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I dittatori devono essere trattati come tali e mai tollerati

Fin quando ci saranno delle dittature, non avrò il coraggio di criticare una democrazia.

Jean Rostand

La storia, come sempre, ci insegna. Anche nel caso della Russia. Ci insegna che il territorio della Russia è stato occupato, sia quando era un Impero, che in seguito, quando era diventata l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, o semplicemente l’Unione sovietica. Il territorio russo è stato occupato dalle armate di Napoleone Bonaparte nell’ambito di quella che è nota come la campagna di Russia. Un’occupazione che iniziò il 23 giugno 1812 e finì, con una disastrosa sconfitta di Bonaparte, il 14 dicembre 1812. Dopo 129 anni, è stata attuata un’altra occupazione del territorio, questa volta da parte delle armate naziste del Terzo Reich, di quella che era diventata l’Unione sovietica (dal 1922, dopo il crollo dell’Impero zarista dei Romanov ed in seguito alla guerra civile in Russia; n.d.a.). Un’occupazione quella, nonostante i due Paesi avessero firmato a Mosca, il 23 agosto 1939, il trattato di non aggressione di durata decennale noto come Patto Molotov-Ribbentrop. L’occupazione dell’Unione sovietica cominciò il 22 giugno 1941 in seguito all’operazione Barbarossa. Un’occupazione che finì, sulla carta, l’8 maggio 1945, dopo la resa incondizionata del Terzo Reich. E queste sono le sole due occupazioni del territorio russo.

La storia ci insegna però anche delle invasioni, da parte degli eserciti russi, di territori altrui. Invasioni sia durante il secolo passato, quando si chiamava ancora Unione sovietica, sia in seguito, quando divenne, dal 1991, la Federazione Russa, o semplicemente Russia. La storia ci testimonia e ci insegna che, addirittura dal 1939, l’Unione sovietica prima e la Russia poi non ha mai smesso di attaccare e di invadere altri Paesi. Lo ha fatto nel novembre 1939, quando attaccò la Finlandia. Quel conflitto tra l’Unione sovietica e la Finlandia, noto anche come la guerra d’inverno, ebbe fine nel marzo 1940. L’accordo di pace di Mosca tra i due Paesi diede all’Unione sovietica dei territori e alcune isole nel golfo di Finlandia. Ma prima ancora di attaccare la Finlandia, l’Unione sovietica, nell’ambito del patto Molotov-Ribbentrop, aveva attaccato ed occupato la parte orientale della Polonia. Sempre nell’ambito di quel patto, la Germania aveva occupato la parte occidentale della Polonia il 1o settembre 1939. L’occupazione della Polonia orientale da parte dell’Unione sovietica cominciò il 17 settembre 1939, calpestando il patto di non aggressione tra i due Paesi, firmato il 25 luglio 1932, con durata fino al 31 dicembre 1945. Un’occupazione che durò fino al 22 giugno 1941, quando l’Unione sovietica venne occupata, a sua volta, proprio dalla Germania nazista, nonostante tra i due Paesi fosse in vigore il patto Molotov-Ribbentrop di non aggressione di durata decennale. Si attuò così un meritato “castigo” all’Unione sovietica, subendo sulla propria pelle quello che, soltanto due anni prima, aveva fatto subire alla Polonia. Patti di non aggressione reciproche alla mano!

