contraffazione

  • Dal bio ai giocattoli, ecco i numeri della contraffazione

    Dai prodotti bio ai giocattoli passando per i cosmetici: sembra non esistere un settore merceologico immune dalla contraffazione. Anche i farmaci non sono immuni con il drammaticamente noto fenomeno dei presunti anti-Covid.

    Il Comando Carabinieri per la Tutela Agroalimentare, negli ultimi due anni ad esempio, ha effettuato 3mila controlli lungo la filiera, con il sequestro di 10mila tonnellate di prodotti. Le speculazioni riguardano soprattutto la commercializzazione di prodotti immessi nel mercato con marchi di qualità contraffatti: Denominazione di Origine Protetta, Indicazione Geografica Protetta e Specialità Tradizionale Garantita. I dati emergono dall’audizione del Generale di Brigata dell’Arma dei Carabinieri, Giuseppe De Riggi, alla Commissione parlamentare di inchiesta sulla tutela dei consumatori e degli utenti presieduta da Simone Baldelli, durante la quale è stata illustrata l’attività svolta dall’Arma nei settori di competenza della Commissione.

    “In questo momento di crisi economica e di forte aumento dei prezzi – sottolinea Simone Baldelli, presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sulla tutela dei consumatori e degli utenti – bisogna mantenere alta la guardia per contrastare il più possibile, anche sul fronte internazionale, tutti i diversi aspetti del complesso fenomeno che più comunemente definiamo contraffazione”.

    Ecco alcuni dei ‘casi’ emersi:

    POMODORO: Solo in Campania e in Toscana i Carabinieri nel 2021 hanno sequestrato 6.000 tonnellate di conserve già lavorate, presentate come “prodotto italiano 100%”, in realtà provenienti da Paesi extra-europei.

    BIOLOGICO: Tra i mercati agroalimentari emergenti spicca il settore biologico, arrivato a valere 4,6 miliardi di euro nel 2021. Gli accertamenti sinora condotti fanno emergere la commercializzazione di una significativa quota di prodotti falsamente certificati, ottenuti attraverso l’impiego di agro-farmaci vietati o materie prime di importazione non controllate, in particolare cereali.

    SALUTE: I controlli sulla qualità dei prodotti alimentari coinvolgono anche il Comando Carabinieri per la Tutela della Salute per gli aspetti più direttamente connessi con la salute dei consumatori. Nell’ultimo biennio, nello specifico settore, il Reparto speciale ha eseguito oltre 35mila controlli. Un terzo delle attività ispezionate è risultato non in regola, con il sequestro di 12mila tonnellate di derrate alimentari. Nello stesso periodo, nei settori farmaceutico e sanitario, il tasso di irregolarità è stato del 14% (52.665 attività controllate, 7.624 non in regola) Le violazioni più diffuse attengono a carenti condizioni igieniche nel commercio degli alimenti, sofisticazione di cibi ad elevato valore commerciale, rietichettatura di alimenti scaduti e macellazione clandestina di carni.

    GIOCATTOLI: I carabinieri intervengono sul mercato dei giocattoli, svolgendo annuali campagne di controllo, in particolare tra ottobre e febbraio, in prossimità delle ricorrenze tradizionali. Nel periodo appena trascorso, le attività ispettive hanno condotto al sequestro di circa 300mila confezioni di prodotti privi del marchio di conformità europea.

    COSMETICA: La falsa promessa di un rimedio di bellezza particolarmente conveniente nasconde, talvolta, prodotti inefficaci e addirittura dannosi. Nel 2021, il Comando Carabinieri per la Tutela della Salute ha sequestrato oltre 50mila prodotti recanti etichettature irregolari, o per la presenza di sostanze vietate.

    COVID: Nel periodo più drammatico della pandemia, la specifica attività di monitoraggio svolta dal Reparto speciale su oltre 3.000 piattaforme online ha consentito di oscurare 600 siti web, collocati su server esteri in paesi extra-UE, attivi nella vendita di falsi prodotti anti Covid.

