Vino

  • La Commissione approva i vini “Canelli” come nuova indicazione geografica

    La Commissione ha approvato l’aggiunta dei vini “Canelli” al registro delle denominazioni di origine protette (DOP).

    La zona di produzione della DOP “Canelli” comprende 17 comuni delle province di Asti e Cuneo, zona dalle antiche tradizioni storico culturali nella coltivazione del Moscato bianco e nella produzione del vino “moscato”. Il clima è tipicamente padano (temperato continentale), con estati molto calde e afose, inverni freddi e nevosi. È una zona nella quale la vite è la coltura prevalente. I vini presentano le seguenti caratteristiche: colore dal giallo tenue al giallo oro intenso, note floreali e fruttate e aroma caratteristico delle uve Moscato, sapido, acido ma equilibrato da dolcezza.

    La nuova denominazione sarà aggiunta all’elenco dei 1 632 vini già protetti. L’elenco di tutte le indicazioni geografiche protette è disponibile nella banca dati eAmbrosia.

  • Cresce la voglia d’Italia, enoturismo e borghi smart

    Il successo del vino, testimoniato all’ultima edizione del Vinitaly dalla presenza di 4mila aziende espositrici su 18 padiglioni al completo, racconta un’Italia che attira un numero crescente di enoturisti da ogni dove, e potrà persino spingere degli stranieri, è questa la scommessa del governo, a trasferirsi in uno dei tanti borghi della penisola per lavorare “nel Paese più bello del mondo”, come detto dal ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso.

    E’ allo studio un provvedimento, per sintesi indicato dal ministro Urso “Lavora nel mondo, vivi in Italia”, volto ad attrarre i navigatori digitali per ripopolare i piccoli centri, anche rurali. Considerato lo sviluppo dello smart working durante la pandemia, “questa rivoluzione digitale – ha detto Urso – rende straordinariamente competitivi i borghi italiani nell’economia globale”. A Vinitaly, il ministro dell’Agricoltura, Sovranità alimentare e foreste Francesco Lollobrigida, ha detto di avere registrato “ottimismo, aziende interessate all’innovazione, e con tanta voglia di fare”.

    Proprio a Verona 30 anni fa nasceva il Movimento Turismo del Vino, la prima associazione sull’enoturismo e oggi Città del Vino, Donne del Vino, La Puglia in Più e il Movimento celebrano l’anniversario nel segno della crescita di questo comparto. Oggi la tipologia di cantina turistica più diffusa in Italia,  precisa una indagine a cura Nomisma-Wine monitor condotta in 265 cantine aderenti al Movimento Turismo Vino e all’Associazione Donne del Vino e e 145 comuni di distretti enologici, è quella piccola e familiare (39%) che appare particolarmente presente in Campania, Puglia e Umbria. Seguono le cantine con rilevanza storica o architettonica (14%) che hanno le percentuali più alte in Veneto e in Piemonte. Le imprese con marchio famoso o storico sono il 12% del totale e sono particolarmente diffuse in Veneto e Sicilia.

    La presenza delle cantine è rilevante anche sui social, il 99% dichiara di avere almeno un social mentre in Puglia e in Umbria è più alta la quota di cantine ben organizzate per l’incoming. “Siamo molto soddisfatti – sottolinea Nicola D’Auria, presidente nazionale Movimento Turismo del Vino – della crescita dei servizi enoturistici avvenuta negli ultimi 10 anni. E speriamo che tutte le Cantine del Movimento, comprese quelle lontane da itinerari e flussi turistici consolidati – criticità emersa in modo chiaro dalla ricerca – possano contribuire a risvegliare e coinvolgere i diversi territori. Ma un dato emerge in modo chiaro e incontrovertibile: se prima il turismo del vino viaggiava spedito, ora corre velocissimo”. Per il vicepresidente del Senato Gian Marco Centinaio (Lega) “già oggi l’enoturismo in Italia ha un valore di circa 2,5 miliardi di euro e porta nelle nostre Regioni tra i 10 e i 15 milioni di visitatori. Sono numeri che possono crescere ancora notevolmente e dare lavoro a molti giovani, anche aiutando fenomeni come la destagionalizzazione e la riscoperta di borghi e territori a rischio abbandono”. E l’enoturismo, ricorda Confagricoltura, ben si coniuga a un mezzo di trasporto slow come la bicicletta, offrendo la possibilità di godere della bellezza di vigneti e borghi, e di assaporare eccellenze vitivinicole e gastronomiche.

  • I vigneti sono tesoretto fondiario da 56 miliardi

    Chi possiede filari di vite si ritrova un tesoro. E l’insieme dei terreni destinati alla produzione di vino italiano costituiscono, oltre che un plus paesaggistico, un patrimonio fondiario da 56,5 miliardi di euro, secondo dati dell’Osservatorio Uiv-Vinitaly. Dalla ricognizione Uiv-Vinitaly risulta che mediamente un ettaro vitato vale 84mila euro, quattro volte le quotazioni dei campi agricoli. E questo “tesoretto” nel 51% dei casi si trova tra collina e montagna, un baluardo che riqualifica aree interne e a rischio spopolamento. In totale sono 62 mila gli ettari vitati in montagna, dato destinato a crescere per via dell’innalzamento delle temperature medie.

