sicurezza

  • Parlamentari tedeschi e belgi quinta colonna cinese nei loro Paesi

    Spie cinesi hanno reclutato deputati tedeschi e belgi, influenzandone “con successo” le iniziative parlamentari, sia nei rispettivi Paesi sia al Parlamento europeo. In particolare, si tratta di esponenti di formazioni di estrema destra, come il partito nazionalconservatore Alternativa per la Germania (Afd). È quanto dimostrano “centinaia di messaggi” di un funzionario del ministero per la Sicurezza dello Stato della Cina, con il nome in codice di “Daniel Woo”, come rivela un’inchiesta realizzata congiuntamente dal settimanale “Der Spiegel” e dai quotidiani “Le Monde” e “Financial Times”.

    Nel reclutamento di politici europei di estrema destra, la Cina ha “copiato” la strategia già attuata dall’intelligence russa. I contatti di Woo vanno dal gruppo di Afd al Bundestag a Frank Creyelman, un ex deputato del partito di estrema destra belga Interesse fiammingo (Vb) che l’agente cinese avrebbe retribuito con versamenti in contanti. In particolare, nel 2019, Creyelman avrebbe fornito al suo referente di Pechino un profilo del presidente del Consiglio europeo Charles Michel comprendente le sua “opinioni politiche, personalità, hobby e visione” della Cina. In un’altra occasione, si trattava di “impedire o disturbare un evento su Taiwan al Parlamento europeo”. Per i suoi compiti, l’esponente del Vb avrebbe ricevuto somme che vanno dai seimila ai diecimila euro, nonché pagamenti in criptovaluta.

    Per servire gli interessi dell’intelligence cinese, Creyelman si è poi detto disponibile a utilizzare sia i suoi contatti in Afd sia suo fratello Steven, deputato del Vb al parlamento del Belgio dove siede nelle commissioni Difesa e Salute. I compiti di Woo interessano l’intero spettro delle questioni su cui la Cina intende esercitare influenza: Taiwan, Tibet e uiguri, la minoranza musulmana dello Xinjiang. In particolare, Woo si concentrava sui rapporti tra Ue e Stati Uniti, affinché venissero resi più difficili o “distrutti”. In un messaggio invito a Creyelman, l’agente cinese scrive: “Finora ti ho chiesto di procurare informazioni, ora agiamo anche, come con l’interrogazione in parlamento”.

    Woo risulta noto ai servizi segreti occidentali come impiegato presso la sede del ministero per la Sicurezza dello Stato cinese ad Hangzhou, nella provincia dello Zhejiang, e già operativo in Polonia nel 2015. Inoltre, l’agente e dei suoi colleghi avrebbero tentato di reclutare funzionari e deputati tedeschi, nonché loro assistenti, su LinkedIn. Con Creyelman, Woo ha discusso anche di come corrompere “rappresentanti del Vaticano” affinché la Santa Sede pubblicasse un messaggio favorevole alla Cina. In occasione delle visite a Pechino effettuate nel 2022 dal cancelliere tedesco Olaf Scholz e dal presidente francese, Emmanuel Macron, Woo ha scritto a Creyelman che si doveva far in modo di diffonder l’idea secondo cui “Stati Uniti e Regno Unito destabilizzano l’approvvigionamento di energia in Europa”. A tal fine, eurodeputati di estrema destra avrebbero dovuto diffondere al Parlamento europeo un messaggio secondo cui Usa e Regno Unito “causano soltanto problemi” all’Ue, che è invece “sostenuta dalla Cina”. Il messaggio avrebbe poi dovuto essere diffuso dai mezzi di informazione durante le visite di Scholz e Macron a Pechino.

