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  • Assegnati dalla Stampa Estera di Milano i riconoscimenti della prima edizione del ‘Premio Innovazione Semi”

    L’Associazione Stampa Estera Milano, che riunisce i giornalisti e corrispondenti esteri che vivono e lavorano nel Nord Italia, ha premiato le migliori idee innovative delle piccole e medie imprese e delle startup presso a Palazzo Giureconsulti a Milano. La prima edizione del ‘Premio Innovazione SEmi’ ha come obiettivo quello di scoprire e premiare progetti innovativi che abbiano un impatto positivo sul territorio nel quale sono inseriti e creino una più ampia trasformazione nel mondo economico e sociale. La selezione dei vincitori del Premio è stata curata da un Comitato di valutazione composto dai giornalisti della Stampa Estera (Andrew Spannaus, Tatjana Dordevic, Cristina Bellon, Sanja Lucic, James Imam e Susanne Schaller) e da tre esperti esterni: il professor Marco Taisch del Politecnico di Milano, Francesco Cavalli dello studio Leftloft e Fiorenza Lipparini di Milano & Partners/Camera di Commercio.

    Quattro le categorie premiate: Nuove tecnologie, Scienze della vita, Manifattura e Design, alle quali è stato aggiunto anche il premio sociale e civico vista la interessante partecipazione di molte aziende.

    Per la categoria Scienze della vita premiato IAMA Therapeutics con il progetto IAMA-6 che rappresenta un’innovazione significativa nel trattamento dei disturbi neurologici come l’autismo e l’epilessia, grazie al suo meccanismo d’azione unico come inibitore selettivo di NKCC1. Questa molecola mira a migliorare l’efficacia terapeutica rispetto ai trattamenti esistenti, colmando la lacuna di trattamenti efficaci e con minori effetti collaterali.

    A CODiART è andato il premio per la categoria Nuove Tecnologie. L’azienda ha progettato e realizzato il sistema “CODiART station” (C-station) che rappresenta un connubio di automazione, robotica, software, visione artificiale e IA e permette di effettuare in maniera automatica acquisizioni digitali con definizioni attuali elevatissime, così da poter ingrandire ogni dettaglio di un’opera d’arte.

    Per la categoria Manifattura premiato Qwarzo Spa, una soluzione tecnologica a base minerale, disponibile su larga scala e facile da implementare, che può essere utilizzata per funzionalizzare la carta. L’azienda apre la strada al futuro dell’imballaggio, unendo innovazione e sostenibilità.

    A GRUV srl Società Benefit il premio per la categoria Design. L’azienda ha presentato “Percorsi Innovation Camp (PIC)”, un format itinerante di “Impact Design” abbinato ad un’esperienza ibrida di scoperta del territorio, ideato per promuovere l’innovazione sociale e l’impegno attivo di cittadini, studenti, imprenditori e amministratori locali. PIC permette ai partecipanti di vivere un’immersione totale in un percorso che unisce apprendimento e valorizzazione del territorio.

    Il Comitato di valutazione ha scelto di dare due premi fuori categoria (premio sociale e premio civico) per riconoscere progetti che sono stati apprezzati per l’innovazione del loro contenuto. Il Premio sociale è andata a WeGlad, startup che sviluppa tecnologia per mappare l’accessibilità a 360° di strade e locali per persone con difficoltà e disabilità motorie, sensoriali, alimentari, genitorialità, pet, neurodiversità. L’obiettivo è quello di democratizzare l’accesso ai dati di accessibilità, perché questo segmento è anche un mercato poco servito, aiutando le aziende ad offrire in modo più inclusivo i loro prodotti.

    Assegnato a Valerio Cometti + V12 Design il Premio civico. Il progetto è finalizzato alla rimozione automatica dei graffiti ed è denominato TRS 001, acronimo di “Tag Removal System”, concept robot che ha il compito di analizzare geometricamente e cromaticamente la parete su cui è destinato a operare per coprire i “tag” realizzati con uno o più strati di vernice. Il progetto TRS 001 è innovativo in quanto applica tecniche di riconoscimento visivo computerizzato, potenzialmente basate su algoritmi con Intelligenza Artificiale, per andare ad individuare superfici con graffiti e distinguerle da aree da non verniciare quali finestre, porte, aperture presenti sull’edificio.

    Premiare progetti innovativi delle piccole e medie imprese, delle start-up e delle altre realtà imprenditoriali italiane è solo uno degli obiettivi del Premio Innovazione SEmi che, con questa prima edizione, dimostra quanto per noi giornalisti esteri sia importante testimoniare e raccontare le eccellenze del Made in Italy“, ha dichiarato Tatjana Dordevic, Consigliere delegato Associazione Stampa Estera Milano.

    Alla cerimonia del “Premio Innovazione SEmi”, organizzato in collaborazione con la Camera di Commercio di Milano Monza Brianza Lodi, ha assistito anche il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana che, nell’elogiare l’iniziativa della Stampa Estera Milano per dare voce e risalto su testate internazionali alle storie, alle idee e alle intuizioni innovative, ha commentato: “Siamo convinti che l’innovazione, il capitale umano e un contesto attrattivo possano essere il terreno più fertile per lo sviluppo di nuove iniziative imprenditoriali”.

