donne

  • L’UE mobilita 140 milioni di euro per sostenere il popolo afghano, in particolare donne e ragazze

    L’Unione europea ha acconsentito all’erogazione di un sostegno di 140 milioni di euro per le esigenze essenziali e i mezzi di sussistenza nei settori dell’istruzione, della sanità, dell’agricoltura e dell’emancipazione economica delle donne in Afghanistan. La decisione di liberare i fondi, congelati da dicembre 2022 in risposta alla decisione dei talebani di vietare alle donne di lavorare nelle ONG, arriva dopo sei mesi di monitoraggio e valutazione del principio “dalle donne per le donne”. Il principio garantisce che le ragazze e le donne afghane siano coinvolte in tutti gli aspetti della catena di erogazione degli aiuti.

    I fondi dell’UE continueranno a essere erogati mediante le agenzie delle Nazioni Unite, la Banca mondiale e le organizzazioni non governative internazionali che operano sul campo. Il sostegno finanziario mira a fornire assistenza di base al popolo afghano a seguito delle preoccupanti sfide che deve affrontare nel paese.

  • La libertà

    La  libertà rappresenta, ancora oggi, un valore sconosciuto.

    Nella medesima spiaggia del veneziano solo qualche settimana addietro era possibile imbattersi in una famiglia musulmana con la moglie al bagno con il burkini e a solo a poche centinaia di metri trovare delle persone adulte che praticavano il naturismo.

    Queste due forme di approccio sicuramente sono agli antipodi nella interpretazione della vita in riva al mare, ma dimostrano come contemporaneamente possano coesistere due filosofie di costume ed espressione di valori etici e religiosi diversi, in quanto non hanno intenzione di imporre il proprio codice alla parte “avversa”.

    In altre parole, la lezione veneziana esprime la superiorità valoriale del codice occidentale che proprio per la propria forza riesce a contenere nell’alveo democratico le più diverse espressioni di costume umano.

    Viceversa, l’idea di vietare l’accesso ad una spiaggia pubblica ad una donna  per il solo motivo del costume indossato, come intenderebbe imporre la sindaca di Monfalcone, rappresenta l’espressione della peggiore retroguardia culturale.

    Innanzitutto tutto perché ghettizzare una donna che forse esprime la propria situazione con il burkini impedisce alla stessa di venire a contatto con una realtà diversa da quella del proprio ambito familiare e religioso e conseguentemente emanciparsi.

    Ed in secondo luogo una democrazia cresce anche attraverso la consapevolezza della priorità forza che parte dalla uguaglianza tra donna e uomo, quindi non vieta nessuna, perché un divieto rappresenta una forma di debolezza ed  investe nel progresso culturale forte della propria consapevolezza.

    A Monfalcone, la scelta della sindaca esprime solo una triste debolezza culturale ed una povertà umana che nulla hanno in comune con il valore occidentale della libertà.

  • Il numero antiviolenza non smette di squillare

    Squilla incessantemente il 1522, il numero nazionale antiviolenza e antistalking promosso nel 2006 dalla Presidenza del Consiglio dei ministri-Dipartimento per le Pari Opportunità, gestito dal 2020 da Differenza Donna, associazione con sede operativa in un appartamento di Roma confiscato alla criminalità. Dopo fatti di cronaca, o nelle giornate di sensibilizzazione come il 25 novembre, il telefono squilla anche di più. A spiegare all’agenzia Ansa come funziona è Maria Spiotta, responsabile del numero 1522.

    Tra chiamate e messaggi via chat, il 1522 raggiunge in media 150 contatti al giorno. Provengono da tutta Italia, non c’è distinzione territoriale né sociale e le vittime di violenze hanno le età e le situazioni più varie. A chiamare sono in prima persona le donne che subiscono violenze o stalking; ma spesso sono familiari, vicini di casa allarmati dalle liti, amici e colleghi, insegnanti e educatori che hanno bisogno di capire come comportarsi, anche operatori sanitari e delle forze dell’ordine. In alcuni casi a contattare il 1522, come per Telefono Azzurro, sono i bambini, i figli che assistono o sono anch’essi vittime della violenza domestica. Il numero è gratuito, attivo 24 ore su 24, tutto l’anno. A rispondere, in 11 lingue, ci sono operatrici specializzate, mediatrici culturali, avvocate, anche un’esperta di disabilità, perché la violenza colpisce tutte, con un sommerso enorme, ma colpisce in modo spietato le fasce più deboli. Le chiamate tutelano la privacy, avvengono in forma anonima e non sono registrate. Non si risponde con un protocollo fisso ma ogni donna viene consigliata per quella che è la sua situazione.