    Creyelman ha risposto: “In Germania, tramite Afd, possiamo esortare la delegazione tedesca a parlare apertamente con le autorità cinesi, invece di limitarsi a seguire la strategia degli Stati Uniti”. L’esponente del Vb propose poi a Woo di sfruttare a fini propagandistici la guerra mossa dalla Russia contro l’Ucraina. All’agente cinese, Creyelman ha scritto che si poteva chiedere “ai nostri deputati tedeschi e francesi” di proporre una mediazione di Pechino tra Mosca e Kiev, così da far “inc… gli Usa”. Nella chat con Woo, Creyelman fa riferimento a Waldemar Herdt, deputato di Afd al Bundestag dal 2017 al 2022, definendolo “filocinese” e capace di influenzare altri rappresentanti al parlamento tedesco. Herdt ha negato di conoscere l’ex deputato belga e ha smentito di essere un sostenitore della Cina. Tuttavia, l’esponente di Afd, nato in Kazakhstan nel 1962 e trasferitosi in Germania nel 1993, è noto per essere vicino alla Russia così come il suo partito. A sua volta, nel corso di un’intervista rilasciata all’agenzia di stampa “Sputnik”, Creyelman si è presentato come un attore centrale della svolta filorussa dell’estrema destra europea e ha aggiunto: “Siamo stati i motori che hanno portato i governi un po’ più vicini alla Russia”.Allo stesso tempo, Afd ha aperto alla Cina dopo averla criticata per lungo tempo.

    La copresidente del partito di Tino Chrupalla, Alice Weidel, si è recata in visita a Shanghai e a Pechino nel giugno scorso e ha in seguito affermato che in Cina si è “molto entusiasti” del lavoro dei nazionalconservatori “a Berlino”. Weidel ha poi sottolineato che Pechino intende intensificare i contatti con Afd e “i prossimi passi sono già in fase di pianificazione”. Intanto, come capolista alle elezioni europee del 2024, il partito ha scelto Maximilian Krah, sostenitore di posizioni filocinesi. In particolare, l’esponente di Afd è contrario alla rimozione dalla rete 5G della Germania dei componenti dell’azienda per le telecomunicazioni cinese Huawei, sospettata di attività di spionaggio per l’intelligence di Pechino. Krah ha poi dichiarato che se l’Europa vuole essere “un attore globale indipendente e non soltanto un vassallo degli americani”, allora deve avere “buoni rapporti con la Cina”, oggetto di una “sfiducia generale”. Inoltre, il capolista di Afd alle prossime europee ha respinto le accuse di oppressione in Tibet e di violazioni dei diritti umani degli uiguri dello Xinjiang, spesso lanciate contro la potenza asiatica. Al Parlamento europeo, dove è deputato dal 2019, Krah ha votato nel 2021 contro la proposta per una nuova strategia dell’Ue nei confronti della Cina. Nel testo si chiedeva una politica più severa verso il Paese e la Commissione europea veniva esortata a “contrastare” sia i finanziamenti cinesi per i “nostri processi democratici”sia i tentativi di Pechino di “cooptazione di alti funzionari ed ex deputati dell’Ue”.

    Krah avrebbe inoltre affermato che, in un’Afd “ideale, chiederemmo noi stessi l’annessione di Taiwan”. Interpellato in merito, l’eurodeputato dei nazionalconservatori ha dichiarato di non ricordare di aver pronunciato queste parole. Tuttavia, è accertato che uno dei collaboratori di Krah è di origine cinese e avrebbe offerto ai giovani di Afd viaggi in Cina, con soltanto i voli a loro spese. Il capolista di Afd alle europee ha negato di avere contatti con “dipartimenti governativi cinesi diversi dai rappresentanti ufficiali della diplomazia cinese a Bruxelles”. In merito al suo collaboratore, Krah ha dichiarato di non disporre di “elementi che gli facciano dubitare della sua lealtà e affidabilità”.

    Nei messaggi tra Creyelman e Woo appaiono riferimenti a Manuel Ochsenreiter, esponente dell’estrema destra tedesca e diffusore della propaganda russa che ha svolto attività di consulenza per un deputato di Afd al Bundestag, Markus Frohmaier. Secondo fonti russe, il parlamentare dei nazionalconservatori è “assolutamente sotto il controllo” di Mosca. Inoltre, Ochsenreiter ha collaborato con un cittadino polacco, accusato dalle autorità del suo Paese di spionaggio per la Russia e la Cina, con la complicità di Woo. Per Afd, Ochsenreiter avrebbe lavorato come intermediario tra Mosca e Pechino. L’estremista di destra, che conosceva Creyelman con cui Woo intendeva farlo viaggiare in Cina, è deceduto a Mosca per infarto nel 2021. “Brutte notizie”, scrisse l’agente cinese in un messaggio all’ex deputato del Vb. Nel 2022, Woo chiese a a Creyelman di reclutare Martin Selmayr, già capo di gabinetto del presidente della commissione europea Jean-Claude Juncker, in carica dal 2014 al 2019. Dalle risposte dell’ex deputato del Vb non è chiaro quale esito abbia avuto la richiesta. Dal 2019 rappresentante della Commissione europea a Vienna, Selmayr ha negato di aver avuto contatti con Woo o Creyelman.

