Non si dimentichi mai che si è eletti per operare; e non si opera per essere eletti.
La confusione dei fini risulterebbe nefasta.
Giulio Andreotti; da “Il potere logora… ma è meglio non perderlo”, 1990
“Noi riteniamo che sono per se stesse evidenti queste verità: che tutti gli uomini sono creati eguali; che essi sono dal Creatore dotati di certi inalienabili diritti, che tra questi diritti sono la Vita, la Libertà e il perseguimento della Felicità.”. Così è stato scritto all’inizio del testo originale della Dichiarazione di Indipendenza degli Stati Uniti d’America, approvata il 2 luglio 1776 durante il Congresso di Filadelfia. Ne erano convinti gli autori del testo, i membri della “Commissione dei cinque”, composta da Thomas Jefferson, John Adams, Benjamin Franklin, Robert R. Livingston e Roger Sherman. Solo due giorni dopo, la sera del 4 luglio, i rappresentanti delle tredici colonie della costa orientale del continente americano, noti come i Padri Fondatori (Founding Fathers; n.d.a.), hanno ratificato il testo della Dichiarazione. Testo che nei giorni successivi, è stato firmato da tutti i cinquantacinque delegati del Congresso di Filadelfia. Con quella firma i Padri Fondatori hanno proclamato l’Indipendenza degli Stati Uniti d’America, composta allora da tredici Stati federali, dalla Corona britannica, rappresentata dal re Giorgio III.
In seguito alla sopracitata frase iniziale della Dichiarazione dell’Indipendenza, gli autori del testo sottolineavano che “…ogni qualvolta una qualsiasi forma di governo tende a negare questi fini, il popolo ha diritto di mutarla o abolirla e di istituire un nuovo governo fondato su tali principi e di organizzarne i poteri nella forma che sembri al popolo meglio atta a procurare la sua Sicurezza e la sua Felicità”. I membri della “Commissione dei cinque” che hanno scritto la Dichiarazione dell’Indipendenza degli Stati Uniti d’America, riferendosi alle tante esperienze della società umana nel corso dei secoli, affermavano che “…l’esperienza di sempre ha dimostrato che gli uomini sono disposti a sopportare gli effetti d’un malgoverno finché siano sopportabili, piuttosto che farsi giustizia abolendo le forme cui sono abituati. Ma quando una lunga serie di abusi e di malversazioni, volti invariabilmente a perseguire lo stesso obiettivo, rivela il disegno di ridurre gli uomini all’assolutismo, allora è loro diritto, è loro dovere rovesciare un siffatto governo e provvedere nuove garanzie alla loro sicurezza per l’avvenire”. Proprio così.
Da allora sono passati circa due secoli e mezzo. Ma quanto è stato scritto nella Dichiarazione di Indipendenza degli Stati Uniti d’America rimane ancora attuale. Si, perché in diverse parti del mondo anche adesso ci sono degli autocrati che abusano del potere conferito loro. E cercano di controllare tutti i poteri, calpestando anche i diritti inalienabili dell’essere umano e i principi sui quali si fondano le società democratiche. In diverse parti del mondo ci sono degli autocrati, dei dittatori, i quali hanno ideato e stanno attuando delle strategie, dei disegni per “ridurre gli uomini all’assolutismo”. Ragion per cui ribellarsi contro quegli autocrati/dittatori diventa un dovere ed un diritto dei cittadini. Rimane sempre molto significativo ed attuale anche quanto ha affermato uno dei membri della sopracitata “Commissione dei cinque”, Benjamin Franklin. Egli era convinto che “Ribellarsi ai tiranni significa obbedire a Dio”.
In diverse parti del mondo questa convinzione di Benjamin Franklin dovrebbe motivare e spingere i cittadini a ribellarsi contro gli autocrati. Anche in Albania. Si tratta di un Paese membro della NATO (North Atlantic Treaty Organization – Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord; n.d.a.) dal 2009. Mentre dal 2014 l’Albania è anche un Paese candidato all’adesione all’Unione europea. Un riconoscimento, quest’ultimo, dovuto ai progressi fatti durante gli anni precedenti. Ma purtroppo, dal 2013, da quando ha cominciato il suo primo mandato l’attuale primo ministro, il processo di adesione non ha fatto quasi nessun altro progresso. Anzi! Fatto questo confermato dalle continue decisioni del Consiglio europeo durante questi ultimi dieci anni. Il nostro lettore è stato informato spesso di questa situazione di stallo, sempre fatti documentati alla mano.
