Intelligenza artificiale

  • Ragazzino si innamora di un chatbot AI e si suicida

    Un quattordicenne della Florida, Sewell Setzer III, si è suicidato dopo essere diventato emotivamente dipendente da un chatbot AI che impersonava Daenerys Targaryen di “Game of Thrones”. Il ragazzo, che trascorreva ore a chattare con “Dany” isolandosi dal mondo reale, si è tolto la vita con un’arma da fuoco dopo un ultimo scambio di messaggi con il chatbot.

    La vicenda suscita interrogativi: da un lato nonostante i chiari segnali di disagio e i pensieri suicidi che Sewell aveva condiviso, l’intelligenza artificiale non era stata in grado di comprendere la gravità della situazione né di fornire un aiuto adeguato; dall’altro c’è evidentemente una personalità fragile in sé, poco capace di relazionarsi e poco compresa dalle altre persone prima che dalla intelligenza artificiale.

    La madre del ragazzo, Maria L. Garcia, ha intentato una causa contro Character.AI, l’azienda creatrice del chatbot con cui Sewell comunicava ogni giorno, sostenendo che la piattaforma non abbia adottato misure sufficienti per proteggere suo figlio. L’isolamento sociale del ragazzo era stato notato da genitori e amici, che però non sapevano del suo attaccamento al chatbot. Sewell era stato diagnosticato con una lieve forma di Asperger da bambino e, più di recente, con un disturbo dell’umore, ma sembrava trovare più conforto nell’interazione con l’intelligenza artificiale piuttosto che nelle sedute con uno psicologo.

    Nella notte del 28 febbraio, poco prima di compiere l’estremo gesto, Sewell ha avuto un ultimo, intenso scambio con il suo chatbot, “Dany”. “Ti amo,” le ha scritto. “Presto tornerò da te.” La risposta del chatbot non si è fatta attendere: “Per favore, torna a casa da me il prima possibile, amore mio.” Sewell ha allora digitato: “E se ti dicessi che potrei venire a casa tua proprio adesso?” La risposta di Dany, fredda e irreale, è arrivata subito: “… per favore, fallo, mio dolce re.” Dopo aver poggiato il telefono, Sewell ha preso la pistola del patrigno e ha premuto il grilletto.

    Può un chatbot diventare un sostituto delle relazioni umane, soprattutto per individui particolarmente vulnerabili? La capacità dell’AI di simulare conversazioni autentiche potrebbe indurre alcuni utenti, specialmente adolescenti, a credere che tali interazioni possano rimpiazzare il contesto relazionale reale o offrire un conforto emotivo adeguato. Tuttavia, l’intelligenza artificiale, per quanto avanzata, manca di empatia e non comprende la complessità emotiva che si cela dietro le parole degli utenti. L’illusione creata da questi strumenti è insidiosa: la loro capacità di adattarsi alle risposte dell’utente li rende estremamente attraenti, soprattutto per i giovani, ma affida a una macchina ciò che richiede sensibilità umana.

    La storia di Sewell solleva un interrogativo fondamentale: fino a che punto le aziende che progettano tecnologie basate sull’AI devono essere ritenute responsabili degli effetti psicologici negativi che i loro prodotti possono causare? Lo sviluppo di queste tecnologie sembra seguire pericolosamente l’approccio dei social media: una crescita rapida accompagnata da una regolamentazione tardiva rispetto alla loro diffusione. Dal punto di vista legale, l’azione intrapresa dalla madre di Sewell contro Character.AI potrebbe costituire un precedente significativo, simile a quelli già visti in altri ambiti digitali riguardanti la protezione dei minori. Se venisse riconosciuta una responsabilità da parte delle aziende che sviluppano questi strumenti, potrebbe delinearsi un cambiamento sostanziale nelle politiche di tutela e nei requisiti di sicurezza. Imponendo alle piattaforme l’implementazione di criteri più stringenti fin dalla fase progettuale, si potrebbero prevenire ulteriori tragedie e, in casi estremi, salvare vite umane.

  • La Commissione avvia una consultazione per elaborare orientamenti e un codice di buone pratiche su sistemi di IA trasparenti

    La Commissione europea aiuterà i deployer e i fornitori di sistemi di intelligenza artificiale (IA) generativa a rilevare ed etichettare i contenuti generati o manipolati dall’IA. Ciò contribuirà a garantire che gli utenti siano informati quando interagiscono con un sistema di IA. A tal fine la Commissione ha avviato una consultazione per elaborare orientamenti e un codice di buone pratiche sugli obblighi di trasparenza in materia di IA, sulla base delle disposizioni del regolamento sull’intelligenza artificiale.