    Le quotazioni massime più alte dei filari italiani si riscontrano in provincia di Bolzano, nella zona di Barolo e Barbaresco, sulle colline di Conegliano e Valdobbiadene e a Montalcino. Si va dai 300-500.000 euro a ettaro per la zona di produzione del Trentodoc, la Valpolicella, Bolgheri e la Franciacorta. Stime di poco inferiori per le aree del Prosecco Doc, del Lugana, del Chianti Classico e Montepulciano. Negli ultimi 15 anni, secondo le rilevazioni elaborate dal Crea, la grande maggioranza delle denominazioni ha incrementato le proprie punte di valore: si va da Montalcino (+63%) a Valdobbiadene (+16%), da areali nel bolzanino come Caldaro (+75%) o Canelli nell’astigiano (+58%) fino al Collio (+50%), all’Etna (+57%), ai filari montani della Valle d’Aosta (+114%).

    Il Veneto è in testa alla classifica generale dei valori fondiari. “L’ingresso di imprenditori italiani e stranieri è da interpretare come un’opportunità – commenta Fabrizio Bindocci, presidente del Consorzio del vino Brunello di Montalcino – e non come una minaccia. La condizione necessaria è che i nuovi “inquilini” si impegnino alla crescita del brand territoriale ma anche al rispetto dell’ambiente e della sua biodiversità. Un’attenzione green che assecondiamo anche con la scelta di non allargare il nostro terreno vitato, che presenta gli stessi ettari di 25 anni fa”. “Il vigneto Italia è ormai un brand globale e questo è un elemento di forza – osserva il presidente di Unione italiana vini (Uiv), Lamberto Frescobaldi – a cui gli investitori non possono sottrarsi. In genere l’ingresso di fondi internazionali o di famiglie facoltose nelle aree simbolo della viticoltura italiana avviene in primo luogo per una questione di prestigio, poi come bene rifugio o diversificazione degli asset. Alla base c’è la consapevolezza di investire sul valore nel senso più etimologico del termine, più che a un profitto nel breve-medio periodo. Bernard Arnault, presidente del gruppo Lvmh, ha acquistato Casa degli Atellani di Milano, vigna di Leonardo compresa”. Per l’amministratore delegato di Veronafiere, Maurizio Danese: “Il vino italiano è un capitale strategico del Paese. Il settore ha una propensione all’export doppia rispetto all’agroalimentare e questo ha un peso anche sul valore fondiario. E per il Cbre, leader mondiale nella consulenza nel real estate, il volume degli investimenti nel vigneto tricolore è “in crescita in tripla cifra nell’ultimo biennio”.

  • Il vino piace in presenza, l’e-commerce segna il passo

    Segna il passo l’e-commerce di vino in Italia. Dopo il pieno durante il lockdown, che aveva portato – tra il 2019 e il 2021 – alla crescita monstre del 250% del business online in Gdo e in alcune tra le principali piattaforme digitali di vendita, il 2022 chiude con un calo del 15% nei volumi e addirittura del 23% nei valori. Un dato, rileva l’Osservatorio Uv-Ismea su base Ismea-Nielsen IQ – che monitora sia le vendite online dei retailer che quelle di Glovo, Amazon e similari sul web, meno vistoso ma comunque significativo, che segna un ritorno alla normalità anche per chi ha approfittato dell’anomalia pandemica per sostituirsi ai mercati tradizionali.

    Da Unione italiana vini invitano però a osservare il bicchiere mezzo pieno: «Anche con lo stop del 2022, rispetto al pre-covid in due anni il business del vino online è triplicato nei suoi volumi – ha detto il segretario generale di Unione italiana vini, Paolo Castelletti – adesso si dovrà assestare, consolidare. Deve lavorare sempre più sulla cultura delle specificità e sulle nicchie di enoappassionati, sulla qualità più che sulla quantità. Le referenze non potranno riflettere solo quelle che si trovano sugli scaffali». «Sul vino torna a prevalere la convivialità, sia nel consumo che nel rapporto di fiducia col produttore e con l’enotecaro» commenta il presidente di Feudi San Gregorio Antonio Capaldo. Ma per la cantina più importante del Sud «sarebbe un errore abbandonare il canale online che semplifica i rapporto tra addetti del settore, coinvolge nuovi consumatori nativi digitali, permette una comunicazione più esaustiva e quindi acquisti consapevoli». Certo è, rileva l’Osservatorio, che la discesa c’è stata, e a poco è servito abbassare i prezzi – l’e-commerce è stato l’unico tra i canali retail a diminuire i listini in tempi di inflazione – in media del -9,5%. Secondo le elaborazioni del campione Nielsen, lo scorso anno le vendite online sono equivalse a 10,2 milioni di bottiglie (da 0,75/litri), per un controvalore di quasi 52 milioni di euro. Poco in confronto ai volumi espressi in Gdo (l’equivalente di 1 miliardo di bottiglie), tanto se si considera che nel 2019 gli ordini online erano esattamente 3 volte di meno.