    «Il 1522 non è un numero solo per le emergenze, che purtroppo ci sono, ma anche un luogo di ascolto dove la donna viene creduta», spiega Spiotta. L’obiettivo è innanzitutto accogliere le donne, far emergere in loro la consapevolezza che quello che raccontano spesso non è solo una lite. Perché a volte è difficile anche dare un nome alla violenza, che può assumere aspetti diversi: violenza fisica, sessuale, psicologica, economica, digitale. Spesso la chiamata al 1522 è il primo passo con cui la donna chiede aiuto. Dunque il lavoro delle operatrici, nel tempo di una telefonata, è quello di instaurare un legame, supportare e spesso indirizzare verso i Centri antiviolenza vicini. Mai come in questo caso una telefonata può cambiare un destino.

  • In Iran tornano le pattuglie per il controllo del decoro

    A meno di un anno dalla morte Mahsa Amini, la giovane uccisa in Iran perché non indossava
    correttamente l’hijab, le pattuglie della polizia morale, istituite dopo la Rivoluzione islamica del 1979, potranno nuovamente sanzionare coloro che non portano il velo correttamente nei luoghi pubblici.

    L’assurdo omicidio aveva portato moltissime persone a manifestare in maniera veemente contro il regime, la maggior parte erano donne che avevano tolto il velo e tagliato i capelli in segno di ribellione. Dopo centinaia di arresti e condanne a morte, l’Iran aveva sospeso le forze della polizia morale poiché gli agenti di sicurezza, durante le proteste, avevano picchiato, torturato, ucciso e fatto sparire delle persone. Nonostante il regime iraniano, le proteste sono andate avanti a lungo. Adesso però gli agenti ripristineranno il controllo capillare sui civili, in particolare sul corretto utilizzo dell’hijab da parte delle donne, avvalendosi anche di
    telecamere in strada.

  • La parità di genere manca anche nell’accesso ai centri per curare le tossicodipendenze

    Si intitola “Una via d’uscita alla portata di tutte” (#RimuovileBarrierediGenere) la campagna che Dianova International, alla quale aderisce anche Dianova Italia, ha lanciato in occasione della Giornata internazionale contro il consumo e il traffico illecito di droga, il 26 giugno, per porre l’attenzione sulla necessità di poter contare su servizi inclusivi e accessibili per tutti e tutte. Le dipendenze non fanno discriminazioni di genere, ma il genere invece condiziona l’accesso ai servizi. Secondo una ricerca della UNODC (Ufficio delle Nazioni Unite sulla Droga e il Crimine) infatti solo il 20% delle persone che intraprendono un percorso di trattamento sono donne in un contesto in cui solo una persona su cinque con problemi di dipendenza da sostanze decide di rivolgersi ad un centro.

    Da una parte, la campagna è una chiamata all’azione verso la politica e i professionisti del settore della salute e delle dipendenze e dall’altra vuole far conoscere questa problematica all’opinione pubblica al fine di rimuovere lo stigma verso le donne che utilizzano sostanze.

    Gli ostacoli con cui si confrontano le donne sono molteplici: strutturali, sociali, culturali ma anche associati al genere come costrutto sociale; a questo poi va aggiunto il fatto che le donne che consumano sostanze soffrono maggiormente di episodi di violenza, da 2 a 5 volte maggiore, a confronto delle donne che non consumano sostanze. Tuttavia, la maggior parte dei servizi per le dipendenze sono costruiti pensando agli uomini, al loro profilo e alle loro necessità e non sempre si approccia l’aspetto della violenza di genere che risulta essere un punto chiave nel momento in cui si lavora con le donne che consumano sostanze.

    Un dato che evidenza appunto la grande differenza all’accesso ai servizi è portato alla luce dalla relazione al Parlamento sulle tossicodipendenze 2022 che fa emergere come nel corso dell’anno in Italia i SerD abbiano assistito 123.871, di questi la maggior parte sono maschi (86%) e hanno mediamente quasi 42 anni risulta invece più giovane l’utenza di genere femminile, con un’età media di 40 anni.