Dopo la fine della seconda guerra mondiale, un’altra guerra, nota ormai come la “Guerra fredda”, iniziò, dal 1947, tra l’Unione sovietica e gli Stati Uniti d’America e i Paesi dell’Europa occidentale. Una guerra quella, per fortuna senza scontri armati tra i due blocchi, che durò fino al crollo del muro di Berlino ed il seguente sgretolamento della stessa Unione sovietica. Ma anche durante quel periodo, l’Unione sovietica non smise di attaccare e di invadere altri Paesi. Correva l’anno 1956 quando in Ungheria i cittadini si ribellarono contro il regime comunista ungherese, che seguiva le direttive dell’Unione sovietica. La ribellione popolare iniziò il 23 ottobre 1956. Ma quello che stava accadendo in Ungheria non poteva essere tollerato dell’Unione sovietica. Ragion per cui il 4 novembre 1956 un ingente contingente militare dell’Unione sovietica entrò ed invase Budapest e altre parti dell’Ungheria. Dopo alcuni giorni di scontri armati con tante vittime, il 10 novembre 1956 l’Unione sovietica prese di nuovo il controllo del Paese, costituendo anche un nuovo governo ubbidiente. Dodici anni dopo un’altra invasione si mise in atto. Questa volta contro un altro Paese membro del Trattato di Varsavia. Si trattava della Cecoslovacchia. Formalmente le truppe dell’invasione appartenevano all’Unione sovietica e ad altri quattro Paesi membri, anch’essi, del Trattato di Varsavia. Ma, si sa, era proprio l’Unione sovietica che comandava. Nella notte tra il 20 e il 21 agosto 1968 prese via l’invasione, il cui obiettivo era quello di fermare i processi della democratizzazione e della liberalizzazione della società cecoslovacca, messi in atto da quella che ormai viene nota come la “Primavera di Praga”. Le truppe d’invasione insanguinarono le piazze, prendendo il controllo e costituendo un altro governo, sempre controllato dall’Unione sovietica. Ormai si sa quanto accadde allora a Praga. Il simbolo, però, della resistenza antisovietica diventò un giovane studente di filosofia, Jan Palach. Con un estremo atto di abnegazione, il 16 gennaio 1969, arrivato nella piazza San Venceslao, in pieno centro di Praga, si cosparse di benzina e si diede fuoco con un accendino, diventando una torcia umana. Jan Palach morì tre giorni dopo. Ma la seria degli interventi militari attuati dall’Unione sovietica purtroppo non si fermò. Undici anni dopo, il 24 dicembre 1979 cominciò un’altra invasione, quella contro un altro Paese indipendente, l’Afghanistan. Un’invasione con l’obiettivo di deporre l’allora presidente della Repubblica democratica dell’Afghanistan, che non era visto di buon occhio dall’Unione sovietica. Al suo posto volevano un’altro presidente, ubbidiente all’Unione sovietica. Quell’invasione però diede vita ad un vasto movimento di vari raggruppamenti di guerriglieri afghani, noti come i mujaheddin. L’occupazione dei territori dell’Afghanistan durò per dieci lunghi anni. Il 15 febbraio 1989 ebbe fine l’occupazione sovietica, con la ritirata di tutti i suoi contingenti. Ragion per cui viene considerata anche come il “Vietnam sovietico”.

Gli interventi armati portati in atto dall’Unione sovietica seguirono anche dopo, quando si costituì, dal 1991, la Federazione Russa. Sono note quelle che ormai si chiamano le due guerre cecene. La prima iniziò nel 1994, quando le truppe armate della Russia entrarono in Cecenia e attaccarono Groznyj. Ma dopo lunghe e devastanti battaglie e scontri armati tra le parti e dopo la determinata resistenza dei ceceni, nonché la reazione massiccia dell’opinione pubblica, la Russia decise di ritirarsi nel 1996 e di firmare un trattato di pace nel 1997. Purtroppo i conflitti tra la Russia e la Cecenia non finirono con quel trattato di pace. Nel 1999 le truppe armate russe ritornarono ad invadere, cercando di controllare i territori conquistati dai separatisti ceceni, dando così inizio alla seconda guerra cecena. Formalmente il conflitto armato ebbe inizio dopo le incursioni militari nel Caucaso settentrionale, parte della Federazione, di raggruppamenti armati delle sedicenti Brigate Internazionali Islamiche. La reazione armata delle truppe russe è stata immediata. Un anno dopo, nel maggio del 2000, la Russia ha preso il controllo del territorio in Cecenia. Ma la presenza delle forze russe ha scatenato la reazione dei guerriglieri locali nel Caucaso settentrionale. Reazione che ha causato ingenti danni ai russi. Nel aprile 2009, dopo dieci anni di continui e sanguinosi conflitti armati, la Russia considerò finita la sua missione militare in Cecenia. Ma non smisero le sue ambizioni d’invasione. L’occasione si presentò quando la Georgia entrò, all’inizio dell’agosto 2008, con le sue truppe armate nell’Ossezia del Sud, una regione autonoma del suo territorio. Non tardò la reazione della Russia che intervenne militarmente contro la Georgia. Le forze armate russe arrivarono molto vicino alla capitale Tbilisi. Il 15 agosto 2008 fu firmato un “cessate il fuoco” tra la Russia e la Georgia. Secondo gli impegni ufficialmente presi, la Russia si doveva ritirarsi dal territorio della Georgia, mentre quest’ultima non doveva usare la forza militare contro l’Abcasia e l’Ossezia del Sud, le due regioni filorusse che nel 1991 avevano proclamato la loro indipendenza. Tre le due regioni e la Georgia i conflitti armati iniziarono dal 1991, per poi diventare violenti tra il 7 e l’8 agosto 2008. Il che portò a quella che viene nota come la guerra tra la Russia e la Georgia. La Russia però non rispettò gli accordi del 15 agosto 2008 e in seguito proclamò la costituzione di una “zona cuscinetto” intorno all’Abcasia e l’Ossezia del Sud. Così facendo la Russia non ha mai, in seguito, ritirato completamente e come prestabilito, le sue truppe dalla Georgia.

