nucleare

  • Nuovo polo digitale per rafforzare l’industria nucleare europea

    Il Centro comune di ricerca (JRC) ha varato un nuovo polo di modellizzazione volto a fornire modelli e dati nucleari affidabili alle parti interessate in tutta Europa. Lo scopo di questa modellizzazione digitale è descrivere e prevedere il comportamento dei reattori nucleari in condizioni critiche.

    Il polo di modellizzazione mira ad aiutare l’industria nucleare europea a sviluppare e diffondere applicazioni come i piccoli reattori modulari, che possono contribuire alla decarbonizzazione dell’economia dell’Unione europea, in particolare nell’industria pesante. Il polo è inoltre uno strumento utile per i responsabili politici, in quanto funge da piattaforma centralizzata per sostenere la progettazione e la valutazione delle politiche europee all’intersezione tra energia, ambiente ed economia.

    Il nuovo polo trae slancio dai punti di forza unici del Centro comune di ricerca, combinando strumenti informatici avanzati con decenni di esperienza nella ricerca nucleare.

  • Japan to increase reliance on nuclear energy in post-Fukushima shift

    Japan says it will increase its reliance on nuclear energy in a major policy shift as it seeks to meet growing demand from power-hungry sectors like AI and semiconductors.

    An energy plan approved by the cabinet on Tuesday called for “maximising the use of nuclear energy” and dropped reference to “reducing reliance on nuclear energy”.

    The energy plan, written by the Ministry of Economy, Trade and Industry says that by 2040, nuclear energy should account for 20% of Japan’s grid supply in 2040, more than double the 8.5% share in 2023.

    It comes as the Fukushima nuclear plant disaster from 14 years ago continues to hang over the country, conjuring painful memories.

    In March 2011, a 9.0-magnitude earthquake near Japan’s north-east coast spawned a tsunami that killed more than 18,000 people, wiping out entire towns and flooding the reactors of the Fukushima Daiichi plant.

    Japan now operates 14 commercial nuclear reactors, compared to 54 before the Fukushima disaster when 30% of the country’s energy was from nuclear sources.

    The plan still needs approval by parliament, where it will be discussed in the coming months.

    The country, which imports 90% of its fuel, needs to look to nuclear sources as part of its plan to cut back on carbon and be self-reliant on energy, said Daishiro Yamagiwa, an MP who was part of a government advisory committee on the energy plan.

    “Because of the conflict in Ukraine and the war in the Middle East, even fossil fuels have become difficult to buy,” he told the BBC. “Japan is a country without energy resources, so we must use whatever is available in a balanced way.”

    Yamagiwa added that energy burdens are growing because of demand from AI data processing centres and semiconductor factories around the country.

    But experts say increasing reliance on nuclear energy will be both risky and costly.

    Japan will need to import uranium, which is expensive and will make the country reliant on other countries, said Professor Kenichi Oshima at the faculty of policy science at Ryukoku University.

    Prof Oshima told the BBC the main concern is that increasing the number of nuclear power plants also raises the risk of potentially disastrous accidents.

    He cited the 2024 New Year’s Day earthquake in the Noto peninsula, where two decades ago, a plan to build a nuclear plant was scrapped because locals opposed it.

    “If there had been a nuclear power plant there, it is quite clear that it would have caused a major accident,” he said.

    Fukushima looms large

    In Japan, any mention of nuclear energy inevitably brings back difficult memories of the nuclear meltdown at the Daiichi power plant.

    “We all had such a terrible experience at the time of the Fukushima quake,” Tokyo resident Yuko Maruyama told the BBC.

    “How could I support it [the nuclear energy plan]? I want the government to rely on other sources of energy,” she added.

    “As a mother I think of the children, of their safety. I cannot help but think about what would happen in the future.”

    The meltdown at Fukushima is considered the world’s worst since that of Chernobyl in 1986.

    It stirred fresh controversy in 2023, when Japan started releasing treated water from the site of the Fukushima plant. This drew protests from Japan’s neighbours, including China, over safety concerns.

    The United Nations atomic energy regulator IAEA said the waste water was safe and would have a “negligible” impact on people and the environment.