    DOPING: Nell’ultimo biennio, sono stati eseguiti quasi 850 interventi, con l’arresto di 20 persone per traffico di anabolizzanti e il sequestro di 580mila farmaci dopanti e anabolizzanti.

    LAVORO IN NERO: Il Reparto speciale, negli ultimi due anni, ha controllato oltre 26mila aziende, esaminando la posizione di oltre 70mila lavoratori e riscontrando oltre 16mila irregolarità tra cui 9mila lavoratori “in nero”.

    RIFIUTI: l’attenzione del comparto ambientale dell’Arma si sta concentrando su due aspetti: il ciclo della plastica e il ciclo di smaltimento delle componenti elettroniche. Nell’ultimo biennio, i Carabinieri per l’Ambiente hanno diretto un’azione operativa, coordinata da Europol, con il coinvolgimento di 13 Paesi, sequestrando 350 tonnellate di componenti elettronici diretti verso il Nord Africa.

  • I falsi sono un pericolo ma 7 su 10 li comprano

    Borse e scarpe con marchi falsi, giocattoli, sigarette, ma anche imitazioni di prodotti iconici del design italiano, come le finte Vespa con tanto di sidecar scovate a Linate qualche giorno fa o una riproduzione di una Ferrari da Formula 1. L’inventario del mercato parallelo è nutrito. La contraffazione rappresenta un danno per l’economia legale, ma anche un rischio per la sicurezza, gli italiani sembrano esserne consapevoli, allo stesso tempo lo ritengono un peccato veniale, se alla domanda se acquisterebbe merce di dubbia provenienza ma del tutto identica all’originale e a un buon prezzo, il 70 risponde di sì. Questo emerge da un’indagine realizzata dall’Agenzia delle Accise, della Dogane e dei Monopoli sulla percezione della contraffazione in Italia.

    “Otto italiani su 10 sono consapevoli del fenomeno, sanno benissimo di cosa si tratta, ma 7 su 10 purtroppo creano meccanismi giustificativi e ritengono possibile acquistare un prodotto contraffatto”, ha spiegato il direttore generale dell’Agenzia, Marcello Minenna, in un incontro organizzato dopo un’operazione che a Linate ha portato al sequestro, tra le altre cose, di quattro motocicli elettrici di origine cinese che imitano la Vespa. “Il problema – ha aggiunto – è che non c’è sempre consapevolezza che questi sono prodotti che minimano la sicurezza: giocattoli con materiali tossici, pericolosi per i bambini, pillole blu colorate con la stessa vernice delle strisce di sosta, e potrei andare avanti in una raccolta degli orrori che purtroppo realizza l’industria della contraffazione”. “Contrastare la contraffazione – ha spiegato il procuratore aggiunto di Milano Eugenio Fusco – assicura una doppia tutela: del marchio e della sicurezza del cittadino”.

    La diffusione dei falsi li rende anche “familiari”, con la quasi totalità degli intervistati a cui è capitato di sentirsi offrire un prodotto contraffatto: il 68% almeno un capo di abbigliamento falso, il 48% prodotti elettronici, il 42% giocattoli, più basso il dato relativo a farmaci e cosmetici (26%) e sigarette tabacchi (24%). E’ diffusa anche la consapevolezza dei rischi legati all’acquisto di un prodotto contraffatto, il 75% sa che può essere pericoloso per la salute, altrettanti sono consapevoli di finanziare la criminalità e contribuire allo sfruttamento del lavoro.

    I numeri sono enormi: nel 2021 sono stato sequestrati 6,3 milioni di pezzi, quasi 13 milioni nel 2020, mentre nel 2019 erano stato 3,5 milioni. E molti di più sono quelli che sfuggono. Al di là di quello che emerge dai sequestri, qual è la tendenza? “Difficile dare una statistica – ha risposto il direttore delle Dogane – quello che riscontriamo è che anno dopo anno, in relazione ai nostri interventi, si realizza una diversione dei traffici e dei prodotti contraffatti».

