Papa

  • Il Papa fa spazio alle donne in curia

    La decisione è storica: Papa Francesco ha modificato una norma del diritto canonico per ufficializzare il ruolo delle donne nella liturgia, in particolare per l’accesso ai ministeri del Lettorato e Accolitato, finora consentiti solo agli uomini. Il primo riguarda le letture, il secondo il servizio all’altare.

    E’ vero che le donne in molte parrocchie già aiutano nella liturgia e al momento della Comunione. Ma si è trattato finora di posizioni occasionali e informali, valutate di volta in volta dai vescovi locali. Il Papa mette oggi nero su bianco, nel Motu Proprio ‘Spiritus Domini’, questa possibilità anche per le donne togliendo la parte che riservava questi ruoli alle persone di sesso maschile, come invece aveva stabilito Paolo VI 49 anni fa.

    Un primo passo verso l’ordinazione sacerdotale anche per le donne? A scanso equivoci lo stesso Pontefice fa sue le parole di Giovanni Paolo II: “Rispetto ai ministeri ordinati la Chiesa non ha in alcun modo la facoltà di conferire alle donne l’ordinazione sacerdotale”. Ma per i ministeri non ordinati “è possibile, e oggi appare opportuno, superare tale riserva – spiega il Papa riferendosi all’abolizione del riferimento ai soli uomini per poter diventare Lettore o Accolito -. Questa riserva ha avuto un suo senso in un determinato contesto ma può essere ripensata in contesti nuovi”. Per quanto riguarda il diaconato per le donne, questo sì un eventuale primo passo verso l’ordinazione presbiterale, è tuttora oggetto di studio di un’apposita commissione vaticana.

    La decisione del Papa, oltre a valorizzare le donne, affinché “abbiano un’incidenza reale ed effettiva – per dirla con le sue parole – nell’organizzazione, nelle decisioni più importanti e nella guida delle comunità”, è in generale una ulteriore spinta al ruolo dei laici ai quali, uomini e donne, questi due ministeri vengono affidati. In altri termini se prima Lettorato e Accolitato altro non erano che i primi gradini per accedere all’ordinazione sacerdotale, con qualcuno che si fermava prima, ora invece sono ministeri laici, ‘declericalizzati’, che hanno una loro ragione d’essere, ovvero contribuire alla evangelizzazione, a prescindere dal fatto che per qualcuno siano o no il primo step per decidere di farsi sacerdote.

    La decisione del Papa si pone in linea con tante scelte già adottate nel suo pontificato per valorizzare la presenza delle donne e dei laici nella Chiesa. In questa scia si pone anche la conferma, per altri tre anni, di una donna, Mariella Enoc, alla guida dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù. Ma sono diversi i ruoli chiave in cui le donne sono entrate in Vaticano, dai Musei, diretti da Barba Jatta, fino alla Segreteria di Stato dove per la prima volta nella storia c’è un sottosegretario donna, Francesca di Giovanni. Tra le decisioni recenti del Papa anche la scelta di nominare l’economista suor Alessandra Smerilli, consigliere generale nel Governatorato e membro della Commissione Covid. Ma sono solo alcuni esempi con le donne che hanno scalato, per esempio, i vertici delle università pontificie e i laici che ricoprono ruoli chiave nelle strutture della governance economico-finanziaria o nella comunicazione vaticana.

  • Un mondo che non si pone mete

    Riceviamo e pubblichiamo un articolo di Mario Lettieri e Paolo Raimondi pubblicato su ItaliaOggi il 13 ottobre 2020.

    La recente enciclica Fratelli tutti aprirà inevitabilmente un profondo e vivace dibattito, in tutti i settori della società, non solo all’interno delle gerarchie vaticane. Ben venga, ce n’era bisogno. È una sfida forte al pensiero unico che la globalizzazione, economica, finanziaria e culturale, ha silenziosamente imposto nel mondo in questi ultimi decenni.