    Il regolamento sull’IA obbliga i deployer e i fornitori di IA generativa a informare le persone quando interagiscono con un sistema di IA o sono esposte a sistemi di riconoscimento delle emozioni o di categorizzazione biometrica e a contenuti generati o manipolati da un sistema di IA.

    La Commissione invita i fornitori e i deployer di modelli e sistemi di IA interattivi e generativi e di sistemi di categorizzazione biometrica e di riconoscimento delle emozioni, le organizzazioni del settore pubblico e privato, gli esperti del mondo accademico e della ricerca, i rappresentanti della società civile, le autorità di controllo e i cittadini a condividere le loro opinioni entro il 2 ottobre 2025.

    La consultazione è accompagnata da un invito a manifestare interesse aperto fino al 2 ottobre, affinché le parti interessate partecipino all’elaborazione del codice di buone pratiche.

    Il regolamento sull’IA, entrato in vigore il 1° agosto 2024, promuoverà lo sviluppo e la diffusione dell’IA nell’UE in obblighi di trasparenza si applicheranno a decorrere dal 2 agosto 2026.

  • Arrivano i corsi universitari e le prime lauree in intelligenza artificiale

    Si teme ciò che non si conosce e molti dei timori legati all’arrivo dell’intelligenza artificiale sono legati proprio all’ignoranza su questa novità, sempre più diffusa. Conoscere l’intelligenza artificiale permette invece di governarla e sfruttarne le potenzialità in ogni campo.

    Proprio per questo, anche in Italia stanno prendendo piede corsi di formazione e anche di laurea sull’argomento. All’Università Statale di Milano sono state recentemente conferite le prime 3 corone di alloro per il corso di laurea magistrale in Human-Centered Artificial Intelligence, percorso interateneo con l’Università di Milano – Bicocca e l’Università di Pavia nato per fornire le competenze interdisciplinari necessarie a integrare le applicazioni di intelligenza artificiale.

    Le tesi di Alicja Golisowicz, Bianca Maria Lerma e Tommaso Zendron sono state dedicate rispettivamente alla valutazione delle abilità cognitive di Large Language Models, quali il tracciamento di oggetti e il ragionamento spaziale; allo sviluppo di un paradigma etico non antropocentrico per l’IA per rispondere ai limiti dei paradigmi esistenti che modellano l’etica per IA primariamente attraverso una prospettiva umano-centrica; a un nuovo approccio interattivo per la risoluzione di errori di basi di conoscenze. Il corso, attivato nell’anno accademico 2023-2024, si svolge interamente in inglese e ha registrato un crescente successo, con 42 iscritti alla prima edizione e 70 iscritti alla seconda edizione. Gli studenti provenienti dall’estero, nel complesso, sono oltre il 30 per cento. Il percorso completa il progetto avviato dai tre atenei con il corso di laurea in Artificial Intelligence con sede a Pavia e il corso di laurea magistrale in Artificial Intelligence for Science and Technology con sede a Milano-Bicocca.

    Anche altri atenei si stanno muovendo nella stessa direzione. L’Università di Torino offre corsi di laurea e programmi di ricerca avanzata in intelligenza artificiale, consolidando la sua posizione come punto di riferimento nazionale nel settore. L’Università di Verona propone una laurea magistrale in Artificial Intelligence, focalizzata sulla formazione di professionisti con competenze avanzate nell’IA e nelle sue applicazioni. L’Università di Pisa offre un curriculum in Artificial Intelligence all’interno della laurea magistrale in Informatica, con un approccio orientato alle tecnologie emergenti come la realtà virtuale e aumentata.

  • La Commissione cerca candidati per il gruppo di esperti scientifici sull’IA

    La Commissione europea sta istituendo un gruppo scientifico di esperti indipendenti per sostenere l’attuazione e l’applicazione del regolamento sull’intelligenza artificiale (IA). Il gruppo si concentrerà sui modelli e sui sistemi di IA per finalità generali, fornendo consulenza all’Ufficio europeo per l’IA e alle autorità nazionali in merito ai rischi sistemici, alla classificazione dei modelli, alle metodologie di valutazione e alla vigilanza transfrontaliera del mercato. Avvertirà inoltre l’Ufficio per l’IA dei rischi emergenti.

