Investimenti

  • L’effetto paradosso della terapia fiscale

    Riceviamo e pubblichiamo un articolo del Prof. Francesco Pontelli

    In medicina viene indicato l’effetto paradosso come “il fenomeno per cui un determinato trattamento presenta una soglia, oltrepassata la quale si ottengono risultati di segno opposto”.

    In altre parole, l’eccesso di somministrazione di un farmaco può determinare nel paziente un effetto contrario alla stessa natura del farmaco come alla motivazione della sua scelta.

    In considerazione, ora, delle ipotesi relative alla prossima manovra finanziaria che sembrerebbe vedere un aggiornamento degli estimi catastali per i proprietari delle abitazioni, sulla base  dell’utilizzo dei fondi pubblici destinati ai cappotti ed ai bonus facciate come di una ulteriore tassazione degli “extra  profitti” nel  sistema bancario e forse nell’industria degli armamenti, si viene a creare un doppio effetto paradosso, molto simile a quello definito in medicina.

    Innanzitutto andrebbe preso in considerazione come all’interno di  un contesto economico e politico nel quale – ad ogni finanziaria si modifica l’assetto anche solo parziale delle normative fiscali e nello specifico sulle abitazioni private e su una tassazione aggiuntiva di non meglio definiti extraprofitti di specifici settori economici (*) – risulta stupefacente come ancora oggi non si trovi un rappresentante istituzionale in grado di comprendere il danno per l’intero Paese, in un’ottica di credibilità internazionale, di  questa terapia fiscale.

    Anche se la leva fiscale sia finalizzata, come un farmaco, al mantenimento in vita del paziente tuttavia il suo eccesso di somministrazione può tradursi in un danno permanente (la perdita di attrattività finanziaria) tale da suscitare, quindi,un effetto paradosso.

    In primo luogo, ed ecco il primo effetto paradosso, in quanto il nostro Paese invece di trovare beneficio da questa somministrazione di una continua legislazione con ripetuti adeguamenti fiscali per mantenere in vita il paziente, si trova a pagare un prezzo che potrebbe essere semplicemente identificato, appunto, nella mancata attrattività nei confronti degli investitori esteri, i quali  considerano la stabilità fiscale un parametro di valutazione fondamentale.

    Esiste,  poi, un secondo effetto paradosso che colpisce più da vicino e  nell’immediatezza i singoli cittadini o, mantenendosi nel contesto sanitario, i pazienti.

    Dato per definitivo l’obbligo imposto dall’Unione Europea di adeguamento nei prossimi anni delle abitazioni ai nuovi parametri “green” che, sempre secondo l’ideologia ambientalista, e come parziale giustificazione questi verrebbero “finanziati’ dai risparmi energetici, emerge evidente un pericoloso secondo effetto paradosso, in quanto il risparmio energetico definito come il supporto economico all’adeguamento normativo imposto dal Green Deal se nel nostro Paese dovesse comportare anche un automatico adeguamento degli estimi  catastali, allora verrebbe annullato ogni vantaggio in termini economici, determinando invece un ulteriore aumento della pressione fiscale.

    L’effetto combinato di queste continue somministrazioni di “terapie fiscali”, il cui unico obiettivo rimane quello di mantenere in vita la struttura ospedaliera (lo Stato) più che il paziente risulta disastroso. Basti ricordare come in Italia il reddito disponibile negli ultimi trent’anni risulti diminuito di -3,4% rispetto ad un aumento in Germania del +34,7 ed in Francia di oltre un +27%.

    A questi dati allarmanti relativi all’esito delle cure adottate, si aggiunga come  dal 2010 ad oggi la ricchezza del nostro Paese sia diminuita del -4% a fronte di un aumento in Francia di un +22% e del +51% in Germania ed addirittura del +57% in Gran Bretagna.

