Roma

  • Boom di turisti a Roma, nel 2022 15 milioni di arrivi

    Turismo post pandemia in ripresa, anche se la crisi economico-finanziaria non pare ancora superata. Ma la Capitale fa boom di arrivi. Sono i dati emersi alla XIX edizione dell’Albergatore Day, storica manifestazione di Federalberghi Roma, tornata ad aprire idealmente l’anno turistico con un’intera giornata di incontri tra operatori e istituzioni, alla presenza anche del sindaco di Roma Capitale Roberto Gualtieri e della ministra del turismo Daniela Santanchè, per fare il punto su stato e prospettive del settore.

    E il primo dato è tutto per Roma: dopo gli anni bui della pandemia, i turisti sono più che raddoppiati nel 2022, superando quota 15 milioni di arrivi. Secondo le rilevazioni ufficiali finali dell’Ente Bilaterale Turismo del Lazio (Ebtl), si legge nei dati, nel 2022 gli arrivi complessivi negli esercizi alberghieri e nelle Rta (Residence) della capitale sono stati 9.666.238 con un incremento di +245,22% sul 2021 (e un recupero del 74,15% sul 2019). Le presenze complessive sono state 21.552.631 con una crescita del +291,47% (e un recupero del 70,24% sul 2019). Aggiungendo però gli anche gli esercizi ricettivi complementari (B&B, case vacanze ecc.) con 5.552.497 arrivi (+105,28% sul 2021) e 13.184.758 presenze (+104,08% sul 2021), ecco che il bilancio complessivo della domanda turistica nell’anno 2022 chiude con 15.218.735 arrivi (+176,46%) e 34.737.389 presenze (+190,30%). Ovvero, rispetto al 2019 Roma Capitale ha complessivamente recuperato il 78,23% negli arrivi e il 74,64% nelle presenze.

    “Sapere che oggi tanti problemi e tante sfide si svolgono in un quadro di ripartenza del settore turistico è davvero incoraggiante – commenta il sindaco Roberto Gualtieri – Non siamo ancora arrivati complessivamente con il 2022 ai dati turistici pre Covid del 2019, ma sappiamo che l’ultimo anno è iniziato in condizioni difficili. Se si guarda invece il trend, soprattutto a partire da aprile, siamo a livelli prepandemia.

    Stiamo parlando di un comparto strategico dell’economia cittadina e di quella nazionale – sottolinea – che a Roma ha generato l’8,7% del Pil turistico nazionale e un reddito di 7,6 miliardi, più del doppio del valore di quello di Milano”.

    Ma chi sono i turisti a Roma nel 2022? Più stranieri che italiani, raccontano ancora i dati: i turisti “di casa” hanno segnato 3.844.876 arrivi con +110,15% sul 2021 (e un recupero dell’81,94% sul 2019). Le presenze sono state 7.243.401 con +115,66% sul 2021 (recupero del 79,97%). La domanda straniera ha ricominciato invece a crescere a ritmi più veloci, con 5.821.362 arrivi e +499,83% sul 2021 (recupero del 69,77%), mentre le presenze sono state 14.309.230 con +566,52% sul 2021 (recupero del 66,17%).

    “Il 2022 è stato segnato da una consistente ripresa dei flussi turistici a Roma, trainati dai grandi eventi accaduti in città, ma non è stato purtroppo sufficiente a portare l’equilibrio finanziario alle nostre aziende, ancora fortemente esposte con il sistema creditizio a causa della pandemia», commenta il presidente di Federalberghi Roma Giuseppe Roscioli, puntando il dito anche sul caro energia e la chiusura di alcuni mercati. “Rispetto al 2019 – spiega – i dati di fatturato si sono chiusi per il terzo anno di seguito in passivo in termini di redditività. Il 2023 sarà quindi per molti versi decisivo. Roma, tra gli altri, ospita un evento di eccezionale portata mediatica come la Ryder Cup di golf, la cui riuscita assurgerà fatalmente al ruolo di cartina tornasole per alcune eccezionali opportunità future che riguardano l’economia dell’intera Italia, come l’Expo 2030. Dobbiamo quindi lavorare tutti insieme, perché il successo turistico di Roma può significare il successo di tutto il Paese”.

