soldi

  • Natale spinge gli acquisti, i clienti cercano value for money

    Secondo i dati dell’osservatorio SpendingPulse di Mastercard, combinati con le previsioni macroeconomiche provenienti dal Mastercard Economics Institute (MEI), la spesa dei consumatori in Europa (escluso il settore auto) è prevista in aumento del 3,1% su base annua considerando il periodo delle festività che va dal 1° novembre al 24 dicembre 2025.

    Anche per i consumatori italiani si registra un aumento stimato del 2,1%. Il quadro che emerge è tuttavia quello di consumatori che prediligono piccoli piaceri accessibili, orientandosi verso le categorie di prodotti alimentari premium, beauty e accessori per la casa, cercando anche un valore emozionale attraverso le esperienze.

    Le previsioni di crescita più elevate in Europa riguardano Ungheria (5,2%), Polonia (5%), Spagna (4,8%) e Repubblica Ceca (4,6%).

    Il consumatore europeo appare resiliente. Nonostante una fiducia dei consumatori moderata, il settore retail, in particolare nelle categorie discrezionali, continua a mostrare un trend positivo in tutta Europa. Questa resilienza poggia su fondamentali solidi, tra cui una bassa disoccupazione e un potere d’acquisto in ripresa, con salari che nella maggior parte dei Paesi crescono più velocemente dell’inflazione. La spesa durante il periodo di feste rifletterà probabilmente un approccio prudente, caratterizzato da attenzione ai prezzi e preferenza per piccoli piaceri accessibili. Chi compra va in cerca del valore emotivo dietro l’acquisto. Negli ultimi mesi, i consumatori europei hanno indirizzato la spesa discrezionale verso articoli di piccolo importo, come prodotti beauty e cosmetica, abbigliamento, esperienze dal vivo, ristoranti e bar – categorie particolarmente apprezzate durante la stagione festiva. La domanda di articoli di grande valore come mobili ed elettronica si è indebolita in tutta Europa, con alcune eccezioni, come l’Italia, dove i consumatori continuano a prediligere accessori per la casa ed elettrodomestici – che rappresentano il 4.7% della loro spesa durante le festività.

    Le categorie di beauty e cosmetica, insieme all’abbigliamento di seconda mano, continuano ad attrarre l’interesse dei consumatori, con le generazioni Gen Z e Alpha che guidano la domanda e trainano la crescita. La moda second-hand sta guadagnando particolare spazio in Spagna (+4.4%), seguita da Francia (+1.3%) e Italia (+0.5%), dove i più giovani scelgono di acquistare articoli usati, complici l’attenzione alla sostenibilità ambientale e al budget.

    I carrelli della spesa riflettono gusti e abitudini culinarie nazionali. La spesa alimentare resta resiliente, con gli europei che prediligono prodotti premium, soprattutto durante le festività. Gli italiani risultano i maggiori spendenti in generi alimentari durante il periodo festivo, con una spesa media per acquisto di 39 euro, seguiti da britannici e tedeschi, rispettivamente a 37 e 36 euro.

    Nel 2025, i rivenditori di abbigliamento e calzature di fascia alta hanno aumentato la loro quota nel mercato della moda online in Francia, Germania e Regno Unito. Nelle economie dell’Europa centro-orientale, dove lo shopping di lusso online è meno diffuso, i rivenditori high-end hanno invece rafforzato la loro presenza nelle vendite in negozio. Anche in Spagna si registrano progressi per la moda di fascia alta, sia online che offline. In controtendenza l’Italia che per il settore moda di lusso registra una lieve flessione sia nelle vendite online (-0.3%) sia in store (-0.4%).

    I viaggiatori europei si spingono sempre più lontano alla ricerca di mete calde. Sei delle 10 destinazioni di tendenza della stagione si trovano ora fuori dall’Europa, con Thailandia ed Egitto come gli unici Paesi con più di una meta nella classifica per il periodo novembre-dicembre 2025. Tra le destinazioni europee, Milano si distingue per il forte incremento della quota di prenotazioni di voli anno su anno, con un aumento pari al +8,4% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso.

    Natalia Lechmanova, Chief Economist Europe di Mastercard, afferma: «Durante la stagione delle festività di fine d’anno, i consumatori europei mostrano resilienza e capacità di adattamento. Sebbene la crescita complessiva della spesa al dettaglio resti moderata, si osserva una forte domanda di piccoli piaceri accessibili, acquisti di importo contenuto ed esperienze di viaggio. Dai prodotti alimentari premium e le specialità festive fino alle vacanze invernali a lungo raggio, i comportamenti di spesa riflettono un attento equilibrio tra prudenza e piacere».