Ma la strategia espansionistica della Russia continuò. Il seguente obiettivo fu la Crimea. Era il 27 febbraio del 2014 quando delle truppe armate russe, senza insegne, entrarono in Crimea, prendendo possesso di siti strategici in tutta la penisola. In seguito è stato proclamato e costituito un governo filorusso in Crimea. La Russia ha ufficialmente riconosciuto il 18 marzo 2014 Sebastopoli e la repubblica di Crimea come parte della Federazione russa. A quella decisione della Russia si opposero duramente sia l’Ucraina che gli Stati Uniti d’America, l’Unione europea ed altri Paesi. Il che ha portato all’espulsione della Russia dal Gruppo G8. Alla Russia sono state imposte diverse sanzioni da parte degli Stati Uniti d’America, dall’Unione europea e da altri Paesi. Però, fatti accaduti alla mano, quelle sanzioni si sono rivelate un’arma a doppio taglio, con dei risultati, purtroppo, non simili a quelli prestabiliti e desiderati. Il resto è storia di questi ultimi giorni.

Si, perché sembra la Russia non abbia mai smesso di attuare le sue ambizioni di invadere territori che non le appartengono. Ne è un’altra testimonianza, purtroppo, quanto è accaduto la settimana scorsa. Nelle primissime ore del 24 febbraio è cominciata una vasta invasione militare del territorio ucraino da parte delle forze armate della Russia. Invasione che era stata annunciata alcune ore prima dal presidente russo durante un suo intervento televisivo. E, all’occasione, ha minacciato non solo gli ucraini, ma tutto il mondo. Lui, perentorio, ha dichiarato che “…Chiunque provi a interferire deve sapere che la nostra risposta sarà immediata e porterà a conseguenze mai sperimentate nella storia”! Da allora sono passati cinque giorni e gli sviluppi si susseguono. Ma sembrerebbe che il piano russo non abbia portato i risultati prestabiliti ed attesi. Questo grazie soprattutto alla determinazione e allo spiccato patriottismo dei semplici cittadini ucraini. Gli esempi sono ormai di dominio pubblico e hanno commosso l’opinione pubblica in ogni parte del mondo. Opinione che ha, allo stesso tempo, fortemente condannato la decisione del presidente russo. Ne sono una eloquente dimostrazione e testimonianza anche le massicce manifestazioni nelle piazze di molte città europee la scorsa domenica, ma anche prima. Nel frattempo il presidente ucraino ha dato un personale esempio di determinazione e di patriottismo. Egli ha anche saputo dire con poche e chiare parole delle verità che altri avrebbero preferito non venissero note pubblicamente. Ha fatto una semplice domanda il 24 febbraio scorso, rivolgendosi ai “grandi del mondo” e chiedendo: “Chi è pronto a combattere con noi? Non vedo nessuno. Chi è pronto a dare all’Ucraina una garanzia di adesione alla NATO? Tutti hanno paura”. Oppure, reagendo all’offerta statunitense di metterlo al sicuro, ha semplicemente detto: “La battaglia è qui. Mi servono munizioni, non un passaggio”! Il conflitto è tuttora in corso e gli sviluppi si susseguono. Tutto potrebbe accadere, auspicando però che di nuovo si verifichi la metafora di Davide e Golia.

Chi scrive queste righe non può non pensare, tra l’altro, anche dell’ipocrisia e dell’ambiguità verificate durante l’operato di alcuni dei “grandi del mondo” in questi giorni. Egli non può neanche ignorare determinati interessi economici e lobbistici e le derivate conseguenze. Chi scrive queste righe è convinto però che i dittatori devono essere trattati come tali e mai tollerati. Tornando agli insegnamenti della storia, egli nota che tutte le invasioni e le occupazioni da parte dell’Unione sovietica prima e poi dalla Russia sono state fatte sempre da dittatori come Stalin, Bréžnev e Putin. Ragion per cui chi scrive queste righe, parafrasando Jean Rostand, afferma che fin quando ci saranno dei dittatori, non si dovrebbe avere mai il coraggio di criticare una democrazia.

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