  • Allarme di Federalberghi: a Roma 1,4 miliardi di sommerso

    A Roma l turismo low cost cresce con percentuali a tre cifre e il sommerso legato a questo fenomeno vale 1,4 miliardi di fatturato, secondo quanto segnalato dalla Federazione degli albergatori della capitale in occasione del XVII Albergatore Day.

    Se nelle grandi città, negli ultimi cinque anni, il turismo di lusso è cresciuto costantemente (Roma +71% delle strutture a cinque stelle, Firenze +11%, Milano +22%, Venezia +18% e Palermo in sostanziale parità), come raccontano i dati di Federalberghi Roma, addirittura vola quello extralberghiero regolare. Nella capitale registra un +88%, ma a Milano tocca un incredibile +218,09%, a Venezia +170,82%, Palermo +141,08% e Firenze +79%. La situazione cambia ancora, però, andando a cercare il sommerso. Solo a Roma, a fronte dei 31.733 annunci di Airbnb e delle 17.938 strutture extralberghiere regolarmente censite, i dati elaborati (principalmente da Ebtl e Str) ipotizzano l’esistenza di altre 13.795 strutture fantasma. I 25,4 milioni di presenze “regolari” del 2019 nell’extralberghiero quasi raddoppiano con le 19.552.608 non dichiarate, per un fatturato sommerso di 1.368.682.547 euro e un mancato gettito di 68.434.127 euro di contributo di soggiorno.

    A livello nazionale sarebbe invece di 500 milioni circa la cedolare secca non versata da Airbnb per il periodo settembre 2017- dicembre 2019, che porterebbe a stimare un esercito di circa 3.500 occupati in nero. Il tutto con prezzi degli affitti che schizzano alle stelle: nella capitale, si passa d’un soffio dai 1.700 euro al mese per 100 metri quadri in centro ai 5.500 euro per lo stesso appartamento in locazione turistica per un soggiorno di due persone per 30 giorni (+215%), con conseguente desertificazione del centro storico e destrutturazione del tessuto urbano e sociale. E un allarmante rischio overtourism: cavalcando la crescita degli arrivi internazionali nel mondo (+5,4%), tra dieci anni si possono stimare 78,7 milioni di presenze nella capitale.

    «E’ il momento delle scelte: si vuole puntare su turismo low cost o su un turismo di qualità? Il buon senso indica il secondo, ma non basta dirlo», afferma il presidente di Federalberghi Roma, Giuseppe Roscioli, puntando il dito contro le irregolarità, ma anche contro «la concorrenza sleale». «Serve una programmazione – dice ancora – Roma è una città di cultura», indicando la via da percorrere: «su un turismo medio-alto dobbiamo puntare». «Il mare è pieno, c’è target per ogni offerta – commenta l’assessore al turismo di Roma Capitale, Carlo Cafarotti – Bisogna però creare un marchio, un brand made in Rome, certificare cosa è di qualità e cosa no». «Dare certezze, far sì che le condizioni siano uguali per tutti, costruire un sistema trasparente, far emergere illegalità e abusivismo» e poi «qualità sempre più alta, esperienziale, che metta al primo posto la bellezza e l’unicità del nostro Paese», le priorità per il sottosegretario del Ministero dei Beni culturali, Lorenza Bonaccorsi, che in un videomessaggio annuncia: «Nei prossimi giorni ci impegneremo in un provvedimento ad hoc». Nessuna «contrapposizione tra turismo low cost e turismo di qualità» per Pier Andrea Chevallard, commissario Confcommercio Roma, ma vanno considerate «le conseguenze» del primo “ad esempio sui rifiuti». «L’extralberghiero è anche una grande risorsa, ma in Italia il problema sono le regole», aggiunge Giovanna Pugliese, assessore al turismo della Regione Lazio, al «lavoro per un protocollo d’intesa con gli albergatori per un innalzamento della qualità dell’offerta».