    Senza sottovalutare il suo richiamo etico, morale, oltre che religioso, noi laicamente ne vorremmo evidenziare alcuni aspetti che toccano l’economia e l’organizzazione sociale. La pandemia, ha detto Papa Francesco, ha evidenziato la frammentazione che ha reso più difficile risolvere i problemi che toccano tutti, nonostante l’iper-connessione.

    Tale frammentazione sembra in contraddizione con la globalizzazione. In realtà, il Papa dice che l’espressione “aprirsi al mondo” è stata fatta propria dall’economia e dalla finanza. Essa, però, «si riferisce esclusivamente all’apertura agli interessi stranieri e alla libertà dei poteri economici di investire senza vincoli né complicazioni in tutti i Paesi».

    Il pensiero unico sembra unificare il mondo ma in realtà divide le persone, le nazioni e i continenti. Mentre nella società umana si indebolisce la dimensione comunitaria, «aumentano piuttosto i mercati, dove le persone svolgono il ruolo di consumatori o di spettatori». Dove il più forte s’impone e protegge i propri interessi a discapito dei più deboli e poveri. Ovviamente, «in tal modo la politica diventa sempre più fragile di fronte ai poteri economici transnazionali che applicano il divide et impera».

    L’aspirazione al dominio dei più forti, dei mercati, mira a «demolire l’autostima» degli altri. «Da ciò traggono vantaggio l’opportunismo della speculazione finanziaria e lo sfruttamento, dove i poveri sono sempre quelli che perdono», ammonisce Papa Francesco. L’enciclica è una forte e precisa critica al liberismo economico, quale proiezione dell’individualismo più radicale. Tanto che nel testo si dice che «la mera somma degli interessi individuali non è in grado di generare un mondo migliore per tutta l’umanità». Ci si ingannerebbe se pensassimo che «accumulando ambizioni e sicurezze individuali potessimo costruire il bene comune.»

    Secondo noi, questa falsità è la base dell’ideologia e della cosiddetta teoria del liberismo economico radicale. È stata elaborata già all’inizio del 1700 nel libro La favola delle api: ovvero, vizi privati, pubbliche virtù di Bernard de Mandeville. L’autore descrive la vita dell’alveare. «Essendo così ogni ceto pieno di vizi, tuttavia la nazione di per sé godeva di una felice prosperità, era adulata in pace, temuta in guerra. I vizi dei privati contribuivano alla felicità pubblica». Ma, scriveva Mandeville, quando le api vollero diffondere per tutto l’alveare l’onestà e la giustizia, allora la vanità e il lusso, che davano lavoro e commercio, diminuirono e con essi anche la prosperità dell’alveare.

    «Il vizio è tanto necessario in uno stato fiorente quanto la fame è necessaria per obbligarci a mangiare. È impossibile che la virtù da sola renda mai una nazione celebre e gloriosa.», sentenziava Mandeville. Non si tratta evidentemente di una semplice favola per grandi. È, invece, la giustificazione di una società ingiusta che ha avuto, però, una grande influenza su molti studiosi di economia, a partire da Adam Smith, del quale la «mano invisibile» regolerebbe in modo autonomo e automatico l’andamento dei mercati.

    In merito Papa Francesco fa sentire la sua voce. «Il mercato da solo non risolve tutto, benché a volte vogliano farci credere questo dogma di fede neoliberale. Si tratta di un pensiero povero, ripetitivo, che propone sempre le stesse ricette di fronte a qualunque sfida si presenti. Il neoliberismo riproduce sé stesso tale e quale, ricorrendo alla magica teoria del «traboccamento» o del «gocciolamento», senza nominarla, «come unica via per risolvere i problemi sociali. Non ci si accorge che il presunto traboccamento non risolve l’iniquità, la quale è fonte di nuove forme di violenza che minacciano il tessuto sociale», afferma, «alla pandemia ha evidenziato che non tutto si risolve con la libertà di mercato», ricorda ancora l’enciclica, denunciando che «la speculazione finanziaria con il guadagno facile come scopo fondamentale continua a fare strage».