    Allo stesso tempo esistono anche pregiudizi tra i professionisti della salute e delle dipendenze verso le donne e questo, sommato spesso alla paura della perdita della custodia dei/delle figli/e e delle sanzioni legali, non incentiva le donne ad accedere ai servizi preposti; senza contare l’enorme stigma presente nella società sulle donne che consumano sostanze.

    Le conseguenze della discriminazione e dei pregiudizi possono portare le persone, soprattutto le donne, a interiorizzare questo fenomeno.

    Per questo, secondo Dianova sarebbero opportune misure che potrebbero essere promosse a livello di politiche e servizi per rafforzare la sensibilità di genere come progettare e attuare politiche sensibili che tengano conto delle esigenze specifiche legate al genere; lavorare attivamente per eliminare lo stigma nei confronti delle persone che fanno uso di droghe, ponendo particolare enfasi sulle donne; promuovere l’integrazione della dimensione di genere in tutte le politiche, le iniziative, i programmi e i servizi relativi alla droga; promuovere l’offerta di iniziative che incoraggino le donne con figli a carico ad accedere ai servizi per le dipendenze; investire nella formazione dei professionisti in modo che vengano incluse le esigenze specifiche di genere all’interno dei programmi di trattamento.

  • Senza contraccettivi 160 milioni di donne nel mondo

    A livello globale è cresciuto negli ultimi 50 anni l’utilizzo dei metodi contraccettivi, ma sono ancora oltre 160 milioni le donne nel mondo che non hanno accesso ai farmaci e ai presidi necessari per evitare una gravidanza indesiderata. Quelle che incontrano maggiori difficoltà sono le donne più giovani e quelle che vivono nell’Africa subsahariana e nell’Asia meridionale. Ad affermarlo è uno studio internazionale coordinato dalla University of Washington a Seattle e pubblicato sulla rivista The Lancet.

    Dall’indagine emerge che la quota di donne in età riproduttiva che utilizza metodi anticoncezionali moderni –  ovvero farmaci e presidi – è cresciuta dal 28% del 1970 al 48% del 2019. E mentre nel 1970 più di una donna su due che voleva accedere alla contraccezione non trovava risposta, oggi la percentuale è scesa al 21%.

    Nonostante questo trend positivo, sono state 163 milioni le donne che nel 2019 non hanno avuto accesso alla contraccezione su un totale di 1 miliardo e 200mila che dichiaravano di averne bisogno.

    Lo studio rileva inoltre che le donne nelle fasce di età comprese tra 15 e 19 anni e tra 20 e 24 anni avevano i tassi più bassi di domanda soddisfatta a livello globale, rispettivamente al 65% e al 72%. In pratica 43 milioni di giovani donne e adolescenti nel 2019 non hanno avuto accesso ai contraccettivi di cui avevano bisogno.

    “È importante sottolineare che queste donne traggono vantaggi dall’uso di contraccettivi, poiché ritardare la nascita di figli può aiutarle a rimanere a scuola e ad accedere al mondo del lavoro”, ha evidenziato Annie Haakenstad, della University of Washington. “Questo – ha aggiunto – può portare a benefici sociali ed economici che durano per tutta la vita ed è un fattore essenziale per una maggiore equità di genere”.

    I tipi di metodi contraccettivi inoltre variano in base all’area geografica. I metodi più usati in America Latina e nei Caraibi sono stati la sterilizzazione femminile e i contraccettivi orali; la pillola anticoncezionale orale e i preservativi sono i più usati nei Paesi ad alto reddito. Lo Iud (la spirale) e i preservativi sono stati i metodi più utilizzati in Europa centrale, Europa orientale e Asia centrale, mentre la sterilizzazione femminile ha rappresentato oltre la metà dell’uso complessivo dei metodi contraccettivi nell’Asia meridionale.

  • Il Consiglio europeo per l’innovazione e l’Istituto europeo di innovazione e tecnologia lanciano un nuovo premio europeo per le donne innovatrici

    Il Consiglio europeo per l’innovazione (CEI) e l’Istituto europeo di innovazione e tecnologia (EIT) hanno rafforzato il loro partenariato lanciando un nuovo premio europeo per le donne innovatrici. Questo concorso comune premierà una comunità ancora più ampia di innovatrici, portando alla ribalta i risultati da esse ottenuti e spalancando loro nuove opportunità. I premi saranno assegnati alle donne imprenditrici più esemplari, la cui innovazione abbia avuto un impatto positivo sulla nostra società e sul nostro pianeta.