    La medicina fiscale adottata da ogni governo di conseguenza sta dimostrando da decenni i propri limiti che possono portare addirittura se non alla morte quantomeno ad un decisivo aggravamento della patologia dei pazienti (reddito disponibile).

    Dimostrando ancora una volta come la crisi italiana, cominciata nel 2008, ancora oggi risulti lontana da una sua risoluzione e rappresenti, più che un problema di terapia economica fiscale o politica, la massima manifestazione  di una crisi culturale senza precedenti.

    (*) Ci provò lo stesso governo Draghi con esiti disastrosi (-9,2 miliardi di gettito fiscale) con la tassazione delle società energetiche.

  • La Bei eroga 166 milioni per 17 centrali solari

    La Banca europea per gli investimenti (Bei) e il produttore di energia Bnz hanno sottoscritto un prestito da 166 milioni di euro per la realizzazione di 17 centrali solari fotovoltaiche in Spagna, Italia e Portogallo. Si tratta della prima tranche di un prestito complessivo da 500 milioni di euro approvato dalla Bei a favore di Bnz per sostenere la generazione di 1,7 GW di energia solare fotovoltaica in Europa meridionale entro la fine del 2026. Bnz è un produttore indipendente di energia, controllato da Nuveen Infrastructure, che sviluppa, costruisce e gestisce progetti nell’ambito del solare fotovoltaico. Le 17 centrali fotovoltaiche genereranno energia verde in grado di soddisfare il consumo energetico medio annuo di oltre 390mila famiglie. Questi nuovi impianti saranno per lo più ubicati nelle regioni di coesione, dove il reddito pro-capite è inferiore alla media dell’Ue, confermando l’impegno della Bei a favore della crescita economica e della convergenza tra regioni. Il finanziamento contribuisce al raggiungimento degli obiettivi climatici della Bei, rafforzandone la posizione come ‘banca del clima’, una delle principali priorità delineate nella tabella di marcia strategica 2024-2027 del Gruppo Bei.

    “Questo nuovo investimento è un chiaro esempio di come la Bei stia promuovendo la transizione energetica, contribuendo a un modello energetico più sostenibile e sfruttando il grande potenziale offerto dai paesi dell’Europa meridionale in termini di energie rinnovabili, ha affermato Alessandro Izzo, direttore della Bei responsabile per le operazioni di equity, growth and project finance. “Il progetto rafforzerà la sicurezza dell’approvvigionamento energetico e contribuirà all’autonomia strategica dell’Europa riducendo la dipendenza dalle importazioni di combustibili fossili”. Il progetto sostiene gli obiettivi di decarbonizzazione del green deal europeo ed è anche parte del piano d’azione della Bei a supporto di RePowerEu, il programma dell’Ue per porre fine alla dipendenza dalle importazioni di combustibili fossili incrementando l’efficienza energetica e la produzione da fonti rinnovabili. Il finanziamento della Bei è sostenuto da InvestEu, il programma di punta con cui l’Ue mira a rendere disponibili oltre 372 miliardi di euro in investimenti aggiuntivi provenienti da fondi pubblici e privati per contribuire al raggiungimento degli obiettivi strategici dell’Unione nel periodo 2021-2027.

    Luis Selva, amministratore delegato di Bnz, ha osservato: “la nuova fase segnata dalla sottoscrizione del finanziamento mostra la solidità della nostra azienda e l’ambizione dei nostri programmi, oltre ad aprire nuovi scenari che ci consentono di sperimentare sul fronte della diversità tecnologica e geografica e di crescere in termini di volume e di team, con l’obiettivo di diventare uno dei maggiori produttori indipendenti di energia sul mercato. Vogliamo continuare a costruire un futuro più pulito e più sostenibile e l’appoggio di istituzioni finanziarie così importanti dimostra che condividiamo la stessa visione di lungo termine per un mondo migliore”. Secondo Francesco Cacciabue, responsabile a livello globale degli investimenti in energie pulite per Nuveen Infrastructure, “questo importante investimento segna un passo fondamentale per il progresso nel settore delle infrastrutture energetiche sostenibili nell’Europa meridionale. L’iniziativa darà un apporto significativo al raggiungimento degli obiettivi della Spagna, dell’Italia e del Portogallo in materia di energia da fonti rinnovabili e, più in generale, degli obiettivi climatici dell’Unione europea”.