    Luca Corti, Country Manager Italia di Mastercard, commenta: «Da anni osserviamo l’ascesa dell’experience economy in tutta Europa, Italia compresa, e questo trend emerge chiaramente anche dalle nostre stime per i consumi nel periodo delle festività. Oggi i consumatori non cercano più solo prodotti, ma trasferiscono anche nell’acquisto di beni un valore emotivo ed esperienziale. La predilezione per piccoli piaceri accessibili, momenti di gratificazione personale, viaggi ed eventi dimostra che l’experience economy continua a guidare le scelte di spesa, trasformando ogni acquisto in un’occasione di piacere e connessione».

  • La rapacità fiscale italiana mette in fuga quasi 200 miliardi di euro

    Jannick Sinner è stato biasimato come uno che fugge dalle tasse per aver preso la residenza a Montecarlo, l’Olanda viene biasimata come paradiso fiscale e chi vi sposta la sede aziendale viene bollato come traditore della patria. Considerare che uno Stato che induce un proprio cittadino o azienda a trasferirsi è forse uno Stato che chiede troppo per quello che offre, che troppa ingordigia priva il Belpaese dei suoi elementi più performanti non sembra purtroppo far parte dell’orizzonte del pensiero nello Stivale. Peccato, anzitutto in termini di vivacità intellettuale e dibattito culturale. Ma peccato anche perché una soluzione al problema dell’evasione fiscale appare tanto più efficace e realistica quanto più si fonda su un’analisi non solo di quanto viene evaso ma anche del perché si evade.

    Il Global Tax Evasion Report 2024 di EuTax Observatory, gruppo di riceva della Paris School of Economics stima in 196,5 miliardi di euro la somma complessiva di quanto non dichiarato e non versato al fisco, spesso tramite spostamento all’estero delle somme su cui versare le tasse. Centoottantuno di quei miliardi sono infatti depositati in conti correnti di banche offshore oppure impiegati in attività finanziarie all’estero. Ottantadue miliardi e 600 milioni sono depositati in Svizzera, 61,5 miliardi in altri Paesi dell’Unione europea fiscalmente più benigni dell’Italia, 26,6 in Asia (do you know Singapore?) e 11 miliardi in aree offshore delle Americhe. Altri 15,5 miliardi sono stati invece dirottati su investimenti immobiliari anzitutto in Costa Azzurra e Parigi (con buona pace dell’ex premier transalpino che ha accusato l’Italia di concorrenza fiscale sleale) e poi a Dubai e Singapore (se è così attraente forse sarebbe da studiare e magari copiare prima di biasimarla, le best practices magari esistono anche in tema di tasse e imposte).

    Quello che troppo spesso ci si scorda di aggiungere è che non tutto quello che viene evaso o eluso è perso per il fisco. Secondo la relazione del Ministero dell’Economia e delle Finanze (Mef), nel 2024 sono stati recuperati complessivamente 26,3 miliardi di euro (con un incremento del 6,5% rispetto al 2023, pari a 1,6 miliardi di euro), di cui circa 22,8 miliardi, provengono dai controlli ordinari effettuati dall’Agenzia delle Entrate e dalla Guardia di Finanza (12,6 miliardi sono stati versati dai contribuenti dopo aver ricevuto un atto dell’Agenzia delle Entrate; 5,7 miliardi a seguito di una cartella e 4,5 miliardi sono frutto delle attività di promozione della compliance). Gli incassi da misure straordinarie, sempre riferiti all’Agenzia delle Entrate (Rottamazione delle cartelle e pagamenti residui derivanti dalla definizione delle liti pendenti e dalla vecchia pace fiscale), ammontano a 3,5 miliardi, con una flessione di oltre il 30% rispetto al 2023.

  • MpS e Mediobanca: opportunità speculativa o strategia economica?

    Cercando di interpretare gli scenari che possono scaturire dall’esito di questa operazione di acquisizione di Mediobanca, è da augurarsi che l’obiettivo ispiratore o quantomeno l’unico traguardo da conseguire sia rappresentato dalla creazione di semplici plusvalenze finanziarie.

    Viceversa, si può intravedere anche come all’interno di una visione più complessiva questa acquisizione si possa inserire all’interno di una volontà di mantenere un asset a controllo italiano in un’ottica di sviluppo complessivo del Paese.

