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L’auto elettrica è un affare per la Cina e molto meno per l’ambiente

L’auto elettrica è un gigantesco affare per la Cina, come emerge da un reportage dell’inchiesta che il giornalista del Financial Times ha condotto per dare alle stampa il volume «Il prezzo della sostenibilità».

La Cina è oggi il principale esportare di auto elettriche del pianeta e produce il 75% delle batterie di litio che fanno funzionare tali vetture, ma questo primato è stato conseguito con scarsa attenzione verso l’ambiente, che è il vero propulsore delle vendite di auto elettriche, e non di rado anche verso i lavoratori.

Zeng Yuqun, ha fondato Catl nel 2011 a Ningde, e 8 anni dopo ha creato la prima gigafactory di batterie in Germania, a Arnstadt, per garantire le forniture a Mercedes Benz e Bmw. Nel 2020 la Catl forniva le batterie a quasi tutti i produttori di auto elettriche compresa la Tesla, controllando con le sue partecipazioni i giacimenti di litio in Argentina e Australia, di nichel in Indonesia e di cobalto nella Repubblica Democratica del Congo. In questo modo la Cina puntava a diventare il primo fabbricante di auto elettriche nel mondo.

Parallelamente, la Ganfeng di Xinyu nella Cina centrale è diventata il più grande produttore di idrossido di litio estratto in Australia (e poi in Argentina) e trattato in Cina (con poco scrupolo per l’ambiente). In Congo le ditta cinesi operano nell’estrazione del cobalto e alle scarse cautele ecologiche si affiancano condizioni di lavoro nelle miniere decisamente cattive.

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