  • Sempre più informazioni ambientali sulle etichette

    Il quarto report di IdentiPack, l’Osservatorio nazionale sull’etichettatura ambientale, mostra come nell’ultimo anno, sul mercato nazionale, i prodotti che riportano informazioni ambientali relative al packaging siano in costante aumento. I dati restano incoraggianti, soprattutto a proposito delle informazioni ambientali che sono obbligatorie da gennaio 2023. Su oltre 136.000 prodotti di largo consumo analizzati, infatti, compaiono già le indicazioni sulla tipologia di imballaggio e sul corretto conferimento in raccolta differenziata per il 50% di quelli a scaffale (+3,2 punti % rispetto all’anno precedente) e per il 74,4% di quelli effettivamente venduti (+2,6 punti % rispetto all’anno precedente).

    Frutto della collaborazione tra Conai, il Consorzio Nazionale Imballaggi, e GS1 Italy, una delle organizzazioni non profit GS1 attive in 116 paesi nel mondo che promuovono l’utilizzo degli standard GS1 (i più utilizzati al mondo per la comunicazione tra imprese), l’Osservatorio continua a monitorare la presenza di informazioni ambientali sulle etichette degli imballaggi immessi al consumo in Italia: questo è il suo quarto rapporto semestrale che fotografa la situazione relativa ai pack disponibili a scaffale e poi acquistati dal consumatore, segmentandoli in base ai reparti di appartenenza, con il contributo dei dati di mercato di NielsenIQ.

    Sono 60.246 i prodotti i cui imballaggi a scaffale presentano la codifica identificativa del materiale, ai sensi della Decisione 129/97/CE. Corrispondono al 44,1% del totale delle referenze a scaffale nel grocery (+5,3 punti percentuali rispetto all’anno precedente) e al 68,5% del totale delle confezioni vendute (+3,8 punti percentuali rispetto all’anno precedente).

    Ad oggi, inoltre, 10.399 referenze riportano marchi e informazioni ambientali volontarie. Rappresentano il 7,6% del totale dei prodotti a scaffale in grande distribuzione e quasi l’11% delle confezioni vendute.

    Fra i settori merceologici analizzati, quello del freddo conferma la sua posizione di leadership per la comunicazione delle informazioni ambientali obbligatorie dei packaging: gelati e surgelati si aggiudicano la leadership per incidenza di prodotti che riportano in etichetta la codifica identificativa del materiale, oltre alle indicazioni sulla tipologia di imballaggio e sul corretto conferimento in raccolta differenziata.

    In ottima posizione anche le carni, al secondo posto per quanto riguarda la presenza di informazioni sulla codifica identificativa del materiale.
    Bene anche il fresco, medaglia di bronzo per la comunicazione di informazioni sulla codifica identificativa del materiale e medaglia d’argento nel campo delle informazioni sul corretto conferimento dell’imballaggio in raccolta differenziata.

    «È la prova che le aziende hanno risposto con efficacia nell’adeguarsi alla nuova normativa» commenta Ignazio Capuano, presidente Conai. «Il graduale aumento degli imballaggi che comunicano in etichetta informazioni ambientali rappresenta un grande cambiamento: non si tratta solo di ottemperare a un obbligo, ma anche di aver compreso quanto sia importante fare comunicazione ambientale anche attraverso il packaging».

    «Nell’era della sostenibilità, IdentiPack rappresenta uno strumento insostituibile per seguire come evolve la comunicazione di questo tema sulle etichette dei prodotti di largo consumo venduti in Italia» sottolinea Bruno Aceto, ceo di GS1 Italy. «Il suo valore e la sua unicità si fondano anche sulla sua ampia e rappresentativa base statistica: quella dell’Osservatorio Immagino, composta dagli oltre 136 mila prodotti digitalizzati dal servizio Immagino di GS1 Italy Servizi, che ne rileva tutte le indicazioni e i claim presenti in etichetta, realizzando e mantenendo aggiornata una banca dati unica in Italia per monitorare il carrello del largo consumo e comprenderne tendenze ed evoluzioni».