  • L’Italia invoca l’aiuto della Ue per il Prosecco: stoppi la Croazia

    L’Italia è pronta alla “guerra” in Europa contro il tentativo di riconoscimento del Prosek, il vino passito croato che suona come il ben più noto Prosecco, il campione internazionale delle bollicine. La riunione conclusiva della task force ministeriale si è svolta a Venezia, con il sottosegretario Gian Mario Centinaio ospite del presidente veneto Luca Zaia e i rappresentanti del Friuli Venezia Giulia.

    “Abbiamo lavorato sodo e all’unisono nella task force per mettere a punto l’opposizione dell’Italia. Sono fiducioso che vinceremo. E non abbasseremo la guardia fino al risultato finale”, ha detto Centinaio alla fine della riunione a Palazzo Balbi, sede della Regione Veneto. “Ci aspettiamo ora – ha aggiunto – che la Commissione Ue metta un freno a un goffo e maldestro tentativo di copiare la nostra Dop più importante, e che fermi un pericoloso precedente che istituzionalizzerebbe l’Italian sounding e che quindi va contrastato con ogni mezzo. Oggi abbiamo ribadito che il Prosecco rappresenta una tipicità esclusivamente italiana – ha sottolineato – e che il Prosek è imitazione, evocazione. Abbiamo trovato motivazioni storiche e giuridiche che ci fanno essere ottimisti”. In particolare, tra le carte c’è una prova decisiva di carattere storico. Lo ha spiegato Zaia: “Ci sono mappe ufficiali – ha rivelato – che partono dal 1300 e che fanno vedere che prima di Trieste c’è una città che già allora si chiamava ‘Prosek’. E’ la dimostrazione, la prova provata, che il toponimo che ha dato la riserva del nome al Prosecco nel 2009 è lo stesso. Quindi – ha aggiunto Zaia – non è possibile che altri possano utilizzare lo stesso toponimo”.

    Per Centinaio, ora “ci aspettiamo che l’Unione europea fermi un pericoloso precedente, altrimenti in futuro rischieremo di confrontarci con il ‘Parmizaner’ svedese o la ‘mozzarella di bufalen’ di Dresda. L’Europa dovrebbe tutelare le denominazioni europee. Nel momento in cui accetta di iniziare un percorso anche giudiziale sulla questione ‘Prosek’, non rende merito al lavoro che viene fatto nei nostri territori. La Commissione sia ora custode dei Trattati europei, difenda le 838 Dop e Igp italiane, così come tutte le Dop degli altri paesi dell’Unione da imitazioni ed evocazioni. Ci aspettiamo che lo faccia fino in fondo”, ha concluso.

    Soddisfazione è stata espressa dal mondo agricolo e dei produttori per la conclusione dell’istruttoria, sottolineando che restano meno di 20 giorni per presentare all’Unione Europea l’opposizione alla domanda di riconoscimento del Prosek croato. Coldiretti ribadisce che il Prosecco “è il vino italiano più consumato e taroccato al mondo. Ci sono le premesse per vincere questa battaglia in Europa ed evitare un precedente pericoloso che rischia di indebolire l’intero sistema di protezione giuridica dei marchi di tutela”.

  • Ancora allarme per il pomodoro cinese

    Come abbiamo già denunciato più volte anche quest’anno, mentre in Italia volge al termine la campagna del pomodoro, arriva l’allarme delle organizzazioni agricole. In Italia i derivati di pomodoro cinese, ricorda la Coldiretti, è arrivata a +164% ed anche dalla Turchia aumenta rapidamente l’arrivo di questi prodotti.

    I derivati del pomodoro sono un condimento particolarmente utilizzato in Italia sia direttamente dai consumatori che come parte di prodotti alimentari che l’Italia esporta. I pomodori coltivati al di fuori delle norme di garanzia che evitano l’utilizzo, per la coltivazione di prodotti che in Europa sono stati individuati come cancerogeni e pericolosi, rappresentano un rischio per la salute.