  • Minacce ai giornalisti europei che denunciano una grave realtà

    Il codardo minaccia quando è al sicuro.

    Wolfgang Goethe

    “L’Albania è l’esempio principale di un Paese caotico, nelle mani dei gangster”. Si tratta di una frase riportata in un articolo pubblicato il 13 maggio 2019 da Bild, un noto quotidiano tedesco. L’autore dell’articolo, riferendosi alla clamorosa manipolazione dei risultati del voto in un comune nel nord est del Paese, specificava che “…in Albania governa un’alleanza della politica con la criminalità organizzata”. Lui si basava anche su molte intercettazioni telefoniche in possesso alla redazione di Bild, la trascrizione delle quali era stata inserita nell’articolo. Dalle intercettazioni risultava che alcuni rappresentanti di spicco della criminalità organizzata, insieme con ministri, deputati della maggioranza, dirigenti locali dell’amministrazione pubblica ed alti funzionari della polizia di Stato, gestivano il controllo, il condizionamento e la compravendita dei voti durante le ultime elezioni politiche ed in altre gare locali, comprese quelle sopracitate. L’autore dell’articolo evidenziava che “…Adesso sta diventando chiaro per l’altra parte del continente che c’è qualcosa di seriamente sbagliato nel Paese che era totalmente isolato sotto il comunismo dell’epoca della pietra”. Chi scrive queste righe ha analizzato il contenuto dell’articolo pubblicato il 13 maggio 2019 dal noto quotidiano tedesco Bild ed ha informato a tempo debito il nostro lettore (Proteste come unica speranza, 20 maggio 2019; L’importanza dei prossimi giorni per evitare il peggio, 24 giugno 2019; Riflessioni dopo le votazioni moniste, 1 luglio 2019).

    Mediapart è una nota rivista francese indipendente pubblicata online e creata nel 2008 dall’ex redattore capo di Le Monde. Questo media si compone di due sezioni: una è la rivista, nota come Le Journal, dove scrivono giornalisti professionisti, mentre l’altra sezione è Le Club, strutturata come un forum collaborativo a cura della comunità di abbonati. I dirigenti di Mediapart hanno scelto di non accettare nessuna pubblicità e tutte le spese vengono finanziate soltanto dagli abbonamenti dei cittadini. Ed è stata proprio Mediapart che ha denunciato gli abusi fatti da due presidenti della Repubblica francese, Sarcozy e Hollande. Ma anche il caso ormai noto come l’affare Bettencourt. E questi sono soltanto alcuni dei molti altri casi seguiti e resi pubblici dai giornalisti investigativi di Mediapart. Ebbene, il 28 febbraio scorso Mediapart pubblicava un articolo intitolato “Albanie: comment l’autocrate Edi Rama est devenu le meilleur allié des Occidentaux” (Albania; come l’autocrate Edi Rama [il primo ministro] è diventato il miglior alleato degli occidentali; n.d.a.). Un articolo investigativo scritto da tre noti giornalisti del Mediapart, che trattavano ed analizzavano la preoccupante e problematica realtà albanese. Riferendosi al primo ministro albanese, gli autori dell’articolo sottolineavano che lui “…guida l’Albania in un modo sempre più aspro, sapendo [però] come diventare utile per i suoi partner stranieri ed evitare ogni critica riguardo alla caduta verso l’autoritarismo”. In seguito loro ponevano la domanda: “Come mai il regime del primo ministro Edi Rama è diventato il partner privilegiato degli occidentali nella penisola balcanica, mentre le libertà fondamentali continuano a peggiorare in Albania?”. Chi scrive queste righe analizzava ed informava il nostro lettore anche dei contenuti di quest’articolo (Autocrati disponibili a tutto in cambio di favori; 11 marzo 2024).

    Il 21 aprile scorso il programma investigativo Report, trasmesso in prima serata su Rai3, trattava la realtà albanese ed evidenziava gli abusi di potere, riferendosi a fatti accaduti, pubblicamente noti ed ufficialmente denuciati. Il programma trattava l’Accordo firmato il 6 novembre 2023 a Roma tra l’Italia e l’Albania sui migranti. È stato evidenziato anche la stretta collaborazione del potere politico con la criminalità organizzata. Il giornalista riportava nel programma Report del 21 aprile scorso anche le affermazioni di due noti procuratori italiani, da lui intervistati: Nicola Gratteri e Francesco Mandoi. “…La mafia albanese è forte, perché è attiva in uno Stato dova la corruzione e ampiamente diffusa”. Così ha detto Gratteri al giornalista, mentre Mandoi ha affermato che “…la mafia albanese ha i suoi rappresentanti nel governo ed orienta molte scelte dello stesso governo”. Durante il programma Report è stato trattato anche il coinvolgimento attivo del fratello del primo ministro con un’organizzazione che trafficava cocaina. Un fatto quello noto ormai da anni in Albania, nonostante le istituzioni del sistema “riformato” della giustizia, da anni ormai, non agiscono. Chi scrive queste righe ha informato di tutto ciò il nostro lettore (Clamorosi abusi rivelati da un programma televisivo investigativo, 23 aprile 2024; Altre verità rivelate da un programma televisivo investigativo, 7 maggio 2024; Nuove verità inquietanti da un programma televisivo investigativo, 3 giugno 2024).