  • Settecento milioni dal ministero delle Infrastrutture per rinnovare la flotta dei treni italiani

    Settecento milioni per il potenziamento del parco ferroviario regionale: è quanto previsto dallo schema di decreto di riparto del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti guidato da Matteo Salvini. Nello specifico, fa sapere il Mit, si tratta di risorse destinate all’acquisto di treni ad alimentazione elettrica o a idrogeno. Rispetto allo stanziamento totale, 139,3 milioni sono destinati a convogli ad alimentazione di idrogeno, 525 milioni per treni ad alimentazione elettrica e a idrogeno per il potenziamento del parco rotabile per il servizio pubblico regionale ferroviario e 35,7 milioni di euro per materiale rotabile ad alimentazione elettrica per la linea ferroviaria che collega Domodossola al confine svizzero. In particolare, si tratta di 11 treni a idrogeno per un valore di 139.300.000 euro: due in Campania per una spesa di 27,4 milioni, sette in Lombardia per 84,5 milioni, due in Puglia per 27,4 milioni. I 525 milioni di euro serviti per il potenziamento del parco rotabile per il servizio pubblico regionale ferroviario, sono stati equamente distribuiti tra Mezzogiorno e Centro-Nord.

    Nel Sud c’è un investimento di 262,5 milioni per 32 treni. In particolare: in Abruzzo 6 treni per un valore complessivo di 37,19 milioni, per la Basilicata due treni da 18 milioni, per la Campania sette treni da 84,3 milioni, per il Molise 5 treni da 33,5 milioni, per la Puglia 6 treni da 36,2 milioni, per la Sardegna 2 treni da 13 milioni, per La Sicilia 4 treni da 40 milioni. Nel Centro-Nord confermati i 262,5 milioni per 28 treni. In particolare: in Emilia-Romagna 2 treni per 12 milioni, per il Friuli Venezia Giulia 2 treni da 32,1 milioni, per il Lazio 3 treni da 34 milioni, per la Liguria 2 treni da 22,3 milioni, per la Lombardia 5 treni da 32,8 milioni, per le Marche 3 treni da 18,3 milioni, per il Piemonte 2 treni da 17, 6 milioni, per la Toscana 3 treni da 22,4 milioni, per l’Umbria un treno da 14 milioni, per la Valle d’Aosta 2 treni da 25,2 milioni, per il Veneto un treno da 9,3 milioni, per la provincia autonoma di Bolzano 2 treni da 21,7 milioni. C’è anche un investimento da 35,7 milioni per la società subalpina di imprese ferroviarie per due elettrotreni. Grande soddisfazione da parte del vicepremier e ministro Matteo Salvini: “Confermiamo la determinazione ad ammodernare il Paese, con scelte che rispettano l’ambiente senza forzature ideologiche e con buonsenso”.

  • Gli investimenti scansano l’Italia

    L’Italia è una meta sempre meno attraente agli occhi degli investitori esteri, come emerge dal Global Opportunity Index (GOI) redatta dal Milken Institute. Lo stivale è slittato nella classifica mondiale dei mercati in cui investire dal 32esimo posto, occupato nel 2023, al 36esimo.

    Se l’Italia perde posizioni, cinque destinazioni tra le preferite a livello mondiale dagli investitori si trovano in Europa. La Danimarca, in particolare, sale al primo posto della classifica di quest’anno, grazie al miglioramento dei punteggi che riguardano la percezione delle imprese, facilità di fare affari in un Paese e altri parametri normativi. Seguono a ruota Svezia (ex numero uno nel 2023), Finlandia, Stati Uniti (che guadagna una posizione rispetto allo scorso anno) e Regno Unito.

