International

Volgari arroganze verbali balcaniche e verità che accusano

Con la faccia tosta si va a cavallo e in carrozza.

Proverbio

“Si dicono menzogne l’uno all’altro, labbra bugiarde parlano con cuore doppio. Recida il Signore le labbra bugiarde, la lingua che dice parole arroganti”.  Queste parole del terzo e quarto versetto del Salmo 12 dell’Antico Testamento vengono comunemente attribuite al re Davide. Parole che non hanno mai perso il loro valore. Parole che potevano descrivere benissimo anche la falsità e l’arroganza delle dichiarazioni fatte nel pomeriggio del 23 giungo scorso, negli ambienti del Consiglio europeo a Bruxelles, durante la conferenza stampa del presidente serbo, del primo ministro albanese e quello macedone. Una conferenza svoltasi dopo la discussione e le decisioni prese dal Consiglio europeo sui Paesi dei Balcani occidentali, alla quale non hanno partecipato, come previsto, i rappresentanti dell’Unione europea. Parole quelle del Salmo 12/3-4, che potevano descrivere anche una naturale reazione di tutti coloro che conoscono la realtà balcanica e, soprattutto, conoscono chi sono e cosa rappresentano i tre partecipanti alla conferenza stampa. Soprattutto colui che in più era “arrogante verbalmente” e che, in qualche modo, ha rappresentato anche i due altri: il primo ministro albanese. Proprio colui per il quale mentire, ingannare, fare l’arrogante con i deboli e il leccapiedi con persone importanti è un vizio innato.

Il 23 giungo scorso, a Bruxelles si è svolto il vertice del Consiglio europeo. Durante questo vertice, tra l’altro, si è discusso anche del percorso europeo dei Paesi dei Balcani occidentali. Di nuovo i capi di Stato e di governo dei 27 Paesi membri dell’Unione europea hanno deciso di non avanzare i processi dei negoziati con la Serbia, l’Albania e la Macedonia del Nord. Il Consiglio ha deciso di rinviare di nuovo la convocazione della prima conferenza intergovernativa sia per l’Albania che per la Macedonia del Nord. La convocazione di quella conferenza rappresenta il primo atto, dopo il quale il Paese interessato può considerarsi, a tutti gli effetti, come “Stato candidato”. Mentre per la Serbia il Consiglio europeo ha riconosciuto ufficialmente lo stato del “Paese candidato” già il 1o marzo 2012. Dopo il vertice, come sopracitato, alla conferenza stampa del presidente serbo, del primo ministro albanese e di quello macedone non erano presenti, come previsto, i rappresentanti delle istituzioni dell’Unione europea. Chissà se si è trattato di un “messaggio in codice” per i tre partecipanti balcanici. Si è “ufficialmente chiarito” però, che la non presenza dei rappresentanti dell’Unione europea a quella conferenza stampa è stata “per mancanza di tempo”, dovendo loro, in seguito, partecipare alle successive discussioni del Consiglio europeo sulla dichiarazione come “Paesi candidati” dell’Ucraina e della Moldavia. Durante quella conferenza stampa i dirigenti balcanici, sentiti “offesi”, hanno “tuonato” come mai prima contro le decisioni prese dal Consiglio europeo, contro la stessa Unione europea e determinati singoli Stati membri dell’Unione. Il più “agguerrito” è stato il primo ministro albanese che, con le sue arroganze verbali, ha fatto anche “l’avvocato” della Serbia, nonostante il presidente serbo non avesse risparmiato le sue critiche verso i rappresentanti dell’Unione europea. Il più “moderato” di tutti e tre è stato il primo ministro macedone.

