manifestazione

  • Il Presidente del Consiglio

    Questa è la testimonianza inequivocabile della “ideologia eversiva” dei centri sociali e degli antagonisti di sinistra: la sagoma posta a testa in giù ed appesa “esanime” è pronta per l’orrendo vilipendio del corpo ripercorrendo la storia di 75 anni fa.

    Ovviamente si sprecheranno le giustificazioni espresse dai vertici di tutti i partiti di sinistra, fino ad arrivare alla famosa frase “sono solo compagni che sbagliano” magari solo nella forma e nei modi.

    Per chi ha vissuto, invece, anche se solo da liceale, gli anni di piombo con le vittime innocenti di azioni assassine e delle stragi operate da organizzazioni terroristiche tanto di sinistra quanto di destra, non sarà difficile percepire le similitudini nei toni degli slogan e nei conseguenti comportamenti dei centri sociali (gli epigoni di Autonomia Operaia e Lotta Continua) i vagiti di una nuova sinistra non più solo antagonista. Ora vengono poste le basi ideologiche per un substrato “culturale” nel quale possano attecchire le malsane menti malate di una nuova forza eversiva.

    La storia spesso si ripete con forme forse diverse, ma attraverso contenuti decisamente simili anche se espressi a decenni di distanza. Allo Stato, nella sua articolata struttura istituzionale, e alle forze politiche va attribuita la responsabilità di comprendere i pericoli e le criticità di questa situazione esplosiva. Di conseguenza dagli stessi ci si dovrebbe attendere la capacità di attuare un diverso monitoraggio delle evoluzione di questi movimenti, ma, al tempo stesso, dovrebbe emergere una volontà politica di riconoscere le radici sociali, economiche e politiche che originano le cause di simili comportamenti.

    La risultante di queste due strategie dovrebbe portare alla conoscenza dalla quale elaborare e dimostrare la volontà di porvi rimedio togliendo così le ideologiche giustificazioni addotte da sempre dalle organizzazioni estremiste e quindi evitare di  arrivare ancora ad una nuova ondata terroristica.