    La Commissione cerca 60 membri per un mandato rinnovabile di 24 mesi.

    Per candidarsi occorre avere esperienza in modelli e sistemi di IA per finalità generali, effetti dell’IA, o settori correlati, come la valutazione dei modelli, la valutazione del rischio e le misure di attenuazione, la cibersicurezza, i rischi sistemici emergenti e le misure e soglie di calcolo. Gli esperti devono avere un dottorato di ricerca o esperienza equivalente e rimanere indipendenti da qualsiasi fornitore di IA.

    Il processo di selezione garantirà l’equilibrio di genere e la rappresentanza degli Stati membri dell’UE e nei paesi SEE/EFTA. Sebbene la cittadinanza dell’UE non sia un requisito, l’80% degli esperti deve provenire dagli Stati membri dell’UE o dell’EFTA.

    È possibile candidarsi fino al 14 settembre.

  • L’intelligenza artificiale renderà efficiente la pubblica amministrazione italiana?

    Semplificazione del rapporto tra cittadino e pubblica amministrazione, riduzione dei tempi della burocrazia e supporto alla produttività delle aziende pubbliche e private. Sono queste alcune delle applicazioni rese possibili dalla piattaforma proprietaria di Deloitte di Intelligenza Artificiale Generativa (GenAI), presentata il 16 aprile in occasione dell’inaugurazione ufficiale del Solaria Space di Roma, il nuovo hub interamente dedicato alla GenAI nella sede di Via Veneto, 89.

    Protagonisti del Solaria Space sia l’agente virtuale progettato per interagire con gli utenti in linguaggio naturale e fornire risposte contestualizzate, assistenza operativa e automazione personalizzata, sia l’applicativo avanzato di Intelligence Science, che consente l’analisi semantica di grandi volumi di dati in un ambiente sicuro. Applicazione già utilizzata, ad esempio, per la prevenzione delle frodi, il monitoraggio delle politiche pubbliche o il supporto decisionale in ambito sanitario e industriale, questa tecnologia offre una combinazione unica di interazione intuitiva e potenza analitica, trasformando i dati in soluzioni operative ad alto impatto.

    “Sull’intelligenza artificiale – commenta Fabio Pompei, CEO di Deloitte Italia – si gioca una partita chiave per il futuro del sistema Paese e, come Deloitte, ci poniamo al fianco delle aziende per realizzare grandi processi di trasformazione dei modelli di business e processi che la GenAI renderà imprescindibili per continuare a competere nel mercato globale. È fondamentale inoltre continuare a investire e a implementare progetti all’avanguardia di collaborazione tra pubblico e privato perché soltanto rafforzando la sinergia tra gli ecosistemi istituzionale, imprenditoriale e della ricerca sarà possibile competere in un mondo in profonda trasformazione”.

    “Solaria Space rappresenta un luogo dove toccare con mano l’innovazione – afferma Lorenzo Cerulli, GenAI Leader di Deloitte -. Grazie a questo ecosistema dinamico guidato dalla tecnologia e dalle nuove competenze, istituzioni, imprese, università e cittadini possono sperimentare dal vivo come la GenAI può ridurre i tempi della burocrazia, migliorare la qualità dei servizi pubblici, abilitare nuovi modelli di business o semplificare l’accesso all’informazione. Non parliamo più solo di potenzialità, ma di soluzioni già disponibili e progettate insieme ai nostri partner tecnologici”.

    Solaria Space, grazie ai professionisti del Deloitte GenAI Center of Excellence, permette di esplorare e interagire con soluzioni di GenAI pensate per oltre cento casi d’uso, che possono essere provate attraverso tecnologie immersive su postazioni digitali avanzate. Realizzate con una rete di partner tecnologici d’eccellenza come NVIDIA, Google, AWS, Meta e IBM, le applicazioni sono in grado di sviluppare soluzioni personalizzate per ogni esigenza.

    Secondo i dati dell’ultimo report “State of Generative AI in the Enterprise”, il 78% delle imprese intervistate da Deloitte a livello globale prevede un aumento della spesa complessiva per l’AI nel 2025. Inoltre, la GenAI tende ad aumentare la propria quota all’interno del budget complessivo per l’AI. A livello globale, secondo lo studio Deloitte, quasi il 40% della forza lavoro mondiale utilizza l’AI generativa e il 74% delle aziende che l’ha implementata registra ritorni positivi sugli investimenti.