    Tra le tipologie preferite dal consumatore digitale, senz’altro le bollicine, che vincono di gran lunga nella proporzione tra bottiglie commercializzate dalla piattaforma rispetto al totale venduto per categoria. E non a caso è stato il Prosecco a registrare di gran lunga il record di vendite nel 2022, con quasi 1,2 milioni di bottiglie, seguiti dagli spumanti Charmat (no Prosecco) con 470 mila pezzi e dai Metodo classico (270 mila). Tra le Dop ferme, primeggia il Chianti, (251 mila bottiglie) con le Igt appannaggio di Lambrusco Emilia e di Terre Siciliane. Nell’analisi sui trend del triennio (2022 vs 2019), Uiv e Ismea rilevano come il vino online nel suo complesso sia cresciuto nei volumi commercializzati del 200%, con incrementi sopra la media per gli spumanti (+235%, con il Prosecco a +283%) e con i vini fermi a +191%. Diverso lo scenario dell’ultimo anno che segna una perdita tendenziale in volume (-15%) per tutte le categorie, a partire da quelle a denominazione (-21% per le Doc/Docg, -10,4% per le Igt) con un decremento meno marcato per i vini comuni (-5,1%).

  • In vino (and more in ancient grape varieties) veritas/In vino (e vitigno antico più) veritas

    On March 8, I had the pleasure of interviewing Christine Skandis, an american world expert on rare and unique grape varieties and one of the only six women inducted into the Dionysian Society International, the world’s oldest wine society because of her contributions in educating and preserving native grape varieties worldwide.

    Dear Ms. Skandis, have a nice day. We know that your stay here in Milan is very short so thank you very much for your time and for this exclusive interview. I read from the wine trade press about your recent trip between Italy and Montenegro but before telling us about your new projects, I would like to ask you a little bit about yourself. How did the passion for rare grape varieties come to a business engineer, by the way, as smart as you are?

    So, it is true that I graduated from the University of Michigan where I studied architecture, engineering and economics and shortly thereafter founded a successful company that provides FEA (finite element analysis) simulations for some of the most prominent companies in the United States (listed by Fortune magazine as one of the top 500), however, it is equally true that I was born and raised on a Michigan farm where I was able to develop a deep love for vegetation and its fruits. It is because of this love that over the years I have kept my roots alive and founded Skandis Fine Wines in 2001 with the goal of preserving native grape varieties that produce wines that even the most discerning consumer has sometimes never heard of.

    Can you give some examples referring to Italy?

    If we talk about Italy, I think of fragile grape varieties such as Erbaluce, Aglianico, Negroamaro, Nero di Troia, Falanghina, Malvasia and Bombino-just to name a few. Grape varieties that are in danger of being ripped out of the original vineyards and replaced by other better-known ones such as Chardonnay and Cabernet, for simple market reasons. And it is precisely by creating a trade market for these ancient wines in the United States that I am trying to contribute to their preservation.

    What about your recent trip to Italy? 

    As always in my trips to Italy, there were so many beautiful things to see and so many beautiful people to meet but time is never enough! In your country I visited wineries in three different regions. In Abruzzo and Puglia I was able to catch up with old friends and visit realities unknown to me but very interesting. In Piedmont I was able to see again the small Erbaluce wineries that I have been following carefully for several years now. So, very positive experience, as always, both on a professional and human level. Same thing I could say about my first trip to Montenegro.

    Right. Montenegro. How did the opportunity for this trip come about?

    Nothing happens by chance. Some time ago, in fact, a well-known American but Montenegrin-born entrepreneur, the very kind Mr. Simon Palushaj, learned about my experience and passion for the preservation of indigenous grape varieties and contacted me. Having a strong attachment to his homeland and a deep knowledge of that territory and his estate vineyards, he asked me to visit them firsthand and give him my professional opinion on whether or not he could start a project to promote these wines on the world market. Driven by the heartiness and the interesting proposal, I willingly accepted.

    Were you happy with the experience?

    In a word? Fantastic! Both for the beauty of the natural settings I visited and the extraordinary welcome I was given and both for the uniqueness and quality of the grape varieties I visited. Never would I have thought to find so many native varieties in such a small geographic area. Fantastic!

    Can you describe the value of that discovery?

    Until recently, the wines produced in Montenegro were mainly intended for domestic consumption because they were processed for rustic taste profiles and not very suitable for international consumers. For some time now given the peculiarities of this territory and its grapes a certain interest has arisen. Since Montenegro is part of the southern Balkans, which were not covered by glaciers during the previous glaciation, I was able to see that there is an incredible diversity of completely unexplored plant and animal species, including 63 genotypes of indigenous grape varieties hitherto unknown to science.

    What do you mean by native grape varieties?