  • Un po’ di sale in zucca a tutti

    Se, come dicono gli esagitati no pass, fossimo in un sistema che non tiene conto della libertà non si sarebbero rispettate fino ad oggi, anche in modo eccessivo, manifestazioni e proteste e tutti avremmo l’obbligo, da tempo, di usare le mascherina anche all’aperto, quando vi è la presenza di più persone. Dopo l’implacabile aumento dei contagi che continua da più giorni, non sarebbero possibili manifestazioni fatte senza utilizzare i dispositivi di sicurezza cha l’Oms e l’Istituto Superiore di Sanità continuano a ricordare come essenziali. Se fossimo in una democrazia capace di darsi regole e di farle rispettare il personale sanitario, che non si è vaccinato, sarebbe fuori dal lavoro e tutti coloro che fanno propaganda contro il vaccino sarebbero, da tempo, stati sanzionati. Se fossimo una democrazia, come la democratica repubblica austriaca, avremmo tutti l’obbligo del vaccino. Se fossimo in una democrazia autentica la risibile minoranza che, giorno dopo giorno, procurando disordine e aumento del contagio, sfila ed emana, via social, minacce non avrebbe quotidianamente pubblicità gratuita sui mezzi di informazione. E non vedremmo espulsi dagli ospedali e dai luoghi di cura tutti quei malati non covid che la pandemia ha emarginato e in alcuni casi, per colpa dei mancati ricoveri, condannato a morte. E se fossimo in una democrazia nella quale la rappresentanza politica avesse a cuore gli interessi collettivi, e non quello di cercare consenso per il proprio partito, con battute ad effetto o strizzando l’occhio alle frange più irragionevoli ed estreme, si sarebbe da mesi provveduto a riorganizzare sul territorio quell’assistenza sanitaria che manca da troppi anni e che, salvo rari ed encomiabili casi, è stata insufficiente soprattutto in periodo pandemico procurando ulteriori morti. Se fossimo in una democrazia autentica tutti coloro che, rivestendo un ruolo politico o pubblico, continuano ad ammiccare, più o meno palesemente, ai no vax e ai no pass dovrebbero rendere conto delle proprie azioni. Ma noi siamo noi perciò la stragrande maggioranza degli italiani continua ad essere costretta a rischiare più del necessario per colpa di qualche migliaia di esagitati che trovano appagante sfilare senza mascherina e sbandierando tricolori e bandiere che sviliscono proprio nel momento nel quale, per difendere la loro presunta libertà, mettono a repentaglio la salute di tutti gli altri. Ormai è nei fatti: la stragrande maggioranza degli italiani rischierà e subirà nuove restrizioni per colpa di una risicata minoranza, per l’incapacità della politica di fare prevenzione, emanare regole certe e per la mancanza di determinazione nel farle rispettare. Anche l’Unione Europea ha le sue colpe perché è stata, ed è priva, di un piano pandemico di prevenzione e risposta celere ed è incapace di chiedere agli Stati membri l’applicazione di regole comuni almeno per difendere i confini interni ed esterni dal sempre più incalzante diffondersi del virus. Mantenere Schengen dovrebbe sottendere l’immediato obbligo di gran pass per ogni spostamento dall’esterno e interno all’Unione, con qualsiasi mezzo si viaggi, sappiamo bene, infatti, che mentre per i passaggi aerei c’è l’obbligo di tampone chi viaggia in torpedone, auto etc non si deve presentare nessun documento che attesti non si sia malati di covid. E resta comunque in attesa di risposta una domanda che assilla specialmente le fasce economicamente più deboli: il denaro speso per curare chi non ha voluto vaccinarsi inciderà sulle tasse, sulla maggiore futura carenza di servizi, sul debito pubblico? E se si può consentite a pochi di mettere a rischio la salute e la vita fisica, economica e sociale di molti qual è il concetto di democrazia che si applica in Italia?

  • Una marcia per gli Uiguri in occasione delle celebrazioni per il 70° anniversario della nascita della Repubblica Popolare Cinese  

    Il primo ottobre, il World Uyghur Congress con l’Organizzazione delle Nazioni e dei Popoli non rappresentati (UNPO), la Compagnia Internazionale per il Tibet (TIC), l’Associazione uigura belga e la Comunità tibetana in Belgio ha organizzato una marcia e una manifestazione congiunte a Bruxelles per chiedere la fine delle violazioni dei diritti umani in Cina. La comunità uigura e le comunità tibetane e di Hong Kong si sono unite per solidarizzare e condannare il regime autoritario che vige nella Repubblica Popolare. Alla marcia hanno partecipato oltre 700 persone, tra cui molti membri del Parlamento europeo e alcuni studiosi che hanno tenuto vari discorsi per sollecitare la comunità internazionale, ed in particolare il Parlamento europeo, a denunciare in modo più veemente l’abuso dei diritti umani da parte della Cina e sostenere con più vigore la causa uigura.

    Il presidente del WUC, Dolkun Isa, in vista della marcia, celebrata proprio a ridosso del  70° anniversario della fondazione della Repubblica Popolare Cinese, in un editoriale aveva denunciato la forte violazione dei diritti umani nel Turkistan orientale da parte di Pechino, dove 1-3 milioni di uiguri sono detenuti nei campi di internamento. Durante la manifestazione di Bruxelles il presidente ha invitato la comunità internazionale a continuare ad esercitare pressioni sulla Cina, esprimendo anche la sua profonda delusione per la scarsa presa di posizione del mondo musulmano, nonostante la Cina abbia definito l’Islam una malattia ideologica che deve essere sradicata. La manifestazione, seguita da molti media, si è conclusa davanti alla Commissione europea.

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