    Mediobanca rappresentava la massima espressione italiana di una banca d’affari anche se nell’ultimo decennio ha cercato di aprire degli sportelli fisici per altro non con grandissimi risultati.

    MpS, nonostante abbia cominciato a distribuire dividendi, rappresenta comunque un istituto risanato a spese dello stato e da manager provenienti dal settore pubblico in considerazione della sottoscrizione di capitale da parte del Ministero dell’Economia. Di conseguenza la sua operatività dovrebbe rispondere anche ad un interesse complessivo del Paese.

    In questo contesto, quindi, credo, ma soprattutto mi auguro, che questa operazione abbia come obiettivo la neutralizzazione dell’operazione che aveva come probabile una “fusione” (?) con la francese Natixis per la gestione del risparmio gestito.

    In questo contesto, allora, l’operazione di acquisizione può essere interpretata come un tentativo di fermare, a ragione, la possibile “cessione” del settore risparmio gestito o, come qualcuno afferma, la creazione di una joint venture con i francesi di Natixis, non perché questo tipo di operazioni finanziarie siano di per sé negative in quanto possono realmente creare sinergie e sviluppo non indifferenti.

    Tuttavia l’obiettivo da perseguire rimane quello di assicurare che l’asset generale delle Assicurazione Generali rimanga integro e con un controllo italiano anche se con un azionariato diffuso, e quindi anche estero. Non a caso il francese Donnet ricopre la carica di CEP nelle Assicurazioni Generali.

    Ogni operazione finanziaria che possa determinare anche un minimo l’indebolimento della struttura complessiva delle assicurazioni Generali, rappresenta quindi un attacco stesso all’autonomia del colosso assicurativo triestino ed alla sua centralità nello sviluppo del Paese.

    Forse l’operazione di MPS con l’acquisizione di Mediobanca, la quale si era dichiarata favorevole a questa operazione con il colosso francese, rappresenta la nascita di una strutturale opposizione a questo progetto, il quale, come inevitabile conseguenza, determinerebbe l’indebolimento della stessa integrità delle Assicurazioni Generali rendendola appetibile per le scalate finanziarie e minando così il suo peso internazionale.

  • Smartphone e criptovalute, ma le operazioni di riciclaggio di un cinese vengono comunque scoperte

    Le autorità inquirenti di Prato hanno scoperto un vero e proprio istituto bancario illegale, in via Respighi nel comune toscano, che in pochi mesi sarebbe servito a riciclare oltre 9 milioni di euro di criptovalute. Il procuratore capo Luca Tescaroli in una nota dell’1agosto ha parlato di un “banca illegale, centrale di riciclaggio, basata sull’impiego di criptovalute, e di rilascio di carte d’identità elettroniche contraffatte valide per l’espatrio e di altri documenti di identità” che secondo gli inquirenti si tratterebbe di una “realtà criminale riconducibile a esponenti dei gruppi cinesi di notevolissime dimensioni economiche delle attività gestite sul piano transnazionale”. I carabinieri del nucleo operativo antifalsificazioni e della sezione criptovalute del comando antifalsificazione di Roma, la guardia di finanza di Prato e i carabinieri di Prato sono partite dalla perquisizione di un cittadino cinese di 45 anni rinvenendo quattro telefoni su uno dei quali sono stati trovati “due softtware wallet Token pochet collegati a due indirizzi telematici, sui quali risulta una movimentazione di criptovalute”, tra aprile e luglio scorsi, “per valori ingenti di criptovalute”. Analizzando le transazioni in uscita, gli investigatori avrebbero appurato come i fondi venivano depositati “su una piattaforma attestata in Cambogia, che è stata segnalata dalla FinCen del Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti d’America come un istituto finanziario che opera come centro di riciclaggio di denaro. Sul secondo indirizzo.  L’analisi delle transazioni in uscita hanno evidenziato che la maggior parte dei fondi sono stati inviati su wallet privati”. Il quarantacinquenne orientale ed altri soggetti a lui collegati sono risultati “avere il possesso materiale di dette criptovalute per un controvalore di 117mila euro.

    Nel corso della medesima operazione, sono stati rinvenuti complessiva 15mila euro in contanti (4mila nelle disponibilità del quarantacinquenne, il resto a disposizione di un secondo soggetto) “due stampanti, due laminatori, numerose tessere bianche, con microchip e banda magnetica, e altre con sola banda magnetica, funzionali alla predisposizione di carte d’identità elettroniche, e pellicole ologrammate”.