    In response to the new energy plan announced this week, Greenpeace said promoting nuclear energy is “outrageous” when the fallout from Fukushima is still ongoing.

    “There is no justification for continuing to rely on nuclear energy, which remains toxic for tens of thousands of years, produces radioactive waste that requires long-term management, and carries risks like earthquakes and terrorism,” the group said.

    To meet the government’s goal, experts say 33 reactors must be put back online, but the current pace of safety checks as well as residents’ objections in some areas will make this difficult.

    Many of these nuclear plants are old and will need to be refitted with new technology for them to function safely.

    “That most difficult problem is that each nuclear power plant is in a different location and will need its own safety protocol and infrastructure,” Yamagiwa said.

    “We must check each of them carefully. It still takes time.”

    In recent months, regulators have given several old reactors approval to keep operating.

    In October 2024 Japan’s oldest reactor, Takahama nuclear power plant, was given the go-ahead to continue operations, making it the first reactor in the country to get approval to operate beyond 50 years.

  • Sottomarino cinese fa un buco nell’acqua e a Taiwan arrivano i giapponesi

    Il primo sottomarino d’attacco a propulsione nucleare cinese di classe Zhou sarebbe affondato la scorsa primavera. Fonti anonime hanno detto al “Wall Street Journal” che l’incidente sarebbe avvenuto presso un cantiere navale vicino alla città di Wuhan, tra la fine di maggio e l’inizio di giugno. La Cina sta sviluppando la nuova classe di sottomarini a propulsione nucleare nel quadro di un importante programma militare per la modernizzazione e l’espansione della sua Marina. I funzionari statunitensi che hanno parlato al quotidiano non hanno saputo dire se il sottomarino avesse a bordo del combustibile nucleare quando è affondato. Una eventualità che esperti non legati al governo federale hanno però definito “probabile”. La produzione di sottomarini nucleari cinesi viene solitamente portata avanti presso la città di Huludao, nel nord-est del Paese, ma il governo avrebbe recentemente iniziato a spostare le attività relative ai sottomarini nucleari d’attacco ai cantieri navali Wuchang Shipyard, a Wuhan.

    Il sottomarino affondato, ha scritto il “Wall Street Journal”, è stato costruito dalla società China State Shipbuilding Corporation. Alcune immagini satellitari ottenute dal quotidiano mostrano il sottomarino ancorato a un molo lungo il Fiume Azzurro verso la fine di maggio. Altre immagini, risalenti all’inizio di giugno, mostrano gru galleggianti impegnate a recuperare il relitto dal fondo del fiume. “L’incidente rallenterà i piani della Cina per espandere la sua flotta di sottomarini nucleari: è significativo”, ha detto Brent Sadler, ex ufficiale della Marina Usa che ora lavora come analista alla Heritage Foundation.

    Non è affondato invece il cacciatorpediniere della Forza marittima di autodifesa del Giappone che, secondo quanto riferito dal quotidiano nipponico “Nikkei” citando fonti anonime della Difesa giapponese, ha navigato per la prima volta attraverso lo stretto di Taiwan. Il cacciatorpediniere Sazanami avrebbe navigato attraverso lo stretto assieme a navi delle marine militari di Australia e Nuova Zelanda, diretto verso sud dalle acque del Mar Cinese Meridionale: unità delle marine militari dei tre Paesi condurranno esercitazioni congiunte.

    Sempre in chiava di contenimento della Cina, i ministri della Difesa di Stati Uniti, Regno Unito e Australia si sono visti il 26 settembre a Londra nell’ambito dell’accordo trilaterale di sicurezza Aukus, Le discussioni in merito alle esportazioni sensibili senza licenza puntano a facilitare l’assemblaggio dei sottomarini in Australia, permettendo al Regno Unito di esportare componenti per sottomarini per un valore di miliardi di sterline, secondo il ministero della Difesa britannico. Il programma dei sottomarini Aukus impiegherà secondo le previsioni di Londra più di 21.000 persone nel Regno Unito, e genererà 7.000 nuovi posti di lavoro.

