soldi

  • Ri-armo

    Riceviamo e pubblichiamo un articolo dell’On. Dario Rivolta

    Anche nel recente incontro di Roma i partecipanti hanno continuato a ripetere come sia indispensabile per tutti i Paesi europei stanziare nuovi fondi da destinare agli armamenti. Mettiamo pure da parte per un momento il fatto che si tratterebbe in buona parte di soldi che servirebbero anche per “aiutare” l’Ucraina perché su questo e su quanto ci costa aver sostenuto e sostenere quel Paese in guerra torneremo dopo.

    Nel frattempo, per capire quale sia la situazione attuale nel campo delle spese per la “difesa” (tra virgolette poiché, come abbiamo visto negli ultimi decenni, si è spesso trattato di “offesa”) facciamo un po’ di conti e vediamo chi sono o potrebbero essere gli aggressori che parteciperanno alla futura guerra.

    I dati sono riportati dall’International Institute for Strategic Studies britannico che definisce sé stesso come “massima autorità mondiale sul conflitto politico-militare”. Vediamoli:

    Spese nei settori della difesa (2024) inclusi: gli stipendi per il personale militare e civile, le pensioni, ricerca e sviluppo (per alcuni), forze aggregate para-militari, l’aiuto all’Ucraina (per alcuni) e le missioni fuori confine:

    Stati Uniti                              miliardi di dollari USA        968

    Cina                                          “     “                             235

    Russia                                  “              “                                146

    Germania                            “              “                                 86

    Gran Bretagna                     “              “                                 81 (incluso aiuti all’Ucraina)

    India                                     “              “                                 74

    Arabia Saudita                      “              “                                 72

    Francia                                 “              “                                 64

    Giappone                            “              “                                 53

    Corea del Sud                    “              “                                 44

    Australia                             “              “                                 36

    Italia                                     “              “                                 35

    Israele                                  “              “                                 34

    Ucraina                                “              “                                 28 (la maggior parte come prestito – probabilmente ripagati a babbo morto)

    Polonia                                   “              “                                 28

    Vediamo invece ora chi sono i maggiori esportatori di armi (fonte: SIPRI arm transfert database –Stockholm International Peace Research Institute, svedese, citato da ISPI)

    USA                       43%

    Francia                 9,6%

    Russia                   7,8%

    Cina                       5,9%

    Germania            5,6%

    Italia                      4,8%

    Altri:                      23,3%

    Secondo il SIPRI circa due terzi (66%) delle armi importate dai membri europei della NATO negli ultimi cinque anni sono state di fabbricazione statunitense.

    Per gli aiuti all’Ucraina, alla fine del 2024 al Kiel Institute (tedesco) risulta quanto segue:

    aiuti finanziari: USA 44 miliardi di Euro, Europa (membri + Bruxelles) 50 miliardi, altri 20 miliardi.

    aiuti umanitari: USA 2 miliardi di Euro, Europa 10 miliardi (e i finanziamenti vari?), altri 3 miliardi.

    Aiuti militari (ma la NATO non proibiva di mandare armamenti a Paesi in guerra?): USA 68 miliardi, Europa 53 miliardi, altri 16 miliardi.

    Secondo la Banca Mondiale (citata dall’ISPI) per ricostruire il Paese, e senza contare le distruzioni avvenute negli ultimi 6 mesi, al fine di rendere possibile l’adeguamento agli standard europei e permetterne l’ammissione alla UE, nel periodo 2024-2033 serviranno almeno 486 miliardi di Euro. Da dove si prenderanno? Forse l’élite attualmente al potere nella Unione Europea intende sacrificare ciò che rimane del nostro welfare per aiutare l’Ucraina e nello stesso tempo procedere a un forte riarmo generalizzato di tutti i paesi membri.

    Sembra tutto chiaro e già definito, salvo che, di là da quanto ci raccontano i nostri politici europei con la complicità di giornalisti servili, almeno sul riarmo esistono alcuni problemi.

    Si parla sempre della necessità che si costruisca una difesa europea e ciò sarebbe bellissimo, ma nessuno dice da chi saranno costituiti gli eserciti, chi li comanderà e quale sarà il potere politico che ne deciderà l’uso. Poiché non esiste una Europa politica e le decisioni sono prese da “Consigli Europei dei Ministri” senza né consultare né avere l’avallo dei cittadini, potremmo forse trovarci ad entrare in una guerra senza nemmeno sapere da chi sia stata ordinata e perché?