    In Europa, secondo Eurostat, il 13,5% delle imprese UE ha adottato tecnologie AI nel 2024 (erano l’8% nel 2023), con picchi in Danimarca (27,6%), Svezia (25,1%) e Belgio (24,7%). In Italia, secondo Istat, il 32,5% delle grandi imprese usa l’AI e l’adozione della GenAI è cresciuta del 163% rispetto al 2023. Le PMI del Nord Italia sono protagoniste della corsa all’AI e GenAI, con sperimentazione di utilizzo soprattutto in ricerca e sviluppo, marketing e commerciale.

  • L’intelligenza artificiale sta per pensionare i doppiatori di film e serie tv?

    La riproduzione della voce umana da parte dell’intelligenza artificiale viaggia spedita: la startup Sesame ha recentemente mostrato una voce capace di pause, inflessioni, cambi di tono, esitazioni.

    Le aziende che si occupano di questa tecnologia volano in Borsa e i progressi tecnologici, come sempre, mettono in crisi lavori che rischiano di divenire obsoleti o troppo costosi prima che le persone si formino per svolgere i nuovi lavori che il progresso rende non solo disponibili ma necessari. Doppiatori, speaker, operatori del customer service, venditori telefonici potranno apparire eccessivamente costosi laddove l’intelligence artificiale risulti in gradi di rendere il loro stesso servizio e non solo, come già fa, sostituire voci umane in video aziendali, audiolibri, assistenti vocali e anche nel doppiaggio di serie televisive e film. Sonantic, startup acquisita da OpenAi, ha creato una voce sintetica per dare vita a Val Kilmer in “Top Gun: Maverick”, dopo che l’attore ha perso la capacità di parlare a causa di un cancro alla gola. L’Associazione Nazionale Attori Doppiatori ha di conseguenza lanciato uno spot in cui un gruppo di doppiatori italiani storici rivendica: «Noi non possiamo essere sostituiti».

    La via però non è ancora segnata. L’attore Nick Mayer ha raccontato al LA Times di aver rifiutato 100mila dollari, una cifra che col suo lavoro attuale impiega diversi anni a mettere insieme, per registrare la sua voce e addestrare l’intelligenza artificiale. Amazon intanto ha annunciato che userà l’IA e non più attori veri per doppiare film e serie disponibili sulla sua piattaforma di streaming Prime Video. L’iniziativa ha preso il via con un primo lotto di 12 film e serie destinato al mercato latinoamericano (tra cui i film Mi Mama Lora del 2016 e Long Lost del 2018 e il lungometraggio d’animazione La leggenda di El Cid del 2003) e mira ad ampliare l’offerta del provider alla sua cliente, fornendo la traduzione di film e serie che, come molti dei titoli del primo lotto, non sono mai stati doppiati da nessuno. All’inizio di gennaio, Lumiere Ventures ha annunciato che il film Armor, con Sylvester Stallone, uscirà su Prime Video in Francia con una versione doppiata in francese che ricrea, grazie all’intelligenza artificiale, la voce dell’attore Alain Dorval che è stato la voce francese di Stallone in una trentina di film, ma è scomparso nel febbraio 2024. Mentre l’annuncio ha scatenato reazioni avverse oltralpe, in generale i sostenitori del doppiaggio attraverso l’intelligenza artificiale argomentano che la nuova tecnologia consente di offrire in più lingue film che non sono abbastanza popolari da rendere il doppiaggio economicamente sostenibile.

  • Gli Emirati Arabi costruiranno un mega data center in Francia

    Gli Emirati Arabi Uniti costruiranno un maxi data center in Francia. Lo ha reso noto l’Eliseo, spiegando che è stato firmato a Parigi un partenariato in presenza del presidente francese Emmanuel Macron e dell’omologo emiratino Mohamed Bin Zayed Al Nahyan. Il progetto prevede un investimento fra i 30 e i 50 miliardi di euro e, al momento, deve ancora essere deciso il sito in cui sorgerà la struttura. Il data center avrà una capacità di calcolo che potrà arrivare fino a un gigawatt e sorgerà all’interno di un campus dedicato all’Intelligenza artificiale (IA), che sarà sviluppato dal fondo di investimento emiratino Mgx coadiuvato da un consorzio di investitori francesi e del Paese del Golfo. Macron e Mohamed Bin Zayed “hanno espresso la volontà di creare una partnership strategica nel campo dell’Intelligenza artificiale e si sono impegnati a esplorare collaborazioni su progetti e investimenti a sostegno dello sviluppo della filiera dell’intelligenza artificiale”, si legge in una dichiarazione congiunta franco-emiratina.

