Interviste

Per non cedere di un passo

Intervista a Francesca Casella, Direttrice di Survival International Italia

1) Qual è la situazione, in questo momento, dei popoli che abitano l’Amazzonia brasiliana? Come si sta diffondendo il Covid-19? Quale notizie vi arrivano dai popoli con i quali collaborate e che sostenente? 
L’epidemia si è ormai diffusa in tutto il continente sudamericano e sta colpendo in modo particolarmente duro le comunità indigene. Solo in Brasile i contagi indigeni confermati sono oltre 46.508 e i decessi almeno 929 (dati APIB), ma il vero numero degli infettati è probabilmente molto più alto, perché i casi sono ampiamente sottostimati e il numero di test diagnostici effettuati è esiguo. Il virus costituisce un pericolo mortale per tutti, ma lo è ancora di più per i popoli indigeni: le loro comunità vengono infatti colpite in modo sproporzionato.
Coloro che in passato sono stati sfrattati dalle loro terre hanno perso molta della loro autosufficienza e del benessere di un tempo: avevano centinaia di piante medicinali per curare disturbi che gli sono familiari, ma oggi dipendono dagli ospedali per le malattie portate dagli esterni, e pur trovandosi in precario stato di salute spesso non hanno accesso a un’adeguata assistenza sanitaria. Allo stesso tempo, molti altri indigeni che vivono ancora sulle loro terre, e sono quindi più forti, vedono i loro territori invasi, spesso con l’avallo delle autorità. Gli viene detto di auto-isolarsi per proteggersi dall’epidemia ma per loro è impossibile se nella foresta ci sono migliaia di invasori!

Secondo un rapporto realizzato dalle organizzazioni Yanomami e Ye’kwana, a permettere la rapida diffusione del virus nella terra yanomami sono proprio la negligenza e la complicità del governo di Bolsonaro rispetto alla continua invasione e distruzione di ampie porzioni del territorio da parte dei cercatori d’oro illegali. Nell’area abitano anche diversi gruppi di incontattati, tra i popoli più vulnerabili del pianeta: se dovessero entrare in contatto con qualcuno dall’esterno si troverebbero esposti a rischi estremi. In dicembre gli Yanomami hanno consegnato al Congresso brasiliano una petizione che ha raccolto 439.000 firme (https://www.minersoutcovidout.org/) per chiedere l’immediata espulsione dei circa 20.000 cercatori d’oro illegali dall’area.

2) Quali sono le principali minacce per i popoli indigeni del Brasile? 

Senza dubbio l’invasione e la distruzione delle loro terre: che siano taglialegna, cercatori d’oro, allevatori o coloni non fa molta differenza. La retorica razzista del Presidente Bolsonaro alimenta le invasioni dei territori indigeni da parte di coloro che si sentono incoraggiati dal disprezzo che mostra per questi popoli e dall’indebolimento di agenzie federali come il FUNAI (il Dipartimento brasiliano agli Affari Indigeni) e l’IBAMA (l’Istituto per l’ambiente e le risorse naturali), che si sono viste ridurre drasticamente il budget e lo staff.

Manovra dopo manovra, Bolsonaro e il suo governo continuano a promuovere un vero e proprio “genocidio legalizzato” dei popoli indigeni del paese. Il Presidente sostiene, ad esempio, la proposta del “Marco Temporal” (limite temporale) che stabilisce che i popoli indigeni che al 5 ottobre 1988 – giorno in cui fu promulgata la Costituzione brasiliana – non abitavano fisicamente sulle loro terre, non hanno più alcun diritto a viverci. Se venisse approvata avrebbe un impatto devastante su centinaia di territori indigeni, distruggendo la vita di decine di migliaia di persone.

3) I popoli indigeni che abitano l’Amazzonia sono molti. Alcuni non hanno mai avuto contatti con il mondo esterno e infatti vengono definiti “incontattati”. Cosa intendiamo?

L’Amazzonia è la più grande foresta pluviale del mondo. Ma è anche la dimora ancestrale di almeno 1 milione di indigeni. Sono divisi in circa 400 tribù, ognuna con la sua lingua, la sua cultura, il suo territorio.