  • Studio danese: la rete viaria è la base dello sviluppo

    Ora che Danilo Toninelli non c’è più, al ministero delle Infrastrutture potrebbero forse prendere in considerazione una ricerca svolta a Copenhagen dalla quale risulta che la rete viaria costruita dagli antichi romani si è rivelata storicamente fonte di prosperità e crescita. Ricostruendo il percorso dell’antica via Appia e osservando da immagini satellitari la luminosità odierna delle aree interessare da quella via (la forte presenza di luci notturne attesta infatti una grande densità abitativa) alcuni studiosi danesi hanno notato una stretta correlazione. Estendendo il raggio della ricerca, hanno poi notato che tale correlazione è più forte in Europa e decrescente nella aree dell’Africa e del Vicino Oriente che all’epoca erano sotto l’impero romano.

  • In attesa di Giustizia: Roma caput mundi

    La notizia sarà probabilmente sfuggita ai più ma nei giorni scorsi, a Roma, ancora a Roma, si è annotato un episodio particolarmente grave: sono state intercettate conversazioni telefoniche di un avvocato in spregio del diritto assoluto alla riservatezza che assiste il rapporto tra il professionista e il cliente. Tranne che non siano presunti complici…ma non è questo il caso.

    La regola vuole che in queste situazioni gli addetti all’ascolto interrompano la captazione e che quanto eventualmente già registrato sia espunto dagli atti di indagine e – comunque – non sia utilizzabile. Invece, no: si è andati avanti e senza porsi alcun problema e, anzi, le conversazioni sono state trascritte e per non farsi mancare nulla anche commentate in una informativa finale della Polizia Giudiziaria che ha persino offerto considerazioni opinando che, in quei colloqui, l’indagato apparisse preoccupato.

    La dinamica delle intercettazioni vuole che le stesse – salvo deroghe autorizzate da un giudice – siano eseguite presso gli impianti in dotazione alle singole Procure e presso di esse installati: ciò per assicurare una più agevole supervisione da parte dell’Autorità Giudiziaria di un metodo di indagine tecnica molto invasivo al fine di evitarne abusi. Autorità Giudiziaria, il Pubblico Ministero nello specifico, che poi riceve costanti aggiornamenti dagli agenti sull’esito degli ascolti, i brogliacci, le annotazioni di servizio; Autorità Giudiziaria che in questo caso (purtroppo non è l’unico divenuto noto) si è serenamente disinteressata di arginare una gravissima violazione del codice di procedura e del diritto di difesa come postulato dalla Costituzione.

    Sarà perché ormai dobbiamo considerarci tutti, in qualche modo, sotto intercettazione e, perciò, sfuma il disvalore dell’invasione nella sfera privata? Telecamere, carte di credito, bancomat, palmari, navigatori, telepass, persino le carte fedeltà dei supermercati tracciano ormai ogni momento della quotidianità e raccontano dove si è stati, cosa ci piace, cosa si è fatto, con chi e per quanto tempo. Tuttavia, se c’è un presidio rigoroso a garanzia di un diritto così sensibile come quello di difesa, la indifferenza di chi dovrebbe assicurarne il rispetto allarma e – senza dimenticare che sono moltissimi coloro che svolgono le loro funzioni con lealtà, competenza e impegno – contribuisce ad un calo di fiducia nella Magistratura.

    Sono passati i tempi degli striscioni che, per le strade di Milano, inneggiavano a Di Pietro e anche L’Italia dei Valori, figlia di quel consenso, sembra essersi disciolta.

    Un recente sondaggio Ipsos rileva che a seguito della vicenda Palamara/CSM solo un italiano su tre (35%) dichiara di aver fiducia nella Magistratura mentre il 55% non ne ha: escludendo coloro che non esprimono un giudizio è il valore più basso di sempre.