    Nel nostro Paese vi è l’obbligo che l’etichetta porti il luogo di coltivazione del pomodoro, questa specifica deve esserci anche per i derivati ma non è previsto nulla per i prodotti che saranno esportati. Per questo vi è il rischio concreto è che si esportino dall’Italia salse, passati, concentrati per i quali non è stato utilizzato pomodoro italiano e questa sarebbe ovviamente una frode e un grave danno per il made in Italy. Nella coltivazione del pomodoro si usano, in molti paesi, anche prodotti che forzano la maturazione in 24/36 ore. Questo sistema fortunatamente non è usato nel nostro Paese dove le aziende che lavorano il pomodoro ricevono il prodotto secondo turni prestabiliti e i pomodori seguono la naturale maturazione.

    E’ molto importante che non solo le associazioni di categoria e coloro che sono preposti al controllo, a partire dai nuclei anti sofisticazione, vigilino con attenzione per controllare che le importazioni dalla Cina, come anche da altri Paesi, non nascondano frodi o inganni, altrettanto importante è che i consumatori verifichino l’etichettatura di quanto stanno acquistando.

  • Videocamere di fabbricazione cinese: dopo la denuncia di Report il governo italiano faccia luce

    La trasmissione Report di lunedì scorso ha evidenziato e denunciato i gravi problemi connessi all’utilizzo di videocamere di controllo di fabbricazione cinese anche in aree molto sensibili, telecamere in grado di trasmettere in Cina dati riservati o comunque potenzialmente utilizzabili dai cinesi. Il Patto Sociale, in diversi articoli, ha più volte evidenziato come la Cina utilizzi all’estero strumenti che si possono definire di spionaggio mentre sul proprio territorio produce attraverso veri e propri campi di lavoro forzato. La nostra redazione, ricordando anche gli interventi al Parlamento europeo dell’on. Cristiana Muscardini e le confuse ed inutili risposte della Commissione europea, si augura che il governo italiano, presa visione dei documenti forniti da Report, si attivi, in Italia ed in Europa, per fare luce sui fatti denunciati e per impedire che, nel presente e nel futuro, atteggiamenti lassisti o interessi economici distorti, creino problemi all’Italia, all’Europa, ai singoli ed alla collettività.

  • Concentrato di pomodoro cinese. No grazie

    L’Italia è il primo paese europeo per la produzione di pomodori e proprio nei giorni scorsi gli agricoltori hanno siglato i nuovi contratti ma, ancora una volta, una concorrenza sleale e, in alcuni casi pericolosa per la salute, arriva dalla Cina.

    La Cina è negli anni diventata, a livello internazionale, un grandissimo produttore ed esportatore di salsa di pomodoro derivante da pomodori coltivati, per la maggior parte, dagli Uiguri, la minoranza etnica mussulmana in gran parte detenuta in campi di lavoro, secondo quanto affermano le Nazioni Unite. I campi di lavoro in Cina sono molti nei quali si coltivano prodotti agricoli o sono realizzati prodotti d’abbigliamento ed altri manufatti. L’Oviesse ha da poco dichiarato che per le violazioni dei diritti umani perpetrate dal governo cinese specialmente nei campi di lavoro, e cioè in veri campi di concentramento, non comprerà più il cotone cinese.