Le ragioni, almeno quelle formali, che hanno motivato i membri del Consiglio europeo a decidere per il non avanzamento dei percorsi europei della Serbia sono diverse da quelle per l’Albania e la Macedonia del Nord. La Serbia, nonostante abbia aderito alle risoluzioni dell’Organizzazione delle Nazioni Unite che condannano l’attuale aggressione della Russia contro l’Ucraina, non ha però aderito alle sanzioni imposte alla Russia dall’Unione europea. Un obbligo per la Serbia, che non è stato rispettato. Il che ha causato una espressa reazione da parte dell’Unione europea contro la Serbia. E siccome la situazione causata dalla guerra in Ucraina, iniziata con l’aggressione russa il 24 febbraio scorso, ha da mesi preso tutta l’attenzione delle istituzioni dell’Unione europea e dei singoli Stati membri, l’atteggiamento istituzionale dell’Unione nei confronti della Serbia non poteva non riflettere anche questo inaccettabile e molto criticato “tentennamento” della Serbia ad aderire alle sanzioni poste alla Russia. Lo stesso presidente del Consiglio europeo aveva già evidenziato che il vertice della settimana scorsa del Consiglio non poteva non tenere presente sia l’attuale situazione creatasi per la guerra in Ucraina, sia le sanzioni contro la Russia. Il che ha messo il presidente serbo un po’ in difficoltà e lo ha costretto a non essere molto critico nei confronti delle istituzioni dell’Unione europea durante la sopracitata conferenza stampa, dopo il vertice del Consiglio europeo, nel pomeriggio del 23 giugno scorso. Ma quello che non ha però potuto fare il presidente serbo, lo ha fatto il suo “amico e avvocato”, il primo ministro albanese. Anche perché ormai ci sono tante ragioni e cause comuni tra loro due, come sono non poche anche le “somiglianze caratteriali” e quelle delle realtà politiche e delle “alleanze e connivenze occulte” nei due rispettivi Paesi. Poi, dal 2019 loro due, il presidente serbo e il primo ministro albanese, sono i sostenitori convinti dell’iniziativa Open Balcans. Iniziativa della quale il nostro lettore è stato dettagliatamente informato, anche in queste ultime settimane.

Invece la ragione che ha causato il rifiuto, da parte del Consiglio europeo del 23 giungo scorso, dei processi europei per l’Albania e la Macedonia del Nord, almeno la ragione formalmente articolata, è stato il veto posto dalla Bulgaria alla Macedonia del Nord. E siccome il Consiglio europeo ha deciso precedentemente di trattare insieme, in modo accoppiato i percorsi europei dell’Albania e della Macedonia del Nord, allora quel veto involve direttamente anche l’Albania. Lo ha confermato, il 23 giugno scorso, il Vicepresidente della Commissione europea e l’Alto rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e la Politica di sicurezza. Dopo la decisione presa dal Consiglio europeo, lui non ha nascosto il suo rammarico per la mancata apertura dei negoziati per l’Albania e la Macedonia del Nord. Tutto dovuto al veto posto della Bulgaria. Alla domanda posta a se stesso “se ci sono delle speranze?”, l’Alto rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e la Politica di sicurezza ha risposto: “Non so cosa può fare il parlamento in Bulgaria. Ma sembra che non stia andando bene”. Il veto bulgaro riguarda, in principio, le appartenenze nazionali, le lingue e la storia dei due Paesi. Facendo riferimento alla storia, si tratta di due nazioni che prima di diventare parte dell’Impero ottomano, già dal settimo secolo d.C. erano parti integranti dell’Impero bulgaro. La divisione tra i due popoli è avvenuta dopo la seconda guerra balcanica (giugno – luglio 1913; n.d.a.). Poi, dopo la sconfitta del regno della Bulgaria da parte del regno della Serbia, quest’ultimo, in seguito al Trattato di Bucarest (agosto 1913; n.d.a.), si impadronì di quasi tutti i territori che costituiscono l’attuale Macedonia del Nord. L’autore di queste righe ha trattato precedentemente per il nostro lettore le ragioni del veto posto dalla Bulgaria alla Macedonia del Nord. In un articolo proprio di un anno fa, egli scriveva per il nostro lettore che “…La Bulgaria è convinta però della nazionalità bulgara dei macedoni. Tra i due Paesi c’è anche il contenzioso che riguarda alcuni eroi storici della guerra contro l’Impero ottomano. In più la Bulgaria ha ufficialmente chiesto alla Macedonia del Nord di non fare riferimento alla “lingua macedone” ma alla “lingua ufficiale della Repubblica della Macedonia del Nord”. Un’altra richiesta è quella di ottenere garanzie che la Macedonia del Nord non rivendichi più delle proprie minoranze sul territorio bulgaro. Sono queste le condizioni poste dalla Bulgaria alla Macedonia del Nord. Soltanto dopo l’adempimento di tutte queste richieste la Bulgaria toglierà il veto che blocca il percorso europeo della Macedonia del Nord”. Aggiungendo che “…La ragione del veto bulgaro è la richiesta fatta dalla Bulgaria alla Macedonia del Nord di concordare ed accettare ufficialmente che la lingua macedone sia soltanto un dialetto della lingua bulgara e che in Bulgaria non esiste una minoranza macedone”. (Predicano i principi della democrazia ma poi…; 28 giugno 2021).