    In un sistema che, come ricorda il titolo di questa rubrica, non garantisce certo il massimo dell’efficienza non si sentiva certo il bisogno di un danno reputazionale che investe l’intero settore compromettendone la credibilità e alimentando per il futuro il dubbio che le regole siano fatte per essere infrante o che una qualsiasi inchiesta o sentenza che coinvolga uno o più politici possa essere considerata dall’opinione pubblica come frutto di un conflitto tra poteri dello Stato.

    Insomma, ci mancava solo che l’attesa di Giustizia si trasformasse, potenzialmente, in attesa di ingiustizia.

  • Debito pubblico… la rinegoziazione… il consolidamento…

    Rinegoziare un debito risulta quasi sempre possibile partendo dal riconoscimento di solvibilità attribuita al debitore da parte del creditore. La rinegoziazione si pone il doppio obiettivo di offrire uno scenario futuro migliore alleggerendo gli obblighi attuali al debitore per rientrare nel proprio impegno finanziario come all’istituto di credito a fronte di un allungamento dei tempi di rientro per un aumento dei propri margini derivanti dalla gestione del credito.

    In altre parole, non esiste nel mondo reale alcuna rinegoziazione che non preveda un aggravio dei costi per il sottoscrittore e contemporaneamente un aumento dei margini o perlomeno l’inserimento di una nuova garanzia a tutela del creditore. Questo avviene nel mondo reale e questo viene assolutamente disconosciuto, se non addirittura negato, quando il sindaco di Roma afferma come la rinegoziazione del proprio debito comunale non presenti nessun costo aggiuntivo.

    Le condizioni principali relative ad un debito sono essenzialmente identificabili con l’entità della rata legata al fattore tempo di rientro. Tuttavia non si può non considerare anche l’aspetto della garanzia che viene fornita all’istituto di credito stesso. Nel caso dell’indegno debito romano, a differenza di quanto afferma  un imbarazzante sindaco in carica, la rinegoziazione riguarderà non  solo le condizioni per il parziale rientro (o quantomeno il pagamento degli interessi) ma anche l’utilizzo per esempio della Cassa Depositi e Prestiti come ulteriore garanzia fornita all’istituto di credito per allungare i tempi. In questo sostanzialmente si tradurrà l’impegno da parte del governo relativamente al debito della città di Roma. Quindi, ancora una volta, verranno scaricati sui risparmiatori italiani (la CdP è finanziata dai risparmiatori delle Poste) ulteriori oneri in forma di una garanzia ulteriore per il debito capitolino.

    Alle risibili affermazioni del sindaco di Roma si aggiungono le altrettanto farneticanti “soluzioni innovative” relative ad una possibile rinegoziazione del debito pubblico italiano come ad un suo eventuale consolidamento. Si ricorda in tal senso come con il termine “consolidamento” si intenda di fatto annullare parzialmente o in toto  il valore nominale del titolo di debito ed azzerare la stessa funzione di garanzia che i titoli del debito pubblico esercitano. La sola idea rappresenta una follia già proposta alla fine degli anni 80 dall’allora ministro De Michelis a fronte delle esplosioni del debito pubblico tra 1988 e 1991 nato dall’accordo politico tra Craxi, Andreotti e Forlani nel quale venivano centralizzati tutti i disavanzi degli enti pubblici locali. Una scelta tanto disastrosa quanto irresponsabile da portare il nostro Paese alla crisi finanziaria del 1992 con il prelievo forzoso del 6 per mille del governo Amato.

    Un’idea, allora quanto oggi, espressione di un’assoluta ignoranza sulle complesse valutazioni del mondo finanziario che sottendono ogni nuovo finanziamento del debito pubblico di un Paese come l’Italia. La sola idea di una simile operazione per  l’Italia ora, alla quale nessuno chiede di rientrare nel debito ma perlomeno di  riequilibrarlo di fronte ad un PIL che non cresce, manderebbe tutti i mercati finanziari nel panico e farebbe schizzare lo spread a Quota Mille. Se poi questi “innovatori finanziari” della rinegoziazione inserissero anche un ritorno alla Lira la catastrofe finanziaria sarebbe totale ed assoluta.