    I problemi però sono anche altri. Sappiamo che, messe insieme, le spese per armamenti di tutti gli Stati dell’Unione più la Gran Bretagna si avvicinano già almeno ai 500 miliardi e ora si vorrebbe aggiungerne altri 800 nell’arco di qualche anno. Ebbene, il grande problema delle forze armate europee è che, salvo per i reparti assegnati alla NATO ove le armi sono tutte standardizzate (e soprattutto americane), nel resto degli armamenti ci sono doppioni in abbondanza, sistemi e materiali diversi, procedure non collimanti e perfino Ricerca e Sviluppo alternativi tra loro. Proprio perché l’Unione non ha alcuna valenza o potere politico, anche nel caso che davvero si dovessero spendere tutti quei soldi ogni Paese farà per conto suo e le disomogeneità si perpetueranno. Un esempio disponibile dell’andazzo europeo nel settore è dato dalla Germania (la fonte è il Kiel Institute): tra il 2020 e il 2024 gli ordini del Ministero della difesa tedesco sono andati per il 50% ad aziende della Germania, il 30% ad aziende joint venture tra tedeschi e stranieri e il restante ad aziende americane. Praticamente nessun ordine ad aziende europee non tedesche. Anche per i sistemi d’arma più moderni previsti da European Sky Shield Initiative Francia e Italia sono escluse perché parteciperebbero soltanto se fosse accettato il proprio sistema anti-aereo. Per i caccia di sesta generazione ci sono addirittura due cordate: Francia, Germania e Spagna contro Italia, Gran Bretagna e Giappone.

    Come non bastasse, l’ISPI cita uno studio che prevede che per raggiungere il numero di carri armati funzionanti che la Germania aveva nel 2004 occorrerebbe aspettare il 2066 e per gli obici va ancora peggio: bisogna attendere il 2121.

    Tutto bene? Dove sta la logica delle scelte che si vorrebbero fare?

  • Lombardia eldorado di tutte le sigle della criminalità organizzata italiana

    La Lombardia, con il suo tessuto produttivo florido e diversificato, si conferma il principale snodo finanziario del Paese. Le mafie hanno saputo radicarsi e proliferare adottando modelli operativi che si discostano dal controllo militare del territorio tipico delle regioni di origine e prediligendo una strategia di basso profilo, che riserva la violenza a circostanze mirate e necessarie a mantenere le posizioni economiche acquisite.

    Le recenti inchieste giudiziarie hanno evidenziato la spiccata propensione delle mafie lombarde all’impiego di strumenti finanziari illeciti. Tra questi, spiccano frodi fiscali realizzate con l’emissione e l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, compensazioni di crediti tributari fittizi, riciclaggio e auto-riciclaggio anche a livello internazionale, oltre a intestazioni fittizie di beni e bancarotte fraudolente. Per molti imprenditori, l’ingresso nel circuito mafioso ha rappresentato un’opportunità apparentemente vantaggiosa, una provvidenziale iniezione di liquidità. Tuttavia, questo si è tradotto in un progressivo asservimento, culminato nella perdita del controllo aziendale a vantaggio dell’organizzazione criminale. Questo sistema inoltre non solo danneggia la libera concorrenza, ma crea un incentivo per l’imprenditore a non denunciare l’estorsione, rendendo il fenomeno difficile da intercettare.

    Le indagini recenti rivelano anche una crescente cooperazione tra diverse matrici criminali. Si registrano intese tra la Cosa Nostra gelese e la ‘Ndrangheta calabrese per la gestione del traffico di stupefacenti, e sinergie tra la ‘Ndrangheta in Piemonte e la comunità sinti per il rifornimento e la custodia di armi.

  • La Commissione chiede pareri su un modello europeo per i conti di risparmio e di investimento

    La Commissione europea invita i cittadini e le parti interessate a contribuire all’elaborazione di un modello europeo per i conti di risparmio e di investimento. L’iniziativa, che fa parte della strategia dell’Unione dei risparmi e degli investimenti, mira ad agevolare la partecipazione dei cittadini ai mercati dei capitali, aumentando i rendimenti dei loro risparmi e incrementando al contempo i finanziamenti a disposizione delle imprese dell’Unione europea per aiutarle a crescere, innovare e creare posti di lavoro.

    L’invito della Commissione è teso a raccogliere contributi sulle buone pratiche per fare dei conti di risparmio e di investimento un punto di accesso conveniente ai mercati dei capitali per gli investitori non professionali, tenendo in considerazione anche il trattamento fiscale di tali conti.

    Agevolare l’accesso facile e a basso costo dei cittadini dell’UE a diverse opportunità di investimento è essenziale per incoraggiarli a investire nei mercati dei capitali. I conti di risparmio e di investimento potrebbero offrire maggiori e migliori occasioni di risparmiare e creare ricchezza per eventi importanti, come il pensionamento, l’acquisto di una casa o il finanziamento dell’istruzione dei figli. Questi conti consentono alle persone fisiche di detenere strumenti del mercato dei capitali quali azioni di società quotate, obbligazioni e quote di fondi di investimento in modo facilmente utilizzabile e accessibile e possono beneficiare di incentivi fiscali o procedure fiscali semplici.