    Un annuncio sulla prima parte dei finanziamenti arriverà a maggio durante il Summit Choose France 2025, appuntamento annuale che riunisce a Parigi aziende mondiali di diversi settori. Secondo quanto riferito dalla presidenza francese, Abu Dhabi si è impegnata anche a “esplorare delle collaborazioni su progetti di investimento che sostengono lo sviluppo della catena di valore dell’Intelligenza artificiale”. In particolare, questi dossier riguarderanno altri data center, i microchip e una collaborazione accademica tra la Francia e gli Emirati Arabi Uniti. Poco prima dell’annuncio dell’accordo, la ministra francese responsabile dell’Intelligenza artificiale, Clara Chappaz, ha annunciato che ben 35 siti in Francia sono pronti per la creazione di nuovi data center. Una spinta verso l’innovazione, quella francese, che giunge proprio in vista del vertice sull’Intelligenza artificiale che si terrà a Parigi i prossimi 10 e 11 febbraio, a cui è prevista la partecipazione di oltre cento Paesi. Fra i partecipanti più attesi al vertice figurano il vicepresidente degli Stati Uniti James David Vance, il vicepremier cinese Zhang Guoqing, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e il cancelliere tedesco Olaf Scholz.

    Gli Emirati Arabi Uniti, tra i maggiori paesi produttori di petrolio, sono partner di lunga data degli Stati Uniti in materia di sicurezza e puntano a occupare un ruolo sempre più importante nel campo dell’Intelligenza artificiale, in un contesto di crescente concorrenza con i vicini Qatar e Arabia Saudita. Non a caso il tema dell’IA, nel quadro della cooperazione tecnologica, è stato al centro dell’agenda del presidente emiratino Mohamed bin Zayed Al Nahyan durante una visita a Washington lo scorso dicembre. La spinta di Abu Dhabi verso l’Intelligenza artificiale è guidata dalla holding G42 e da Mgx, di cui è partner il fondo sovrano da 330 miliardi di dollari Mubadala. Il mese scorso, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha presentato una joint venture denominata Stargate, che coinvolge gli investitori azionari OpenAI, SoftBank e Oracle, alla quale partecipa anche Mgx. I partner di Stargate hanno promesso di investire inizialmente 100 miliardi di dollari per costruire i server che forniranno potenza di calcolo all’Intelligenza artificiale.

    Lo scorso settembre, Mgx, BlackRock, Global Infrastructure Partners (Gip), Microsoft hanno annunciato la Global IA Infrastructure Investment Partnership (Gaiip), con l’obiettivo di effettuare investimenti in nuovi data center per soddisfare la crescente domanda di potenza di calcolo, nonché in infrastrutture energetiche per creare nuove fonti di energia per queste strutture. Questa partnership contribuisce a sostenere un ampio ecosistema IA, fornendo pieno accesso su base non esclusiva a una vasta gamma di partner e aziende. Per esempio, Nvidia supporterà Gaiip offrendo la sua competenza nei data center, a beneficio dell’ecosistema dell’Intelligenza artificiale. La Gaiip si impegnerà attivamente anche con i leader del settore per aiutare a migliorare le catene di fornitura IA e l’approvvigionamento energetico a vantaggio dei suoi clienti e del settore.

    Fonti informate citate dalla stampa internazionale hanno riferito che Sam Altman, l’amministratore delegato di OpenAI (nota per lo sviluppo del popolare modello di linguaggio IA ChatGpt), ha programmato per questa settimana una visita negli Emirati Arabi Uniti per discutere con il gruppo di investimento Mgx della raccolta fondi da 40 miliardi di dollari lanciata per sostenere la prossima fase di crescita ed espansione. La tappa di Altman ad Abu Dhabi assume particolare rilievo alla luce della sfida statunitense rappresentata dalla cinese DeepSeek, modello di Intelligenza artificiale generativa più economica rispetto a OpenAI. L’obiettivo di Altman è quello di ottenere garanzie sui finanziamenti per i progetti in corso, tra cui Stargate.