    Tornando, quindi, alla rinegoziazione del debito in termini generali il sindaco di Roma, che ovviamente non ha la responsabilità della massa assoluta del debito (la quale va equamente attribuita ai sindaci precedenti Veltroni, Rutelli, Alemanno e Marino) dimostra tuttavia di essere perfettamente in linea, per quanto riguarda la mancanza di conoscenza della gestione di un debito, con gli stessi “innovatori” che ispirano la politica economica del governo attuale.

  • I negozi perdono valore e suscitano maggior interesse

    L’analisi delle compravendite realizzata dall’Ufficio Studi del Gruppo Tecnocasa, su dati Agenzia delle Entrate, evidenzia che nei primi nove mesi del 2018 gli acquisti immobiliari sono in aumento, oltre che nel comparto residenziale, anche nel settore commerciale. Quest’ultimo ha registrato 20.739 transazioni, con una crescita del 5,1 % rispetto allo stesso periodo del 2017. Sul fronte dei prezzi, invece, i dati forniti dalle agenzie affiliate Tecnocasa Immobili per l’Impresa e Tecnorete Immobili per l’Impresa evidenziano un’ulteriore diminuzione: -1,3% nelle vie di passaggio e -1,6% nelle vie non di passaggio. Ed è proprio la diminuzione delle quotazioni, iniziata nel 2008, ad invogliare l’investitore, sia esso una società sia esso un privato. 

    Dal primo semestre del 2008 al primo semestre 2018, le soluzioni posizionate in vie di passaggio hanno perso il 35% del loro valore, quelle in vie non di passaggio il 41,1%. L’analisi della nostra banca dati evidenzia che il 46,3% di chi cerca un negozio compra per metterlo a reddito, attendendosi rendimenti annui lordi che possono arrivare fino ad un 10% a seconda della rischiosità dell’investimento. 

    Le città dove si è avuto il maggiore aumento delle transazioni sono Bologna (+20,2%), Bari e Napoli (+15,3%), Palermo (+14,7%) e Verona (+11,9%). Stabile Milano. Roma e Milano si confermano ai primi posti per numero di scambi: nella Capitale le transazioni sono state 1155, il capoluogo lombardo ne fa segnare 1145, confermando la sua crescita di attrattività. 

  • La nuova moneta, il Monopoli ed il sottobicchiere

    In previsione di una rallentamento della crescita economica per il 2019 che renderà necessaria una manovra correttiva (o un maggiore ricorso al debito), il delirio della dottrina sovranista/monetarista  degli spin doctor economici appoggiati e condivisi dalla maggioranza di governo sembra non conoscere sosta né orrore di sé.

    Con grande orgoglio gli “economisti” di area 5Stelle – Lega annunciano il progetto pilota di avviare il conio di una moneta per i comuni di Torino e di Roma (a guida Cinque Stelle) con l’obiettivo di aumentare la base circolante e addirittura si afferma di “voler sostenere gli investimenti delle piccole medie imprese”. Il delirio nasce dalla inconsapevolezza o meglio dalla mancanza assoluta di ogni competenza relativa al concetto di come si giunga alla determinazione del valore di una valuta.

    Il 15 agosto del 1971 il Presidente degli Stati Uniti Nixon sospese la convertibilità del dollaro in oro. Successivamente i valori delle valute (allitterazione inevitabile) vennero determinati dalle libere trattazioni degli operatori finanziari in relazione alla valutazione dei parametri economici fondamentali della nazione titolare della valuta. In tal senso si ricorda come il valore della valuta venga modificato in rapporto ai flussi commerciali solo in una percentuale del 2-3%.