Dopo la decisione presa sull’Albania e la Macedonia del Nord il 23 giugno scorso dai capi di Stato e di governo di tutti i Paesi membri dell’Unione, nell’ambito del Consiglio europeo, proprio due giorni dopo, il 24 giugno il parlamento bulgaro, con 170 voti favorevoli, 37 contrari e 21 astensioni ha approvato la revoca del veto che bloccava l’avvio dei negoziati di adesione della Macedonia del Nord all’Unione europea. Ma nonostante ciò, sembrerebbe che adesso sia la Macedonia del Nord a non essere d’accordo con il testo approvato dal parlamento bulgaro. Rimane perciò da seguire come evolverà questo contenzioso tra i due Paesi. Nel frattempo, per quanto riguarda l’Albania, bisogna porsi alcune dirette e semplicissime domande. Ha esaudito l’Albania tutte le 15 condizioni sine qua non poste dal Consiglio europeo il 25 marzo 2020? Ha rispettato, come obbligatorio, quanto prevede l’Accordo di Associazione e Stabilizzazione con l’Unione europea, firmato dall’Albania il 12 giungo 2006 in Lussemburgo? Ha rispettato l’Albania i Criteri di Copenaghen? Ebbene, dati e fatti accaduti, documentati e ufficialmente rapportati dalle istituzioni specializzate internazionali, comprese anche quelle dell’Unione europea alla mano, la risposta è netta ed una sola. No! Il nostro lettore spesso, da anni ormai, è stato informato con la massima oggettività richiesta dall’autore di queste righe di tutto ciò. Cosa che egli continuerà a farlo.

Non si sa però perché, dopo il vertice del Consiglio europeo del 23 giugno scorso, quasi tutti, quando parlano, scrivano, commentano e analizzano la decisione presa dal Consiglio europeo per l’Albania, fanno riferimento soltanto al veto bulgaro sulla Macedonia. Ma in realtà, anche se quel veto non ci fosse stato, almeno per quanto riguarda l’Albania non si potevano mai aprire i negoziati come “Paese candidato”. Si, perché l’Albania non ha esaudito le 15 condizioni sine qua non poste dal Consiglio europeo il 25 marzo 2020! Anzi, la realtà albanese, quella vera, vissuta e sofferta, sta peggiorando di giorno in giorno. E guarda caso, “stranamente” il primo ministro albanese ha sempre negato l’esistenza di quelle 15 condizioni! In più occasioni non sono stati rispettati gli obblighi previsti dall’Accordo di Associazione e Stabilizzazione con l’Unione europea. Il caso del porto di Durazzo, del quale il nostro lettore è stato informato a tempo debito, ne è una molto significativa dimostrazione (Clamoroso abuso miliardario in corso; 21 febbraio 2022). Così come l’Albania non ha rispettato quanto previsto dai Criteri di Copenaghen. La vera ragione per la quale all’Albania non si aprono e non si devono aprire i negoziati è la restaurazione ed il consolidamento nel Paese di un nuovo regime totalitario, di una nuova dittatura sui generis, camuffata da un pluripartitismo di facciata. Una realtà questa, della quale il nostro lettore, da anni ormai, e stato informato molto spesso. E nonostante ciò, durante la sopracitata conferenza stampa nel pomeriggio del 23 giugno scorso, il primo ministro albanese, con la sua ben nota arroganza verbale ha attaccato ed aggredito le istituzioni dell’Unione europea. Ma ha anche espresso il “suo profondo rammarico per l’Unione europea”. Aggiungendo che gli “dispiace per loro e spero che potremmo aiutarli” (Sic!). Una ben scelta “strategia”, quella sua, per cercare di coprire tutte quelle drammatiche e allarmanti verità che lo accusano in prima persona, almeno istituzionalmente.

Chi scrive queste righe promette al nostro lettore di trattare questo argomento nel prossimo futuro.

Condivide però, nel frattempo, la saggezza popolare secondo la quale con la faccia tosta si va a cavallo e in carrozza. Ed è proprio il caso del primo ministro albanese. Chi scrive queste righe condivide anche la preghiera espressa nel Salmo 12, versetto 4 dell’Antico Testamento; “Recida il Signore le labbra bugiarde, la lingua che dice parole arroganti”. Chissà però se il primo ministro albanese conosce questo versetto? E se si, chissà come si sente?!

Mostra altro

Articoli Correlati

Pulsante per tornare all'inizio