    La Cina produce, con decine di aziende di trasformazione che lavorano i pomodori coltivati su migliaia di ettari, il triplo concentrato di salsa di pomodoro che è praticamente tutto esportato e che arriva in tutto il mondo, compresa una ingente quantità nel porto di Salerno. Qui alcune aziende italiane lo acquistano e, aggiungendo acqua e sale, lo trasformano in doppio concentrato prodotto in Italia… Questo doppio concentrato con bandierina tricolore è poi venduto ed esportato. Certo il pomodoro cinese costa meno perché la manodopera è sottopagata, o non pagata nel caso dei campi di lavoro, ed inoltre è utilizzato anche molto lavoro minorile. Se poi, oltre alla violazione dei diritti umani, teniamo conto che i sistemi di coltivazione in Cina non hanno certo le norme di controllo europee per vietare sostanze chimiche nocive per la salute si comprende bene come si debba vigilare con particolare attenzione su questo prodotto, vigilare attraverso le leggi e le autorità competenti ma anche come consumatori dobbiamo verificare, per quanti possibile, quello che acquistiamo. Le battaglie per l’ambiente e per un commercio corretto partono anche da qui, dal pomodoro.

  • Alibaba: la realtà senza tutele

    Una rassegna fieristica rappresenta l’espressione del livello raggiunto dalle imprese in un determinato settore: in altre parole rappresenta lo stato dell’arte di un determinato settore industriale o di servizi.

    All’interno di due settori trainanti per l’Italia come quello metalmeccanico e tessile-abbigliamento questi momenti fieristici presentano, attraverso la propria produzione, anche il livello di know-how (industriale e professionale) raggiunto dalle aziende ed in termini generali dal made in Italy.

    Prima dell’avvento del digitale, addirittura in occasione degli appuntamenti fieristici, in particolar modo se di prodotti intermedi, come per esempio dei tessuti o filati nel tessile abbigliamento, veniva applicata una sorta di tutela fisica dei prodotti esposti i quali potevano venire semplicemente apprezzati per la “mano” ma nulla più a fronte di tentativi di tagli e strappi finalizzati alla clonazione.

    Con l’avvento del telefonino e dell’economia digitale questi prodotti, espressione complessa di studi e ricerche notevoli, possono venire copiati in un modo istantaneo: in questo senso viene interpretato molto spesso il cartello “no photo” esposto da alcune aziende all’interno dei propri stand. In altre parole, la tutela proprio all’interno di un momento di incontro come una fiera non viene mai meno. Questo risulta fondamentale perché la semplice salvaguardia di un prodotto (finale, intermedio o strumentale non vi è alcuna differenza) rappresenta la tutela dell’intera filiera che contribuisce alla realizzazione, attraverso il proprio know how industriale e professionale, del prodotto esposto soprattutto in una logica di politica di sviluppo economico (https://www.ilpattosociale.it/attualita/made-in-italy-valore-economico-etico-e-politico/).

    Da sempre la sintesi dell’azione di una classe politica e dirigente dovrebbe risultare dal doppio obiettivo di una tutela del know-how espresso attraverso i prodotti dal complesso sistema industriale sempre all’interno di una politica di sviluppo. In questo contesto, allora, ecco come l’accordo siglato dal ministro Di Maio e dall’Ice con la piattaforma Alibaba (*), sulla base del quale verranno posti on-line i prodotti (strumentali ed intermedi) del Made in Italy in una piattaforma B2B, rappresenta un autogol clamoroso in assenza di una ferrea tutela del know-how e dei diritti di copyright espressi.

    Si ricorda in tal senso che solo nel settore calzaturiero italiano sono circa duemila (2.000) i marchi clonati da aziende cinesi la cui tutela è impossibile in considerazione della vastità e complessità del sistema giudiziario cinese. A conferma, infatti, solo Zegna, Kartel e Ferrero sono riuscite ad ottenere la tutela dei propri prodotti attraverso una sentenza dei Tribunali cinesi.

    In questo contesto porre on-line il nostro “stato dell’arte” come espressione del livello tecnologico, stilistico e della ricerca raggiunto in ogni settore dal Made in Italy senza contemporaneamente l’introduzione di una chiara e precisa normativa aggiuntiva a tutela di quanto viene esposto offre così la possibilità a tutte le industrie cinesi di copiare in modo ancora più agevole.