    La Commissione invita i cittadini e le parti interessate dell’UE, tra cui la società civile, le associazioni dei consumatori, le parti sociali, le imprese, i partecipanti ai mercati finanziari e le autorità degli Stati membri, a presentare le loro opinioni sul portale Dì la tua. L’invito a presentare contributi sarà aperto per quattro settimane. I contributi saranno presi in considerazione dalla Commissione in sede di elaborazione della raccomandazione relativa all’istituzione di conti di risparmio e di investimento, prevista per il terzo trimestre del 2025.

  • Rapine in banca diminuite del 36,3% dal 2023 al 2024

    Prosegue il calo delle rapine in banca che sono diminuite del 36,3% in un anno, passando dalle 80 del 2023 alle 51 del 2024. In calo anche il cosiddetto indice di rischio – cioè, il numero di rapine ogni 100 sportelli – che è sceso da 0,4 a 0,3. Sono questi i principali risultati dell’indagine condotta da Ossif, il Centro di ricerca Abi in materia di sicurezza, che sono stati presentati oggi nel corso del convegno “Banche e Sicurezza 2025”, l’evento annuale promosso da Abi, in collaborazione con Abi Lab, Certfin e Ossif e organizzato da Abieventi, per conoscere ed esplorare le frontiere della sicurezza fisica e digitale nei settori bancario, finanziario e assicurativo. “La tendenza positiva che ha caratterizzato il fenomeno negli ultimi anni è il risultato di un impegno congiunto crescente tra le banche e le Forze dell’ordine. Questo lavoro condiviso ha avuto l’obiettivo di promuovere una cultura della sicurezza sempre più solida, a tutela sia dei clienti sia dei dipendenti del settore, in linea con le priorità strategiche dell’Abi e dell’intero comparto bancario”, ha sottolineato il direttore generale dell’Abi, Marco Elio Rottigni.

    “Dal 2014 al 2024 – ha aggiunto – le rapine agli sportelli sono diminuite del 93,6%, un risultato significativo che evidenzia l’efficacia delle azioni intraprese. In questo percorso, un ruolo fondamentale è stato svolto dal nuovo protocollo d’intesa tra l’Abi e il Dipartimento di pubblica sicurezza, per la prevenzione dei reati predatori, che ho avuto il privilegio di sottoscrivere a livello nazionale l’11 dicembre, insieme al vice direttore generale della Pubblica sicurezza e direttore centrale della Polizia criminale, Raffaele Grassi, che ringrazio per il suo contributo. Un sentito riconoscimento va anche ai vari Prefetti che, a livello locale, hanno firmato insieme a Ossif e ai rappresentanti delle banche il protocollo pensato per prevenire la criminalità ai danni sia dei clienti sia dei dipendenti delle banche. Il rafforzamento del dialogo istituzionale, lo scambio costante di informazioni e l’impiego di strumenti tecnologici avanzati per la valutazione del rischio hanno permesso di affinare progressivamente le misure di sicurezza, rendendo la risposta al fenomeno criminale sempre più efficace e mirata”. Nel corso delle due giornate autorevoli esponenti delle istituzioni, del mondo bancario, della consulenza e dell’industria si incontreranno e si confronteranno per approfondire e individuare i punti di attenzione, le strategie e le tecnologie più avanzate in un percorso di rafforzamento della sicurezza e della resilienza dell’intero sistema economico, nazionale ed europeo.

    Nel 2024 le rapine sono diminuite in 13 regioni: Campania (da nove a sette), Emilia-Romagna (da otto a quattro), Lazio (da sette a quattro), Lombardia (da 19 a nove rapine), Piemonte (da sette a due), Sicilia (da 14 a dieci), Toscana (da cinque a due), Umbria (da tre a due) e Abruzzo, Basilicata, Calabria, Friuli-Venezia Giulia e Valle d’Aosta dove non ci sono stati eventi (da uno avvenuto nell’anno precedente). Nessun colpo nemmeno in Molise (come nel 2023) e situazione stabile in Liguria (una sola rapina). Aumenti si sono invece verificati nelle Marche e in Sardegna (con una rapina da 0), Puglia e Veneto (con tre rapine da una) e Trentino-Altro Adige (con due rapine da zero). Ammontano ad oltre 400 milioni di euro gli investimenti che ogni anno le banche italiane destinano per rendere le proprie filiali ancora più protette e sicure e per la gestione del contante (trattamento e trasporto valori). Adottando misure di protezione sempre più moderne ed efficaci e formando i propri dipendenti anche attraverso un’apposita “Guida alla sicurezza per gli operatori di sportello”, realizzata da Ossif in collaborazione con il ministero dell’Interno e le Prefetture. La Guida antirapina è un significativo punto di riferimento per chi opera ogni giorno nelle filiali bancarie: una sorta di vademecum su come comportarsi durante le rapine, ma anche indicazioni utili per prevenirle nonché per agevolare il controllo del territorio e l’attività investigativa delle Forze dell’ordine.

