Buongiorno agli appassionati di cucina de Il Patto Sociale, sono Riccardo Passeggi, avvocato genovese del Gruppo Toghe & Teglie detto Compasslawyer acronimo di Compagno Avvocato Passeggi perché sono uno degli ultimi bolscevichi esistenti: razza in estinzione di cui due esemplari (l’altro è Enrico Ghezzi) vengono mantenuti in area protetta proprio in questa simpatica congregazione di avvocati spadellatori.
Ritornata la primavera, per uno che ha la fortuna di abitare sul Porto Vecchio e praticamente con i piedi a mollo la tentazione di prepararsi qualcosa di primaverile durante un fine settimana solatio è stata forte; noi genovesi abbiamo un risalente legame con la Sardegna e così è nato questo piatto che ha come base la fregola. Non la conoscete? E’ una pasta di semola, acqua e sale di varie dimensioni prodotta con il rotolamento della semola in un catino, suddivisa in palline irregolari e tostata al forno. Eccellente per primi piatti asciutti e minestre.
La mia versione è con asparagi, salsiccia, pomodori e un pizzico di zafferano di San Gavino, sempre in onore alla grande isola: oro rosso a 18 carati, provatelo!
Le dosi le lascio a voi, al vostro gusto e appetito ma intanto iniziate con il lessare gli asparagi (gli asparagini selvatici vanno benissimo se li trovate) senza farli ammosciare troppo.
Nel contempo, mettere a rosolare in una casseruola unta con un paio di cucchiai d’olio evo un po’ di cipolla tritata e della salsiccia non piccante fatta a tocchetti e privata del budello da sfumare con mezzo bicchiere di vino bianco durante la cottura.
Senza portare la salsiccia a cottura completa aggiungere dei pomodorini tagliati a quarti e un litro di brodo vegetale.
Quando il composto è a bollore aggiungete la fregola (un centinaio di 100 gr circa a persona) e fatela cuocere per un quarto d’ora circa versando a metà cottura mezza bustina di zafferano.
In finale aggiungete per qualche minuto le punte degli asparagi fatte brevemente rosolare in padella con poco olio evo dopo averle lessate. Servire quando il composto è ancora cremoso e ricorda il riso “all’onda”, dopo averlo fatto riposare un paio di minuti.
Per placare la sete suggerisco di abbinarvi una bottiglia di U Tabarkin ovvero un bianco di uve di Carloforte (antica colonia genovese in Sardegna) ben ghiacciata e anche se non avrete la fortuna di pasteggiare in terrazza vista mare come ho fatto io sono sicuro che sarete soddisfatti.
Alla prossima o, come dovrebbe dire un vero bolscevico: dasvidania!