    DNA analysis to determine which plant species survived phylloxera also includes the Vranac or Krstač grape varieties.  The red grape variety Vranac is one of the grapes that our international World Class Montenegro Wine Project will present. There are many varieties of Vranac – Vranac from Crmnice is different from Vranac produced in other vineyards, Krstač variants are fantastic and are one of the famous descendants of Zinfandel. Analysis of the genetic diversity of vines in Montenegro places it on the world map of wine regions as a specific and indigenous area with unique wines. The increase in the European repertoire of grape production with indigenous Montenegrin grapes has incredible significance in the field of agriculture and viticulture, as well as designating Montenegro as an interesting wine destination. Unknown to many, Montenegro has a vast number of genetically diverse indigenous grape varieties. Montenegro’s wine regions, from Crmnica to Kuče to Boka Bay and Upper Morinj, are composed of vineyards that are more than 300 years old, including the vineyard of the Monastery of St. Vasilije Ostroški, which was established in 1672.

    In short, thanks to Mr. Palushaj and his love for his land, what seemed like a small project is taking on major dimensions right away.

    Exactly, so much so that the project has been named by me as Montenegrin International World Class Wine and I am sure it will surely bring many new and exciting wines for lovers of this precious and ancient beverage from all over the world.

    Thank you very much Ms. Skandis and see you next time!

    It was a pleasure. Thanks to you.

    L’8 marzo, ho avuto il piacere di intervistare l’americana Christine Skandis, esperta mondiale di vitigni rari e unici e tra le sole sei donne inserite nella Dionysian Society International, la più antica società vinicola del mondo, per il suo contributo nell’educazione e nella conservazione dei vitigni autoctoni a livello mondiale.

    Gentilissima sig.ra Skandis, buona giornata. Sappiamo che la sua permanenza qui a Milano è molto breve per cui la ringrazio moltissimo per il tempo che mi dedicherà e per questa intervista in esclusiva. Ho letto dalla stampa di settore la notizia di questo suo recente viaggio tra l’Italia e il Montenegro ma prima di raccontarci dei suoi nuovi progetti, vorrei chiederle un po’ di lei. Com’è nata la passione per i vitigni rari ad un’imprenditrice ingegnera, tra l’altro molto in gamba, come lei?

    Dunque, è vero che ho studiato architettura, ingegneria ed economia all’Università del Michigan e poco tempo dopo ho fondato un’azienda di successo che fornisce simulazioni FEA (di analisi degli elementi finiti) per alcune delle società più importanti degli Stati Uniti (inserite dalla rivista Fortune tra le prime 500), tuttavia, è altrettanto vero che sono nata e cresciuta in una fattoria del Michigan dove ho potuto sviluppare un profondo amore per la vegetazione e i suoi frutti. È grazie a questo amore che negli anni ho mantenuto vive le mie radici e ho fondato nel 2001 (?) la Skandis Fine Wines con l’obiettivo di preservare i vitigni autoctoni che producono vini di cui il consumatore anche più attento a volte non ha mai sentito parlare.

    Può fare qualche esempio riferito all’Italia?

    Se parliamo dell’Italia, penso a vitigni fragili come l’Erbaluce, l’Aglianico, il Negroamaro, il Nero di Troia, la Falanghina, la Malvasia e il Bombino – solo per citarne alcuni. Vitigni che rischiano di essere strappati dai vigneti originali e sostituiti da altri più noti come lo Chardonnay e il Cabernet, per semplici ragioni di mercato. Ed è proprio creando un mercato per questi vini antichi negli Stati Uniti che cerco di contribuire alla loro salvaguardia.

    Veniamo al suo recente viaggio in Italia. Cosa ha piacere di raccontarci?

    Come sempre nei miei viaggi in Italia, ci sono state tante cose bellissime da vedere e tante bellissime persone da incontrare ma poco, pochissimo tempo! Nel vostro Paese ho visitato cantine in tre regioni differenti. In Abruzzo e in Puglia ho potuto ritrovare vecchi amici e visitare realtà a me sconosciute ma molto interessanti. In Piemonte ho potuto rivedere le piccole aziende di produzione dell’Erbaluce che seguo con attenzione ormai da diversi anni. Quindi, esperienza, come sempre, molto positiva sia sul piano professionale che umano. Stessa cosa potrei dire del mio primo viaggio in Montenegro.

    Giusto. Il Montenegro. Com’è nata l’opportunità di questo suo viaggio?

    Nulla succede a caso. Qualche tempo fa, infatti, un noto imprenditore americano, ma nato in Montenegro, il gentilissimo signor Simon Palushaj, è venuto a conoscenza della mia esperienza e della mia passione per la conservazione dei vitigni autoctoni e mi ha contattato. Avendo un forte attaccamento per la sua terra di origine ed una profonda conoscenza di quel territorio e dei suoi vigneti di proprietà, mi ha chiesto di visitarli in prima persona e di dargli un mio parere professionale sulla possibilità o meno di poter avviare un progetto di promozione sul mercato mondiale di questi vini. Spinta dalla curiosità e dall’interessante proposta, ho accettato di buon grado.

    È stata contenta di questa esperienza?

    Potrei dire, entusiasta. Sia per la bellezza dei contesti naturali visitati e la straordinaria accoglienza riservatami e sia per l’unicità e la qualità dei vitigni visitati. Mai avrei pensato di trovare tante varietà autoctone in una così piccola area geografia. Fantastico!

    Può descriverci il valore di tale scoperta?