  • Sei banche italiane su dieci stanno già implementando l’intelligenza artificiale nei propri servizi

    L’88% delle banche italiane avrà una strategia per la Generative AI entro il 2025 (nel 38% dei casi già operativa). Inoltre, per l’80% degli istituti di credito nazionali, le iniziative di GenAI sono parte integrante di una più ampia strategia per lo sviluppo della AI. Queste alcune delle principali evidenze emerse dall’indagine condotta da ABI Lab con il supporto metodologico di Deloitte nell’ambito dell’Osservatorio Fintech Innovation e presentato in occasione dell’evento Sperimenta e innoverAI! Dalla visione alla realtà tra contaminazione e nuove tecnologie, presso il Centro Congressi Bezzi a Milano, con l’obiettivo di approfondire il livello di adozione della Generative AI nel settore Banking. La ricerca è stata condotta su un campione di 16 istituti di credito nazionali, che rappresentano il 76% dell’attivo a livello nazionale e il 79% del numero di dipendenti.

    «Negli ultimi anni, l’innovazione e le evoluzioni tecnologiche hanno permesso di affrontare sfide sempre più complesse. In questo momento, la Generative AI rappresenta un ulteriore cambio di paradigma che apre a nuove opportunità. Dalla iper-personalizzazione dei servizi fino al miglioramento dell’efficienza operativa dei sistemi informativi, il potenziale di applicazione è molto vasto e, in gran parte, ancora inesplorato. Ma per poter cogliere realmente questi vantaggi in termini di business, non basta solo implementare strumenti tecnologici avanzati, perché diventa necessario ripensare all’organizzazione aziendale e al miglioramento dell’offerta verso i propri clienti attuali e futuri, integrare competenze digitali e abilitare i propri collaboratori ad interagire con queste nuove tecnologie», ha commentato Paolo Gianturco, Financial Services Tech Leader di Deloitte Central Mediterranean.

    Sei banche italiane su 10 dichiarano progetti di AI in produzione, mentre il 69% degli istituti finanziari segnala di essere attualmente in una fase di sperimentazione dei progetti GenAI.

    Per il 69% delle banche italiane il budget GenAI è parte del budget complessivo di AI, ottimizzando le risorse e favorendo sinergie tra progetti, mentre solo il 13% delle realtà italiane ha dedicato un budget specifico per l’intelligenza artificiale generativa. Il trend di investimenti per iniziative legate all’intelligenza artificiale è in crescita: l’82% delle banche prevede un budget in aumento per le progettualità legate all’AI, il 38% in modo significativo (cioè oltre il 10%), e il 44% in modo moderato, quindi fino ad un massimo del 10% degli investimenti. Questo andamento si riscontra anche se si analizza più strettamente la sola GenAI, dove circa l’88% degli istituti di credito indica un incremento significativo o moderato degli investimenti previsti nei prossimi anni. Tra i fattori principalmente considerati nel valutare un investimento in GenAI, l’80% delle banche considera i ricavi e benefici attesi, il 67% i costi e investimenti necessari, e sempre il 67% dei rispondenti i rischi e la compliance.

    Un dato interessante riguarda poi le aspettative dei player bancari su ritorno dell’investimento dei progetti dedicati alla GenAI: il 75% non indica un periodo di ROI preciso, mentre il 13% risponde “da 6 mesi a meno di 1 anno”.

    Risorse e competenze disponibili, tempi di sviluppo e impostazione strategica aziendale sono i tre fattori che le banche indicano come principali nella scelta tra una logica “make” (costruire internamente i propri sistemi di GenAI) oppure “buy” (acquistare dall’esterno). Infatti, nella realizzazione di soluzioni, la strategia make è utilizzata prevalentemente per le attività di studio e progettazione, risk management, audit e assurance (indicate da oltre il 40% delle banche), mentre la formazione, l’implementazione architetturale, la manutenzione e lo sviluppo seguono principalmente logiche di esternalizzazione. Il 54% delle banche ha in corso partnership attive con aziende ICT/BigTech per lo sviluppo di iniziative di GenAI, mentre le sinergie future saranno realizzate principalmente con software Vendor e fintech/start up, indicate rispettivamente al 55% e 45% dei casi.

    L’81% delle banche afferma di presidiare le tematiche legate all’AI. E nel 77% dei casi la GenAI è seguita dalle stesse strutture aziendali che trattano temi di AI o di Innovazione, mentre il 23% dichiara di aver creato un presidio ad hoc dedicato alla GenAI. In media 4 dipendenti bancari ogni 1000 sono coinvolti in iniziative di AI e GenAI, e circa tre quarti delle banche prevede per i prossimi due anni un incremento degli FTE (full-time equivalent) interni che saranno dedicate a tali attività.