  • Le famiglie del Belpaese hanno patrimonio alto e debiti contenuti

    Nel 2024 il valore della ricchezza netta detenuta dalle famiglie europee ha raggiunto i 70.200 miliardi di euro, in crescita del 4,4 per cento rispetto all’anno precedente. Lo evidenzia uno studio dell’Associazione bancaria italiana (Abi) sui più recenti dati pubblicati dalla Banca centrale europea. Il 29 per cento di tale ricchezza è delle famiglie tedesche, il 20 per cento di quelle francesi, il 16 per cento di quelle italiane e il 13 per cento di quelle spagnole; la quota restante (22 per cento) è distribuita tra gli altri paesi dell’area. Le famiglie italiane si confermano tra le più solide dal punto di vista patrimoniale. In Italia la ricchezza netta delle famiglie è di 8 volte il reddito disponibile, superiore alla media dell’area dell’euro (7,5 volte), ai dati francesi (7,4) e a quelli tedeschi (7,2), mentre è 8,6 volte per gli spagnoli. L’indebitamento delle famiglie italiane si mantiene tra i più bassi nell’area dell’euro. Le passività finanziarie rappresentano in Italia l’8,4 per cento del totale, a fronte dell’11,3 per cento nell’area dell’euro, del 9,7 per cento in Germania e del 12,8 per cento in Francia e con il 7,9 per cento in Spagna.

    La composizione della ricchezza delle famiglie evidenzia che gli immobili residenziali risultano la componente principale. In Italia la quota delle abitazioni, sebbene maggioritaria, risulta contenuta nel confronto europeo (43,9 per cento in Italia contro 51,6 per cento della media di area) e rispetto ai dati degli altri principali paesi (52,2 per cento in Francia, 53,2 per cento in Germania e 60,6 per cento in Spagna), anche a motivo del forte aumento dei prezzi degli immobili negli altri paesi dell’area dell’euro. I depositi in Italia rappresentano l’11,2 per cento del totale delle attività delle famiglie mentre nell’area dell’euro tale quota sale al 12,4 per cento. In Italia, risulta più elevata della media europea la liquidità (1,6 per cento contro una media di area dell’1,1 per cento). Le attività delle famiglie produttrici – tra cui le partecipazioni in imprese non quotate e i beni non finanziari ad uso produttivo – costituiscono il 20,2 per cento del portafoglio complessivo delle famiglie italiane, quasi 6 punti percentuali in più rispetto alla media dell’area.

  • Ri-armo

    Riceviamo e pubblichiamo un articolo dell’On. Dario Rivolta

    Anche nel recente incontro di Roma i partecipanti hanno continuato a ripetere come sia indispensabile per tutti i Paesi europei stanziare nuovi fondi da destinare agli armamenti. Mettiamo pure da parte per un momento il fatto che si tratterebbe in buona parte di soldi che servirebbero anche per “aiutare” l’Ucraina perché su questo e su quanto ci costa aver sostenuto e sostenere quel Paese in guerra torneremo dopo.

    Nel frattempo, per capire quale sia la situazione attuale nel campo delle spese per la “difesa” (tra virgolette poiché, come abbiamo visto negli ultimi decenni, si è spesso trattato di “offesa”) facciamo un po’ di conti e vediamo chi sono o potrebbero essere gli aggressori che parteciperanno alla futura guerra.

    I dati sono riportati dall’International Institute for Strategic Studies britannico che definisce sé stesso come “massima autorità mondiale sul conflitto politico-militare”. Vediamoli:

    Spese nei settori della difesa (2024) inclusi: gli stipendi per il personale militare e civile, le pensioni, ricerca e sviluppo (per alcuni), forze aggregate para-militari, l’aiuto all’Ucraina (per alcuni) e le missioni fuori confine:

    Stati Uniti                              miliardi di dollari USA        968

    Cina                                          “     “                             235

    Russia                                  “              “                                146

    Germania                            “              “                                 86

    Gran Bretagna                     “              “                                 81 (incluso aiuti all’Ucraina)

    India                                     “              “                                 74

    Arabia Saudita                      “              “                                 72

    Francia                                 “              “                                 64

    Giappone                            “              “                                 53

    Corea del Sud                    “              “                                 44

    Australia                             “              “                                 36

    Italia                                     “              “                                 35

    Israele                                  “              “                                 34

    Ucraina                                “              “                                 28 (la maggior parte come prestito – probabilmente ripagati a babbo morto)

    Polonia                                   “              “                                 28

    Vediamo invece ora chi sono i maggiori esportatori di armi (fonte: SIPRI arm transfert database –Stockholm International Peace Research Institute, svedese, citato da ISPI)

    USA                       43%

    Francia                 9,6%

    Russia                   7,8%

    Cina                       5,9%

    Germania            5,6%

    Italia                      4,8%

    Altri:                      23,3%

    Secondo il SIPRI circa due terzi (66%) delle armi importate dai membri europei della NATO negli ultimi cinque anni sono state di fabbricazione statunitense.