    Precedentemente vengono elaborati report che tengono in considerazione il rapporto ma soprattutto l’evoluzione dello stesso tra debito e PIL e la previsione dell’andamento dei parametri economici, quali esportazione, occupazione e consumi assieme ad altri sociali (invecchiamento della popolazione) come l’istruzione universitaria e la considerazione per la classe politica e dirigente (il rischio paese).

    Il solo concetto di inserire in un contesto tanto complesso ed articolato nel quale nessuna autorità politica e finanziaria può esercitare il controllo assoluto (non il Fmi, non la Bce o la Federal Reserve) una moneta priva di qualsiasi requisito economico-finanziario, come quella ideata per i Comuni di Roma e Torino, rappresenta la negazione del principio economico-finanziario che sottende la valutazione stessa delle valute. In altre parole, si torna al concetto infantile di cambio fisso tra le valute, tipico del gioco del Monopoli. In più nella realtà si aggiunga anche l’assoluta non convertibilità della stessa moneta in altre valute.

    Nella complessa realtà finanziaria il valore dell’Euro, come del dollaro o dello Yen, viene modificato in rapporto alle condizioni economico-finanziarie continentali e mondiali del singolo stato o dell’Unione Europea o del Giappone in rapporto al contesto mondiale di crescita economica.

    La moneta coniata nei due comuni viceversa nasce e trae la propria “forza” solo ed esclusivamente dal patto implicito che questa venga sempre accettata per pagare un servizio od un prodotto, con il medesimo supporto finanziario di un pagamento in natura o in noci di cocco.

    In altre parole in questi due comuni si troveranno in circolazione una “valuta forte” (l’euro, la cui forza nasce dalla credibilità della stessa Ue e dell’Italia) assieme ad un’altra “moneta debole” la cui forza verrà meno nel  momento in cui un solo cittadino rifiutasse di accettare il pagamento in questa valuta debole: automaticamente crollerà tutto l’impianto fiduciario legato alla moneta coniata dai comuni.

    Si possono facilmente intuire i risultati nefasti che potrebbe ottenere la medesima moneta nell’ambito del finanziamento delle PMI, che implicherebbe l’allargamento del perimetro di rapporto fiduciario tra operatori economici situati ben oltre i confini urbani: ridicolo il solo pensarlo. In più esiste un aspetto paradossale e che ridicolizza ancora di più tale strategia che con difficoltà si potrebbe definire monetaria, in rapporto, ma soprattutto considerando gli effetti economici per nulla duraturi legati alle ingenti risorse finanziare erogate dalla Bce attraverso il Quantitative Easing che non ha assicurato alcuna ripresa sostanziale, come dimostrano i dati attuali del rallentamento della crescita e della sua previsione.

    Questo dimostra ancora una volta come all’interno di un mercato complesso ed articolato la sola  politica monetaria abbia perso buona parte della propria capacità di fornire un sostegno alle politiche di sviluppo, in particolar modo per i paesi a forte indebitamento pubblico. Già questa semplice valutazione dimostra come un ulteriore conio di una moneta che dovrebbe diventare un  fattore di  politica espansiva monetaria (ma con una valuta debole) risulti destinata ad avere un insuccesso clamoroso portando in breve tempo il valore della moneta stessa a quello di  un sottobicchiere in cartone di una  birra.

    La negazione della conoscenza economica e finanziaria come base “culturale” di  tali operazioni  risulta imbarazzante per gli “economisti” che la sostengono ma soprattutto preoccupante per le sorti del nostro povero paese per il crescente supporto che ottengono.