    “Come partner Aukus, restiamo uniti in un mondo sempre più instabile,” ha dichiarato in una nota il segretario alla Difesa britannico John Healey. “Questo è un partenariato che aumenterà i posti di lavoro, la crescita e la prosperità nei nostri tre Paesi, oltre a rafforzare la nostra sicurezza collettiva”. In questo ambito, le aziende britanniche Amiosec, Roke Manor Research e Autonomous Devices, così come l’Università di Liverpool, sono state selezionate dall’Agenzia per la difesa e la sicurezza del Regno Unito come beneficiarie di 2 milioni di sterline (2,67 milioni di dollari) di finanziamenti per sviluppare soluzioni di puntamento e protezione elettromagnetica. L’Australia punta a dotarsi di una flotta di sottomarini a propulsione nucleare operativa a partire dai primi anni del 2030, come parte del primo pilastro dell’accordo Aukus. I tre Paesi mirano anche ad avere una presenza a rotazione di sottomarini statunitensi e britannici in Australia occidentale già dal 2027. I tre Paesi hanno stabilito il partenariato di sicurezza nel settembre 2021 per rafforzare la sicurezza e la stabilità nell’Indo-Pacifico. Per celebrare il terzo anniversario dell’intesa, i tre Paesi hanno annunciato di aver avviato consultazioni con Canada, Nuova Zelanda e Corea del Sud per individuare aree di collaborazione nell’ambito del “secondo pilastro” dell’accordo, che si concentra sullo sviluppo di capacità tecnologiche avanzate per la difesa e sul rafforzamento dell’interoperabilità tra le rispettive forze armate.

  • Accordo Webulid-Ansaldo per i mini reattori nucleari

    Contribuire ad accelerare la transizione verso un futuro a basse emissioni di carbonio: con questo obiettivo Webuild e Ansaldo Nucleare hanno firmato un memorandum d’intesa per sviluppare potenziali soluzioni modulari all’avanguardia, sicure, sostenibili e flessibili, nel settore dell’energia. L’intesa – riferisce una nota – si inserisce in un quadro promettente per il settore nucleare, per cui si attendono investimenti crescenti con nuovi impianti attesi su scala globale che puntano a garantire un totale di circa 650 Gw di capacità al 2050.

    L’accordo definisce l’interesse delle parti a collaborare nei prossimi cinque anni per lo sviluppo, la commercializzazione e l’implementazione di tecnologie nucleari all’avanguardia, combinando competenze complementari dei due gruppi industriali. Obiettivo della collaborazione sarà favorire lo sviluppo ed espandere la presenza e l’adozione su scala globale degli Small modular reactor (Smr), reattori a fissione nucleare di piccola taglia (circa 300 Mw), modulari e flessibili, e successivamente degli Advanced modular reactor (Amr), reattori a fissione nucleare derivati dalle tecnologie di quarta generazione, attualmente in fase di studio, che utilizzeranno nuovi sistemi di raffreddamento, come ad esempio metalli fusi, per offrire prestazioni migliori e nuove funzionalità (cogenerazione, produzione di idrogeno, soluzioni per la chiusura del ciclo del combustibile e la gestione dei rifiuti nucleari).

    Con questo importante accordo di collaborazione, Ansaldo Energia e la sua controllata Ansaldo Nucleare fanno un ulteriore passo avanti nel percorso di sviluppo di nuove competenze a beneficio della sicurezza e della transizione energetica. Grazie a costi di investimento iniziale significativamente più bassi rispetto a quelli delle attuali tecnologie, alla flessibilità operativa, alla modularità di realizzazione e alla serializzazione dei processi produttivi e alla conseguente semplificazione del processo di certificazione, gli Smr (e successivamente gli Amr) costituiranno a partire dai prossimi anni uno strumento fondamentale a beneficio della produzione di un’energia economica, programmabile e decarbonizzata. Grazie alle sue competenze, il gruppo Ansaldo Energia si propone come presidio tecnologico nazionale di riferimento della filiera della power generation, mettendo a fattor comune le sue competenze in ambito ingegneristico e manifatturiero e forte di oltre 280.000 Mw di potenza installata nel mondo (con turbine a gas e a vapore), della sua esperienza pluridecennale in ambito nucleare e dello sviluppo di soluzioni innovative per la produzione di idrogeno e per la microgenerazione.