    Fino a poco tempo fa, i vini prodotti in Montenegro erano destinati principalmente al consumo interno perché lavorati per profili gustativi rustici e poco adatti ai consumatori internazionali. Da qualche tempo viste le peculiarità di questo territorio e delle sue uve è nato un certo interesse. Poiché il Montenegro fa parte dei Balcani meridionali, che non erano coperti dai ghiacciai durante la precedente glaciazione, ho potuto constatare che esiste un’incredibile diversità di specie vegetali e animali completamente inesplorate, tra cui 63 genotipi di vitigni autoctono finora sconosciuti alla scienza.

    Cosa intente per vitigni autoctoni?

    L’analisi del DNA per determinare quali specie di piante sono sopravvissute alla fillossera include anche i vitigni Vranac o Krstač.  Il vitigno rosso Vranac è una delle uve che il nostro progetto internazionale World Class Montenegro Wine Project presenterà. Esistono molte varietà di Vranac – il Vranac di Crmnice è diverso dal Vranac prodotto in altri vigneti, le varianti di Krstač sono fantastiche e sono uno dei famosi discendenti dello Zinfandel. L’analisi della diversità genetica della vite in Montenegro lo colloca sulla mappa mondiale delle regioni vinicole come un’area specifica e autoctona con vini unici. L’aumento del repertorio europeo della produzione di uva con uve autoctone montenegrine ha un significato incredibile nel campo dell’agricoltura e della viticoltura, oltre a designare il Montenegro come un’interessante destinazione vinicola. Sconosciuto a molti, il Montenegro possiede un vasto numero di vitigni autoctoni geneticamente diversi. Le regioni vinicole del Montenegro, da Crmnica a Kuče, alla Baia di Boka e all’Alto Morinj, sono composte da vigneti che hanno più di 300 anni, tra cui il vigneto del Monastero di San Vasilije Ostroški, nato nel 1672.

    Insomma grazie al signor Palushaj e all’amore per la sua terra quello che sembrava un piccolo progetto sta prendendo dimensioni fin da subito importanti.

    Esattamente, tanto che il progetto è stato da me denominato Montenegrin International World Class Wine e sono certa che porterà sicuramente molti nuovi ed entusiasmanti vini per gli amanti di questa preziosa e antica bevanda di tutto il mondo.

     Sig.ra Skandis, grazie e alla prossima!

    Grazie a voi.

  • L’Irlanda chiede alla Wto di regolamentare le etichette a Wto del vino

    L’Irlanda non cambia rotta e nonostante il parere contrario di 13 altri Paesi membri Ue, tra cui l’Italia, tira dritto: a inizio febbraio ha notificato all’Organizzazione mondiale del commercio (Wto) le norme tecniche sull’etichettatura ‘salutista’ degli alcolici. Il progetto di regolamento sull’etichettatura si applicherebbe a tutti i prodotti alcolici venduti in Irlanda, si ricorda nella notifica, siano essi prodotti localmente o importati. Pertanto – è questo il primo iceberg in rotta di collisione in questa inesorabile navigazione solitaria dell’isola verde – potrebbe costituire una barriera tecnica al commercio. Ed è proprio su questo punto che il ministro degli Affari esteri Antonio Tajani ha inviato una lettera al vicepresidente della Commissione Ue, Valdis Dombrowskis.

    Secondo Tajani, le nuove norme irlandesi sulle etichette “rischiano di essere una fonte di distorsione agli scambi internazionali, equivalente a una restrizione quantitativa”. Il provvedimento, sottolinea Tajani, oltre ad essere criticabile sotto il profilo del diritto europeo, “potrebbe innescare una reazione a catena che finirebbe con il danneggiare l’insieme dell’Unione”.

    Ma i tempi si fanno stretti anche per il fronte contrario agli health warning nelle etichette del vino: il periodo per la presentazione delle opposizioni scade dopo 90 giorni. E l’Italia non sembra star ferma a guardare: “Proporrò all’Irlanda – ha annunciato su Twitter il ministro dell’Agricoltura, Sovranità alimentare e Foreste, Francesco Lollobrigida – una mediazione che può aiutarli a rendere più chiara la loro etichetta e soprattutto garantire corretta informazione. Eccessi e abusi vanno combattuti, ma un uso moderato garantisce, come la scienza afferma, benessere. #sdrammatizziamo #difendiamolaqualità”, ha aggiunto il ministro.

    Nel gioco delle alleanze contro l’iniziativa irlandese, che tanto danno di immagine sta già creando al comparto, mettendo poi un’ipoteca sulle potenzialità di esportazione in terra irlandese, guarda oltreoceano l’eurodeputato Paolo De Castro (Pd). “Ora la battaglia – ha rilevato – si sposta a Ginevra dove dovremo trovare alleati a livello internazionale, a partire dagli Stati Uniti. Siamo in contatto – fa sapere De Castro – con la Missione statunitense a Bruxelles, affinché anche Washingthon possa sollevare osservazioni” in sede Wto.

    “L’Irlanda ha fatto il suo passo, ora – ha spronato il vicepresidente del Senato, Gian Marco Centinaio (Lega) – tocca a noi. I Paesi contrari alle etichette allarmistiche devono fare fronte comune e presentare formale opposizione in quella sede entro i tre mesi previsti. A guidare questa coalizione non può che essere l’Italia”, ha affermato Centinaio.