    Nel complesso, le regioni E&D (Emerging & Developing Economy) “offrono opportunità interessanti agli investitori interessati ai mercati con un potenziale di crescita,” si legge nel rapporto. Anche se le crescenti tensioni tra Stati Uniti e Cina hanno colpito gli afflussi verso le economie asiatiche E&D, con un calo del 75,4% nel 2022 – ha spiegato il rapporto – tra le regioni emergenti, l’Asia è quella che ha ottenuto i migliori risultati, attirando più della metà (53,2%) dei fondi confluiti nei Paesi E&D tra il 2018 e il 2022.

    “Mentre le economie avanzate offrono stabilità, gli investitori alla ricerca di rendimenti in forte crescita continuano a mostrare interesse per le economie emergenti e in via di sviluppo”, ha dichiarato in un comunicato Maggie Switek, direttore senior del dipartimento di ricerca del Milken Institute.

    Tra le economie asiatiche emergenti, la Malesia è emersa come la preferita dagli investitori, posizionandosi al 27esimo posto a livello globale. Il Paese presenta le “migliori condizioni di investimento” tra tutte le economie E&D e si piazza bene per quanto riguarda il quadro istituzionale, in parte grazie al fatto che il Paese presenta “diritti degli investitori molto forti”, ha affermato Switek.  A questo proposito, vale la pena ricordare che, secondo il New York Times, la Malesia è anche il sesto esportatore di chip al mondo e produce il 23% di tutti i chip statunitensi.

  • Italia terzo maggior investitore straniero in Tunisia

    L’Italia è il terzo investitore estero della Tunisia dopo Francia e Qatar. È quanto emerge dai dati dell’Agenzia tunisina per la promozione degli investimenti (Fipa) visti da “Agenzia Nova”. Alla fine dello scorso anno, il flusso di investimenti esteri in Tunisia ha raggiunto l’importo di 2,522 miliardi di dinari, equivalenti a circa 750 milioni di euro, con variazioni positive del 13,5 per cento rispetto al 2022, del 34,4 per cento rispetto al 2021 e del 33,7 per cento rispetto al 2020. Gli investimenti diretti esteri (Ide) hanno raggiunto nel 2023 l’importo di 712 milioni di euro. Questi investimenti hanno registrato un aumento del 7,7 per cento rispetto al 2022, del 29,3% rispetto al 2021 e del 30% rispetto al 2020.

    Gli Ide in Tunisia hanno riguardato in particolare i settori dell’energia, dell’industria manifatturiera, dei servizi e dell’agricoltura. Secondo la Fipa, il flusso degli Ide non energetici registrato nel corso dell’anno 2023 in Tunisia ha consentito di realizzare 638 operazioni di investimento per un valore complessivo di 572 milioni di euro, consentendo la creazione di 14.746 nuovi posti di lavoro. La classifica degli investitori esteri in Tunisia vede la Francia al primo posto con 182 milioni di euro, il Qatar al secondo con 89 milioni di euro, l’Italia al terzo con 78 milioni di euro, la Germania al quarto con 81 milioni di euro e il Giappone in quinta posizione con 22 milioni di euro.

  • L’inflazione green

    Mentre negli Stati Uniti la corsa dall’inflazione sembra rallentare (+5%), tanto è vero che la Fed probabilmente aumenterà di soli 25 punti il tasso di interesse, in Italia (+8,3% e nel settore alimentare +11%) ed in Europa (+7,4%) l’inflazione rialza la testa.

    Non è il solo dato allarmante in quanto il calo dei consumi si attesta ad oltre il -5% nel settore alimentare, come le due consecutive flessioni dalla produzione industriale (-2.3% sul 2022). Diminuzioni importanti le quali, tuttavia, non determinano alcuna ripercussione relativa ad un conseguente abbassamento dei prezzi imputabile proprio ad una flessione della domanda.