    Il 13 settembre scorso un altro media tedesco, Der Spiegel (Lo specchio, n,d,a,), ha pubblicato un lungo e dettagliato articolo investigativo in cui veniva analizzata la grave realtà vissuta e sofferta in Albania. Bisogna sottolineare che Der Spiegel è un media settimanale molto influente a livello internazionale. L’autore dell’articolo, un noto giornalista, trattava, fatti pubblicamente denunciati alla mano, ma anche riferendosi ad interviste fatte da lui o da altri media internazionali, tra cui anche da Rai 3, la drammatica e grave realtà albanese e la galoppante corruzione che coinvolge tutti. Anche i più alti rappresentanti governativi, primo ministro compreso. L’autore dell’articolo affermava, tra l’altro, che il primo ministro albanese “…ha portato tutto il Paese alla criminalità. Adesso l’Albania è adatta ad un caso di studio sulla corruzione”. Chi scrive queste righe ha informato il nostro lettore dei contenuti di quest’articolo (Riflessioni durante la Giornata internazionale della democrazia; 16 settembre 2024).

    Di fronte a simili articoli, ma anche ad altri, pubblicati da diversi noti giornali europei e statunitensi, il primo ministro albanese si trova in vistose difficoltà. Difficoltà che lo costringono a reagire, a modo suo. Prima cerca di “convincere” giornalisti e loro dirigenti con delle “ricompense”. Ma poi, se non acconsentono, comincia subito con le minacce. Lo confermano anche alcuni dei giornalisti e redattori di giornali. Così ha fatto il primo ministro con il giornalista ed il direttore del programma Report di Rai3. Lo aveva fatto prima anche con il giornalista del quotidiano tedesco Bild. E non solo lo aveva minacciato, ma lo aveva anche ufficialmente denunciato. Una denuncia che poi dopo è stata ritirata proprio dal primo ministro. Chissà perché?! Le cattive lingue hanno detto allora che i fatti gli erano tutti contro. Lo ha fatto anche dopo la pubblicazione del sopracitato articolo di Der Spiegel. Il giornalista dell’articolo ha dichiarato che il primo ministro albanese è “…amato dall’Europa, nonostante la corruzione a casa”. E si riferiva ad alcuni alti rappresentanti dell’Unione europea. In seguito lui scriveva che dopo aver letto l’articolo di Der Spiegel “…ha telefonato una notte tardi ed ha tentato di influenzare il nostro articolo”. Mentre un noto giornalista del quotidiano tedesco Frankfurter Allgemeine Zeitung, sempre riferendosi alle minacce fatte dal primo ministro albanese al suo collega di Der Spiegel, sciveva: “Questo è un caso tipico di Edi Rama, come lo hanno vissuto molti giornalisti. Lui telefona direttamente ai giornalisti e cerca di affogarli sotto un’onda di minacce. Se lui non può comprarvi, almeno lui desidera offendervi”.

    Chi scrive queste righe trova vergognose e vili le minacce fatte dal primo ministro albanese ai giornalisti che denunciano la grave realtà che lui stesso ha generato e permesso. Ma, nonostante le apparenze, chi lo conosce bene, afferma che lui da bambino è stato un codardo. Ed il codardo minaccia quando è al sicuro. Era convinto Wolfgang Goethe, che di esperienze ne aveva tante!

  • Brevi notizie d’estate

    C’è un gatto anziano che è stato sbattuto per strada dopo la morte della sua umana e che per mesi è rimasto a dormire sotto il balcone della sua ex casa aspettando il ritorno di chi, per lui, rappresentava il mondo. Ora lo hanno salvato, è anche ammalato, e gli ridaranno quell’affetto che gli mancava. Fedeltà di un gatto e crudeltà di quegli umani che invece di affidarlo a qualche associazione lo hanno abbandonato senza neppure rispetto per la defunta che lo aveva amato. E poi un po’ di speranza che ci arriva da chi accoglie e cura chi non ha più nessuno, essere umano od animale che sia.

    Alcuni sciagurati, purtroppo ce ne sono troppi, hanno chiuso in una scatola due cucciole di cane di neppure due mesi, abbandonandole vicino ad un cassonetto dell’immondizia, anche qui cuori generosi le hanno salvate e ora sono al canile di Piacenza in attesa di adozione.

    Metà mondo è in fiamme per le guerre cruente che terroristi di vario tipo, da Hamas a Putin, hanno iniziato ormai da troppo tempo e continuano in Europa i segnali di un ritorno al terrorismo che, anche se è terrorismo fai da te miete vittime, ma molti importanti politici ed organi di informazione sembrano più attenti a cercare di sapere a dove sia andata per qualche giorno Giorgia Meloni che, comunque, è in ovvio contatto con gli apparati dello Stato. Curiosità, gossip, estremo desiderio di guardare dal buco della serratura, ricerca affannosa di gossip! Comunque patetico, siamo in un’epoca dove dignità, rispetto e, diciamolo chiaramente, cultura non esistono più.