    Per gli aiuti all’Ucraina, alla fine del 2024 al Kiel Institute (tedesco) risulta quanto segue:

    aiuti finanziari: USA 44 miliardi di Euro, Europa (membri + Bruxelles) 50 miliardi, altri 20 miliardi.

    aiuti umanitari: USA 2 miliardi di Euro, Europa 10 miliardi (e i finanziamenti vari?), altri 3 miliardi.

    Aiuti militari (ma la NATO non proibiva di mandare armamenti a Paesi in guerra?): USA 68 miliardi, Europa 53 miliardi, altri 16 miliardi.

    Secondo la Banca Mondiale (citata dall’ISPI) per ricostruire il Paese, e senza contare le distruzioni avvenute negli ultimi 6 mesi, al fine di rendere possibile l’adeguamento agli standard europei e permetterne l’ammissione alla UE, nel periodo 2024-2033 serviranno almeno 486 miliardi di Euro. Da dove si prenderanno? Forse l’élite attualmente al potere nella Unione Europea intende sacrificare ciò che rimane del nostro welfare per aiutare l’Ucraina e nello stesso tempo procedere a un forte riarmo generalizzato di tutti i paesi membri.

    Sembra tutto chiaro e già definito, salvo che, di là da quanto ci raccontano i nostri politici europei con la complicità di giornalisti servili, almeno sul riarmo esistono alcuni problemi.

    Si parla sempre della necessità che si costruisca una difesa europea e ciò sarebbe bellissimo, ma nessuno dice da chi saranno costituiti gli eserciti, chi li comanderà e quale sarà il potere politico che ne deciderà l’uso. Poiché non esiste una Europa politica e le decisioni sono prese da “Consigli Europei dei Ministri” senza né consultare né avere l’avallo dei cittadini, potremmo forse trovarci ad entrare in una guerra senza nemmeno sapere da chi sia stata ordinata e perché?

    I problemi però sono anche altri. Sappiamo che, messe insieme, le spese per armamenti di tutti gli Stati dell’Unione più la Gran Bretagna si avvicinano già almeno ai 500 miliardi e ora si vorrebbe aggiungerne altri 800 nell’arco di qualche anno. Ebbene, il grande problema delle forze armate europee è che, salvo per i reparti assegnati alla NATO ove le armi sono tutte standardizzate (e soprattutto americane), nel resto degli armamenti ci sono doppioni in abbondanza, sistemi e materiali diversi, procedure non collimanti e perfino Ricerca e Sviluppo alternativi tra loro. Proprio perché l’Unione non ha alcuna valenza o potere politico, anche nel caso che davvero si dovessero spendere tutti quei soldi ogni Paese farà per conto suo e le disomogeneità si perpetueranno. Un esempio disponibile dell’andazzo europeo nel settore è dato dalla Germania (la fonte è il Kiel Institute): tra il 2020 e il 2024 gli ordini del Ministero della difesa tedesco sono andati per il 50% ad aziende della Germania, il 30% ad aziende joint venture tra tedeschi e stranieri e il restante ad aziende americane. Praticamente nessun ordine ad aziende europee non tedesche. Anche per i sistemi d’arma più moderni previsti da European Sky Shield Initiative Francia e Italia sono escluse perché parteciperebbero soltanto se fosse accettato il proprio sistema anti-aereo. Per i caccia di sesta generazione ci sono addirittura due cordate: Francia, Germania e Spagna contro Italia, Gran Bretagna e Giappone.

    Come non bastasse, l’ISPI cita uno studio che prevede che per raggiungere il numero di carri armati funzionanti che la Germania aveva nel 2004 occorrerebbe aspettare il 2066 e per gli obici va ancora peggio: bisogna attendere il 2121.

    Tutto bene? Dove sta la logica delle scelte che si vorrebbero fare?