    Per Federvini l’iniziativa irlandese “è basata su un approccio demonizzante delle bevande alcoliche, con indicazioni sanitarie che non distinguono tra consumo moderato e abuso”. Da qui l’appello al governo Meloni affinché “crei una coalizione di Paesi contro ogni discriminazione dell’alcol”. Secondo Ignacio Sánchez Recarte, segretario generale della Ceev, il Comitato europeo delle imprese del vino “in questa fase solo la Corte di giustizia dell’Unione europea sarebbe in grado di difendere” il mercato interno Ue. Mentre Coldiretti stima la conta dei danni: il blitz irlandese sulle etichette allarmistiche va fermato per difendere un prodotto simbolo del nostro Paese che è anche il principale produttore ed esportatore mondiale di vino, con oltre 14 miliardi di fatturato e dà lavoro dal campo alla tavola a 1,3 milioni di persone. “L’export rischia di essere penalizzato” è il grido d’allarme di Confagricoltura Bologna e per di più con un “messaggio fuorviante per il consumatore”.

  • La siccità fa anticipare la vendemmia

    Ha preso il via in Italia la vendemmia 2022, ben sette giorni in anticipo rispetto allo scorso anno. Il primo grappolo è stato staccato l’1 agosto nell’azienda agricola Faccoli, a Coccaglio, nella Franciacorta bresciana. Siccità, caldo oltre i 40 gradi di giorno, afa senza tregua di notte, temperature eccezionalmente alte per mesi hanno anticipato la raccolta delle uve ma abbassato la resa. Situazione non rosea per il settore che potrebbe anche peggiorare, avvertono gli enologi, se non arriverà presto la pioggia.

    Il rischio è un taglio della produzione del 10% a livello nazionale, stima Coldiretti, “per un quantitativo intorno ai 45,5 milioni di ettolitri, ma molto dipenderà sia dall’evoluzione delle temperature, che influiscono sulla maturazione sia dall’assenza di nubifragi e grandinate che hanno un impatto devastante sui vigneti”.  Dello stesso avviso il presidente di Assoenologi Riccardo Cotarella, che avverte: “Se nell’arco di dieci giorni avremo delle piogge facciamo ancora in tempo a recuperare la stagione, se non dovesse avvenire allora avremo dei problemi”. Tutto dipenderà dai prossimi giorni”, spiega Cotarella, che aggiunge: “Se non dovesse piovere assisteremo al fenomeno in cui la pianta richiederà, addirittura ai suoi acini, la poca acqua che era riuscita a dargli. Questa è la peggiore di tutte le previsioni. Speriamo che non si verifichi”.

    Tuttavia, se l’andamento della raccolta sarà influenzato molto dai mesi di agosto e settembre per confermare le previsioni anche sul piano quantitativo, in Italia “si attende comunque un’annata di buona/ottima qualità”, per Coldiretti, che sottolinea, come  nonostante il calo a livello nazionale, l’Italia sia “il primo produttore mondiale di vino, mentre per il secondo posto si prospetta una sfida tra Francia e Spagna, Paesi che hanno subito entrambi i danni causati dalla siccità e dagli incendi”.

    Da nord a sud della Penisola la raccolta parte tradizionalmente con le uve da spumanti Pinot e Chardonnay in un percorso che prosegue a settembre ed ottobre con la Glera per il Prosecco e con le grandi uve rosse autoctone Sangiovese, Montepulciano, Nebbiolo e si conclude addirittura a novembre con le uve di Aglianico e Nerello su 658mila ettari coltivati a livello nazionale.

    La produzione tricolore, secondo la Coldiretti, può contare su 607 varietà iscritte al registro viti, il doppio rispetto ai francesi, con le bottiglie Made in Italy destinate per circa il 70% a Docg, Doc e Igt con 332 vini a denominazione di origine controllata (Doc), 76 vini a denominazione di origine controllata e garantita (Docg), e 118 vini a indicazione geografica tipica (Igt) riconosciuti in Italia e il restante 30% per i vini da tavola a dimostrazione del ricco patrimonio italiano di biodiversità.

    Quanto all’export le previsioni sono più che positive: il vino Made in Italy vola nel mondo con un aumento del 12% delle vendite all’estero nonostante la guerra in Ucraina e i venti di recessione, anche se sui conti delle aziende pesa il rincaro traumatico dei costi, dalle bottiglie ai tappi, dalle etichette agli imballaggi (secondo l’analisi di Coldiretti su dati Istat dei primi 4 mesi del 2022 rispetto allo stesso periodo dello scorso anno). L’Italia è il primo esportatore mondiale di bottiglie e “per la prima volta”, stima l’associazione, “il valore delle esportazioni di bottiglie italiane potrebbe sfiorare gli 8 miliardi di euro nel 2022”.

  • L’Italia invoca l’aiuto della Ue per il Prosecco: stoppi la Croazia

    L’Italia è pronta alla “guerra” in Europa contro il tentativo di riconoscimento del Prosek, il vino passito croato che suona come il ben più noto Prosecco, il campione internazionale delle bollicine. La riunione conclusiva della task force ministeriale si è svolta a Venezia, con il sottosegretario Gian Mario Centinaio ospite del presidente veneto Luca Zaia e i rappresentanti del Friuli Venezia Giulia.