    Si infiammano le polemiche su un possibile Ius Scholae, anche se non esiste ancora una proposta concreta sulla quale discutere a ragion veduta, scontri pretestuosi, disseminazione di paletti reciproci ma, che si sia di destra, di centro, di sinistra, dovrebbe apparire chiaro, giusto, umano ed utile per tutti dare, a chi è nato in Italia da genitori stranieri o ha fatto in Italia un corso di studi, la cittadinanza con l’obbligo, a 18 anni, di scegliere definitivamente la cittadinanza italiana con il giuramento alla Costituzione. Troppi giovani sono lasciati in un limbo privo di diritti. A pensarci bene a 18 anni tutti dovrebbero giurare sulla Costituzione, anche se figli di italiani da generazioni, perché troppi non sanno i loro doveri, sarebbe il caso che le forze politiche ci ragionassero sopra.

  • Fake news: lo strumento per introdurre la censura

    Riceviamo e pubblichiamo un articolo del Prof. Francesco Pontelli

    Il monopolio assoluto dell’informazione una volta era espressione di professionalità facilmente individuabili ma al tempo stesso di interessi editoriali precisi, il cui legame molto spesso era celato in modo ambiguo e sotterraneo per la vicinanza ad interessi politici, ora sta venendo meno proprio per il grosso impatto dei social media che stanno radicalmente modificando l’intera architettura mediatica.

    Ovviamente l’aumento esponenziale delle fonti, le quali solo successivamente possono essere indicate come non affidabili, se da una parte determina una maggiore pluralità contemporaneamente può determinare l’aumento anche delle fake news e della loro strumentalizzazione.

    Andrebbe tuttavia ricordato come proprio la pluralità delle fonti permette di comprendere l’origine e la veridicità della notizia. Nel passato, invece, il loro ridotto numero non ha per questo assicurato la loro affidabilità e corrispondenza alla realtà, in quanto non verificabili dalla pluralità attuale.

    Come sempre, solo il tempo ed il confronto democratico permetteranno di trovare, quindi solo ex post, un equilibrio in grado di raggiungere una convivenza tra la pluralità delle fonti e delle notizie.

    Il tentativo, appoggiato dai principali organi politici progressisti,  della Commissione Europea di imporre un paradigma preciso che determini ed individui ex ante una fake news rappresenta semplicemente un reale e pericoloso attacco alla pluralità democrazia dei media da parte di quel mondo istituzionale nazionale ed europeo,  il quale, non riuscendo più a gestire come una volta i flussi di informazioni a proprio vantaggio, cerca di eliminarli introducendo una esplicita forma di censura ingiustificabile per qualsivoglia motivazione.

    La pluralità come concetto e principio presenta sempre dei costi, ma il tentativo di eliminarla in nome di una falsa ricerca della verità si dimostra decisamente più pericolosa ed espressione di una volontà autoritaria e totalitaria che si credeva “patrimonio culturale” delle deleterie derive ideologiche del secolo scorso come il nazismo ed il comunismo.

    Indifferentemente dall’obiettivo che si dichiara di voler raggiungere il controllo dell’informazioni altro non è che la classica censura espressione di una volontà politica antidemocratica ed autoritaria.