  • Centrosinistra e centrodestra: la grande truffa

    Il parco circolante di auto in Italia è rappresentato da autovetture di 12,8 anni ed una cilindrata media di 1.534 centimetri cubi, inoltre più del 50% delle autovetture ha poi una cilindrata compresa tra i 1300 e i 1600 cc.

    Nel nuovo decreto infrastrutture, che dovrebbe essere operativo dal 1°luglio 2025, il governo in carica ha deciso di introdurre nuovi parametri da applicare al pagamento dei pedaggi autostradali. Questi, infatti, verranno calcolati in base alle classi di emissioni dell’autovettura ed alle fasce orarie di utilizzo delle infrastrutture con l’obiettivo di “ottenere un decongestionamento della infrastruttura autostradale ed un vantaggio ambientale” (*). Di conseguenza, un lavoratore di reddito medio basso, proprietario di una Panda del 2012 euro 5, la quale emette tra i 99 e i 133 grammi di CO2/km, pagherà un pedaggio superiore rispetto all’attuale. A questo primo aumento del costo si aggiungerà anche un secondo in rapporto alla fascia oraria di utilizzo del tratto autostradale per il proprio trasferimento verso il luogo di lavoro, i cui orari, a forte congestione, risultano dettati non certo dal lavoratore.

    In altre parole, in perfetta sintonia con i governi precedenti, la attuale classe politica e governativa ancora una volta penalizza il lavoro ed i fattori di crescita economica e la stessa produzione di reddito espressione della sintesi di attività professionali, industriali e dei servizi le quali finalizzano gli orari all’aumento della propria produttività e della stessa qualità.

    Anche questo governo si allinea alle richieste ambientaliste imposte dall’Unione Europea e verso le quali viene confermato l’atteggiamento servile del governo in carica tipico delle maggioranze precedenti.

    Richieste che ha come unico obiettivo l’imposizione di uno stato nel quale i diritti vengano riconosciuti solo se aderenti ai precetti europei e nazionali ma i cui costi ricadranno, come in passato, sulle fasce dei lavoratori colpevoli solo di avere retribuzioni medio basse ed auto con parametri di emissione non in linea con il furore ambientalista.

    La truffa nasce proprio dalla constatazione che gli obiettivi del centro-sinistra come del centro-destra risultino sostanzialmente i medesimi, cioè relativi all’imposizione di uno stato il quale intende modificare i comportamenti dei cittadini persino nell’ambito professionale senza comprendere l’effetto potenziale con una frenata del PIL.

    L’unica differenza tra i due schieramenti è relativa alle modalità di conseguimento di questo stato etico, il quale assegna alla classe politica il potere assoluto.

    I governi di centro-sinistra, a cominciare da quello Prodi, che aumentò la tassazione delle auto in ragione della classe di emissione inferiore come espressione di una ideologia massimalista ambientalista che regna ora incontrastata in Europa.

    Al percorso ideologico espresso dai governi del centro-sinistra, i quali sostanzialmente hanno coperto le proprie lacune culturali in ambito economico e strategico con la propria cieca vis ideologica, indebolendo la domanda interna con il progressivo aumento della tassazione in nome di una maggiore tutela ambientale, fa riscontro quello ora adottato dal centro-destra.

    Questo si traduce nel semplice piacere nell’esercizio del potere finalizzato a rendere sempre più sudditi i propri cittadini, ma non più in virtù di una vis ideologica ma solo come espressione di poca competenza.

    Entrambi tuttavia dimostrano di non possedere nemmeno le basi minime sindacali in quanto viene invertito, per non dire azzerato, il principio della utilità marginale decrescente del denaro sulla base della quale viene applicata la progressività delle aliquote. Il risultato che ne consegue è assolutamente incredibile.

    Sulla base, infatti, di questa inversione del principio economico i contribuenti a basso reddito, e titolari di auto obsolete, pagheranno un servizio (pedaggio) ad un prezzo superiore rispetto a quello applicato ai contribuenti di fascia medio alta ma titolari di auto più recenti.

    Il centrodestra come il centrosinistra sospendono completamente ogni principio di equità fiscale ed inaugurano una nuova stagione nella quale viene applicato una tariffa per un determinato servizio applicando il principio inverso rispetto alla fascia di reddito appartenente. Ad un reddito inferiore, si ricorda che l’Italia è l’unico paese che negli ultimi 30 anni ha perso il potere d’acquisto rispetto alla crescita del +34% della Germania e +27% della Francia, e a ciò corrisponderà un maggior costo del servizio, drenando ancora una volta, come per le accise (**), risorse a sostegno della domanda interna e di conseguenza alla crescita del PIL.

