
La Cirenaica ormai è un presidio russo in Libia
Lunedì 17 febbraio il generale Khalifa Haftar, comandante dell’Esercito nazionale libico (Enl), si è recato in visita a Minsk, dove ha concordato con le autorità bielorusse un rafforzamento della cooperazione, in particolare nel settore militare. L’uomo forte della Cirenaica, infatti, s’è impegnato a concedere una “cittadella militare” nella città di Tobruk, a un contingente misto russo e bielorusso. Mosca può già contare da tempo sulla base navale di Al Jufra, dove tra l’altro sono transitate una parte delle forze ritirate dalla Siria dopo la caduta del regime di Bashar al Assad. La Cirenaica si appresta così a diventare il punto di forza attraverso cui la Russia potrà gestire la propria presenza nel Sahel, dove conta già significativi contingenti di mercenari inquadrati nei cosiddetti “Africa Corps”. Si tratta di uno sviluppo preoccupante per il nostro Paese, che minaccia di complicare ulteriormente la stabilizzazione di una ormai ipotetica Libia unificata.
Il primo incontro negoziale tra la delegazione statunitense e quella russa, tenuto in Arabia Saudita martedì 18 febbraio, e ancor più le posizioni assunte da Donald Trump nei giorni successivi, hanno dimostrato come il presidente degli Stati Uniti sia interessato soprattutto a stabilire un rapporto di collaborazione con Mosca: un obiettivo di fronte al quale tutti gli altri appaiano decisamente secondari. Da decenni, ormai, Washington non dedica particolare attenzione al continente africano e Trump sembra disinteressarsene quasi del tutto, pensando evidentemente di affidare all’Europa questo quadrante. Ma mentre la Francia è stata espulsa quasi completamente dal Sahel – l’ultimo passaggio avviene giovedì 20 febbraio, con la riconsegna della base militare di Port-Bouet alle autorità della Costa d’Avorio – l’Italia non sembra in grado di assumere alcuna iniziativa politica, né tanto meno militare, che possa favorire la stabilizzazione della Libia, un Paese che per noi riveste ancora un’importanza strategica.
La base aerea di Tobruk, snodo strategico della Libia orientale, è al centro del rafforzamento della cooperazione militare tra Khalifa Haftar e i suoi alleati, con Russia e Bielorussia in prima linea nel suo sviluppo. Il complesso militare, noto anche come base di Gamal Abdel Nasser, si estende su un’area di circa 40 chilometri quadrati e si trova a 32 chilometri a sud della città portuale di Tobruk, affacciata sul Mediterraneo, nel fianco sud della Nato. Utilizzata fin dagli anni ’80 dall’aeronautica libica per affrontare le tensioni con gli Stati Uniti sotto il regime di Muammar Gheddafi, la base è sotto il controllo dell’Esercito nazionale libico (Enl) di Haftar dal 2014. Negli ultimi anni ha assunto una crescente rilevanza strategica, con l’intensificarsi delle visite di navi militari russe e l’arrivo di carichi di armi ed equipaggiamenti.
A giugno dello scorso anno, la fregata Marshal Shaposhnikov (classe Udaloy) e l’incrociatore missilistico Varyag (classe Slava), scortate da due sottomarini, hanno svolto una visita ufficiale al porto di Tobruk, un evento che ha confermato pubblicamente l’intensificarsi dei rapporti tra Mosca e Bengasi sul piano militare. Secondo l’ultimo rapporto del Panel di esperti dell’Onu, il porto di Tobruk aveva già ricevuto altre navi da sbarco delle classi Gren e Ropucha, che avevano scaricato veicoli militari e mezzi pesanti. In particolare, il 14 aprile 2024, erano stati osservati camion militari con rimorchi di piccole dimensioni in fase di sbarco, un chiaro indicatore di un’attività logistica ampia e strutturata tra Mosca e la Cirenaica.
Il dossier libico è probabilmente il più importante e il più difficile da affrontare per Giorgia Meloni, il cui Piano Mattei difficilmente potrà avere uno sviluppo significativo se il Paese del Maghreb resterà diviso in due entità, una delle quali – la Tripolitania – continua ad essere attraversata da fortissime tensioni interne, mentre la più stabile Cirenaica appare ormai strettamente legata alla Russia, e quindi soggetta alle possibili azioni d’influenza da parte di Mosca, come ad esempio l’utilizzo a fini geopolitici dei flussi migratori. Se la capacità di controllo del nostro Paese sulla Cirenaica è praticamente nulla, quella sulla Tripolitania è così scarsa che, mercoledì 12 febbraio, il ministro per gli Affari di gabinetto della Libia, Adel Jumaa, un moderato molto vicino all’Italia, viene ferito in un attentato che – secondo nostre fonti riservate – matura all’interno della lotta tra fazioni per conquistare gli appalti relativi alla ricostruzione dell’aeroporto internazionale di Tripoli, che pure sarebbe stato affidato già dal 2017 al consorzio italiano Aeneas.