    Il settore energetico si conferma di grande valenza strategica per Webuild, che vanta un track record su scala globale di 313 dighe e impianti idroelettrici, per una capacità installata complessiva di 52.900 Mw. L’attenzione al settore energy è stata rafforzata negli ultimi anni anche con l’acquisizione di Clough, società australiana specializzata nel comparto. Tra i progetti per la produzione di energia pulita rientrano il Grand Ethiopian renaissance dam project (Gerdp), sul Nilo Azzurro, progettato e costruito per soddisfare il fabbisogno energetico interno dell’Etiopia e guidarne lo sviluppo attraverso l’export di energia verso i paesi limitrofi; il Progetto idroelettrico di Rogun in Tagikistan, con la diga più alta del mondo, che raddoppierà la produzione energetica del paese; Snowy 2.0 in Australia, impianto idroelettrico destinato a essere tra i più efficienti al mondo, che sarà in grado di produrre energia elettrica in base ai picchi di domanda, con un tempo di risposta di appena 90 secondi.

  • Centrali nucleari: il dibattito dovrebbe essere più prudente

    Nel dicembre 2023, nel Regno Unito, un’inchiesta del Guardian accusava i vertici della società che gestisce il sito Sellafield dopo la fuga radioattiva da quello che è più grande deposito di plutonio al mondo. In Cumbria, nel nord dell’Inghilterra, nell’impianto per la smaltimento di scorie nucleari si erano create crepe in un serbatoio dei fanghi tossici e l’impianto non era stato messo in sicurezza. Secondo alcuni dati la fuoriuscita del liquido radioattivo, che non è finita e non finirà a breve, ha causato i più alti rischi nucleari nella storia del Regno Unito. I problemi sono connessi alla contaminazione delle falde acquifere ed a un rischio cumulativo oltre che per scorie nucleari, per l’amianto e per la mancanza di corretti sistemi anti incendio. Secondo quanto citato dal giornale vi sono pericoli riguardo alla possibilità concreta che hacker e spie di paesi stranieri possano aver avuto accesso a materiali segreti all’interno di un sito che occupa quasi 4 milioni di metri quadrati. Il governo ovviamente è intervenuto pur sottolineando che deve essere l’autorità indipendente britannica, per la gestione del settore, a stabilire se sia stata compromessa la sicurezza pubblica ma sono molti anni che si lavora con i responsabili di Sellafied per garantire i miglioramenti necessari e non ancora attuati.

    Ancora oggi ci sono conseguenze per la tragedia che si è verificata in Giappone, nel 2011, a causa dell’esplosione del reattore n. 1 della centrale nucleare di Fukushima e molte tensioni vi sono stare e vi sono tra il Giappone e i paesi confinanti via mare dopo la decisione, nel 2023, di sversare nell’Oceano Pacifico le acque radioattive.

    La preoccupazione per questi dati, già di per se molto gravi, e l’incendio che l’11 febbraio 2024 si è verificato in Francia, nella centrale nucleare di Chinon, incendio per il quale due reattori sono stati spenti, dovrebbero portare, almeno su tutto il territorio europeo, ad una verifica sull’effettivo stato di funzionamento e di sicurezza delle centrali nucleari attive, dei siti dismessi e di quelli per lo stoccaggio delle scorie.

    Anche se l’agenzia francese per la sicurezza nucleare ha assicurato che terrà sotto monitoraggio la rete delle acque meteoriche sui due reattori spenti, mentre nella centrale nucleare rimangono attivi altri due reattori, sappiamo come già altri incidenti di sono verificati in altre centrali francesi.

    La guerra in Ucraina sta mettendo a rischio altre centrali nucleari a dimostrazione di quanto, in caso di guerra, alcuni paesi, come la Russia, non abbiano timore di tenere in ostaggio non solo la popolazione locale ma anche gran parte del mondo con la paura di disastri globali.

    Forse il dibattito sul nucleare, a fronte di questi avvenimenti, e di altri che non citiamo, dovrebbe essere meno entusiasta e più prudente nelle future decisioni specie in Italia dove ancora non è chiaro come siano state messe in sicurezza le scorie di Caorso.