    Questa nefasta deriva sociale è molto simile all’approccio della gallina spennata di Stalin, che esprime il principio sulla base del quale si toglie tutto ad un suddito rendendolo dipendente da una qualsiasi forma di elemosina statale. Che poi altro non è che il principio adottato da trent’anni nel nostro Paese, nel quale alla continua crescita della spesa pubblica e del debito corrisponde una diminuzione dei redditi disponibili.

    (*) https://www.investireoggi.it/pedaggi-2025-cosa-cambia-davvero-con-il-nuovo-decreto/

  • Fitto respinge la richiesta italiana di avere più tempo per il Pnrr

    Giancarlo Giorgetti ci ha provato ancora una volta ma l’ex collega di governo Raffaele Fitto ha chiuso, forse definitivamente, la porta: non ci sarà una proroga oltre la scadenza del 2026 per l’attuazione del Pnrr.

    L’Italia, si sa, è in ritardo con l’attuazione del Piano e difficilmente riuscirà a completarlo nei termini previsti. Anche per questo ha presentato una nuova richiesta di revisione, ora all’esame della Commissione Ue. Ma probabilmente non basterà e allora scatta la tentazione italica: il rinvio. Intervenendo durante la discussione dell’Ecofin lo scorso 13 maggio, Giorgetti ha detto di accogliere “con favore” la proposta Safe della Commissione per il rafforzamento dell’industria europea della difesa” e di sostenere il piano per “un rapido accesso allo strumento con procedure e condizioni chiare. Tuttavia, la richiesta di prestiti tramite lo strumento Safe dovrebbe essere valutata attentamente, considerando l’impatto sulle finanze pubbliche”. Il titolare del Mef ha suggerito quindi “l’esplorazione di ulteriori opzioni, tra cui l’utilizzo di fondi del settore privato e la possibilità di estendere il dispositivo per la ripresa e la resilienza oltre il 2026 per aumentare il margine di bilancio a disposizione degli Stati membri per rispondere all’esigenza di aumentare la spesa per la difesa”. Un ‘sasso’ lanciato nello stagno, peraltro di fronte a colleghi già non particolarmente ben disposti, visto che l’Italia – ancora una volta – ha detto che non ratificherà la riforma del Mes (perché “non ci sono i numeri in Parlamento”), bloccandone di fatto l’attivazione.

    La risposta della Commissione alla richiesta di Giorgetti non si è fatta attendere molto. Il giorno dopo il vicepresidente esecutivo per la Coesione e le Riforme della Commissione europea Raffaele Fitto – fino a pochi mesi fa compagno di governo di Giorgetti – ha ribadito che per il fondo Rrf che finanzia i Pnrr “la scadenza è il prossimo anno”, e, ha sottolineato “è impossibile cambiarla. Ma – ha aggiunto – abbiamo dato molte opportunità per organizzare i piani nei prossimi mesi: per esempio si può ricorrere all’art. 21 del Regolamento per fare altre revisioni” dei Pnrr nei diversi Stati membri; “e poi c’è la possibilità di spostare dei progetti dal fondo Rrf ai fondi di Coesione”, che poi è ciò che lo stesso Fitto ha fatto come ministro in Italia, quando ha riprogrammato e trasferito nei programmi di coesione diversi progetti infrastrutturali che avrebbero richiesto tempi lunghi, oltre il 2026.

    Quanto al possibile utilizzo dei fondi Rrf per il Piano Rearm Europe, ha spiegato il commissario agli Affari economici Dombrovskis, “abbiamo valutato diverse possibilità, compresa quella di utilizzare anche il fondo Rrf. Ma alla fine abbiamo deciso di non ricorrere a questa opzione”. Il commissario ha spiegato che la decisione negativa è stata presa sostanzialmente per tre ragioni: avrebbe richiesto una modifica sostanziale del regolamento del fondo Rrf; avrebbe richiesto diverse nuove decisioni all’unanimità; e infine, la “chiave di distribuzione” dei fondi prevista originariamente non sarebbe stata appropriata. “Quindi – ha concluso Dombrovskis – abbiamo deciso invece di adottare un nuovo strumento di prestito europeo: il ‘Safe’”, stabilito con il regolamento “Security Action for Europe”.

    La partita sembra quindi definitivamente chiusa. Nei giorni scorsi, a Roma, c’è chi ipotizzava l’utilizzo del Mes come elemento di ‘trattativa’ per ottenere una proroga del Pnrr, un po’ la mossa che Meloni aveva già messo in campo al momento della trattativa sul nuovo Patto di stabilità. Ma quel gioco – che poi non aveva portato al via libera al Meccanismo europeo di stabilità – ormai è stato scoperto e non pare proprio che ci siano le condizioni per riutilizzarlo.