    Ancora una volta, quindi, l’inflazione, a differenza di quanto potessero credere i titolari delle banche centrali ma soprattutto la Bce, non era determinata da una crescita della domanda aggregata (in Europa) mentre negli Stati Uniti sicuramente, in quanto la sua flessione attuale non ne determina alcuna diminuzione. Basti ricordare come anche in Germania la riduzione degli acquisti abbia raggiunto il -8,3% contro la quale il governo si sta attivando con delle politiche di sostegno al reddito.

    Uno degli ulteriori fattori preoccupanti relativo all’economia e alla sua comprensione, viene fornito dal costo dei noli marittimi che in un anno è passato da 16.000 dollari nel 2022 a meno di 2.000 nel 2023.

    All’interno di un’economia globale rappresenta sostanzialmente l’arresto dei flussi commerciali soprattutto per quanto riguarda i beni intermedi.

    L’inflazione, quindi, all’interno di un mercato con una domanda complessiva in flessione, si conferma comunque come assolutamente impermeabile alle politiche monetarie e alle fluttuazioni della domanda e dell’offerta. Uno scenario che ci riporta alle dinamiche dei mercati globali all’interno dei quali i postulati economici, tanto cari al mondo politico ed accademico, hanno perso ogni valore e soprattutto capacità di incidere sull’andamento economico complessivo.

    Andrebbe ricordato, infatti, come investire invece cocciutamente in un unico settore come quello edilizio in Italia o, peggio ancora, in Europa nella ipotetica transizione Green, rappresenti la condizione ideale per trasferire le aspettative di inflazione dal mercato singolo ai mercati in generale come “sentiment”.

    In altre parole, invece di combattere gli effetti della crisi economica attraverso un intervento complessivo forse meno incisivo sotto il profilo finanziario, ma in grado di coinvolgere l’intero settore economico ed industriale, come quello dei servizi attraverso, per esempio, occorrerebbe una riduzione dei carichi fiscali.

    Si è deciso, in preda ad un reale delirio ideologico, di investire solo ed esclusivamente nel settore di un’ipotetica transizione Green. Questa, oltre a essere irraggiungibile nei tempi, tuttavia ha determinato la creazione di aspettative di inflazione per tutti i settori economici ed ovviamente creato le condizioni per fenomeni speculativi.

    Non esistono, infatti, altre giustificazioni se non legate alla esplosione dei costi delle terre rare e di quanto legato al singolo settore, espressione di un incremento esponenziale della domanda proprio come limpida conseguenza dell’ideologia ambientalista adottata dall’Unione Europea.

    La responsabilità, quindi, di questa impennata dell’inflazione dovrebbe essere attribuita proprio al fenomeno settoriale della transizione Green, in più in Italia con il bonus 110%, che ha escluso tutti gli altri settori in difficoltà facendone pagare però l’inflazione come espressione della crescita esponenziale di un singolo settore.

    Per quanto si possa accreditare una certa impreparazione generale alla classe dirigente europea, accecata da un furore ideologico senza precedenti, sulla base della quale si pongono in secondo piano le aspettative legittime di una crescita economica dopo due anni di pandemia e in piena guerra ucraina, i dubbi relativi anche ad una onestà intellettuale diventano legittimi.

    Il fallimento clamoroso di questa politica viene espresso dalla terrificante sintesi del calo dei consumi assieme all’aumento dell’inflazione.

    In altre parole, ci si avvicina ad una possibile stagflazione già ora comunque imputabile all’ideologia espressa da una ipotetica transizione ecologica.