  • La Ue punta ad avere 150 gigawatt di elettricità da centrali nucleari per il 2050

    Su input della Francia che ha trovato adesione di 16 paesi europei per la “Alleanza nucleare”, l’Ue dovrebbe dotarsi di un’industria nucleare europea integrata che raggiunga 150 gigawatt (GW) di energia entro il 2050.

    Belgio, Bulgaria, Croazia, Repubblica Ceca, Finlandia, Ungheria, Paesi Bassi, Polonia, Romania, Slovenia, Slovacchia, Estonia, Svezia e ovviamente Francia i Paesi più attivi, l’Italia partecipa all’alleanza come osservatore e il Regno Unit (fuori dalla Ue) come ospite.

    Fuori la Germania, che a marzo ha chiuso le sue ultime centrali atomiche ancora aperte, l’alleanza include invece la Finlandia che sta realizzando quello che sarà il più grande impianto d’Europa per l’energia atomica, mentre la Francia è attualmente il Paese che più ricorre a questo tipo di impianti per produrre elettricità. Oltralpe sono attive 56 centrali e la crisi ucraina ha spronato ulteriormente Parigi a puntare sull’atomo.

    A livello mondiale, peraltro, a fronte dei 93 impianti che fanno degli Usa il primatista mondiale, si registra una corsa all’atomo sempre più incalzante da parte della Cina, che grazie a venti nuove realizzazioni punta a scalzare gli Usa entro il 2030 quanto a elettricità ricavata dall’uranio, seguita da India (8 impianti in costruzione), Turchia (4) Corea e Russia (3). Anche il Giappone sta costruendo un impianto.

    La nuova frontiera delle centrali atomiche è rappresentata dallo small nuclear reactor, che comporta impianti con capacità inferiore ai 300 megawatt e quindi meno costosi. Qualcosa, e non solo il ministro Matteo Salvini con le sue dichiarazioni, si muove anche in Italia: sia Eni che Enel stanno portando avanti partnership per lo sviluppo della produzione di elettricità tramite energia atomica, facendo attenzione a mantenere fuori dai confini nazionali – dove sono tuttora banditi – gli insediamenti produttivi dove portare avanti questo progetto.

  • “Nucleare, si può fare?”, la sfida del ritorno italiano all’atomo. Torna la iWeek a Milano e Roma

    “Nucleare, si può fare?”, la sfida del ritorno italiano all’atomo. Questo il focus della IV edizione della iWeek, promossa da V&A – Vento & Associati e Dune, che torna in due giornate, 5 ottobre a Milano e 11 ottobre a Roma.

    A Milano il 5 ottobre con la presentazione del sondaggio SWG “Il rapporto tra gli italiani e il nucleare” parte un confronto tra aziende e istituzioni per discutere la reintroduzione della produzione di energia atomica in Italia. A Roma l’11 ottobre la sostenibilità finanziaria della svolta nucleare e la geopolitica dell’atomo saranno al centro del dibattito.

    Dal trattamento delle scorie alla soluzione del dilemma NIMBY, dalla filiera italiana del nucleare fino alle nuove tecnologie degli small modular reactors al centro delle due giornate di lavoro. Aziende e istituzioni a confronto sulle opportunità e le conseguenze della reintroduzione della produzione di energia atomica in Italia.

    Diversi protagonisti del mondo produttivo, dell’energia, della finanza, della cybersicurezza e delle istituzioni discutono dell’opzione nucleare in un contesto in cui sono sempre più forti i segnali di un ritorno alla produzione di energia nucleare in Italia. La duplice necessità di tenere sotto controllo costi e equilibri energetici nazionali dopo la crisi del gas russo e di diminuire le emissioni di CO2 in osservanza del green deal europeo sta infatti riorientando il termometro politico sulla questione, anche a fronte di un’accelerazione sulle rinnovabili che tarda ad arrivare.