Molti dei popoli amazzonici brasiliani contano oggi meno di 1.000 individui, ma il loro numero varia moltissimo, dai 60.000 Ashàninca del Perù ai 3 Akuntsu del Brasile. Il caso più estremo è quello de “l’ultimo della sua tribù”, un uomo che vive isolato in un angolo di foresta circondato dal bestiame degli allevatori e dalle piantagioni di soia nello stato brasiliano di Rondônia, uno dei più violenti del Brasile. Molti popoli sono in contatto con il mondo esterno da oltre 500 anni. Le tribù incontattate (https://www.survival.it/tribuincontattate), invece, non hanno rapporti con le società che li circondano; la più alta concentrazione di questi popoli si trova proprio in Amazzonia. Il FUNAI stima ci siano almeno 100 gruppi, e sono i popoli più vulnerabili del pianeta. Intere popolazioni rischiano di essere spazzate via dalle violenze di esterni che le derubano di terre e risorse, e da malattie come influenza e morbillo, verso cui non hanno difese immunitarie.

4) I popoli indigeni sono i veri custodi della biodiversità, cosa significa e perché?

I popoli indigeni sono i migliori conservazionisti e custodi del mondo naturale. Le prove scientifiche hanno ormai ampiamente dimostrato che sanno prendersi cura dei loro ambienti e della fauna meglio di chiunque altro. Da generazioni le gestiscono e ne dipendono, e le loro conoscenze sono uniche e insostituibili.

Non è un caso che l’80% della biodiversità del nostro pianeta si trovi proprio nei territori indigeni. Anche le immagini satellitari dell’Amazzonia sono impressionanti, perché spesso la deforestazione si ferma proprio laddove incominciano i confini dei territori indigeni. Per questo è fondamentale che questi popoli vengano riconosciuti come i partner principali nella lotta ai cambiamenti climatici (https://www.survival.it/su/cambiamenticlimatici) e che i loro diritti territoriali siano rispettati, a beneficio anche di tutti noi.

5) Per primi avete denunciato che in Amazzonia si sta compiendo un genocidio. Perché è così difficile fermarlo?
Per la nostra esperienza – e Survival lavora a stretto contatto coi popoli indigeni in Amazzonia da oltre 50 anni – questo è uno dei momenti peggiori per i popoli indigeni del Brasile dai tempi della dittatura militare. Da un lato, fin da subito Bolsonaro ha dichiarato guerra ai primi popoli del paese senza nemmeno tentare di nasconderlo, dall’altro la sua ‘non’ gestione della pandemia ha portato la crisi a un livello superiore, ancora più grave. I suoi sono tutti atti di criminale irresponsabilità. I popoli indigeni ovviamente, stanno contrattaccando e stanno resistendo. Hanno già ottenuto molti successi, ma la lotta è dura perché il governo è ampiamente controllato dalla lobby delle tre “B” come viene chiamata: ovvero da quella delle armi, dei buoi (l’agrobusiness) e della bibbia (gli evangelici) – Biblia, Boi, Bala.

Il presidente Bolsonaro sta inoltre facendo grande pressione perché il Congresso approvi il suo Decreto Presidenziale MP910, noto come “il decreto del land grabbing”, che comporterebbe la vendita di vaste aree indigene a scopo di sfruttamento commerciale. Inoltre, mancando di proteggere i popoli indigeni dagli invasori e bloccando i piani sanitari necessari a combattere il Covid-19 tra le loro comunità, Bolsonaro sta di fatto incoraggiando la diffusione della pandemia.

La leader indigena Brasiliana Celia Xakriaba lo ha detto molto chiaramente: “Ci rendiamo conto che la pandemia è una crisi per tutta l’umanità, ma sappiamo che i Brasiliani non saranno sterminati completamente. Per i popoli indigeni tuttavia rappresenta una reale minaccia di sterminio”.

6) Che cosa state facendo voi di Survival e che cosa possiamo fare perché non si compia il genocidio?

A fianco dei popoli indigeni del Brasile Survival International (https://www.survival.it/) sta conducendo una campagna internazionale per fermare il genocidio in corso nel paese (https://www.survival.it/genocidiobrasile), coinvolgendo in azioni mirate l’opinione pubblica internazionale.

Ad esempio, insieme a molti popoli e organizzazioni indigene abbiamo fatto pressione su politici brasiliani di spicco e abbiamo partecipato a una maratona di tweet indirizzati ai membri del Congresso che hanno bloccato il primo tentativo di fare votare l’MP910. Più di recente, grazie alla pressione dell’opinione pubblica internazionale, abbiamo ottenuto anche la destituzione di Ricardo Lopes Dias, un missionario evangelico che era stato nominato capo del Dipartimento governativo per gli Indiani incontattati con il chiaro intento di raggiungerli e assimilarli.

I 50 anni di esperienza e i tanti successi ottenuti da Survival nel corso del tempo, dimostrano che la pressione dell’opinione pubblica internazionale è di gran lunga l’arma più efficace per ottenere cambiamenti reali per i popoli indigeni e garantire loro un futuro. Per questo non ci arrenderemo, e non cederemo mai di un passo.

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