  • Lombardia eldorado di tutte le sigle della criminalità organizzata italiana

    La Lombardia, con il suo tessuto produttivo florido e diversificato, si conferma il principale snodo finanziario del Paese. Le mafie hanno saputo radicarsi e proliferare adottando modelli operativi che si discostano dal controllo militare del territorio tipico delle regioni di origine e prediligendo una strategia di basso profilo, che riserva la violenza a circostanze mirate e necessarie a mantenere le posizioni economiche acquisite.

    Le recenti inchieste giudiziarie hanno evidenziato la spiccata propensione delle mafie lombarde all’impiego di strumenti finanziari illeciti. Tra questi, spiccano frodi fiscali realizzate con l’emissione e l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, compensazioni di crediti tributari fittizi, riciclaggio e auto-riciclaggio anche a livello internazionale, oltre a intestazioni fittizie di beni e bancarotte fraudolente. Per molti imprenditori, l’ingresso nel circuito mafioso ha rappresentato un’opportunità apparentemente vantaggiosa, una provvidenziale iniezione di liquidità. Tuttavia, questo si è tradotto in un progressivo asservimento, culminato nella perdita del controllo aziendale a vantaggio dell’organizzazione criminale. Questo sistema inoltre non solo danneggia la libera concorrenza, ma crea un incentivo per l’imprenditore a non denunciare l’estorsione, rendendo il fenomeno difficile da intercettare.

    Le indagini recenti rivelano anche una crescente cooperazione tra diverse matrici criminali. Si registrano intese tra la Cosa Nostra gelese e la ‘Ndrangheta calabrese per la gestione del traffico di stupefacenti, e sinergie tra la ‘Ndrangheta in Piemonte e la comunità sinti per il rifornimento e la custodia di armi.

  • La Commissione chiede pareri su un modello europeo per i conti di risparmio e di investimento

    La Commissione europea invita i cittadini e le parti interessate a contribuire all’elaborazione di un modello europeo per i conti di risparmio e di investimento. L’iniziativa, che fa parte della strategia dell’Unione dei risparmi e degli investimenti, mira ad agevolare la partecipazione dei cittadini ai mercati dei capitali, aumentando i rendimenti dei loro risparmi e incrementando al contempo i finanziamenti a disposizione delle imprese dell’Unione europea per aiutarle a crescere, innovare e creare posti di lavoro.

    L’invito della Commissione è teso a raccogliere contributi sulle buone pratiche per fare dei conti di risparmio e di investimento un punto di accesso conveniente ai mercati dei capitali per gli investitori non professionali, tenendo in considerazione anche il trattamento fiscale di tali conti.

    Agevolare l’accesso facile e a basso costo dei cittadini dell’UE a diverse opportunità di investimento è essenziale per incoraggiarli a investire nei mercati dei capitali. I conti di risparmio e di investimento potrebbero offrire maggiori e migliori occasioni di risparmiare e creare ricchezza per eventi importanti, come il pensionamento, l’acquisto di una casa o il finanziamento dell’istruzione dei figli. Questi conti consentono alle persone fisiche di detenere strumenti del mercato dei capitali quali azioni di società quotate, obbligazioni e quote di fondi di investimento in modo facilmente utilizzabile e accessibile e possono beneficiare di incentivi fiscali o procedure fiscali semplici.

    La Commissione invita i cittadini e le parti interessate dell’UE, tra cui la società civile, le associazioni dei consumatori, le parti sociali, le imprese, i partecipanti ai mercati finanziari e le autorità degli Stati membri, a presentare le loro opinioni sul portale Dì la tua. L’invito a presentare contributi sarà aperto per quattro settimane. I contributi saranno presi in considerazione dalla Commissione in sede di elaborazione della raccomandazione relativa all’istituzione di conti di risparmio e di investimento, prevista per il terzo trimestre del 2025.

  • Rapine in banca diminuite del 36,3% dal 2023 al 2024

    Prosegue il calo delle rapine in banca che sono diminuite del 36,3% in un anno, passando dalle 80 del 2023 alle 51 del 2024. In calo anche il cosiddetto indice di rischio – cioè, il numero di rapine ogni 100 sportelli – che è sceso da 0,4 a 0,3. Sono questi i principali risultati dell’indagine condotta da Ossif, il Centro di ricerca Abi in materia di sicurezza, che sono stati presentati oggi nel corso del convegno “Banche e Sicurezza 2025”, l’evento annuale promosso da Abi, in collaborazione con Abi Lab, Certfin e Ossif e organizzato da Abieventi, per conoscere ed esplorare le frontiere della sicurezza fisica e digitale nei settori bancario, finanziario e assicurativo. “La tendenza positiva che ha caratterizzato il fenomeno negli ultimi anni è il risultato di un impegno congiunto crescente tra le banche e le Forze dell’ordine. Questo lavoro condiviso ha avuto l’obiettivo di promuovere una cultura della sicurezza sempre più solida, a tutela sia dei clienti sia dei dipendenti del settore, in linea con le priorità strategiche dell’Abi e dell’intero comparto bancario”, ha sottolineato il direttore generale dell’Abi, Marco Elio Rottigni.