    Il quadro sembra favorito dalla neutralità tecnologica delle nuove generazioni di italiani, temporalmente distanti dai fatti di Chernobyl che nel 1987 portarono alla vittoria dei referendum antinucleare e legittimamente preoccupati dal riscaldamento globale. Anche a livello europeo, un caso su tutti i Verdi finlandesi, non mancano i sostenitori bipartisan delle opportunità offerte dal nuovo nucleare, che rispetto al passato può essere considerato una fonte sicura, affidabile, economicamente competitiva nel lungo periodo e in grado di integrarsi con il gas e in futuro l’idrogeno per compensare le rinnovabili, rese discontinue e interrompibili da Madre Natura. Insomma, uno scenario in piena evoluzione che, se le promesse dei modelli attualmente in produzione e dei prototipi in fase di sviluppo, compresi quelli sulla fusione, si trasformeranno in realtà, potrebbero disegnare nuovi scenari energetici, geopolitici e industriali a livello europeo e globale.

    La prima giornata si è tenuta a Milano il 5 ottobre nella sala Pirelli dell’Istituto per il Commercio Estero in corso Magenta 59, dove dopo la relazione “Quale energia per il futuro?” del componente del Collegio dell’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente, Gianni Castelli, i lavori sono proseguiti in tre tavole rotonde, dedicate alla trasmutazione e gestione delle scorie della IV generazione di reattori nucleari, alla filiera italiana della sicurezza e del decommissioning e alla risposta del dilemma NIMBY. Previsti anche interventi sulla cybersicurezza del comparto nucleare e sull’importanza dell’energia atomica per la siderurgia italiana. SWG presenterà inoltre in questa occasione i risultati del sondaggio “Il rapporto tra gli italiani e il nucleare”.

    La seconda giornata si svolgerà a Roma il prossimo 11 ottobre a Palazzo Altieri in piazza del Gesù, 49 dove verranno affrontati i temi della geopolitica nucleare con le nuove alleanze dei 12 paesi UE favorevoli all’introduzione del nucleare nella tassonomia green e con il cambio del portafoglio energetico italiano ed europeo; della sostenibilità finanziaria della svolta nucleare; e delle nuove tecnologie che vanno dai moderni small modular reactors ai prossimi micro modular reactors, estremamente versatili e sicuri.

    Il programma completo è disponibile in allegato e per ulteriori informazioni si invita a visitare il sito di iWeek al seguente indirizzo https://i-week.it/.

  • Nucleare no! O nucleare (per forza) sì?

    Da illuso ambientalista, il fatto che si ritorni a parlare del nucleare come di una probabile e imminente soluzione al fabbisogno energetico del Paese mi rattrista non poco. Soprattutto dopo che per ben due volte, nel referendum del 1987 e in quello del 2011, noi italiani abbiamo fortemente espresso la nostra volontà per abrogarne il suo utilizzo. Tuttavia non possiamo che prendere atto del fatto che il consumo di energia elettrica sta crescendo in modo esponenziale e che la produzione delle nostre centrali termoelettriche, idroelettriche e geotermoelettriche, anche se sommata a quella degli impianti eolici e fotovoltaici, è ben lontana dal soddisfare la domanda. Per questo motivo siamo costretti ad acquistare energia elettrica dall’estero. Stessa cosa per gli idrocarburi liquidi e gassosi necessari al nostro fabbisogno (importiamo quasi l’80% delle nostre esigenze). Per risolvere il problema qualcuno ha ritirato fuori il dibattito sul nucleare. Qualcun altro la proposta di sfruttare al massimo i giacimenti di petrolio e di gas presenti sul nostro territorio. Qualcun altro l’idea che si debbano investire maggiori risorse economiche nelle energie alternative. Insomma, nessuno o quasi, sembra mettere in discussione il fatto che si debba continuare a consumare (senza darsi un limite) sempre più energia, elettrica in primis. Tutt’altro. Il Governo Italiano, come altri Governi europei, continua a stanziare ingenti somme di denaro (nell’ordine di miliardi di euro) per “calmierare” le sempre più care bollette e allo stesso tempo a riconsiderare l’apertura o la riapertura di impianti di estrazione di risorse naturali nei propri territori. Come dicono i portoghesi, non è possibile avere il sole in cortile e la pioggia sull’orto (noi diremmo, la botte piena e la moglie ubriaca) pertanto fino a quando non ci sarà una inversione della crescita dei consumi questo è l’unico scenario possibile.