    “Abbiamo lavorato sodo e all’unisono nella task force per mettere a punto l’opposizione dell’Italia. Sono fiducioso che vinceremo. E non abbasseremo la guardia fino al risultato finale”, ha detto Centinaio alla fine della riunione a Palazzo Balbi, sede della Regione Veneto. “Ci aspettiamo ora – ha aggiunto – che la Commissione Ue metta un freno a un goffo e maldestro tentativo di copiare la nostra Dop più importante, e che fermi un pericoloso precedente che istituzionalizzerebbe l’Italian sounding e che quindi va contrastato con ogni mezzo. Oggi abbiamo ribadito che il Prosecco rappresenta una tipicità esclusivamente italiana – ha sottolineato – e che il Prosek è imitazione, evocazione. Abbiamo trovato motivazioni storiche e giuridiche che ci fanno essere ottimisti”. In particolare, tra le carte c’è una prova decisiva di carattere storico. Lo ha spiegato Zaia: “Ci sono mappe ufficiali – ha rivelato – che partono dal 1300 e che fanno vedere che prima di Trieste c’è una città che già allora si chiamava ‘Prosek’. E’ la dimostrazione, la prova provata, che il toponimo che ha dato la riserva del nome al Prosecco nel 2009 è lo stesso. Quindi – ha aggiunto Zaia – non è possibile che altri possano utilizzare lo stesso toponimo”.

    Per Centinaio, ora “ci aspettiamo che l’Unione europea fermi un pericoloso precedente, altrimenti in futuro rischieremo di confrontarci con il ‘Parmizaner’ svedese o la ‘mozzarella di bufalen’ di Dresda. L’Europa dovrebbe tutelare le denominazioni europee. Nel momento in cui accetta di iniziare un percorso anche giudiziale sulla questione ‘Prosek’, non rende merito al lavoro che viene fatto nei nostri territori. La Commissione sia ora custode dei Trattati europei, difenda le 838 Dop e Igp italiane, così come tutte le Dop degli altri paesi dell’Unione da imitazioni ed evocazioni. Ci aspettiamo che lo faccia fino in fondo”, ha concluso.

    Soddisfazione è stata espressa dal mondo agricolo e dei produttori per la conclusione dell’istruttoria, sottolineando che restano meno di 20 giorni per presentare all’Unione Europea l’opposizione alla domanda di riconoscimento del Prosek croato. Coldiretti ribadisce che il Prosecco “è il vino italiano più consumato e taroccato al mondo. Ci sono le premesse per vincere questa battaglia in Europa ed evitare un precedente pericoloso che rischia di indebolire l’intero sistema di protezione giuridica dei marchi di tutela”.

  • La Commissione adotta misure eccezionali a sostegno dei settori vitivinicolo e ortofrutticolo

    Le misure a favore del settore vitivinicolo adottate includono l’aumento del sostegno a strumenti di gestione del rischio quali l’assicurazione del raccolto e i fondi di mutualizzazione, nonché l’estensione delle misure di flessibilità già in vigore fino al 15 ottobre 2022. Per il settore ortofrutticolo, il sostegno alle organizzazioni di produttori – solitamente calcolato in base al valore della produzione – sarà compensato in modo da non essere inferiore all’85% del livello dello scorso anno.

    Janusz Wojciechowski, Commissario per l’Agricoltura, ha dichiarato: “Dalle gelate primaverili alle inondazioni e alle ondate di calore, quest’anno le condizioni meteorologiche estreme sono state particolarmente difficili per i settori vitivinicolo e ortofrutticolo. Ciò avviene dopo un 2020 già complicato a causa della crisi Covid-19. Queste misure di sostegno indispensabili daranno sollievo ai produttori dell’UE in questi tempi difficili, in aggiunta a quelle già proposte nel 2020 e prorogate nel 2021.

    Le misure eccezionali per il vino includono quanto segue:

    • i paesi dell’UE possono continuare a modificare i loro programmi di sostegno nazionali in qualsiasi momento, mentre di solito ciò può essere fatto solo due volte l’anno (rispettivamente entro il 1º marzo e il 30 giugno di ogni anno);
    • per le attività di promozione e informazione, ristrutturazione e riconversione dei vigneti, vendemmia verde e investimenti, la possibilità di concedere un contributo più elevato a carico del bilancio dell’UE è prorogata fino al 15 ottobre 2022;
    • il contributo del bilancio dell’UE all’assicurazione del raccolto è stato aumentato dal 70% all’80% fino al 15 ottobre 2022;
    • il sostegno dell’UE a copertura dei costi di costituzione dei fondi di mutualizzazione è stato raddoppiato: dal 10%, 8% e 4% nel primo, secondo e terzo anno di attuazione al 20%, 16% e 8%;
    • una proroga delle flessibilità concesse per le misure del programma vitivinicolo fino al 15 ottobre 2022.