    Come anche noi più modestamente abbiamo spesso scritto, il Papa ripete che «la crisi finanziaria del 2007-2008 era l’occasione per sviluppare una nuova economia più attenta ai principi etici, e per una nuova regolamentazione dell’attività finanziaria speculativa e della ricchezza virtuale».

    Purtroppo non c’è stato un ripensamento delle politiche economiche e sociali che governano il mondo!

    L’enciclica, giustamente, vuole proporre una riforma nei rapporti economici e politici a livello globale. Poiché «la società mondiale non è il risultato della somma dei vari Paesi, ma piuttosto è la comunione stessa che esiste tra essi», serve «una nuova rete nelle relazioni internazionali». Pertanto nel testo si afferma: «È necessaria una riforma sia dell’Organizzazione delle Nazioni Unite che dell’architettura economica e finanziaria internazionale, affinché si possa dare reale concretezza al concetto di famiglia di Nazioni».

    Secondo Papa Bergoglio un’iniziativa urgente riguarda il debito dei paesi più poveri. Egli chiede che «si assicuri il fondamentale diritto dei popoli alla sussistenza e al progresso, che a volte risulta fortemente ostacolato dalla pressione derivante dal debito estero. Il pagamento del debito in molti casi non solo non favorisce lo sviluppo bensì lo limita e lo condiziona fortemente».

    Il secolo XXI registra un’evidente perdita di potere degli Stati nazionali a causa dei caratteri transnazionali che oggettivamente ha l’odierna attività finanziaria, limitando così il ruolo della politica e le stesse scelte dei singoli governi. In questo contesto, l’enciclica afferma che «diventa indispensabile lo sviluppo di istituzioni internazionali più forti ed efficacemente organizzate, con autorità designate in maniera imparziale mediante accordi tra i governi nazionali e dotate del potere di sanzionare.»

    Il testo è d’indubbio valore, per molti versi rivoluzionario, sicuramente stimolante per quei governanti che hanno ancora a cuore il destino non solo de proprio Paese ma anche quello del mondo in questo terzo millennio.

    *già sottosegretario all’Economia **economista

  • Le proposte economiche del Papa

    Riceviamo e pubblichiamo un articolo di Mario Lettieri e Paolo Raimondi apparso su ItaliaOggi il 31 luglio 2020

    È sorprendente constatare che papa Francesco sembra essere l’unico statista ed economista con una visione globale e con delle idee concrete per le sfide future relative all’economia e agli assetti socioeconomici.

    Recentemente, in piena pandemia, nel corso di un seminario della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, ha evidenziato la necessità di trovare le giuste «modalità di alleggerimento, di dilazione o anche di estinzione del debito dei paesi poveri».

    Circa la povertà e l’emarginazione ha affermato: «Si tratta di problemi risolvibili e non di mancanza di risorse. Non esiste un determinismo che ci condanni all’iniquità universale. Se esiste la povertà estrema in mezzo alla ricchezza – a sua volta estrema – è perché abbiamo permesso che il divario si ampliasse fino a diventare il più grande della storia». I dati gli danno ragione: le cinquanta persone più ricche del mondo hanno un patrimonio equivalente a 1.872 miliardi di euro!

    Ha denunciato la «globalizzazione dell’indifferenza», che si manifesta come inazione e come vere e proprie «strutture del peccato». Tra queste include il taglio delle tasse per i più abbienti, la corruzione e i paradisi fiscali. Infatti, ricorda che oltre 85 miliardi di euro circa si accumulano ogni anno in conti di paradisi fiscali, «impedendo così la possibilità dello sviluppo degno e sostenuto di tutti gli attori sociali». I suoi giudizi si collocano nel solco del documento «Oeconomicae et pecuniariae quaestiones» della Congregazione per la Dottrina della Fede pubblicato il 6 gennaio 2018. Il tema riguarda la finanza e i suoi giochi che ignorano le regole e il bene comune.