  • Al via il programma InvestEU in Italia: quattro nuovi progetti firmati dal Gruppo BEI

    • Il Gruppo BEI e la Commissione europea hanno lanciato a Roma il programma InvestEU, che mira ad attivare investimenti per oltre 372 miliardi nell’Unione europea.
    • Firmate inoltre le prime quattro operazioni in Italia nell’ambito di InvestEU per un totale di 264 milioni di euro:
      • 45 milioni di euro dalla BEI a Acque Bresciane per potenziare la copertura, qualità e la resilienza dei servizi per le acque reflue nella Provincia di Brescia;
      • 30 milioni di euro investiti dal FEI in Xenon FIDEC per promuovere l’economia circolare;
      • 100 milioni di euro di garanzia FEI a Intesa Sanpaolo per supportare gli investimenti e le esigenze di liquidità delle PMI e piccole Mid-cap innovative o per sostenere la loro transizione digitale e ecologica;
      • 84 milioni di euro di garanzia FEI a Mediocredito Trentino-Alto Adige S.p.A per supportare gli investimenti e le esigenze di liquidità delle PMI e piccole Mid-cap del Nord-Est.

    La Commissione europea e il Gruppo BEI, che comprende la Banca europea per gli investimenti (BEI) e il Fondo europeo per gli investimenti (FEI), hanno organizzato un evento a Roma per lanciare il programma InvestEU in Italia e firmare le prime quattro operazioni italiane. Il programma, grazie ad una garanzia di bilancio dell’UE di 26,2 miliardi di euro, mira ad attivare investimenti per oltre 372 miliardi in tutta Europa volti a sostenere le priorità strategiche dell’Unione europea, come il Green Deal europeo e la transizione digitale.

    All’evento, aperto dai saluti di Gelsomina Vigliotti, Vicepresidente BEI, Daniele Franco, Ministro dell’Economia e delle Finanze, Paolo Gentiloni, Commissario europeo per l’Economia, Dario Scannapieco, Amministratore delegato di Cassa Depositi e Prestiti, e Fabio Pammolli, Presidente del Comitato Investimenti di InvestEU, hanno partecipato più di 100 persone fra clienti e stakeholders.

    Paolo Gentiloni, Commissario per l’Economia, ha dichiarato: “InvestEU offre grandi opportunità alle imprese italiane e sono lieto di essere presente oggi a Roma per il suo evento di lancio. Abbiamo davanti a noi una montagna di investimenti da realizzare e attraverso InvestEU potremo garantire che i finanziamenti vadano dove sono più necessari per stimolare l’innovazione, l’occupazione e la crescita. I primi quattro accordi InvestEU firmati oggi con partner italiani ne sono un eccellente esempio e voglio congratularmi con tutte le entità coinvolte per la loro realizzazione. Mi auguro di vedere molti altri accordi di questo tipo nei mesi e negli anni a venire”.

  • L’azzeramento patrimoniale degli investimenti

    Esiste un effetto non considerato in relazione alla crisi economica e industriale legata all’esplosione dei costi energetici e alle conseguenze dell’inflazione già presente nel 2021.

    Negli ultimi anni precedenti la pandemia, il sistema industriale era stato “invitato” ad un proprio aggiornamento in relazione alle sfide internazionale e alla concorrenza dei paesi a basso costo manodopera.

    Sicuramente l’innovazione tecnologica, che comporta una diminuzione dell’intensità di manodopera per milione di fatturato soprattutto nel settore manifatturiero, se da una parte diminuisce le opportunità lavorative, dall’altra attenua la differenza dei costi tra le diverse locazioni produttive basate esclusivamente sul confronto del costo del lavoro e conseguentemente rende di nuovo approcciabile l’investimento industriale.

    In altre parole la stessa innovazione, se supportata da una opportuna politica fiscale governativa, dovrebbe creare le condizioni finalizzate a riportare le filiere produttive, una volta all’estero, all’interno del nostro Paese (reshoring produttivo).

    In questo contesto la successiva crisi pandemica e delle filiere produttive, troppo allungate nel perimetro asiatico sempre a caccia del minore costo, rappresentava un’occasione ma soprattutto una conferma in più per dare vita ad una pur parziale reindustrializzazione del nostro Paese. Il supporto dei governi avrebbe dovuto assumere i connotati di una fiscalità di vantaggio che favorirebbe il sistema industriale italiano e soprattutto le fiere italiane.

