Asia

  • Un raduno di preghiera interrotto nel distretto di Mumbai per possibile minaccia all’ordine pubblico

    Pubblichiamo di seguito un articolo di Anna Bono apparso su La Nuova Bussola Quotidiana il 5 settembre 2019

    Un raduno religioso organizzato dal movimento pentecostale New Life Fellowship Association in una scuola municipale di Worli Naka, del distretto di Mumbai, India, è stato interrotto dalla polizia il 3 settembre, chiamata da alcuni membri del Bajrang Dal, l’ala giovanile dell’organizzazione nazionalista radicale Vishwa Hindu Parishad. Dinesh Shrivstav, il loro coordinatore locale, si era mescolato ai fedeli insieme a un compagno per filmare l’evento e avvisare le forze dell’ordine, riporta l’agenzia AsiaNews, mentre altri otto aspettavano all’esterno dell’edificio. Sajan K George, presidente del Global Council of Indian Christians, ha spiegato che “nelle aree rurali non è inconsueto che le fazioni di destra mandino le loro spie ai raduni di preghiera e chiedano addirittura al pastore di pregare per la loro guarigione. Nel frattempo riprendono tutto e poi diffondono i video sui social, dicendo che sono ‘conversioni forzate’. Tutto è falso e senza prove, con il solo scopo di seminare il sospetto contro la minoranza cristiana”. La polizia ha sospeso l’evento della New Life Fellowship Association affermando che era stato organizzato senza autorizzazione. Al reverendo Allen Salins, ospite d’onore del raduno, l’ispettore capo della polizia di Worli Naka, Sukhlal Varpe, ha fatto pervenire una notifica in cui si legge: “il Bajrang Dal ha protestato per l’incontro che ha disturbato l’armonia sociale e avrebbe potuto provocare disordini. Se in futuro l’armonia comunitaria sarà disturbata da lei o da altri suoi colleghi, sarete perseguiti legalmente e questa notifica sarà usata contro di voi come prova in tribunale”. Con un’altra notifica l’ispettore capo ha intimato agli attivisti del Bajrang Dal di non fare irruzione in simili eventi in futuro: “gli attivisti non sono autorizzati a occuparsene, avrebbero dovuto rivolgersi subito alla polizia”. Il reverendo Salins ha commentato: “tutti siamo rimasti scioccati. Avevamo organizzato l’evento per pregare e cantare. Non c’era alcuna minaccia all’ordine pubblico. La New Life Fellowship Association ha pagato la scuola per poter tenere l’incontro”. Anche Sajan K George obietta che i cristiani rispettano la legge e non creano problemi:  “invece questi gruppi marginali minacciano e intimidiscono la minuscola comunità di fedeli. Il vigilantismo della maggioranza sta prendendo il sopravvento e vuole distruggere le minoranze religiose. I cristiani sono visti come ‘gli altri’. Siamo molto preoccupati”.

  • La Cina, l’Africa e l’Europa

    Dal 2000 il governo cinese ha già impiegato in Africa 400 miliardi di dollari e vi sono centinaia di migliaia di cittadini cinesi che vivono nel continente africano anche come proprietari di imprese (dalle miniere alle piantagioni alle attività produttive) e vi è pure un numero altissimo di tecnici. La televisione cinese ha aperto un canale, con base a Nairobi, dedicato agli africani, moltissime sono le infrastrutture realizzate dal governo di Pechino in Africa: 6.500 km di ferrovie, 6.000 km di autostrade, 200 scuole, 80 strade e poi porti, aeroporti, linee di comunicazioni e uffici per i governi locali. La Cina pensa di arrivare in breve tempo a costruire ferrovie e porti, in Africa, per il trasporto e l’accoglienza di quasi 100 milioni di tonnellate di merci ogni anno. Ormai dal 2009 la Cina è diventata il primo partner commerciale dell’Africa, si stima che solo nel 2017 il volume di affari sia stato di 170 miliardi. Il debito che gli africani stanno accumulando sarà difficilmente ripagabile e di fatto la Cina sta sfruttando le risorse africane comprando intere parti del territorio. Per conquistarsi l’interesse della popolazione, i cinesi producono anche film nei quali si vedono caschi blu cinesi che aiutano le popolazioni africane a liberarsi dai terroristi o medici cinesi che aiutano le medesime popolazioni a contrastare gravi malattie come l’ebola. Ufficialmente le autorità cinesi sostengono che i dipendenti delle aziende cinesi in Africa sono locali per circa il 90% e che gli africani sono trattati da uguali, invece da gran parte della popolazione africana vi è molta insofferenza per l’atteggiamento di supremazia che i cinesi hanno verso i locali. Le autorità del Kenya hanno espulso un manager cinese che aveva espresso commenti pesantissimi contro gli africani, compreso il presidente Kenyatta, definendoli tutti cattivi, poveri, stupidi e neri. Secondo quanto dichiarato dal giornalista Matteo Fraschini Koffi, che da anni si occupa di Africa subsahariana, la presenza cinese in Africa vede anche attività di spionaggio, come nel caso di quello effettuato nella sede dell’Unione africana ad Adis Abeba in Etiopia, dove i cinesi hanno hackerato i computer degli uffici e copiato dati sensibili.

    I miliardari investimenti della Cina in Africa sono una vera e propria conquista del territorio che, unito alle infrastrutture che Pechino già ha nel Mediterraneo dopo aver acquisito diversi porti (non solo il Pireo) e agli investimenti in infrastrutture nel Nord Europa, dimostrano che le mire espansionistiche cinesi stanno agendo a tenaglia sul vecchio continente. Di fronte a questa emergenza l’Europa continua a tacere occupandosi solo di lanciarsi reciproche accuse sul problema immigrazione, senza peraltro risolverlo. L’Africa ha bisogno di una presenza europea più forte e mirata ad investimenti che, aiutando seriamente ed effettivamente lo sviluppo, non solo impedisca un’immigrazione controllata ma renda il continente africano capace di progredire sulla via della democrazia e del benessere. L’Africa è geograficamente il più vicino partner commerciale dell’Unione europea, ma questo continua a sfuggire a coloro che, in Europa, a livello nazionale o comunitario, si occupano di investimenti, infrastrutture e sviluppo. Solo Guy Verhostadt, presidente del gruppo liberale (Alde) al Parlamento europeo, ha recentemente sottolineato che un mercato economico comune euro-africano avrebbe un potenziale enorme, con 1,5 miliardi di consumatori e un valore di 20 trilioni. Le prossime elezioni europee e il nuovo assetto dell’Europa che ne scaturirà porranno la questione della posizione europea rispetto all’Africa e ci si augura che sia i parlamentari eletti dai cittadini sia il nuovo presidente della Commissione abbiano una visione geopolitica più avveduta di quelle precedenti.

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