    “Dal 2014 al 2024 – ha aggiunto – le rapine agli sportelli sono diminuite del 93,6%, un risultato significativo che evidenzia l’efficacia delle azioni intraprese. In questo percorso, un ruolo fondamentale è stato svolto dal nuovo protocollo d’intesa tra l’Abi e il Dipartimento di pubblica sicurezza, per la prevenzione dei reati predatori, che ho avuto il privilegio di sottoscrivere a livello nazionale l’11 dicembre, insieme al vice direttore generale della Pubblica sicurezza e direttore centrale della Polizia criminale, Raffaele Grassi, che ringrazio per il suo contributo. Un sentito riconoscimento va anche ai vari Prefetti che, a livello locale, hanno firmato insieme a Ossif e ai rappresentanti delle banche il protocollo pensato per prevenire la criminalità ai danni sia dei clienti sia dei dipendenti delle banche. Il rafforzamento del dialogo istituzionale, lo scambio costante di informazioni e l’impiego di strumenti tecnologici avanzati per la valutazione del rischio hanno permesso di affinare progressivamente le misure di sicurezza, rendendo la risposta al fenomeno criminale sempre più efficace e mirata”. Nel corso delle due giornate autorevoli esponenti delle istituzioni, del mondo bancario, della consulenza e dell’industria si incontreranno e si confronteranno per approfondire e individuare i punti di attenzione, le strategie e le tecnologie più avanzate in un percorso di rafforzamento della sicurezza e della resilienza dell’intero sistema economico, nazionale ed europeo.

    Nel 2024 le rapine sono diminuite in 13 regioni: Campania (da nove a sette), Emilia-Romagna (da otto a quattro), Lazio (da sette a quattro), Lombardia (da 19 a nove rapine), Piemonte (da sette a due), Sicilia (da 14 a dieci), Toscana (da cinque a due), Umbria (da tre a due) e Abruzzo, Basilicata, Calabria, Friuli-Venezia Giulia e Valle d’Aosta dove non ci sono stati eventi (da uno avvenuto nell’anno precedente). Nessun colpo nemmeno in Molise (come nel 2023) e situazione stabile in Liguria (una sola rapina). Aumenti si sono invece verificati nelle Marche e in Sardegna (con una rapina da 0), Puglia e Veneto (con tre rapine da una) e Trentino-Altro Adige (con due rapine da zero). Ammontano ad oltre 400 milioni di euro gli investimenti che ogni anno le banche italiane destinano per rendere le proprie filiali ancora più protette e sicure e per la gestione del contante (trattamento e trasporto valori). Adottando misure di protezione sempre più moderne ed efficaci e formando i propri dipendenti anche attraverso un’apposita “Guida alla sicurezza per gli operatori di sportello”, realizzata da Ossif in collaborazione con il ministero dell’Interno e le Prefetture. La Guida antirapina è un significativo punto di riferimento per chi opera ogni giorno nelle filiali bancarie: una sorta di vademecum su come comportarsi durante le rapine, ma anche indicazioni utili per prevenirle nonché per agevolare il controllo del territorio e l’attività investigativa delle Forze dell’ordine.

  • Centrosinistra e centrodestra: la grande truffa

    Il parco circolante di auto in Italia è rappresentato da autovetture di 12,8 anni ed una cilindrata media di 1.534 centimetri cubi, inoltre più del 50% delle autovetture ha poi una cilindrata compresa tra i 1300 e i 1600 cc.