  • La Commissione invia a TikTok e YouTube una richiesta di informazioni a norma del regolamento sui servizi digitali

    La Commissione europea ha formalmente inviato a TikTok e YouTube una richiesta di informazioni a norma del regolamento sui servizi digitali perché fornisca maggiori informazioni sull’uso dei loro servizi da parte dei minori e sulle misure adottate per adempiere agli obblighi in materia di tutela dei minori ai sensi del regolamento sui servizi digitali.

    TikTok e YouTube devono fornire alla Commissione le informazioni richieste entro il 30 novembre 2023. Sulla base dell’esame delle risposte, la Commissione valuterà le prossime tappe, che potrebbero includere l’avvio formale di un procedimento a norma dell’articolo 66 del regolamento sui servizi digitali. La Commissione può infliggere, infatti, sanzioni pecuniarie per la fornitura di informazioni inesatte, incomplete o fuorvianti in risposta a una richiesta di informazioni. In caso di mancata risposta, la Commissione può decidere di chiedere le informazioni mediante decisione. In tale circostanza, la mancata risposta entro il termine potrebbe comportare l’imposizione di penalità di mora.

    TikTok ha già ricevuto il 19 ottobre 2023 una richiesta di informazioni sulla diffusione di contenuti terroristici e violenti e di incitamento all’odio, sulla presunta diffusione della disinformazione e su aspetti generali relativi alla tutela dei minori online.

  • La Commissione UE e AGCOM firmano un accordo per sostenere l’applicazione del regolamento sui servizi digitali

    La Commissione ha firmato un accordo amministrativo con l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM) a sostegno dei poteri di vigilanza e di esecuzione della Commissione ai sensi del regolamento sui servizi digitali.

    L’accordo è volto a sviluppare competenze e capacità che aiuteranno la Commissione a individuare e valutare rischi sistemici nell’ambito del regolamento sui servizi digitali, tra cui i rischi correlati alla diffusione di disinformazione e contenuti illegali e gli effetti negativi sui minori. Contribuirà a organizzare lo scambio pratico di informazioni, dati, buone pratiche, metodologie, sistemi tecnici e strumenti con l’autorità di regolamentazione.

    L’AGCOM è stata nominata coordinatore dei servizi digitali per l’Italia e diventerà pertanto parte del comitato per i servizi digitali, che sarà istituito entro febbraio 2024 e sarà composto da un’autorità competente per Stato membro.

    Il servizio della Commissione responsabile dell’attuazione e dell’applicazione del regolamento sui servizi digitali (CNECT) ha recentemente concluso accordi amministrativi analoghi con le autorità di regolamentazione dei media di Francia e Irlanda e sono in corso colloqui con altre autorità.

    Gli accordi fanno seguito alla recente raccomandazione della Commissione agli Stati membri in cui questi ultimi vengono invitati a coordinare la loro risposta alla diffusione e all’amplificazione di contenuti illegali su piattaforme e motori di ricerca online di dimensioni molto grandi.

    Il regolamento sui servizi digitali stabilisce norme fondamentali per plasmare un ambiente online sicuro e affidabile all’interno dell’UE.

  • Simulazioni di attacchi informatici su grande scala condotte da Commissione e Stati membri dell’UE per rafforzare la preparazione

    Rappresentanti ad alto livello in materia di cibersicurezza degli Stati membri dell’UE, della Commissione e dell’Agenzia dell’UE per la cibersicurezza (ENISA) partecipano a un’esercitazione a livello operativo della durata di due giorni, il cosiddetto “Blue OLEx 2023”, per verificare la preparazione dell’UE in caso di crisi informatica. L’esercitazione è organizzata nel quadro della rete delle organizzazioni di collegamento per le crisi informatiche, o “EU-CyCLONe”.

    La rete EU-CyCLONe contribuisce all’attuazione del piano d’azione della Commissione per una rapida risposta alle crisi o agli incidenti di cibersicurezza transfrontalieri su larga scala. La rete integra le strutture di cibersicurezza dell’UE, fornendo un collegamento tra la cooperazione a livello tecnico, mediante un gruppo di risposta agli incidenti di cibersicurezza, e quella a livello politico, ad esempio mediante i dispositivi integrati

    per la risposta politica alle crisi, il meccanismo di risposta alle crisi dell’UE che favorisce un processo decisionale rapido e coordinato a livello politico in caso di crisi gravi e complesse.

    I partecipanti discuteranno inoltre di questioni strategiche di politica informatica, in particolare di come definire un quadro coerente per la gestione delle crisi a livello dell’Unione.