  • Gorbaciov e Trump

    Riceviamo e pubblichiamo un articolo dell’On. Dario Rivolta 

    Nella seconda metà degli anni ‘80 ebbi occasione di trovarmi frequentemente in Unione Sovietica per motivi di lavoro. Avendo a che fare con il settore delle televisioni, i miei interlocutori erano spesso artisti, registi, giornalisti e anche politici di vario livello. Potei così constatare come un iniziale e forte sostegno verso Gorbaciov si andava trasformando in una ostilità popolare nei suoi confronti, diffusa e sempre più marcata. Moltissimi erano stati felici quando fu annunciata la Perestroika e l’apparire della Glasnost sembrò ai più l’inizio di una grande trasformazione in senso liberale della politica e della società. Ben presto tuttavia la gente cominciò a rendersi conto che le intenzioni di Gorbaciov non erano quelle di trasformare il Paese in modo radicale, bensì di cercare di effettuare un qualche maquillage, utile o forse indispensabile per salvare il potere del PCUS e consentirgli di “passare la nottata”.
    Nonostante la crescente impopolarità di Michail Gorbaciov tra i suoi concittadini, chi si fosse informato attraverso la stampa europea (anche tutta quella italiana) avrebbe immaginato di trovarsi di fronte ad un politico intelligente, coraggioso, lungimirante e fortemente amato dai suoi. In realtà chiunque avesse potuto avere in Russia contatti non ufficiali e capisse un po’ di politica e di psicologia sociale avrebbe capito che il sistema era al collasso, che Gorbaciov non era più, se mai lo fosse stato, in grado di dirigerlo e che, man mano che ci si avvicinava alla fine del decennio, lui stava diventando ciò che in politica si definisce un “cadavere ambulante”.
    Quando effettuò una visita ufficiale in Cina incontrò tra gli altri Deng Xiao Ping, che in privato lo definì poi “un idiota”. L’ex presidente statunitense Nixon, di cui si può dire tutto ma non che non capisse di politica, tornando da Mosca, ove si era trattenuto quasi un mese, si mise a fare una campagna pro Eltsin, considerando Gorbaciov inadeguato.
    Ai veri addetti ai lavori tutto ciò sembrava evidente, ma i giornalisti occidentali (e quasi tutti i politici europei che conoscevano l’Unione Sovietica solo attraverso ciò che leggevano) continuavano a esaltare Gorbaciov. Di più, dopo la sua caduta, iniziarono a denigrare Eltsin, troppo “russo” e meno accattivante. Tacquero anche della molto probabile complicità del vecchio presidente nel colpo di Stato, organizzato solo ufficialmente contro di lui ma fortunatamente fallito proprio grazie a Eltsin.
    Durante l’ultimo anno in cui Gorbaciov fu a capo dell’URSS mi capitò di incontrare all’aeroporto di Mosca Demetrio Volcic, corrispondente RAI da diversi anni proprio da quella capitale. Avvicinatolo, gli chiesi come fosse possibile che un giornalista esperto come lui, perfettamente padrone della lingua russa e abitante quel Paese da molti anni continuasse nelle sue corrispondenze televisive ad esaltare la figura e l’azione di un uomo evidentemente inadeguato al compito che la storia gli aveva dato, e comunque vicino alla propria fine politica. Ecco cosa mi rispose: “Io devo dire ciò che a Roma piace e si aspettano”. Fui allibito, ma apprezzai la sua sincerità. Oggi quell’atteggiamento, apparentemente strano per la supposta deontologia giornalistica, potrebbe aiutarci a spiegare da cosa sono motivate alcune corrispondenze dall’estero o le chiacchere di opinionisti, o pseudo tali, sempre concordi tra loro. Mi riferisco sia ai servizi giornalistici riguardanti le varie aree di crisi (Ucraina, Medio Oriente, Taiwan), sia a quanto ci si dice sui candidati delle prossime elezioni statunitensi.
    Partiamo dall’ex-candidato Joe Biden. Fino a quando, complice un penoso dibattito televisivo, la sua senilità intellettuale non fosse diventata così evidente da essere innegabile, quasi tutti i media italiani (ed europei in genere) ce lo dipingevano come un presidente virtuoso e soprattutto amico dell’Europa. La sua auspicata ri-vittoria sembrava essere l’unico baluardo contro la barbarie autoritaria dell’”anti-democratico” Donald Trump e ci si strappava i capelli nel pensare che avrebbe potuto perdere. Era normale che tutte le sue precedenti battute fuori luogo, i suoi errori geografici, le sue confusioni storiche, i tanti strafalcioni non avessero alcuna influenza nell’immaginarlo presidente della più grande potenza mondiale per altri quattro anni? E i validi giornalisti, alcuni dei quali residenti negli USA, è possibile che non ricordassero come da senatore non si distinse particolarmente per intelligenza o lungimiranza (pur essendo diventato presidente della Commissione esteri, organo solitamente piuttosto potente) e fosse un vice-presidente quasi insignificante? Perché, da presidente che spinge per l’Ucraina nella NATO, nessuno gli ha ricordato quando negli anni ’90 sosteneva che allargare la stessa verso est sarebbe stato un errore, poiché avrebbe causato una possibile reazione violenta russa? Come mai nessuno dei nostri giornalisti investigativi non ha fatto luce sui suoi coinvolgimenti economici personali (da vice presidente) con l’Ucraina? E perché non si è parlato, se non di striscio, sulle prebende copiose che suo figlio Hunter riceveva da quel paese senza fare praticamente nulla?
    Comunque, si sottolineava, lui era quello dell’”America is back” che, a differenza del “nemico” Trump, riconfermava che gli USA tornavano ad essere amici dell’Europa. Tanto amici da varare (senza consultare o almeno informare preventivamente Bruxelles) due leggi, l’IRA (Inflation Reduction Act) e il CHIPS and Science Act del 2022, che penalizzano i prodotti europei se le nostre aziende non spostano parte della loro produzione negli USA. Trump, il troglodita, ci aveva minacciati di non considerare più valido l’art.5 della NATO se ogni stato alleato non avesse provveduto a destinare almeno il 2% del PIL per l’acquisto di materiali per la difesa. Ovviamente, visto il ruolo NATO e la necessità di omogeneizzare gli armamenti, la maggior parte di questa spesa sarebbe dovuta finire ai produttori di armi americane. Ebbene, Biden (e prima di lui Obama) è sempre stato più gentleman e meno tranchant del tycoon dai capelli tinti e non usa i suoi modi e le sue parole, ma qualcuno ha forse dimenticato che le loro richieste erano e sono le stesse di Trump in merito al 2%? La differenza può stare nei modi e nei toni, ma mai nella sostanza. Sia che le elezioni presidenziali siano vinte dai democratici o dai repubblicani noi dovremo cominciare (finalmente) a pensare che la nostra difesa dovrà essere garantita soltanto da noi perché, di là dalle dichiarazioni, gli USA non possono far fronte da soli a tre aree di crisi contemporaneamente. Perché coltivare un’illusione? È naturale che ogni Paese persegua il proprio interesse e, quando si tratta di una grande potenza dominante, questo interesse può assumere anche una forma molto spregiudicata. Biden e la sua amministrazione, nonostante una enorme macchina di pubbliche relazioni a loro favorevoli, non sono diversi. E non è un caso che dopo la distruzione del North Stream 1 e 2, che ha messo in ginocchio l’economia tedesca, gli Stati Uniti siano diventati i maggiori fornitori di gas del nostro continente (a prezzi molto più alti di quanto l’Europa pagava alla Russia).
    Comunque, non essendo più Biden il candidato, i media possono permettersi di smettere di incensarlo. Il suo posto tra i santi adesso lo sta avendo Kamala Harris. Fino a prima della sua attuale candidatura era conosciuta da tutti come una vice-presidente insignificante e gaffeuse. Si diceva di quanto fosse poco popolare e qualcuno arrivò a dire che nominarla come vice fosse stato un errore. Dal momento in cui è diventata prima papabile e poi candidata dei Democratici alla presidenza tutto è cambiato. All’improvviso nelle penne dei giornalisti è diventata una bravissima politica, estremamente seducente nei confronti dell’elettorato e unica persona capace di salvare il sistema democratico americano insidiato dal proto-dittatore Trump. Ecco, costui che mai fu amato dalla stampa nostrana, è il naturale obiettivo degli strali di tutti i veri “progressisti”. Chi ne parlasse bene o non accettasse il gioco di poterlo ridicolizzare estrapolando le sue parole dai contesti in cui sono pronunciate è certamente un “anti-democratico” o, come è tornato di moda dire, un “neo-fascista”. È naturale, nel seguire i commenti della stampa nostrana, immaginare che i milioni di suoi sostenitori americani siano solo dei fanatici ignoranti, ultra-conservatori, retrogradi e chi più ne ha più ne metta.
    Per il buon vivere, non si dica mai che la sua politica internazionale è un “realismo” che si contrappone a quell’idealismo fintamente amante della democrazia che pianta semi di guerra in tutto il mondo. Non si dica che fu il primo a capire, mentre i suoi predecessori spingevano la Cina nel WTO, che si aveva di fronte un Paese orientato a sovvertire tutti gli equilibri economici e politici che avevano garantito fino a pochi anni orsono l’egemonia americana nel mondo. Non si ricordi mai che, durante la sua presidenza, i coreani del Nord non effettuarono alcun nuovo lancio missilistico. Si faccia finta di non sapere che con gli Accordi di Abramo (pur discutibili sotto certi aspetti) si stava preparando una pace definitiva tra Israele e l’Arabia Saudita. Ciò che conta è parlare bene dei Democratici, e magari perfino dei guerrafondai neo-conservatori pur di criticare Trump. Trump sicuramente non è un intellettuale e non brilla per raffinatezza nelle sue locuzioni, ma non è né un uomo stupido né un politico incapace, eppure viene da quasi tutti dipinto come il punto più basso che la presidenza americana potrebbe toccare.
    Perché non si può scrivere che Trump ha evitato, pur con i suoi modi da spaccone, nuovi coinvolgimenti militari, ha iniziato a districare gli Stati Uniti dai venti anni di occupazione fallita dell’Afghanistan e ha ingaggiato Stati avversari come Cina, Corea del Nord e Russia in modi che riducevano la possibilità di un conflitto? La verità è che questo vanesio tycoon sa che gli Stati Uniti non hanno più il potere di una volta e non possono più permettersi di pagare somme enormi per essere presenti in tutto il mondo. Sa che esiste una differenza tra gli interessi nazionali indispensabili e quelli desiderati. Non è un pazzo: è solo un realista.
    Purtroppo, nel seguire come la stampa riferisce quasi unanimemente delle elezioni americane, oltre al citato atteggiamento che si ebbe verso Gorbaciov, mi viene da ricordare gli anni in cui non tutti i nostri giornalisti erano comunisti ma tutti sapevano che la “patente di legittimità democratica” si doveva ritirare solo in via delle Botteghe Oscure. Adesso l’indirizzo è fisicamente cambiato, ma temo che la procedura sia rimasta la stessa.