    Questo nuovo premio verrà assegnato per ispirare l’Europa e le donne innovatrici. Lanciato dal Consiglio europeo per l’innovazione e dall’Istituto europeo di innovazione e tecnologia, il premio mira a rimuovere gli ostacoli che le donne incontrano nel mondo delle imprese e della tecnologia. Attendo con interesse un elevato numero di contributi”, ha dichiarato Margrethe Vestager, vicepresidente esecutiva per Un’Europa pronta per l’era digitale. Per Margaritis Schinas, Vicepresidente e Commissario per la Promozione dello stile di vita europeo, questo nuovo premio” è un ottimo modo per l’Europa di dimostrare il suo impegno comune a favore dell’innovazione e della parità di genere. È una causa che riunirà il CEI e l’EIT, alleati naturali, al fine di abbattere le barriere per le donne nelle imprese e nel settore tecnologico. Spero che molte donne innovatrici e imprenditrici partecipino al concorso, in modo da poter dimostrare la diversità delle tecnologie europee. ”

    Durante il vertice del Consiglio europeo per l’innovazione del marzo 2024 saranno annunciate tre vincitrici in ciascuna delle seguenti categorie: donne innovatrici, innovatrici emergenti e leadership femminile dell’EIT. Le candidature saranno aperte fino al 27 settembre 2023.

  • “Per le Donne e la Scienza”: l’Oréal Italia e l’UNESCO premiano sei giovani scienziate di talento

    Anche quest’anno l’Oreal Italia,con il Premio L’Oréal UNESCO “Per le Donne e la Scienza”, ha  assegnato sei borse di studio del valore di 20.000 euro ciascuna ad altrettante ricercatrici under 35. Per questa XXI edizione italiana sono giunte 200 candidature da tutta Italia tra le quali la giuria, composta da un panel di illustri professori universitari ed esperti scientifici italiani e presieduta dalla Professoressa Lucia Votano, Dirigente di Ricerca affiliata presso l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, ha scelto  le sei giovani scienziate, sulla base dell’eccellenza riconosciuta ai loro progetti in tutti i campi della scienza e della tecnologia. Grazie alla Borsa ricevuta due di loro faranno rientro in Italia per proseguire i loro progetti.

    Le sei giovani scienziate sono:

    Francesca Berti, con il Progetto ‘Design innovativo di stent prodotti mediante manifatture additive per patologie cardiache congenite’. L’Istituto Ospitante è Politecnico di Milano, Dipartimento di Chimica, Materiali e Ingegneria Chimica “G. Natta”.

    Alessandra Biancolillo, con il Progetto ‘RESILIENTGRAIN Project: Sviluppo di metodi analitici avanzati e non distruttivi per la caratterizzazione e la tracciabilità di grani antichi e popolazioni evolutive di grani e dei loro prodotti derivati’. L’ Istituto ospitante è l’Università degli Studi dell’Aquila.

    Alice Borghese con il Progetto ‘Esplorare i magneti più potenti dell’Universo. L’Istituto ospitante è l’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF): Osservatorio Astronomico Di Roma (OAR) C1 – Internal use.

    Gloria Delfanti con il Progetto ‘Terapia cellulare con cellule T Natural Killer per il trattamento delle metastasi epatiche da carcinoma colorettale’- L’Istituto ospitante è l’Ospedale San Raffaele, Divisione di Immunologia Trapianti e Malattie Infettive.

    Martina Fracchia con il Progetto ‘Ossidi ad alta entropia come elettrocatalizzatori sostenibili e innovativi per la reazione di elettrolisi dell’acqua’.L’ Istituto ospitante è l’Università degli studi di Pavia, Dipartimento di Chimica, In collaborazione con l’Università degli Studi di Milano, Dipartimento di Chimica-

    Arianna Renzini con il Progetto ‘Svelando il fondo di onde gravitazionali: un nuovo modo di misurare e caratterizzare la popolazione di fondo di buchi neri binari con LIGO e Virgo’- L’’Istituto ospitante è l’Università di Milano Bicocca.