    Per il settore ortofrutticolo, il sostegno UE alle organizzazioni di produttori – solitamente calcolato in base al valore della produzione annua – sarà compensato in modo da essere pari almeno all’85% del livello dello scorso anno, anche se il valore di quest’anno è inferiore. Tale compensazione sarà offerta quando la riduzione della produzione è legata a calamità naturali, avversità atmosferiche, fitopatie o infestazioni parassitarie, è al di fuori del controllo dell’organizzazione di produttori e inferiore di almeno il 35% rispetto all’anno precedente. Inoltre, se i produttori dimostrano di aver adottato misure preventive contro la causa della riduzione della produzione, il valore della produzione utilizzato per il sostegno sarà lo stesso dell’anno scorso.

    A causa delle sfide senza precedenti causate dalla pandemia di Covid-19, nel maggio 2020 è stato adottato un primo pacchetto di misure. Queste misure sono state integrate da un secondo pacchetto per il settore vitivinicolo adottato nel luglio 2020.

    Nell’ambito del pacchetto, oggi è stata adottata una serie di misure sotto forma di atti di esecuzione. Per quanto riguarda gli atti delegati, essi dovranno superare un periodo di controllo di 2 mesi in sede di Parlamento europeo e di Consiglio.

    Fonte: Commissione europea

  • In attesa di Giustizia: Carramba che sorpresa!

    Sono giorni in cui impazza la polemica per l’estensione del green pass e i controlli necessari al rispetto dei protocolli di prevenzione del contagio, le critiche alla Ministra Lamorgese per talune colpevoli inerzie nel disporne l’intervento si appaiano ai rilievi sulle obiettive difficoltà per le Forze dell’Ordine di assommare questi nuovi compiti di controllo a quelli istituzionali.

    Eppure, durante i lunghi mesi della pandemia, Carabinieri e Polizia di Stato si sono impegnati con dedizione alle verifiche sul rispetto delle misure di contrasto al diffondersi del virus: come, per esempio, è accaduto nei pressi di Modena nel febbraio di quest’anno in occasione di un controllo presso una macelleria equina di Scandiano, che avrebbe dovuto essere già chiusa, si intrattenevano amabilmente tre persone sorseggiando un calice di vino.

    Il particolare curioso, che ci porta a commentare questa vicenda, non è il mancato impiego delle mascherine o la temperatura corporea fuori norma dei presenti quanto la bizzarra composizione del terzetto: il titolare del negozio e…carramba che sorpresa! un magistrato donna della Procura di Modena ed un ergastolano in semilibertà.

    Cosa ci facesse un Pubblico Ministero a brindare, sotto sera, con questo garbato signore, condannato per omicidio, associazione mafiosa ed altre simili bagatelle, non è dato sapere con certezza perché Claudia Ferretti (questo il nome del Sostituto Procuratore della Repubblica) non ha fornito spiegazioni convincenti, riferendo di un’occasione per scambiarsi dei cordialissimi saluti. E dove meglio che in un retrobottega in orario di coprifuoco?

    Una ipotesi di reato non era configurabile, ma la segnalazione al Consiglio Superiore della Magistratura è stata inevitabile e dovuta: nel corso del procedimento disciplinare la Dottoressa Ferretti sembra che si sia difesa sostenendo che si è trattata di “una sciocchezza”.

    Incompatibilità ambientale e trasferimento ad altro ufficio: questo il destino che la Sezione Disciplinare del C.S.M., con il tradizionale rigore, avrebbe riservato alla P.M. sebbene per il pregiudizio arrecato all’immagine ed al prestigio della magistratura. Ammesso che ve ne sia ancora da pregiudicare.

    Ma tutto è bene ciò che finisce bene, particolarmente se ci si deve occupare di schiocchezzuole: la Dottoressa Ferretti ha anticipato la decisione dell’organo di autogoverno chiedendo di sua iniziativa di essere mandata a Firenze con funzioni di giudice civile: trasferimento disposto opportunamente a metà giugno, in prossimità del periodo feriale e procedimento disciplinare archiviato garantendo serenità alle meritate vacanze.

    La donna, poi, a dicembre andrà in pensione e – con una giustizia civile che ha il lustro come unità di misura della durata dei processi – non è ben chiaro di cosa si potrà occupare nell’arco di poco più di un paio di mesi nella nuova sede oltre che far apporre la targa con il nome sulla porta della sua stanza, la macchinetta Nespresso all’interno e verificare scrupolosamente l’accredito dello stipendio ogni 27 del mese.

    Procedimento disciplinare, quindi, interrotto per la scelta volontaria della incolpata di trasferirsi altrove; l’imminenza del pensionamento avrebbe, peraltro, condotto al medesimo risultato perché non può infliggersi sanzione a chi non fa più parte dell’Ordine Giudiziario.

    Alleluja! Non sapremo mai i motivi della composizione di quella allegra brigata che può ben essere stata frutto una casualità: del resto a chi non è mai successo di bere un bicchiere di quello buono, del tutto casualmente nel retrobottega di una macelleria equina, insieme ad un simpatico ergastolano? Da noi, si sa, accadono molte cose ad insaputa degli interessati…

    In attesa di Giustizia, da Modena per oggi è tutto, a voi studio centrale.

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