    * Già deputato, è analista geopolitico ed esperto di relazioni e commercio internazionali.

  • In attesa di Giustizia: quinto grado

    Non bastano programmi televisivi che si arrogano il diritto di svolgere vere e proprie indagini parallele sui fatti di cronaca nera senza evitare di esprimere giudizi, generalmente di colpevolezza perché al pubblico piace sapere che il bene vince sempre ed i cattivi hanno una punizione segnata nel destino: per chi si perdesse qualche puntata, ci pensa la carta stampata a celebrare un quinto grado di giudizio alimentando la fame di gogna di quel popolo italiano nel cui nome – lo abbiamo ricordato molte volte – è amministrata la giustizia e dovrebbe, pertanto, ricevere un’informazione corretta in proposito stimolando la funzione di controllo di una comunità che aspiri ad essere democratica a tutela dei diritti del cittadino dinanzi alle prevaricazioni del potere

    Un’ennesima e recente esperienza dimostra – invece – che la cronaca giudiziaria, più che ad una doverosa e corretta informazione, sia intesa a sollecitare indignazione fomentando una pericolosa deriva illiberale che Tribunali e legislatore sono facilmente disposti ad assecondare: basti pensare al vergognoso sit in organizzato a Genova contro il Governatore agli arresti con provvedimenti in cui il Ministro della Giustizia ha affermato di far fatica a comprendere cosa ci sia scritto.