    Francamente non si riescono a capire le ragioni dell’entusiasmo di un tale ministro Di Maio incapace di comprendere le problematiche implicite di un accordo con la piattaforma cinese e che espone l’intero settore del made in Italy, privo di tutele aggiuntive, ad un vero e proprio rischio clonazione. E’ incredibile in questo contesto anche il silenzio di Confindustria. Quasi che la tutela delle produzioni dei propri associati risulti secondaria agli accordi politici con il governo.

    Non comprendere le conseguenze delle proprie scelte quando si assumono posizioni di governo non rappresenta più un difetto ma una colpa grave.

  • Il PE si prepara a votare l’accordo sulle indicazioni geografiche UE-Cina

    Il 6 novembre 2019 l’UE e la Cina hanno concluso i negoziati su un accordo autonomo in merito alla cooperazione sulla protezione delle indicazioni geografiche (IG) di prodotti, perlopiù agricoli. Il reciproco accordo UE-Cina mira a proteggere 100 IG dell’UE in Cina e 100 IG cinesi nell’UE contro l’imitazione e l’appropriazione indebita. Il 20 luglio 2020 il Consiglio UE ha approvato la firma dell’accordo e il Parlamento europeo deve ora dare il suo consenso alla conclusione del contratto. Una volta entrato in vigore, l’accordo potrebbe contribuire a promuovere le esportazioni dei prodotti alimentari di alta qualità dell’UE, compresi vini e alcolici, verso la terza destinazione più grande per le esportazioni agroalimentari dell’UE, cioè la Cina.

    L’accordo amplierebbe inoltre il riconoscimento globale del regime di protezione delle IG sui generis dell’UE, un obiettivo chiave della politica commerciale dell’UE.

  • Ricetta veterinaria obbligatoria per arginare il commercio illecito dei farmaci

    Durante il lungo periodo della chiusura giocoforza moltissime persone,in più del solito, si sono rivolte agli acquisti on line e, come purtroppo accade spesso, sono aumentate le truffe e gli illeciti.

    Il presidente dell’Anmvi, dottor Marco Melosi, si è recentemente rivolto al Ministero della Salute chiedendo un intervento urgente, quali l’applicazione delle misure che sono già allo studio ma che non sono ancora divenute esecutive, per arginare ed impedire il commercio illecito di farmaci veterinari. La vendita di farmaci veterinari senza adeguata prescrizione non è solo pericolosa in sé ma oltre a essere un illecito, consentendo guadagni esenti da ogni tassazione, è ulteriormente pericolosa perché molto spesso sono  venduti farmaci illegali o farmaci che, non utilizzati correttamente, possono portare a gravi conseguenze. Preoccupa inoltre che siano tornati attivi siti commerciali che erano già stati oscurati nel passato, il che dimostra la mancanza di controlli adeguati su quanto viaggia sulla rete.

    La ricetta veterinaria, ricorda il presidente, è un atto sanitario ed eludere la ricetta non è solo una violazione ma può portare a conseguenze nocive, non solo per l’animale che si deve curare. Infatti Il problema diventa particolarmente rilevante quando si tratta di medicinali per animali d’allevamento, l’utilizzo, ad esempio, di eccessivi antibiotici, sia per gli animali da latte che da carne, comporta conseguenze negative anche per la salute e per  l’alimentazione delle persone. Inoltre spesso i medicinali venduti in rete, senza i debiti controlli, sono contraffatti, come è già più volte avvenuto per i farmaci per gli umani. Dietro la vendita illegale o di prodotti contraffatti vi è un enorme giro di denaro che arricchisce le associazioni criminali. Il governo ha voluto la tracciabilità dei farmaci veterinari tramite l’obbligo della ricetta veterinaria proprio per la tutela della salute degli animali e degli uomini ed i medici veterinari si sono sobbarcati questo incarico. La loro disponibilità e attenzione non può oggi essere vanificata dalla mancanza di controllo dei siti commerciali.