  • Nuove norme UE più rigorose sulla sicurezza dei prodotti

    E’ entrato in vigore il 12 giugno il regolamento sulla sicurezza generale dei prodotti.

    Le nuove norme mirano ad affrontare i principali cambiamenti sociali che negli ultimi 20 anni hanno interessato la sicurezza dei prodotti di consumo, come la crescente digitalizzazione, i nuovi sviluppi tecnologici e le catene di approvvigionamento globalizzate.
    Questo quadro aggiornato garantirà che vengano offerti ai consumatori soltanto prodotti sicuri, a prescindere dalla loro origine e dalla modalità di vendita (negozi o mercati online).
    La Commissione inoltre annuncia l’invito a presentare candidature per l’edizione 2023 del premio dell’UE per la sicurezza dei prodotti.

    Il concorso riunisce imprese e ricercatori di successo e di talento che vogliono fare la differenza per la sicurezza dei consumatori. Quest’anno verterà sulle imprese che innovano e investono per migliorare la sicurezza dei giovani. Le candidature sono aperte fino all’8 settembre 2023.

    Dopo un esame preliminare di ammissibilità, una giuria di esperti in materia di politica e sicurezza selezionerà i finalisti per ogni categoria. I vincitori di quest’anno saranno annunciati durante la cerimonia di gala ufficiale che si svolgerà a dicembre a Bruxelles.

  • Sicurezza marittima: un trasporto più pulito e moderno

    La Commissione ha presentato cinque proposte legislative intese ad aggiornare le norme dell’UE sulla sicurezza marittima e a prevenire l’inquinamento idrico causato dalle navi.

    Poiché il 75% del commercio estero dell’UE avviene via mare, il trasporto marittimo è non solo l’arteria di un’economia globalizzata, ma anche un fattore vitale per le isole e le regioni marittime periferiche e remote dell’UE.

    Il livello di sicurezza marittima nelle acque dell’UE è attualmente molto elevato: negli ultimi 20 anni non si sono verificate maree nere, anche se si segnalano ancora oltre 2 000 incidenti in mare ogni anno.

    Le proposte odierne mirano a dotare l’UE di nuovi strumenti per ridurre il numero di incidenti e garantire un trasporto marittimo più pulito e moderno. Allineeranno le norme dell’UE alle normative internazionali, garantendo tra l’altro parità di condizioni per il settore e un’armonizzazione delle norme per il controllo e le indagini sugli incidenti marittimi.

    L’aumento dell’uso di strumenti informatici e una maggiore collaborazione tra gli Stati membri garantiranno inoltre l’attuazione e il controllo dell’applicazione di queste norme.

    All’Agenzia europea per la sicurezza marittima sarà attribuito un mandato più ampio, che rispecchi il ruolo sempre più importante che riveste.

  • Italia nel mirino degli hacker: attacchi aumentati del 169% nel 2022

    Nella nuova fase di «guerra cibernetica diffusa” degli ultimi dodici mesi nel mirino è finita anche l’Italia: sono stati registrati 188 attacchi informatici, con un aumento del 169% rispetto al 2021. Incremento a 3 cifre rispetto alla media mondiale del +21%. La pressione maggiore è sul settore governativo e sulle aziende manifatturiere del Made in Italy. E’ lo scenario che emerge dal Rapporto annuale del Clusit, l’Associazione Italiana per la Sicurezza Informatica.

    Secondo i ricercatori del Clusit “il 2022 è stato l’anno peggiore di sempre sul fronte della sicurezza informatica”. A livello mondiale – l’analisi è condotta su 148 paesi – si sono registrati 2.489 incidenti gravi, sono stati 440 gli attacchi in più rispetto al 2021, che segnano appunto una crescita annua del 21%. Il picco massimo dell’anno – e di sempre – si è registrato nel mese di marzo, con 238 attacchi. I dati aggregati per continente confermano “la preponderanza percentuale di vittime in America (38%), contro l’Europa al 24% e Asia all’8%”.