    Questa volta parliamo della concessione degli arresti domiciliari, con braccialetto elettronico, ad uno dei due ragazzi americani accusati per l’uccisione del Vicebrigadiere dei Carabinieri Mario Cerciello, avvenuta nel luglio 2019 a Roma.

    Nessuno tra i cronisti ha ritenuto opportuno mettere in evidenza che si tratta di un imputato sotto processo (non ancora concluso) che ha già sofferto cinque anni di carcerazione preventiva e la cui pena, dopo l’annullamento da parte della Corte di Cassazione, è stata dimezzata per una ragione giuridicamente ineccepibile: il suo ruolo è risultato essere quello del concorrente anomalo nell’omicidio. Il che, tradotto, significa che ha partecipato all’aggressione nei confronti del sottufficiale dell’Arma ma senza l’intenzione di uccidere. Una differenza non banale rispetto all’omicidio volontario tutt’ora contestato al suo coimputato, colpevole materiale di quella morte.

    La detenzione domiciliare con un dispositivo elettronico di controllo è – dunque – coerente con il tipo di responsabilità attribuita e proporzionata bilanciando la pena residua con quella già espiata in attesa di giudizio ed è stata disposta  presso l’unico domicilio disponibile in Italia, quello dei nonni che non hanno colpa se risiedono a Fregene: tutto ciò è diventato ghiotto pretesto per sollecitare su alcuni quotidiani sentimenti di rabbia e rancore, come si trattasse di un crimine impunito, con titoli del tipo “Il killer del carabiniere va ai domiciliari al mare”. Ovviamente silenzio circa su quella dinamica processuale che, come altre anche questa volta, la nostra rubrica cerca di rendere comprensibile anche a lettori non tecnici.

    Altrettanto ovviamente nessuno ha inteso ricordare l’immagine di questo giovane fotografato all’interno di una caserma che veniva predisposto all’interrogatorio del P.M. bendato e con le mani legate dietro la schiena con un garbato metodo di persuasione in salsa magiara.

    Ecco allora che altri titoli come Cerciello: un killer ai domiciliari. La moglie: giustizia al contrario ed a seguire un articolo che trasuda in alternativa malafede o ignoranza dei fatti e del diritto (forse entrambe), scegliete voi, parla di un’informazione disinteressata alla comprensione dei fatti che, però, possono esercitare una pressione indebita sui giudici, anche compromettendo la loro indipendenza e imparzialità, generando sfiducia nelle istituzioni e promuovendo sentimenti di vendetta piuttosto che di giustizia.

  • L’Associazione Stampa Estera di Milano bandisce il “Premio Innovazione SEmi” per scoprire progetti innovativi di imprese italiane

    Un premio alla creatività italiana nell’economia, soprattutto in quei settori di alto livello che sono però ancora poco riconosciuti dal mercato internazionale. E’ questo l’obiettivo della prima edizione del ‘Premio Innovazione SEmi’, bandito dall’Associazione della Stampa Estera di Milano, che mira a scoprire e premiare progetti innovativi nel mondo dell’imprenditoria e in altri ambiti che possono portare ad effetti benefici a livello economico e sociale.

    Presentato nella sede di via della Palla, il riconoscimento, come ha sottolineato Andrew Spannaus, Responsabile del Comitato di valutazione, ha la finalità di valorizzare e dare visibilità a start up e PMI e permettere ai giornalisti che raccontano l’Italia di far conoscere nuove e molteplici realtà. La percezione che si ha all’estero del nostro Paese, infatti, è quella di un luogo dinamico e capace di anticipare i tempi. Non è un caso perciò se il ‘Premio SEmi’ sia focalizzato su quattro categorie, Design, Manifattura, Life sciences, Nuove tecnologie (Fintech, Cleantech, AI) e valuti l’impatto positivo sul territorio in cui sono inserite le imprese. Particolarità del premio è che non è rivolto solo a giovani e giovanissimi sperimentatori o imprenditori ma anche a tutti coloro che hanno idee vincenti.

    Un’occasione, questa, per riuscire a comunicare come Milano rappresenti un punto di riferimento per le start up e le PMI, capace di attrarre, come ha ben ricordato Fiorenza Lipparini della Camera di Commercio Milano Monza Brianza Lodi, il mondo farmaceutico, del manifatturiero, della ricerca, della meccatronica. Non solo. Anche in campo accademico si dà sempre più spazio al valore dell’innovazione, come il Politecnico che, puntando sulla multidisciplinarità, applica la tecnologia a tutte le aree in una commistione perfetta e sempre più da sperimentare, come afferma Marco Taisch, docente del centro universitario.

    Le imprese vincitrici del “Premio Innovazione SEmi” saranno ufficialmente premiate presso la Sala Terrazzo di Palazzo Giureconsulti di Milano il 25/26 novembre 2024.

    Agli imprenditorie e agli innovatori non resta che scaricare il bando dal sito dell’Associazione della Stampa Estera di Milano https://www.stampaestera.it/premioinnovazione/ e inviare la propria candidatura perché, come chiosano gli organizzatori, il premio potrebbe regalare un gran racconto dell’Italia all’estero.