    Ma veniamo a noi. In quante case oltre a tutte le luci interne ed esterne troviamo vari cellulari, uno o più telefoni cordless, uno o più tablet, uno o più computer, l’impianto wi-fi, una o più TV, il decoder, l’impianto stereo, gli amplificatori bluetooth, le cuffie bluethooth, una stampante, uno scanner, una telecamera, una o più macchine fotografiche, la lavatrice, l’asciugatrice, il phon, il rasoio elettrico, il frigorifero, il congelatore, il forno elettrico, il forno a microonde, i piani a induzione, il frullatore, la friggitrice, il tostapane, il coltello elettrico, il minipimer, la gelatiera, lo spremiagrumi, il robot da cucina, lo scalda acqua, la macchinetta del caffé elettrica, il tritarifiuti elettrico, l’aspirapolvere, il robot da pavimenti, la scopa elettrica, i condizionatori d’aria, il deumidificatore elettrico, il depuratore d’aria elettrico, i ventilatori, la stufetta elettrica, la coperta elettrica, il citofono, il sistema di allarme, la pompa per lavare l’auto, il tagliaerba elettrico, la sega elettrica, il trapano elettrico, l’avvitatore elettrico, giocattoli e videogiochi, un drone, un monopattino elettrico, una bicicletta elettrica, una moto elettrica, un’auto elettrica, il cancello elettrico, la porta del garage elettrica, etc. etc. etc. Se così stanno le cose e si prospettano sempre più strumenti e mezzi e automezzi elettrici sarà difficile intraprendere la via di una decrescita razionale e sostenibile. Le stesse energie cosiddette “alternative”, per quanto oggetto di grande attenzione, mai riusciranno da sole a soddisfare l’attuale domanda a meno che non riempiamo il Paese di pale eoliche e di pannelli fotovoltaici. Tutte cose comunque che hanno un ciclo di vita alquanto breve e quindi da rimpiazzare (con quali risorse?) entro pochi anni.

    Nucleare sì o nucleare no allora? Al momento e al di là di qualsiasi nostra opinione al riguardo, pare che i lunghi tempi di realizzazione di impianti nucleari di nuova generazione e i loro enormi costi stiano facendo desistere gli speculatori di settore (e quelli finanziari). Per ciò, grazie a questi problemi e non di certo a ragioni di tipo ambientale e sociale, pare che sul discorso del nucleare possiamo stare tranquilli per qualche anno. Tuttavia, come detto sopra, vista l’ingente e urgente domanda di energia, il metodo più rapido per immettere sul mercato altra energia sia quella di fare altre dighe, altri inceneritori e di trivellare, ovunque lo si riesca ancora a fare, nel mare, sulle coste, in pianura, in collina, lungo le vallate e sui monti. E allora, nuova domanda: nuove dighe, inceneritori e trivelli sì o no? La risposta è sempre quella del portoghese. Se non pensiamo e non ci prepariamo ad un modello di vita più sobrio e sostenibile la risposta è necessariamente sì. Vi ricordate tutte le battaglie per non avere le antenne dei cellulari vicino casa? Nessuno dice più una parola perché tutti vogliamo e usiamo il cellulare. Stessa cosa sarà per i nuovi impianti di estrazione degli idrocarburi solidi e liquidi e le centrali elettriche. Da una parte aumentiamo i consumi e dall’altra parte vogliamo un ambiente più pulito e pagare sempre di meno per le bollette. Non è possibile. Vivendo in un Paese che importa circa l’85% del suo fabbisogno di energia primaria la conclusione della storia la conosciamo già. Dopo alcuni timidi focolai di protesta (da parte delle comunità direttamente interessate da nuovi progetti di inceneritori come di trivelle, etc.) tutto tornerà come prima, o meglio, continuerà a peggiorare l’ambiente più di prima.

    Se una scimmia accumulasse più banane di quante ne può mangiare quando la maggioranza delle altre scimmie muore di fame, gli scienziati studierebbero quella scimmia per scoprire cosa diavolo le stia succedendo. Quando a farlo sono gli esseri umani, li mettiamo sulla copertina di Forbes.”

    Emir Simão Sader, sociologo brasiliano

  • Smaltire, tacere, ascoltare

    La vita è fatta anche di coincidenze che dovrebbero indurci a riflettere, noi cittadini ma soprattutto il personale politico.