    Tutti gli investimenti in questo senso, tanto del sistema industriale e finalizzati all’ottenimento di una maggiore produttività e quindi una maggiore competitività nel mercato globale, quanto gli interventi legislativi varati dai diversi governi, come industria 4.0, perdono ogni valore e vengono addirittura azzerati a causa dell’esplosione dei costi dell’approvvigionamento energetico.

    Rappresenterebbe, ora, un errore ingiustificabile non inserire nella valutazione degli effetti della attuale pre-recessione gli effetti finanziari ed economici di questo azzeramento patrimoniale e relativo agli investimenti degli ultimi anni nel sistema industriale e manifatturiero in quanto il loro effetto di “efficientamento” del complesso sistema produttivo viene sostanzialmente azzerato dall’esplosione dei costi energetici il quale da solo determina la perdita di ogni fattore competitivo da parte delle aziende italiane nel contesto internazionale.

    Un azzeramento patrimoniale degli investimenti, in aggiunta agli effetti già evidenti della crisi, che dovrebbe spingere qualsiasi forza di governo ad una valutazione e ad una conseguente elaborazione di un strategia complessiva, abbandonando finalmente la politica dei Bonus fiscali, per la loro stessa definizione discriminanti, e verso l’elaborazione di una visione generale che affronti il problema nella sua complessità, invece di tentare di attenuarne gli effetti favorendo questa o quella categoria.

  • Extra profitti e credibilità istituzionale

    Da troppi anni  l’Italia registra una costante diminuzione di attrattività degli investimenti esteri anche a causa della mancanza di una reale certezza del diritto soprattutto in materia fiscale.

    Il primo ad inaugurare la retroattività di una norma fiscale fu il governo Prodi con il ministro Visco i quali hanno contestualmente inserito, nella valutazione di un investimento effettuata da un operatore estero, il parametro della totale incertezza relativa al quadro normativo fiscale nel nostro Paese.

    La  valutazione, tanto della opportunità quanto del raggiungimento di una redditività dell’investimento, viene determinata anche attraverso la certezza del quadro normativo fiscale che contribuisce ad individuare il tempo necessario per il raggiungimento del  Roe (Return on  Equity). Assicurare la certezza normativa diventa, di conseguenza, un  fattore privilegiante quel paese che si dimostri in grado di confermarla, indipendentemente anche dai diversi contesti di congiunture nazionali ed internazionali.

    La crisi energetica, ma soprattutto l’esplosione dei costi successivi alla pandemia e alla guerra (*), dipende anche dalla finanziarizzazione del trading energetico e si manifesta come l’ennesima cristallina espressione di una cultura economico finanziaria  finalizzata alla moltiplicazione di occasioni per inopportune intermediazioni di natura finanziaria.

    La  pandemia prima ed ora la guerra in Ucraina in altre parole hanno messo a nudo tutta una serie di inefficienze strategiche ed operative del sistema  del training energetico.

    La medesima classe politica e burocratica, responsabili di tale situazione, cercano di uscirne inserendo la tassazione degli extra profitti di queste aziende monopoliste passate da statali a capitale privato, e conseguentemente azzerando ancora una volta il principio della non retroattività di una norma fiscale. Pur concedendo la mancata capacità di valutazione dell’effetto devastante per la credibilità di un paese agli occhi degli investitori con l’introduzione di una norma fiscale retroattiva, andrebbe ricordato come gli  investimenti, specialmente se esteri, rappresentino uno dei fattori di  maggiore  sviluppo economico.

    Andrebbe ricordato infatti come all’interno della classifica dei paesi maggiormente attrattori di investimenti esteri l’Italia risulti al 19º posto rispetto alla Germania che occupa la prima posizione.