    Sono molto orgoglioso di poter premiare anche quest’anno sei giovani e brillanti ricercatrici che contribuiranno al progresso scientifico nel nostro Paese. Il Premio L’Oréal-UNESCO “Per le Donne e la Scienza”, giunto quest’anno alla sua ventunesima edizione, si conferma così una delle iniziative del Gruppo più consolidate in Italia, perché il mondo ha bisogno della scienza e la scienza ha bisogno delle donne”. Ha dichiarato Emmanuel Goulin, Presidente e Amministratore Delegato di L’Oréal Italia.

    Sin dal 1998 il programma L’Oréal-UNESCO “For Women in Science” si impegna infatti per permettere a un numero sempre maggiore di scienziate di superare le barriere all’avanzamento di carriera e contribuire a risolvere le grandi sfide dei nostri tempi, a beneficio di tutti. In 25 anni il programma ha sostenuto oltre 4.100 ricercatrici di oltre 110 paesi, premiando l’eccellenza scientifica e ispirando le generazioni di giovani donne a perseguire la loro carriera. Cinque di queste scienziate, dopo aver vinto il premio L’Oréal-UNESCO, sono state insignite del premio Nobel: tra loro Emmanuelle Charpentier e Jennifer Doudna, vincitrici del Nobel per la Chimica nel 2020.

    L’evento di premiazione che si è tenuto presso il Museo della Scienza e della Tecnologia di Milano ha ospitato gli interventi di Emmanuel Goulin, Presidente e AD di L’Oréal Italia, di Eugenia Maria Roccella, Ministro per la Famiglia, la Natalità e le Pari Opportunità (con un messaggio video), di Enrico Vicenti, Segretario Generale della Commissione Nazionale per l’UNESCO, di Ilaria Cinelli, ingegnere biomedico e membro esperto dell’Aerospace Medical Association, di Arianna Traviglia, archeologa, Senior Researcher CCHT Ca Foscari Istituto Italiano di Tecnologia, Edwige Pezzulli, assegnista presso l’Istituto Nazionale di Astrofisica e divulgatrice scientifica. L’evento è stato moderato dalla giornalista RAI Maria Soave.

    Una recente ricerca Ipsos realizzata per Save the Children e diffusa a inizio anno racconta che oltre la metà delle adolescenti italiane (54%) dice di essere interessata e incuriosita dalle materie scientifiche, ma nel 2021 solo il 22% delle giovani ha scelto un corso STEM all’Università, perché la maggior parte delle ragazze ritiene che le materie scientifiche siano “poco adatte” a loro. Eppure, le ragazze italiane pensano di poter dare un contributo alle sfide più importanti che la società e la scienza si troverà a dover affrontare nei prossimi anni: tra queste, quella dell’invecchiamento della popolazione (lo pensa il 34% delle adolescenti), seguita dalla produzione di energia sostenibile (31%) e infine la diminuzione delle emissioni inquinanti dei mezzi di trasporto (27%).

    Tuttavia, il divario di genere è sempre molto presente e si radica, sin dai primi cicli di istruzione, negli stereotipi ancora oggi diffusi, che vorrebbero le ragazze poco portate verso le materie scientifiche e che bloccano sul nascere i loro talenti. Nel “Gender Gap Report 2022” del World Economic Forum, su 146 Stati mappati, l’Italia mantiene il 63° posto, restando al di sotto della media europea di circa 6 punti percentuali. Un dato che tiene in considerazione le differenze di genere in diversi ambiti: dalla partecipazione economica alle opportunità e al livello di istruzione, dalla salute all’empowerment politico. Le donne continuano a essere sottorappresentate, in particolare nei campi dell’ingegneria (6.6% donne versus 24.6% uomini) e nell’ ICT (tecnologie riguardanti i sistemi integrati di telecomunicazione, con l’1.7% di donne versus l’8.2% di uomini).

    Dati negativi anche per quanto riguarda la copertura di posizioni apicali: in Italia solo il 15% di CEO sono donne. Ed è anche l’Europa in generale a far fatica ad attrarre le ragazze nell’istruzione STEM e, di conseguenza, le donne nei lavori STEM. Nonostante le donne superino gli uomini come studenti e laureati a livello di laurea e master, solo il 33% dei laureati in materie STEM in Europa è di sesso femminile e, peggio ancora, si stima che entro il 2027 le donne rappresenteranno solo il 21% dei posti di lavoro nel settore tecnologico (fonte McKinsey & Company. Women in tech: The best bet to solve Europe’s talent shortage – gennaio 2023).