  • In attesa di Giustizia: in nome del popolo italiano

    C’era una volta un giudice civile del Tribunale di Salerno che – forse mosso ad umana pietà dalla crisi economica che affligge chi non ha la fortuna di un impiego pubblico lautamente pagato – nominava commercialisti suoi amici come consulenti tecnici in materie che non c’entravano nulla con il loro settore: ingegneria, chimica, architettura, smaltimento di rifiuti e scarichi, gestione e manutenzione di impianti…e liquidava loro compensi molto generosi, fino a 230.000 euro. Per questo e altri motivi Corrado D’Ambrosio è stato rimosso dall’ordine giudiziario dalla Sezione Disciplinare del C.S.M. che lo ha giudicato responsabile di una lunghissima serie di illeciti deontologici.

    Giustizia, dunque è fatta? Insomma…  non del tutto perché la decisione – arrivata a 15 anni dai fatti –  non è definitiva e D’Ambrosio continua a restare al suo posto: il processo disciplinare, infatti, fu sospeso obbligatoriamente nel 2010 in attesa dell’esito di quello penale, in cui il giudice è stato assolto in Tribunale da accuse di corruzione ed ha evitato il carcere per altri reati che gli erano stati attribuiti poiché si erano prescritti nel tempo intercorrente tra Primo Grado di Giudizio ed Appello: del resto che motivo c’era di accelerare la celebrazione delle udienze proprio contro un collega? Così, almeno, con i ruoli della magistratura perennemente sotto organico, D’Ambrosio ha potuto continuare a fare il magistrato pronunciando sentenze in nome del Popolo Italiano e pontificando in pubblico su temi della giustizia rilasciando interviste senza nascondere, per esempio, il suo personale favore rivolto ai referendum della Lega e del Partito radicale sulla separazione delle carriere: “il ruolo della pubblica accusa è assolutamente sproporzionato rispetto alle esigenze del sistema. Il P.M. è diventato un potere irresponsabile, ed è pericoloso per la democrazia”, diceva.

    Nei capi d’incolpazione redatti dalla Procura generale della Cassazione – che è l’organo d’accusa nel processo disciplinare – si legge che “con grave inosservanza dei doveri di correttezza e diligenza e agendo con negligenza grave e inescusabile, nominava, nelle cause da lui trattate, consulenti privi del profilo professionale e della competenza compatibili con i quesiti posti”, cioè, come si è detto, i commercialisti suoi amici. A causa della loro inadeguatezza, però, la consulenza “vera” era affidata ad ausiliari, nominati nello stesso momento o in un momento successivo: a loro veniva liquidato autonomamente l’onorario (facendolo rientrare nelle spese vive del consulente) ed in taluni casi senza neppure l’applicazione dei criteri di legge bensì a forfait. Ad esempio, nella causa nr. 1508/2010 D’Ambrosio nominava consulente tecnico d’ufficio il dottor Vittorio Marone, commercialista, per un incarico di natura ingegneristica-architettonica, liquidandogli un compenso finale pari a 130.000 euro non senza averlo autorizzato “ad avvalersi di un ausiliario con competenza specifica, l’ingegnere Luigi Iaquinta” al quale, pure, veniva liquidato un compenso nella misura di 65.569,56 euro.

    Sempre Marone veniva nominato, nella causa nr. 34809/2010, “per un incarico relativo alla valutazione sul corretto adempimento di contratto in materia di gestione e manutenzione di impianti, autorizzandolo ad avvalersi dell’ausiliario ingegner Luigi Panico: a quest’ultimo venivano liquidati 73.663 euro ed al commercialista 230.589,74.

    Il giudice radiato, a tacer del resto ha illegittimamente ed ingiustamente aggravato le spese del processo – che nel giudizio civile sono poste a carico delle parti – che avrebbero ledendone gravemente i diritti patrimoniali. Il tutto in nome del Popolo Italiano.

  • Cresce la domanda di armi e Leonardo fa ricavi per 4,2 miliardi in tre mesi

    Leonardo chiude il primo trimestre 2025 con ordini che raggiungono i 6,9 miliardi di euro, in aumento del 19,7% su base annua, a conferma del continuo rafforzamento dei core business. Il portafoglio ordini supera quindi la soglia dei 46 miliardi di euro, assicurando una copertura in termini di produzione superiore a 2,5 anni. Nel primo trimestre Leonardo registra una crescita dei ricavi, pari a 4,2 miliardi di euro (+13,5% su base annua), e del margine operativo lordo (Ebitda), che ammonta a 211 milioni di euro (+12,2%): incrementi in linea con le aspettative e con il percorso di crescita sostenibile previsto dal Piano industriale. Il risultato netto ordinario è pari a 115 milioni di euro, in crescita del 23,7% rispetto al corrispondente periodo del 2024. Il flusso di cassa è in costante miglioramento, con una riduzione dell’assorbimento di cassa, a dimostrazione dell’efficacia delle azioni intraprese. In miglioramento anche l’indebitamento netto di gruppo a 2,1 miliardi di euro (-27,5% rispetto al primo trimestre 2024). In considerazione dei risultati ottenuti nel primo trimestre del 2025 e delle aspettative per i successivi, si confermano le guidance per l’intero anno rese note a marzo.