    Anche per questa maggiore attrattività l’economia tedesca è stata in grado di aumentare negli ultimi trent’anni il reddito disponibile del+34,7% rispetto alla diminuzione italiana del -3,7%.

    All’interno di questo complesso quadro economico emerge evidente da parte del governo italiano, come della stessa unione europea, la volontà di non utilizzare la leva fiscale per ridurre l’impatto di questa devastante crisi energetica la quale mette a rischio un quinto del sistema produttivo italiano.

    In altre parole si preferisce venir meno ad un principio liberale come la retroattività di una norma, e in più disincentivante nei confronti degli investimenti esteri, pur di mantenere un impianto fiscale che possa assicurare le risorse finanziarie e, di conseguenza, il potere alla classe politica.

    (*) Il 23 febbraio 2022 la quotazione del gas segnava già +537%

  • InvestEU in Italia: firmato da Commissione europea e Cassa Depositi e Prestiti accordo di consulenza da 6,7 milioni di euro a sostegno di progetti infrastrutturali

    La Commissione europea e l’istituto nazionale di promozione italiano Cassa Depositi e Prestiti (CDP) hanno firmato un accordo da 6,7 milioni di € per l’offerta di servizi di consulenza a progetti di investimento infrastrutturale e sociale. Si tratta del primo accordo di questo tipo firmato con una banca o un istituto nazionale di promozione nell’ambito del nuovo programma InvestEU della Commissione, e altri seguiranno.

    In quanto partner consultivo nel polo di consulenza InvestEU, in virtù dell’accordo CDP offrirà ai promotori di progetti e agli intermediari finanziari in Italia sostegno progettuale in termini di consulenza, sviluppi del mercato e creazione di capacità. L’importo totale a sostegno dell’erogazione di servizi di consulenza in virtù dell’accordo ammonterà a 6,7 milioni di €, di cui 5 milioni attinti al bilancio dell’UE e 1,7 milioni come contributo proprio di CDP.

    La consulenza di CDP concorrerà a sostenere il miglioramento qualitativo dei progetti di investimento, compreso negli ambiti “Infrastrutture sostenibili” e “Investimenti sociali e competenze” di InvestEU. Contribuirà così a migliorare l’accesso ai finanziamenti e gli investimenti nello sviluppo di infrastrutture, a attrarre risorse private e a rafforzare i promotori pubblici e privati nella capacità di approntare operazioni di finanziamento e di investimento nei settori delle infrastrutture sociali e pubbliche, dell’energia sostenibile, dei trasporti e delle infrastrutture digitali e innovative.

    Paolo Gentiloni, Commissario per l’Economia, ha dichiarato: “L’odierna firma dell’accordo con Cassa Depositi e Prestiti, prima banca nazionale di promozione a divenire partner consultivo nell’ambito di InvestEU, segna una pietra miliare nel cammino per diffondere il programma in tutta l’UE. Con Cassa Depositi e Prestiti come partner locale, offriremo servizi di consulenza mirati per contribuire alla pianificazione e all’attuazione di importanti investimenti in infrastrutture pubbliche e sociali e nello sviluppo sostenibile. Attendo con interesse la firma di molti altri accordi di questo tipo con partner consultivi locali in tutta l’UE.”

    Il programma InvestEU fornisce all’UE finanziamenti fondamentali a lungo termine, mobilitando ingenti fondi pubblici e privati a sostegno di una ripresa sostenibile, e contribuisce a mobilitare investimenti privati per le priorità strategiche dell’UE, come il Green Deal europeo e la transizione digitale. Accorpa i molteplici strumenti finanziari dell’UE e i servizi di consulenza finanziati dall’UE attualmente disponibili per sostenere gli investimenti nell’Unione, rendendo più semplice, più efficiente e più flessibile il finanziamento di progetti di investimento in Europa. Il programma si articola in tre componenti: il Fondo InvestEU, il polo di consulenza InvestEU e il portale InvestEU.

    Fonte: Commissione europea

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