    Potrebbero sembrare i normali appelli morali destinati a cadere nel vuoto. Oggi, però, lo choc sociale, esistenziale ed economico provocato dalla pandemia impone risposte concrete. A livello globale gli Stati si trovano tutti nella straordinaria situazione di aver messo migliaia di miliardi nel ciclo economico che potrebbero consentire loro di determinare non solo le condizioni rigorose per i salvataggi di talune attività economiche ma anche di incidere sullo sviluppo.

    Riteniamo perciò che la lettura del succitato documento potrebbe essere molto istruttiva per tutti. Si chiede finanche che le autorità pubbliche forniscano una certificazione per i prodotti generati dall’innovazione finanziaria, al fine di prevenire effetti negativi. E «un coordinamento sovranazionale tra le diverse strutture dei sistemi finanziari locali». In altre parole, una nuova architettura finanziaria globale con regole condivise.

    Nelle «Questioni», tra l’altro, si evidenzia che «la crisi finanziaria degli anni scorsi poteva essere l’occasione per sviluppare una nuova economia più attenta ai principi etici e per una nuova regolamentazione dell’attività finanziaria». Ma, nonostante «sforzi positivi a vari livelli», non c’è stata «una reazione che abbia portato a ripensare quei criteri obsoleti che continuano a governare il mondo».

    Il documento, infine, declina in modo chiaro quali comportamenti non dovrebbero essere più permessi. Inaccettabile dovrebbe essere «lucrare sfruttando la propria posizione dominante con ingiusto svantaggio altrui o arricchirsi generando nocumento o turbative al benessere collettivo». Ancora di più «quando il mero intento di guadagno da parte di pochi – magari di importanti fondi di investimento – mediante l’azzardo di una speculazione volta a provocare artificiosi ribassi dei prezzi di titoli del debito pubblico, non si cura di influenzare negativamente o di aggravare la situazione economica di interi Paesi».

    Il papa fornisce proposte concrete relative alla tassazione di certe operazioni finanziarie. «È stato calcolato», si legge, «che basterebbe una minima tassa sulle transazioni compiute offshore per risolvere buona parte del problema della fame nel mondo». «Profitto e solidarietà non sono più antagonisti», ma al centro dell’economia deve esserci l’uomo e il suo lavoro. In questo senso l’azione imprenditoriale assume una grande importanza per contrastare quello che il Papa chiama «la cultura dello scarto».

    Francesco invita a tendere la mano ai poveri del mondo denunciando, però, «quelle mani tese per sfiorare velocemente la tastiera di un computer e spostare somme di denaro da una parte all’altra del mondo, decretando la ricchezza di ristrette oligarchie e la miseria di moltitudini o il fallimento di intere nazioni».

    *già sottosegretario all’Economia **economista

  • Christmas message to the South Sudanese political leaders jointly signed by Pope Francis, the Archbishop of Canterbury, S.G. Justin Welby, and the ex-moderator of the Church of Scotland, Rev. John Chalmers

    Christmas 2019  —   Your Excellencies,

    In this Christmas season and at the beginning of a new year, we wish to extend to you and to all the people of South Sudan our best wishes for your peace and prosperity, and to assure you of our spiritual closeness as you strive for a swift implementation of the Peace Agreements.

    We raise our prayers to Christ the Saviour for a renewed commitment to the path of reconciliation and fraternity, and we invoke abundant blessings upon each of you and upon the entire nation.

    May the Lord Jesus, Prince of Peace, enlighten you and guide your steps in the way of goodness and truth, and bring to fulfilment our desire to visit your beloved country.

    FRANCIS   JUSTIN WELBY  JOHN CHALMERS

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