  • A Roma la sede permanente dell’assemblea euromediterranea

    Roma è stata scelta come sede permanente del segretariato dell’Assemblea Euromediterranea, l’organismo che raccoglie le delegazioni dei parlamentari dei Paesi che si affacciano sul bacini del Mediterraneo. “Voglio ringraziare il vicepresidente del Parlamento europeo, David Sassoli, per il lavoro che ha portato alla scelta di Roma come sede permanente del Segretariato dell’Assemblea Euromediterranea”, scrive in una nota il presidente del PE Antonio Tajani. “Questa scelta integra tutti i criteri di qualità ed efficacia richiesti dall’Assemblea stessa. Adesso occorre lavorare per rilanciare l’Assemblea che può giocare un ruolo chiave nella stabilità del Mediterraneo, a cominciare dalla Libia, dove va sostenuto il processo verso le elezioni e il rafforzamento dello Stato”.

    Dal canto suo Sassoli ha osservato che “la scelta di istituire il Segretariato permanente Euromed a Roma è un successo della presidenza del Parlamento europeo e una grande occasione di rilancio della politica per il Mediterraneo. Abbiamo bisogno di rafforzare il dialogo fra i Paesi delle sponde nord e sud del Mediterraneo per affrontare le grandi sfide che abbiamo davanti: immigrazione, sicurezza, crescita economica. Ringrazio tutti i paesi che si erano candidati per accogliere la sede del Segretariato – ha aggiunto Sassoli – e salutiamo la scelta di Roma con la certezza che saprà cogliere questa occasione”.

    Il Parlamento europeo intende promuovere una serie di iniziative per rilanciare il dialogo sul Mediterraneo. L’Assemblea sarà invitata alla conferenza sulla Libia prevista al Parlamento il 10 ottobre. E’ allo studio un evento in Giordania sul tema dei rifugiati e dei corridoi per l’asilo e un’altra a Roma sui diritti dei bambini e sui minori non accompagnati. Parlamento e Assemblea promuoveranno, infine, un’iniziativa sul completamento di un’unione di libero scambio tra i Paesi del Mediterraneo.

  • Seeds&Chips presenta a Roma le novità dell’edizione 2018

    Sarà presentato giovedì 12 aprile alle ore 11, a Roma, presso il Ministero degli Esteri, l’edizione 2018 di Seeds&Chips – The Global Food Innovation Summit  che si svolgerà a Milano dal 7 al 10 maggio negli spazi di MiCo (Milano Congressi). Durante l’evento, moderato da Vincenzo de Luca, Direttore Generale per la promozione del Sistema Paese, e con gli interventi del Ministro degli Esteri, Angelino Alfano, di Attilio Fontana, Presidente Regione Lombardia, Anna Scavuzzo, Vice Sindaco di Milano, Diana Battaggia, Direttore UNIDO Italia, l’attenzione sarà rivolta al ruolo che Milano (e l’Italia) riveste e rivestirà nel sempre più rilevante rapporto tra cibo e tecnologia. Titolo dell’incontro è infatti è La “Food Innovation” nel segno della legacy di Expo 2015 Milano in cui Giorgio Marrapodi, Direttore Generale per la Cooperazione allo Sviluppo, Marco Gualtieri, Fondatore di Seeds&Chips, Livia Pomodoro, Presidente del Milan Center for Food Law and Policy, SAR Viktoria di Borbone de Parma, Promotore della partecipazione dei giovani agricoltori a Seeds&Chips, Stefano Lucchini, Chief Institutional Affairs and External Communication Officer Intesa San Paolo, Francesco Loreto, Direttore Dipartimento di Scienze Bio Agroalimentari – CNR, Harald Cosenza, CEO Robonica si confronteranno sull’importanza di  questo binomio.

  • Da Roma a Johannesburg in volo diretto

    Dall’8 aprile Italia e Sud Africa saranno più vicini grazie ai voli diretti che collegheranno Roma a Johannesburg. Niente più scali, niente più rotte alternative ma un unico, lungo viaggio di poco più di 10 ore che finalmente faciliterà i movimenti e i progetti dei tanti estimatori del paese africano. I voli, effettuati da Alitalia, saranno di tre tipologie, a seconda delle disponibilità economiche e delle esigenze dei passeggeri. E dopo Roma e Johannesburg ci auguriamo che anche altre città italiane e sudafricane possano essere collegate.

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