    “Proseguiamo nell’esecuzione del nostro Piano industriale. I risultati del primo trimestre e la revisione al rialzo sul rating, da parte di Standard and Poor’s e sull’outlook, da parte di Moody’s, sono una ulteriore conferma dell’apprezzamento delle iniziative intraprese e delle prospettive. Confermiamo quindi la guidance 2025 e gli obiettivi di medio lungo periodo”, ha dichiarato l’Amministratore delegato e direttore generale di Leonardo, Roberto Cingolani. “Nel corso del primo trimestre 2025, abbiamo siglato il memorandum d’intesa con Baykar Technologies per lo sviluppo di tecnologie unmanned, volto a rafforzare ulteriormente il nostro posizionamento nello scenario competitivo a livello internazionale, e finalizzata la costituzione con Rheinmetall della società Leonardo Rheinmetall Military Vehicles, per rendere operativa la formazione di un nuovo nucleo europeo per sviluppo e produzione di veicoli militari da combattimento in Europa. Il gruppo di lavoro dedicato all’implementazione del Capacity Boost ha elaborato le linee guida di sviluppo del piano che saranno presentate entro l’estate”, ha aggiunto.

    “Pensiamo di concludere l’accordo per la joint venture con Baykar a breve”, ha affermato Cingolani in occasione della conference call di presentazione dei risultati trimestrali, sottolineando che l’accordo probabilmente sarà presentato al Salone internazionale dell’aeronautica a Parigi fra qualche settimana. Il partner per la divisione Aerostrutture di Leonardo – ha annunciato – è stato identificato e ci si aspetta di definire un accordo di partnership entro luglio e di firmarlo entro la fine dell’anno. Sul piano di riarmo “siamo stati invitati, come la maggior parte delle grandi aziende della difesa, dalla Commissione europea nei prossimi giorni, tra una settimana”, ha spiegato l’Ad di Leonardo, che poi si è soffermato su Iveco Defence Vehicles: “Abbiamo presentato una offerta non vincolante insieme a Rheinmetall. Intendiamo fare esclusivamente un investimento industriale non finanziario”.

    Per il periodo 2025-2029, secondo quanto reso noto alla presentazione dell’aggiornamento del piano industriale (approvato all’unanimità dal consiglio di amministrazione) a marzo, Leonardo si attende ordini cumulati a 118 miliardi di euro e ricavi cumulati a 106 miliardi. L’evoluzione degli indicatori chiave di prestazione (Kpi) finanziari prevede al 2029 ordini a 26,2 miliardi di euro (rispetto ai 20,9 miliardi nel 2024); ricavi a 24 miliardi di euro (17,8 miliardi nell’anno precedente); Ebitda a 2,8 miliardi di euro (1,5 miliardi lo scorso anno); flusso di cassa a 1,53 miliardi di euro (0,83 miliardi nel 2024).

  • In attesa di Giustizia: todos caballeros

    E’  iniziato un “ponte” da fare impallidire quello onirico tra Scilla e Cariddi e per restare in argomento di feste questa settimana la rubrica si occuperà di una non ufficializzata ma assai partecipata in silenzio da alcune migliaia di cittadini, tutti appartenenti all’Ordine Giudiziario: correva l’anno 1966 ed il 25 luglio il Parlamento, prossimo a sua volta ad andare in ferie, approvò la cosiddetta “Legge Breganze”, dal nome del deputato che ne fu proponente, Umberto Breganze, un avvocato e deputato democristiano.

    Questa riforma si poneva nel solco di un principio già affermato nel 1963: le promozioni dei magistrati non avvenivano più sulla base dei posti disponibili (ad esempio: si libera un posto di giudice di Corte d’Appello e, quindi, un singolo viene promosso a quel posto), ma si promuovevano tutti i candidati idonei a prescindere dalla disponibilità dei posti. Si accedeva, quindi, a rango ed incarichi superiori che, però, non esistevano.

    La novità della Legge Breganze consiste nel fatto che le progressioni di carriera non debbano più nemmeno avvenire per concorso ma che la promozione al grado di Magistrato d’Appello avvenga in forma automatica, per mera anzianità. Non paghi, nel 1973 i magistrati chiedono ed ottengono che lo scorrimento automatico avvenga, sempre senza concorso per sola anzianità, fino a magistrato di Cassazione.