In Albania, l’11 maggio prossimo, si svolgeranno le elezioni parlamentari. Ma siccome il primo ministro non ha mantenuto nessuna delle promesse elettorali che ha fatto durante le tre precedenti elezioni parlamentari, adesso sta cercando di ingannare di nuovo. Inganna perché ormai non è rimasto niente da promettere, visto che ha ingannato con le precedenti “promesse elettorali” che sono diventate in seguito semplicemente degli inganni elettorali. Mentre la realtà pubblicamente nota in Albania, la vera, vissuta e spesso sofferta realtà, testimonia ben altro. Testimonia di tanti, innumerevoli ormai, casi di malgoverno, come scelte prestabilite e consapevoli del primo ministro. Di colui che, invece, ha il dovere istituzionale di fare proprio il contrario, gestire nel migliore dei modi la cosa pubblica. La realtà albanese di questi ultimi anni testimonia anche innumerevoli casi di abuso del potere conferito ed in seguito anche usurpato. Così come testimonia, altresì, la consapevole violazione del principio della separazione dei poteri e l’oppressione dei diritti e delle libertà fondamentali dei cittadini. La realtà albanese di questi ultimi anni testimonia continuamente ed inconfutabilmente gli innumerevoli casi della galoppante corruzione, partendo dai massimi livelli istituzionali, quello del primo ministro incluso.
La realtà albanese di questi ultimi anni testimonia, fatti accaduti e che stanno tuttora accadendo, fatti pubblicamente ed ufficialmente noti e denunciati alla mano, il preoccupante e pericoloso controllo delle istituzioni del sistema “riformato” della giustizia da parte del primo ministro e/o di chi per lui. La realtà di questi ultimi anni in Albania testimonia chiaramente anche la connivenza del potere politico con la criminalità organizzata e l’uso di quest’ultima per garantire la “vittoria elettorale”. La realtà albanese di questi ultimi anni testimonia, una continua, ben ideata ed attuata attività che permette il riciclaggio del denaro sporco a livello internazionale. Un fatto questo confermato ormai da alcuni anni anche dai rapporti ufficiali delle istituzioni specializzate come MONEYVAL (Committee of Experts on the Evaluation of Anti-Money Laundering Measures and the Financing of Terrorism – Comitato d’Esperti per la Valutazione delle Misure contro il Riciclaggio di Denaro e il Finanziamento del Terrorismo; struttura di monitoraggio del Consiglio d’Europa; n.d.a.) e FATF (Financial Action Task Force on Money Laundering, n.d.a.), nota anche come GAFI (Gruppo di Azione Finanziaria; n.d.a.). Ragion per cui, dal 2020, hanno inserito l’Albania nella cosiddetta “zona grigia”. Il che significava che l’Albania deve essere un Paese “sorvegliato e sotto un allargato monitoraggio”.
Ma soprattutto la realtà albanese, quella vera, vissuta e spesso sofferta durante questi ultimi anni, testimonia il consolidamento di una nuova dittatura sui generis, come espressione di un’alleanza tra il potere politico, la criminalità organizzata e certi raggruppamenti occulti internazionali. Ed in una simile realtà, venerdì prossimo comincia ufficialmente la campagna elettorale in Albania. Ma siccome il primo ministro non ha niente da “promettere”, adesso ha scelto di ingannare gli albanesi con il “passaporto europeo”. Il nostro lettore è stato informato di questa “scelta” del primo ministro la scorsa settimana. (Soltanto per merito e non per interessi occulti; 31 marzo 2025).
Chi scrive queste righe pensa che si tratta semplicemente di altri inganni elettorali di un autocrate corrotto ed in grosse difficoltà. Il primo ministro albanese, nelle condizioni in cui si trova, ignora consapevolmente il consiglio di Giulio Andreotti. E cioé che non bisogna mai dimenticare “che si è eletti per operare; e non si opera per essere eletti. La confusione dei fini risulterebbe nefasta”.