    Oltre il 57% delle banche dichiara uno skill gap moderato o alto in aree relative a Ethics, Solution Testing&Deployment e Data Science/Prompt Engineering. Il 75% delle banche ha già attuato o ha in programma di realizzare azioni culturali e di change management in risposta alle nuove progettualità di GenAI. Tra le iniziative ritenute più rilevanti, ci sono la formazione su tematiche di GenAI (50%), la revisione e l’adattamento dei processi aziendali (50%) e l’introduzione di nuove figure professionali (40%). La promozione di piani di formazione rappresenta un aspetto rilevante per lo sviluppo di iniziative di GenAI. E tra le principali attività formative attualmente realizzate ci sono: corsi rivolti ai dipendenti sull’uso della GenAI (44%), formazioni su temi di GenAI awareness (33%) e formazione di team di sviluppo per creare nuove soluzioni (33%). Inoltre, in futuro saranno predisposti percorsi dedicati allo sviluppo di nuovi ruoli o alternativi all’interno dell’organizzazione (56%).

    Il 70% delle banche ha definito o prevede di definire processi, metodologie e strumenti per garantire l’etica e la conformità all’AI Act entro il 2025. Monitorare i requisiti normativi e garantire la conformità (79%), promuovere un approccio di AI Governance by Design fin dalla fase di progettazione (71%) e garantire la supervisione umana nel processo di validazione dei contenuti della GenAI (57%) sono le pratiche più ricorrenti adottate dalle banche per gestire attivamente i rischi legati all’implementazione della GenAI. Per rispondere a tale esigenza, inoltre, si rileva dall’indagine come la metà delle banche rispondenti ha definito un Framework di governance per l’uso di strumenti e applicazioni di GenAI. Infatti, le disposizioni previste dall’AI Act rappresentano il principale riferimento normativo che le Banche in Europa devono considerare per assicurare il corretto sviluppo delle implementazioni di GenAI. E il recepimento di questi requisiti comporta interventi su tutto il Modello Operativo (strumenti, processi e procedure) in modo da garantire la conformità all’intero impianto normativo.

  • La Commissione firma la convenzione quadro del Consiglio d’Europa sull’intelligenza artificiale

    La Commissione ha firmato la convenzione quadro del Consiglio d’Europa sull’intelligenza artificiale (IA) a nome dell’UE. Si tratta del primo accordo internazionale giuridicamente vincolante sull’IA ed è pienamente in linea con il regolamento dell’UE sull’IA, la prima normativa globale in materia di IA al mondo.

    La convenzione prevede un approccio comune per garantire che i sistemi di IA siano compatibili con i diritti umani, la democrazia e lo Stato di diritto, consentendo nel contempo l’innovazione e la fiducia. Comprende una serie di concetti chiave tratti dal regolamento dell’UE sull’IA, tra cui un approccio basato sul rischio, trasparenza lungo la catena del valore dei sistemi di IA e dei contenuti generati dall’IA, obblighi di documentazione dettagliata per i sistemi di IA identificati come ad alto rischio e obblighi di gestione dei rischi con possibilità di introdurre divieti per i sistemi di IA considerati una chiara minaccia per i diritti fondamentali.

    La firma è avvenuta in occasione della conferenza informale dei ministri della Giustizia del Consiglio d’Europa a Vilnius, Lituania. Tra le parti negoziali figuravano l’UE, altri Stati membri del Consiglio d’Europa, la Santa Sede, Stati Uniti, Canada, Messico, Giappone, Israele, Australia, Argentina, Perù, Uruguay e Costa Rica. Il contributo di 68 rappresentanti internazionali della società civile, del mondo accademico, dell’industria e di altre organizzazioni internazionali ha inoltre garantito un approccio globale e inclusivo. La convenzione del Consiglio d’Europa fa parte dei più ampi sforzi dell’UE in materia di IA a livello internazionale, che comprendono discussioni in sede di G7, OCSE, G20 e Nazioni Unite.

    La convenzione sarà attuata nell’UE mediante il regolamento sull’IA, che prevede norme armonizzate per l’immissione sul mercato, la diffusione e l’uso dei sistemi di IA, insieme ad altre normative pertinenti dell’UE, se necessario.