    L’analisi mostra una netta prevalenza di attacchi con finalità di cybercrime e significativi risvolti economici legati alla diffusione dei ransomware: sono l’82% del totale, in crescita del 15% sul 2021. Per l’Italia la percentuale sale al 93%, in crescita del 150%. A livello mondiale, le principali vittime tornano ad essere i ‘multiple targets’, i bersagli multipli, (22%) con un aumento del 97% sul 2021, “si tratta di campagne di attacco non mirate, che continuano a causare effetti consistenti”. Segue il settore governativo, delle PA e della sanità (12%). Il settore più attaccato in Italia nel 2022 è invece quello governativo, con il 20% degli attacchi, seguito a brevissima distanza dal comparto manifatturiero (19%), che rappresenta il 27% del totale degli attacchi censiti nel settore livello globale.

    L’analisi globale degli incidenti cyber noti nel 2022 evidenzia una netta prevalenza di attacchi con finalità di cybercrime, che sono stati oltre 2.000 a livello globale, ovvero l’82% del totale, in crescita del 15% rispetto al 2021. Per l’Italia la percentuale sale al 93%, in crescita del 150% rispetto al 2021. Il malware rappresenta la tecnica con cui viene sferrato il 37% degli attacchi globali; seguono vulnerabilità (12%), phishing e social engineering (12%), in crescita del 52%. Anche nel nostro paese prevalgono gli attacchi per mezzo di malware, sono il 53% del totale e hanno impatti gravi o gravissimi nel 95% dei casi.

    “Negli ultimi cinque anni si è verificato un cambiamento sostanziale nei livelli globali di cyber-insicurezza mondiali – commentano i ricercatori – al quale non è corrisposto un incremento adeguato delle contromisure adottate dai difensori”.

    Nel nostro Paese, osserva il presidente di Clusit, Gabriele Faggioli, “è necessaria un’ulteriore evoluzione nell’approccio alla cybersecurity. Occorre non solo che permanga il ‘driver normativo’, ma che si mettano in atto a tutti i livelli i processi di valutazione e gestione del rischio per il business, atti a calibrare adeguatamente gli investimenti sulla base delle reali necessità».

  • Mille Comuni senza piano di protezione civile. In Sicilia uno su due

    In Italia ci sono 1.000 Comuni che non hanno un piano di Protezione Civile per far fronte a terremoti, alluvioni e disastri dovuti al dissesto idrogeologico. Un numero che sale drasticamente in Sicilia, dove uno su due ne è sprovvisto. A lanciare l’allarme è stato il ministro della Protezione civile e delle Politiche del mare, Nello Musumeci, quando a fine 2022 ha illustrato alla Camera le linee programmatiche del suo dicastero.

    Secondo i dati del Dipartimento della Protezione Civile aggiornati a luglio del 2022, ad avere un piano è l’88% dei Comuni italiani. La Regione messa peggio è la Sicilia, dove su 390 comuni ce l’hanno solo 190 (il 49%), mentre in Lombardia sono il 78% i Comuni che si sono dotati del Piano, anche se la Regione è quella con il più alto numero di Comuni in Italia (1.544). Quattro, invece, le Regioni dove tutti i Comuni hanno provveduto a redigere i piani: Friuli Venezia Giulia, Marche, Molise e Valle d’Aosta, oltre alla provincia autonoma di Trento. Il Piano di protezione civile «serve per far conoscere quali sono le vulnerabilità del territorio e, in caso di emergenza, a dare un primo orientamento per adottare le prime misure» ha spiegato Musumeci sottolineando anche l’importanza di avere un personale specializzato. Perché se questo manca, ha aggiunto, «i Comuni non riescono a dotarsi del Piano».

    In Italia, come ricordato dal capo del dipartimento della Protezione civile Fabrizio Curcio in diverse occasioni, il 36% dei Comuni è in classe 1 e 2 per rischio sismico (vuol dire che si trovano in zona rossa o arancione) e in queste aree vive il 40% della popolazione. Musumeci ha ricordato che negli ultimi anni, per far fronte ai danni provocati dai terremoti, sono stati spesi più di 165 miliardi di euro, con una spesa media annua di 3 miliardi. Non solo. Curcio ha quantificato in «6 milioni» i cittadini «che vivono in un territorio con rischio idraulico medio», zone dove si trova il 90% dei comuni e dove è presente anche un pericolo di frana molto elevato. Molti di questi sono Comuni montani e il ministro per gli Affari Regionali Roberto Calderoli, sempre a fine 2022, ha annunciato di aver sbloccato 34 milioni per garantire a questi comuni un «supporto concreto nel contrasto al dissesto idrogeologico».