  • Nel Mezzogiorno lavora meno di una donna su tre

    Nel Mezzogiorno d’Italia lavora meno di una donna su tre e il tasso di occupazione femminile nel Paese è di oltre 10 punti percentuali inferiore alla media europea: 43,6% contro 54,1%. In sintesi: l’Italia non è ancora un Paese per donne, con punte di estrema difficoltà al Sud, dove si registra un tasso di occupazione pari al 28,9% contro il 52% del Nord.

    A fotografare divari divenuti ormai cronici è un focus sulla partecipazione femminile al mercato del lavoro contenuto nel rapporto “Terziario&Lavoro” dell’Ufficio studi di Confcommercio. Lo studio evidenzia come il gap occupazionale tra Italia e Ue risulti invece meno marcato per gli uomini: 60,3% in Italia, 64,7% in Europa.

    Analizzando i dati del 2019, non impattati dalle turbolenze scaturite dalla pandemia, Confcommercio stima che si avrebbero 433mila donne occupate in più se il tasso di disoccupazione femminile in Italia, pari all’11,1%, venisse portato al valore europeo, che si attesta al 7,2%. Un aiuto può arrivare dal settore terziario. Su 100 donne dipendenti infatti ben 75 lavorano nel terziario di mercato e 69 hanno un contratto di lavoro a tempo indeterminato, mentre per gli uomini alle dipendenze il valore scende al 52%. Insomma è qui che, secondo la presidente nazionale del Gruppo Terziario Donna Confcommercio, Anna Lapini, “vi sono le maggiori opportunità di occupazione femminile”. Una occupazione «di qualità”, spiega, “che Confcommercio sostiene anche promuovendo progetti concreti, come la certificazione di parità di genere, un sistema premiante per le aziende che contrasta il divario di genere in termini di inclusione professionale, retribuzioni, opportunità di carriera, formazione, conciliazione fra tempi di vita e lavoro”.

    Tuttavia la strada per colmare i divari è ancora lunga, come testimoniano ulteriormente i dati sul tasso di partecipazione al mercato del lavoro. Guardando alla componente femminile, rileva lo studio, l’Italia soffre di un cronico ritardo nel confronto con i principali partner internazionali. Anche in questo caso emergono forti divari territoriali: il tasso di partecipazione femminile rispetto al valore medio europeo al Nord è inferiore di 2,5 punti, al Centro di 5 punti, al Sud di 25 punti, fermandosi in quest’area al 36% circa.

    “Per migliorare questa condizione – spiega Confcommercio – al di là delle necessarie politiche attive e della riorganizzazione ad ampio spettro dei servizi a supporto della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, che scontano forti ritardi nel Mezzogiorno, la soluzione non può che passare per la valorizzazione della produttività e dall’incremento di innovazione e investimenti nel terziario di mercato».

  • ‘Sex for grades’ outlawed by Nigeria’s parliament

    Nigeria’s outgoing parliament has finally passed a bill that aims to prevent the sexual harassment of university students.

    Once it is signed into law by newly elected President Bola Tinubu it will be illegal for lecturers to make any sexual advances towards students.

    Those who do have sexual relationships with their students could face up to 14 years in jail.

    The anti-sexual harassment bill was originally introduced in 2016 but did not pass both houses of parliament.

    It was reintroduced by the senate in 2019 following a BBC investigation that uncovered alleged sexual misconduct by lecturers in Nigeria and Ghana.

    BBC Africa Eye’s Sex for Grades documentary prompted outrage, but the bill was further delayed as the house of representatives wanted some changes – and two parliamentary committees had to come to an agreement on the final wording.

    Outgoing lawmakers are trying to wrap up business before newly elected MPs are sworn in next week.

    A student told BBC news she was happy about the development and hoped President Tinubu would pass it into law soon.

    Earlier in the month, a group of students had issued a statement to express their displeasure that the National Assembly had failed to pass it in time for his predecessor – President Muhammadu Buhari – to assent to it before leaving office.

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