  • Giornata mondiale della libertà di stampa: l’UE chiede maggiori azioni in sostegno della libertà e indipendenza dei media

    In occasione della Giornata mondiale della libertà di stampa, che si celebra il 3 maggio, la Commissione ribadisce il suo impegno a sostenere e difendere la libertà e il pluralismo dei media, nell’UE e nel resto del mondo. I giornalisti devono essere in grado di lavorare liberamente e in modo indipendente: questo diritto è al centro del sistema di valori e della democrazia nell’UE.

    Negli ultimi anni si sono registrati sempre più attacchi nei confronti di giornalisti. Per questo la Commissione europea ha adottato una serie di misure concrete e ha fatto della protezione dei giornalisti uno degli elementi chiave della nostra legislazione in materia di media, con alcune norme che entreranno in vigore sin dalla prossima settimana.

    Lunedì 6 maggio, infatti, entrano in vigore le nuove norme contro le azioni legali abusive contro i giornalisti e i difensori dei diritti umani (“azioni bavaglio” o SLAPP), che forniranno ai giornalisti e ai difensori dei diritti umani strumenti per contrastare i procedimenti giudiziari abusivi.

    Martedì 7 maggio entra in vigore anche il regolamento europeo sulla libertà dei media, che introdurrà ulteriori garanzie in materia di indipendenza editoriale, pluralismo dei media, trasparenza ed equità e consentirà una migliore cooperazione tra le autorità competenti per i media grazie a un nuovo comitato europeo per i media.

    La Commissione ha inoltre pubblicato uno studio dal quale emergono i tangibili progressi compiuti negli Stati membri dell’UE verso l’attuazione della raccomandazione della Commissione sulla protezione, la sicurezza e l’emancipazione dei giornalisti.

  • Giornalista ai domiciliari in Russia per aver diffuso notizie sulla strage di Bucha

    Un tribunale russo, secondo quanto ha riferito l’agenzia di stampa “Ria Novosti”, ha ordinato che il giornalista dell’edizione russa di Forbes, Sergej Mingazov, sia messo agli arresti domiciliari. Il suo avvocato, Konstantin Bubon, ha reso noto sulla propria pagina Facebook che Mingazov è stato arrestato a Khabarovsk con l’accusa di aver diffuso false informazioni sull’esercito russ: il giornalista aveva pubblicato sul suo canale Telegram notizie circa gli eventi nella città ucraina di Bucha, dove la popolazione fu trovata sterminata poco dopo l’inizio delle ostilità russe in Ucraina.

    Oltre a scrivere per “Forbes”, infatti, Mingazov ha gestito in passato un canale Telegram, “Khabarovskaja Mingazeta”, dedicato agli eventi che riguardano la regione di Khabarovsk e l’Estremo Oriente della Russia. E proprio attraverso questo canale Mingazov avrebbe “ripostato”, secondo le accuse, dei messaggi presi da altre fonti che accusano l’esercito russo di aver ucciso dei civili a Bucha.

    Nel 2022, Mingazov aveva rilanciato dei messaggi pubblicati su altri canali Telegram che accusavano la Russia di aver commesso un massacro a Bucha. Bubon ha precisato ieri che le autorità hanno perquisito l’abitazione di Mingazov, confiscando telefonini e computer di tutti i membri della sua famiglia.

    Procedendo all’arresto le autorità hanno anche perquisito l’abitazione di Mingazov, confiscando telefonini e computer di tutti i membri della sua famiglia.

  • La Commissione apre il programma di formazione sulla politica di coesione per studenti di giornalismo e giovani giornalisti

    La Commissione ha aperto il periodo di candidatura per l’8a edizione di Youth4Regions, il programma che offre a studenti di giornalismo e giovani giornalisti una settimana a Bruxelles, nell’ottobre 2024, durante la quale i candidati selezionati seguiranno corsi di formazione, lavoreranno fianco a fianco con giornalisti esperti e visiteranno le istituzioni dell’UE e le organizzazioni operanti nel settore dei media.

    Le candidature, riguardanti tre categorie (generale, fotogiornalismo e video giornalismo), possono provenire dagli Stati membri dell’UE, dai paesi vicini e dai paesi in via di adesione.

    I vincitori parteciperanno inoltre al concorso per il prestigioso premio Megalizzi-Niedzielski, dedicato al riconoscimento dell’eccellenza del lavoro svolto da giovani giornalisti, che verrà assegnato il 9 ottobre 2024.

    Youth4Regions è l’iniziativa faro della Commissione volta a promuovere la crescita degli studenti di giornalismo e dei giovani giornalisti, offrendo loro un’esposizione diretta all’UE. Dal suo avvio nel 2017, il programma è stato completato da più di 210 persone provenienti da tutta Europa, che hanno potuto così accedere a esperienze e conoscenze preziose.

    Il modulo di candidatura e le condizioni di partecipazione sono disponibili nella pagina web del programma. Il periodo per la presentazione delle candidature termina l’8 luglio 2024. La Commissione sosterrà tutti i costi del programma per i partecipanti.

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