    Nel nuovo decreto infrastrutture, che dovrebbe essere operativo dal 1°luglio 2025, il governo in carica ha deciso di introdurre nuovi parametri da applicare al pagamento dei pedaggi autostradali. Questi, infatti, verranno calcolati in base alle classi di emissioni dell’autovettura ed alle fasce orarie di utilizzo delle infrastrutture con l’obiettivo di “ottenere un decongestionamento della infrastruttura autostradale ed un vantaggio ambientale” (*). Di conseguenza, un lavoratore di reddito medio basso, proprietario di una Panda del 2012 euro 5, la quale emette tra i 99 e i 133 grammi di CO2/km, pagherà un pedaggio superiore rispetto all’attuale. A questo primo aumento del costo si aggiungerà anche un secondo in rapporto alla fascia oraria di utilizzo del tratto autostradale per il proprio trasferimento verso il luogo di lavoro, i cui orari, a forte congestione, risultano dettati non certo dal lavoratore.

    In altre parole, in perfetta sintonia con i governi precedenti, la attuale classe politica e governativa ancora una volta penalizza il lavoro ed i fattori di crescita economica e la stessa produzione di reddito espressione della sintesi di attività professionali, industriali e dei servizi le quali finalizzano gli orari all’aumento della propria produttività e della stessa qualità.

    Anche questo governo si allinea alle richieste ambientaliste imposte dall’Unione Europea e verso le quali viene confermato l’atteggiamento servile del governo in carica tipico delle maggioranze precedenti.

    Richieste che ha come unico obiettivo l’imposizione di uno stato nel quale i diritti vengano riconosciuti solo se aderenti ai precetti europei e nazionali ma i cui costi ricadranno, come in passato, sulle fasce dei lavoratori colpevoli solo di avere retribuzioni medio basse ed auto con parametri di emissione non in linea con il furore ambientalista.

    La truffa nasce proprio dalla constatazione che gli obiettivi del centro-sinistra come del centro-destra risultino sostanzialmente i medesimi, cioè relativi all’imposizione di uno stato il quale intende modificare i comportamenti dei cittadini persino nell’ambito professionale senza comprendere l’effetto potenziale con una frenata del PIL.

    L’unica differenza tra i due schieramenti è relativa alle modalità di conseguimento di questo stato etico, il quale assegna alla classe politica il potere assoluto.

    I governi di centro-sinistra, a cominciare da quello Prodi, che aumentò la tassazione delle auto in ragione della classe di emissione inferiore come espressione di una ideologia massimalista ambientalista che regna ora incontrastata in Europa.

    Al percorso ideologico espresso dai governi del centro-sinistra, i quali sostanzialmente hanno coperto le proprie lacune culturali in ambito economico e strategico con la propria cieca vis ideologica, indebolendo la domanda interna con il progressivo aumento della tassazione in nome di una maggiore tutela ambientale, fa riscontro quello ora adottato dal centro-destra.

    Questo si traduce nel semplice piacere nell’esercizio del potere finalizzato a rendere sempre più sudditi i propri cittadini, ma non più in virtù di una vis ideologica ma solo come espressione di poca competenza.

    Entrambi tuttavia dimostrano di non possedere nemmeno le basi minime sindacali in quanto viene invertito, per non dire azzerato, il principio della utilità marginale decrescente del denaro sulla base della quale viene applicata la progressività delle aliquote. Il risultato che ne consegue è assolutamente incredibile.

    Sulla base, infatti, di questa inversione del principio economico i contribuenti a basso reddito, e titolari di auto obsolete, pagheranno un servizio (pedaggio) ad un prezzo superiore rispetto a quello applicato ai contribuenti di fascia medio alta ma titolari di auto più recenti.

    Il centrodestra come il centrosinistra sospendono completamente ogni principio di equità fiscale ed inaugurano una nuova stagione nella quale viene applicato una tariffa per un determinato servizio applicando il principio inverso rispetto alla fascia di reddito appartenente. Ad un reddito inferiore, si ricorda che l’Italia è l’unico paese che negli ultimi 30 anni ha perso il potere d’acquisto rispetto alla crescita del +34% della Germania e +27% della Francia, e a ciò corrisponderà un maggior costo del servizio, drenando ancora una volta, come per le accise (**), risorse a sostegno della domanda interna e di conseguenza alla crescita del PIL.

    Questa nefasta deriva sociale è molto simile all’approccio della gallina spennata di Stalin, che esprime il principio sulla base del quale si toglie tutto ad un suddito rendendolo dipendente da una qualsiasi forma di elemosina statale. Che poi altro non è che il principio adottato da trent’anni nel nostro Paese, nel quale alla continua crescita della spesa pubblica e del debito corrisponde una diminuzione dei redditi disponibili.

    (*) https://www.investireoggi.it/pedaggi-2025-cosa-cambia-davvero-con-il-nuovo-decreto/

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