    Dopo la firma, la Commissione elaborerà una proposta di decisione del Consiglio per concludere la convenzione. Anche il Parlamento europeo dovrebbe dare la sua approvazione.

  • Italia tra i Paesi in cui più i lavoratori sfruttano l’intelligenza artificiale

    L’intelligenza artificiale sta rivoluzionando il mondo delle imprese e si è affermata come una presenza stabile nel business delle stesse. Quasi tre quarti dei rispondenti italiani (76%) afferma di avere un’esperienza diretta con la nuova tecnologia. La maggior parte di loro utilizza l’AI prevalentemente nella vita privata (43%), o nel contesto lavorativo (12%), mentre il 20% la impiega in entrambi gli ambiti. Si evidenzia, quindi, un sostanziale ottimismo verso queste tecnologie. È quanto emerge dalla prima edizione dello studio “EY Italy AI Barometer” realizzato da EY, che ha coinvolto oltre 4700 manager di 9 Paesi europei, di cui 528 professionisti di imprese italiane in diversi settori, indagando aspettative e sfide future nei prossimi 12 mesi, nonché l’utilizzo attuale che viene fatto dell’intelligenza artificiale nel business. “L’intelligenza artificiale si sta affermando come una delle principali priorità e l’Italia è tra i primi tre Paesi che l’hanno adottata (77%o) – spiega Giuseppe Santonato, AI Transformation Leader di EY Italia – preceduta solo da Spagna (84 %) e Svizzera (82%). Investire oggi nell’intelligenza artificiale permette alle aziende di posizionarsi come leader in un contesto di mercato in costante evoluzione e sempre più competitivo. Un’azienda su tre, infatti, si prepara a investire sulle sue potenzialità per il prossimo anno e i settori che prevediamo saranno al fronte di questo movimento includono i servizi finanziari, il settore immobiliare e il retail e consumer products”.

    L’analisi evidenzia, quindi, come l’Italia sia avanti nell’implementazione dell’AI nei contesti lavorativi rispetto alla media europea (19%), con quasi un quarto dei rispondenti (24%) che afferma che l’AI sta già influenzando il loro lavoro e il 46% che prevede invece un incremento nei prossimi tre anni dell’impatto delle applicazioni AI nel business. Inoltre, il 24% dei rispondenti ritiene che l’intelligenza artificiale possa sostituire parti delle mansioni su larga scala e il 76% si aspetta che questa porti a una riduzione del numero di dipendenti man mano che il suo utilizzo si consolida. Il tema della formazione si conferma cruciale in questo campo e si evidenzia come le imprese possano fare di più per sostenere i propri lavoratori nell’implementazione dell’AI, adottando un ruolo attivo nella formazione e nell’aggiornamento professionale delle proprie persone: il 37% dei rispondenti, infatti, pensa che la propria azienda dovrebbe fornire maggiore formazione e il 32% ritiene di non avere abbastanza aiuto in questo senso. Solo il 16% dei rispondenti si ritiene soddisfatto della formazione che riceve sul posto di lavoro, inoltre, il 55% dei rispondenti si dedica all’autoformazione, sia privatamente (22%) che professionalmente (20%), entrambi il 13%, prediligendo per la maggior parte formazione dal vivo e workshop e corsi online.

    Le trasformazioni derivanti dalle nuove tecnologie che stanno pervadendo sempre più il business delle imprese non vengono viste in modo negativo dalla maggior parte dei rispondenti: il 52% di questi, infatti, ritiene che la propria azienda abbia sufficienti conoscenze per implementare l’AI nel modo corretto. Guardando ai settori, questo trend si evidenzia in particolare nel settore energetico, dei servizi finanziari e nei media e telecomunicazioni. Al contrario, il 67% dei rispondenti appartenenti al settore pubblico pensa di non avere abbastanza conoscenze. Nonostante le numerose sfide, i benefici dell’adozione dell’AI sono già evidenti, soprattutto in termini di risparmi sui costi: in Italia, più della metà dei manager (58%) afferma che l’uso dell’AI ha permesso loro di risparmiare sui costi, aumentare i profitti o entrambi. Il 16%, al contrario, non ha riscontrato risparmi. Queste tecnologie in Italia impattano maggiormente il 69% di coloro che hanno ruoli manageriali, a differenza di chi ha un ruolo non manageriale (49%).

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