Al suo posto è stato nominato Jeremy Hunt, 51 anni, al governo ininterrottamente dal 2010, per sei anni ministro della Sanità. E’ stato anche ministro dello Sport e responsabile delle Olimpiadi di Londra del 2012. Già in questa settimana Hunt dovrà occuparsi di un evento molto importante, come la visita di lavoro del presidente americano Donald Trump in programma da giovedì sera. Al suo posto, alla Sanità, la May ha nominato Matt Hancok, 39 anni, che abbandona il ministero della Cultura, al quale è stato designato Jeremy Wright, 45 anni, finora Procuratore generale. Con Steve Baker, suo ex numero due, salgono a tre i ministri dimissionari del governo May e gli ultimi due per dissensi con la linea considerata troppo morbida nei negoziati per la Brexit. L’uscita di Johnson rappresenta il tentativo di mettere in ulteriore difficoltà la May, nell’ipotesi di costringerla a cambiare le linee del suo piano. Ma per ora inutilmente. La premier difende a spada tratta il suo progetto di futura relazione con l’UE e sostiene che esso getta la basi per negoziati “responsabili e credibili” con Bruxelles. Alla Camera dei Comuni ha tuttavia dichiarato che il governo deve essere pronto per ogni possibile evenienza, compresa l’ipotesi che non si trovi nessun accordo. Ed ha aggiunto che il governo ha concordato che la proposta (per la quale i ministri Davis e Johnson si sono dimessi) deve essere migliorata, ricordando che nel frattempo il tempo stringe. Il disaccordo con i ministri dimissionari riguarda il modo di gestire il processo di uscita del RU dall’UE e a questo proposito la May ha commentato: “Siamo in disaccordo sul modo migliore per tener fede all’impegno comune di onorare i risultati del referendum” del giugno 2016, quando il 52% dei cittadini britannici ha votato a favore dell’uscita. La May ha comunque difeso la nuova strategia, che prevede nuove intese doganali con l’UE e un’apertura all’ipotesi di un’area di libero scambio con regole comuni almeno per i prodotti industriali e per l’agricoltura. Questo piano – ha spiegato la May – punta a mantenere rapporti commerciali senza attriti e getta una base responsabile e credibile nei negoziati con Bruxelles. Johnson non usa giri di parole: “Il sogno della Brexit sta morendo, soffocato da dubbi inutili”… “Ci avviamo ad assumere lo status di una colonia dell’UE”. E’ il tono di una chiamata alle armi del fronte Tory euroscettico contro il premier Theresa May. E’ l’annuncio della battaglia per sfidare la linea dell’attuale primo ministro in seno al partito conservatore. Il leader dell’opposizione laburista non si lascia scappare l’occasione e ridicolizza la nuova posizione sulla Brexit della May: Il governo è nel caos, ceda il passo! E’ incapace di raggiungere un accordo con l’UE e deve cedere il passo a chi è capace – evocando un cambio della guardia a favore del suo partito, il Labour. E continua: “Non fa chiarezza su nessuno dei punti chiave, non garantisce un confine aperto in Irlanda e lascia il Paese prigioniero della guerra civile Tory, come confermano le dimissioni recenti”.
La sterlina intanto effettua una brusca inversione di rotta e la politica è in fermento. Donald Tusk, presidente del Consiglio europeo, si rammarica che l’dea del divorzio tra Regno Unito e UE non vada via con Davis e Johnson: “i politici vanno e vengono, ma i problemi che hanno creato per le persone restano. Posso rammaricarmi che l’dea della Brexit non sia andata via con loro”