    Ma se in molti comuni manca un Piano di protezione civile, in Italia è assente anche un piano nazionale di adattamento al cambiamento climatico. «Nonostante sia stato avviato nel 2016, ancora oggi non ha ottenuto il parere per la Valutazione ambientale strategica», ha sottolineato il ministro che poi ha spiegato cosa prevede il piano: dai territori più esposti a lunga siccità a quelli dove c’è un pericolo di “bombe d’acqua”. «Stiamo lavorando a un sistema sofisticato di allertamento per mettere in guardia la comunità locale quando vi sia un’allerta molto probabile. Il sistema ha attraversato già una fase di sperimentazione sullo stretto di Sicilia; riteniamo ci siano le condizioni perché sia varato. Abbiamo presentato una proposta di finanziamento».

    C’è poi un aspetto legato a tutta la normativa in materia che, ha sottolineato Musumeci, va «semplificata e ammodernata». A partire dal Codice della protezione civile approvato nel 2018. «Servono norme agili per l’interpretazione senza rimandi ad altre normative – ha concluso – E va ripensata la norma che deve consentire al commissario per l’emergenza di poter operare con la necessaria flessibilità senza che questo sacrifichi la trasparenza degli atti».

  • l business della sicurezza stradale

    I recenti e ripetuti incidenti stradali che hanno visto quasi sempre giovani vittime, stanno suscitando l’ennesimo ipocrita confronto politico privo di ogni competenza e motivato semplicemente dall’infantile narcisismo dei protagonisti.

    La nostra rete stradale complessivamente è articolata in 167.365 km, tra strade urbane ed extraurbane, lungo la quale si trovano 8.073 autovelox (dati anche questi non aggiornati) ai quali aggiungere i semafori T-red.

    Nella vicina Francia, che presenta una rete stradale di 1.028.260 km (62% urbana ed il 38% extraurbana), si trovano 2.406 postazioni con autovelox. In Germania, lo Stato delle Autobahn senza limiti di velocità, se ne trovano 3.813 di rilevatori di velocità.

    La prima evidente considerazione dimostra come questa impressionante rete di autovelox non sia in grado di prevenire alcun incidente,ma anzi venga utilizzata dalle amministrazioni locali come una vera e propria tassa di passaggio, anche in considerazione del loro posizionamento lungo le direttrici a forte scorrimento.

    L’ipocrisia che rende la sicurezza stradale una volgare opportunità viene certificata dalla rilevazione e gestione delle stesse sanzioni spesso appaltate a società private.

    Per gli enti locali e per lo Stato, quindi, la sicurezza stradale diventa solo un business finalizzato ad accrescere le entrate, in più neppure utilizzandole, all’80% come invece prevedrebbe la legge, non per investimenti in sicurezza stradale ma semplicemente per il finanziamento della spesa corrente.

    Emerge evidente come l’approccio tecnologico alla sicurezza stradale non abbia determinato alcun effetto sostanziale se non quello di foraggiare i bilanci degli enti locale e statali.

    Parallelamente sono state inasprite le norme penali con l’introduzione del reato di omicidio stradale, il cui effetto deterrente risulta ancora irrilevabile in considerazione dei recenti incidenti.  Un percorso, del resto, molto simile a quello avvenuto con l’introduzione del reato di femminicidio che non ha di certo diminuito le aggressioni e tanto meno gli omicidi verso le vittime femminili.

    Ora, poi, sull’onda emozionale suscitata dalle troppe vittime della strada, ecco uscire un viceministro che vorrebbe introdurre l’adeguamento delle sanzioni amministrative al livello del reddito. Una sciocchezza di dimensioni epocali in quanto spesso proprio le vittime sono ragazzi giovani e studenti, quindi privi di reddito.

    Le giovani vittime dei recenti incidenti dovrebbero invece suscitare una riflessione reale relativa all’approccio tecnologico insufficiente per assicurare un minimo livello di sicurezza ma soprattutto alla necessità di ripristinare il controllo fisico delle pattuglie lungo le strade.

    Anche la stessa mancanza di personale adibito al controllo risulta figlia di una classe politica che ha sempre ridotto la spesa per le forze dell’ordine privilegiando gli investimenti in strumenti di controllo da remoto.

    Mai come ora la situazione della sicurezza stradale meriterebbe una riflessione, invece che dell’ennesimo inasprimento di pene e sanzioni partorite dalle solite menti governative infantili e prive di una minima competenza.

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