    Fu così che il numero di magistrati con il grado di Consigliere di Cassazione crebbe in maniera esponenziale. Passano poco più di dieci anni ed il 6 agosto 1984, mentre ancora una volta gli italiani si godono le meritate vacanze, l’infaticabile legislatore va oltre ed approva la norma sul “galleggiamento”: cioè a dire che a parità di qualifica deve esserci parità di stipendio. Tutti i magistrati, pertanto, percepiscono uno stipendio pari al più alto pagato ad un singolo magistrato che abbia quella determinata qualifica: se in uno specifico livello entra oggi un magistrato che, per vari motivi, percepisce uno stipendio più alto tutti gli altri, automaticamente, “galleggiano” ed hanno diritto a prendere quella identica retribuzione…così nessuno rischia di annegare e la Patria è salva, almeno per otto anni, come vedremo.

    Fra i pochi ad opporsi a queste continue regalie balneari vi fu Giuseppe Gargani, insieme a Cossiga ed altri, compreso il repubblicano Oronzo Reale che era presidente della Commissione Giustizia della Camera, ma fu tutto inutile e l’opposizione mal tollerata, tant’è che Gargani venne chiamato da Flaminio Piccoli il quale gli disse più o meno: “Lascia stare ti portano su una via sbagliata. Questa legge è fondamentale per il nostro Paese”. Gargani tentò ugualmente di prospettare le inique conseguenze tipo che tutti i magistrati, pur rimanendo – magari – Pretori di Capracotta, avrebbero avuto il rango di Cassazionisti e percepito il medesimo stipendio. Era insomma la famigerata progressione automatica delle carriere. Piccoli, come racconta lo stesso Gargani nel libro “Le mani sulla storia” non volle sentire ragioni affermando bruscamente: “Senti, se non passa questa legge ci arrestano tutti”. Se chiedete a qualche magistrato vi dirà che questo generoso trattamento economico è volto ad attuare il precetto costituzionale di indipendenza per evitare che siano soggetti a rivendicazioni da parte di altri Poteri…”

    Gargani non pensò a questo e rimase interdetto: intuì che ci fosse qualcosa sotto di inconfessabile ed ancor oggi non sappiamo cosa fosse perché a richiesta di chiarire il suo pensiero e quali timori lo animassero Flaminio Piccoli rispose: “Capirai, capirai…”.

    Non tutto è intellegibile ancor oggi però è un fatto che meno di due lustri dopo divampò “Mani Pulite”. Forse i favori fatti alla Magistratura anche dagli avvocati che sedevano in Parlamento non sono stati abbastanza.

  • Qualche risparmio con la riduzione dei parlamentari, ma la democrazia non è mera contabilità

    Produrre di più, o almeno lo stesso, con meno risorse è la ricetta dell’efficienza. Nel caso della macchina pubblica l’efficientamento è difficoltoso e secondo alcuni anche controproducente in termini di democrazia, ma la riduzione dei parlamentari ha dato qualche frutto, almeno in termini di costo. A fronte di una dotazione di 943 milioni sia nel 2021 (quando non era ancora scattata la riduzione dei parlamentari) che nel 2023 (a riduzione scattata), la Camera dei Deputati ha registrato spese in lieve calo, da 1,241 a 1,234 miliardi, entrare in aumento, da 1,240 a 1,284 miliardi, e un saldo di esercizio passato da 8,4 milioni a 59 milioni.

    Ne è valsa la pena? In termini di democrazia, che non è mera contabilità, il dubbio resta aperto. L’attività del Parlamento nel suo complesso, tra sedute d’aula e lavori di commissione, è rimasto sostanzialmente lo stesso, ma sempre più, come attestano le analisi della Fondazione Openpolis sui lavori parlamentari, le Camere si stanno riducendo a un ruolo notarile, di passacarte del governo più che di proposizione e propulsione dell’attività di governo. Anzitutto sotto il governo Conte, il Parlamento ha dedicato la sua attività alla conversione in legge di decreti legge emananti dall’esecutivo (è bene sottolineare che si tratta di decreti legge, non dei regolamenti amministrativi coi quali quel governo governò durante il Covid, facendo ampio ricorso ad atti che, pur determinando quanto i cittadini potevano o non potevano fare, non richiedevano di essere valutati dal Parlamento vista l’opportunità di ridurre anche le sedute parlamentari all’epoca della pandemia).

    La subalternità del Parlamento al governo invero trova le sue cause in radici più profonde della riduzione del numero di rappresentanti nelle due Camere, anche se certamente meno eletti significa meno voci, e anzitutto alla sempre maggior necessità di celerità delle decisioni in ambito internazionale, nel quale sono i governi ad accordarsi tra loro perché i rispettivi Stati assumano una posizione o misure comuni di fronte alla varie problematiche globali, ma il loro accordo vale e produce effetti solo se i rispettivi Parlamenti lo approvano.

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