    In questi giorni abbiamo letto una nuova dichiarazione di Salvini che sponsorizzava il nucleare, oggi leggiamo sul quotidiano la Libertà che la società che sta smantellando la centrale nucleare di Caorso ha varie difficoltà ed i dipendenti, gli operai specializzati preposti alle delicate operazioni che riguardano la centrale, dovranno andare a Roma per chiedere l’intervento del governo.

    Non vogliamo entrare nelle complesse vicende che hanno interessato le ditte via via incaricate dello smantellamento della centrale, e non hanno raggiunto lo scopo, né entrare in una vertenza sindacale che, da quanto si legge sui giornali, sembra giusta.

    Vogliamo invece chiedere a chi di dovere come sia possibile che a distanza di 33 anni dalla chiusura della centrale di Caorso non siano ancora stati risolti tutti i problemi relativi al suo smantellamento ed alle scorie nucleari

    Vogliamo chiedere quali sicurezze abbiano effettivamente le maestranze non solo di conservare il lavoro ma anche la salute e il problema salute riguarda anche i cittadini.

    In sintesi dopo 33 anni l’Italia ha ancora consistente materiale nucleare da smaltire mentre i tempi si sono dilatati oltre misura ed i rischi continuano.

    Forse, dico forse per carità di patria, prima di parlare di una nuova ipotetica corsa al nucleare, sapendo bene che quello di nuova generazione è ancora una speranza, un obiettivo non una certezza, dovremmo smaltire tutto quanto riguarda il vecchio nucleare che pericolosamente è ancora sul nostro territorio.

    E magari i cittadini vorrebbero anche sapere quanto è effettivamente costato, fino ad ora, questo smaltimento ancora da finire e quanto costerà portarlo finalmente a termine e quanto tempo ci vorrà.

    E dovremmo, dovremo, sentire i cittadini per quanto riguarda il futuro, perciò è meglio, per ora, che Salvini si occupi di questo: smaltire, smaltire in sicurezza, per dimostrare di essere capaci di fare quanto i precedenti governi non sono stati in grado di portare a termine.

    Smaltire, tacere, ascoltare

  • Per essere informati

    Mentre alcuni partiti in Italia premono per la scelta nucleare la Germania, Paese spesso additato ad esempio per la sua florida economia frutto di scelte a suo tempo azzeccate anche se spesso non condivisibili, gas russo in testa, ha deciso, tra pochi mesi, di chiudere gli ultimi tre reattori ancora attivi.

    I tedeschi avevano già provveduto a rendere al minimo la dipendenza dal nucleare per tutti i problemi connessi non solo alla gestione e sicurezza degli impianti ma anche per quelli legati allo smaltimento delle scorie radioattive.

    La nota guerra del gas avrebbe potuto indurre il governo a procrastinare la chiusura degli ultimi tre impianti mentre ha invece coerentemente deciso di procedere, forte anche di un vasto piano per la costruzione di centrali eoliche e solari in parte già iniziato.

    Domanda: da noi come procede il piano per l’energia pulita?

    Ai primi di febbraio in Ohio, per il deragliamento di un treno, venti carrozze, che trasportavano cloruro di vinile, hanno perso il loro pericoloso carico che ha preso fuoco dando origine a nubi tossiche.

    Gli abitanti della zona sono stati evacuati per diverse ore mentre per giorni i vigili del fuoco hanno gestito una combustione controllata e programmata per evitare esplosioni.

    Il cloruro di vinile è una sostanza altamente tossica ed aumenta i rischi di tumori, specie al fegato, inoltre nell’aria si è diffuso il fosgene anche esso molto pericoloso per la sua tossicità.

    Il pericolo è che queste sostanze inquinino il terreno e la falda acquifera, molti sostengono di aver già trovato morti uccelli ed animali selvatici.

    Stranamente la notizia non ha avuto la necessaria copertura dei media il che ha suscitato molte polemiche anche per il possibile pericolo di nuovi gravi incidenti visto che negli Stati Uniti ogni anno si muovono per ferrovia più di 4 milioni di sostanze tossiche.

    E da noi in Italia quali sono i dati e quali le misure di sicurezza per questo tipo di trasporti, su rotaie e su gomma?

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