    Aggiungiamo, assumendocene la responsabilità, che ci siamo, anche come clienti, assoggettati a questa regola anche quando, in certi casi, per gli animali da compagnia, non sarebbe stata così indispensabile proprio perché crediamo nella necessità di identificare e tutelare ogni ruolo rivolto alla salvaguardia del benessere animale ed i veterinari si sono sobbarcati questo ulteriore sforzo di organizzazione che ha consentito, durante la chiusura, di poter usufruire direttamente in farmacia della ricetta veterinaria. Tollerare perciò che vi siano ancora tanti modi per eludere la legge e mettere in pericolo la salute è inaccettabile,  i medicinali devono essere tracciabili e si deve essere in grado di  contrastare tutte le pratiche illecite.

     

  • Vigo: con Combimais premiata la filiera completa riconoscibile

    Lo scorso 17 luglio l’Azienda lombarda ‘Innovagri ‘dei fratelli Mario e Alberto Vigo ha ricevuto, dalle mani del Premier Giuseppe Conte e alla presenza del Ministro dell’Agricoltura Gian Marco Centinaio, un importante premio indetto da Confagricoltura per le aziende agricole che maggiormente si sono distinte per i sistemi innovativi adottati per la coltivazione. ‘Innovagri’ ha vinto grazie al progetto Combi Mais Idrotechnologies che da qualche anno ha messo in campo, con numerosi e molto soddisfacenti risultati.  Abbiamo incontrato il presidente di ‘Innvagri’, Mario Vigo, per sapere di più del progetto, e non solo.

    1) Come è nata l’idea di Combi Mais?

    “Combimais” nasce per dare una risposta all’interno di Expo ad una agricoltura mirata del nuovo millennio, interpretando le necessità che portano ad un agroalimentare produttivo, qualitativo e sostenibile.

    2)  Come è stata accolta nella sua azienda e dai consumatori ‘tradizionali’ questa idea?

    Nella mia azienda il protocollo “Combimais”è stato accolto in maniera estremamente positiva in quanto facilita il lavoro degli operatori agricoli e crea le condizioni per un minor impatto ambientale a tutto vantaggio della società in cui viviamo. Altrettanto favore, il prodotto “Combimais” è stato accolto dai consumatori per la tracciabilità, sostenibilità a garanzia di un prodotto “made in Italy” addirittura “milanese”

    3) Quale è stato secondo lei l’aspetto considerato più innovativo meritevole del premio di Confagricoltura?

    Trattasi di progetto unico nel suo genere che crea una filiera completa tale da definirsi “dal chicco alla tavola”, generando innovazione e ricerca con il doppio compito di poter interpretare un nuovo modo di fare agricoltura garantendo al consumatore, oltre la qualità, la sostenibilità.

    4) E’ a conoscenza di altri progetti simili in Italia?

    Esistono in Italia diversi progetti per le diverse colture, es. Linea biscotto sostenibile di ‘Barilla’ che prevede una coltivazione improntata alla sostenibilità. Tutto ciò fa scuola per disegnare quel modello di agricoltura già interpretato dal protocollo “Combimais”.

    5) Quali sono i progetti futuri di Combi Mais?

    “Combimais” è un progetto che, grazie alla capacità di aziende che sono leader nel settore agricolo, si rinnova di anno in anno, offendo soluzioni che diventano sempre più premianti per gli imprenditori agricoli, contestualmente, offrendo ai consumatori un prodotto altamente qualitativo.

    6) Nell’agroalimentare esiste da anni un serio problema di contraffazione, malgrado siano in vigore, finalmente, leggi europee precise in materia di etichettatura per sapere tutto sull’origine di un prodotto. Nel vostro settore come state arginando questo fenomeno?

    Proprio per rispondere ad un problema di contraffazione abbiamo voluto un prodotto di produzione che non solo garantisca la qualità ma addirittura la zona ed il metodo di coltivazione. Lasciamo alle Istituzioni sia nazionali che europee il compito di vigilare con leggi che appaiano realmente tutelare il lavoro ed il prodotto dell’agroalimentare italiano così ben apprezzato il tutto il mondo.

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