I padri violenti e le madri folli dello Jugendamt
Era iniziato tutto, come sempre, nel più banale dei modi. Dopo oltre vent’anni di matrimonio, tre figlie (una maggiorenne, una adolescente e l’ultima di otto anni), incomprensioni durate tanti anni e di fatto una convivenza che non è più tale. Lui ha un buon lavoro che lo costringe spesso lontano da casa; per questo vive in un altro appartamento per tutta la settimana. Lei è insegnante, in forza alla scuola (frequentata da entrambe le figlie) che si trova quasi di fronte a casa. Quando lei chiede il divorzio pensa di non fare altro che regolarizzare in tribunale la realtà di fatto: madre e figlie vivono nella casa familiare di fronte alla scuola e il padre è ormai in un altro appartamento, vicino al suo lavoro e alle sue nuove relazioni sociali. Ma non ha tenuto conto dell’unica variabile determinante in questa vicenda: lei è straniera in terra teutonica e come tale non potrà mai vivere da divorziata con le sue figlie. Il divorzio binazionale viene pronunciato in Germania solo quando l’affido esclusivo della prole è passato al genitore tedesco. Come? Le varianti sono poche e sempre uguali e si possono pertanto riassumere brevemente. Prima variante: se lo straniero, cioè non-tedesco, è il padre, verrà accusato (ovviamente senza la necessità di nessuna prova) di violenza domestica. Tutti i padri italiani, dei quali le madri tedesche si vogliono sbarazzare, sono dei violenti. Seconda variante: se è la madre ad essere straniera e pensa di ritornare al suo paese con la prole, l’intenzione di voler traslocare (e non il fatto) è sufficiente a fare di lei una madre snaturata che intende portare i figli fuori da quel paradiso terrestre, soprattutto per i bambini, che è la Germania. In altre parole, indipendentemente dalle situazioni, il “bene del bambino” coincide sempre e comunque con la permanenza in Germania. Se un genitore vuole andarsene e l’altro, quello tedesco, non desidera il collocamento del figlio, anche un istituto o una famiglia affidataria verranno ritenute la migliore alternativa al trasferimento. In sostanza, meglio perdere i genitori, ma restare in Germania. Terza variante: questa variante è quella speculare della prima, se i padri stranieri sono sempre violenti, le madri straniere sono sempre pazze. A costruire questa pazzia collaborano tutti, non solo lo Jugendamt, il Controllore del procedimento (Verfahrensbeistand) e la controparte, ma anche il giudice stesso e l’avvocato della signora che per primo penserà, “sinceramente” preoccupato per lei, di farla visitare da chi di dovere. Questi cosiddetti “esperti” che visitano, colloquiano e redigono perizie o semplici “prese di posizione” (Stellungnahme) vengono infatti scelti in base al risultato che si vuole ottenere, cercare gli indizi di probabili e segreti impulsi violenti nei padri, oppure stravolgere qualsiasi affermazione della madre straniera per dichiararne l’instabilità mentale. Nel caso in questione si è mosso per primo il giudice. In presenza di tensione per le incomprensioni sempre più profonde tra i genitori, il giudice ha pensato, ovviamente per il bene delle figlie, di buttar fuori di casa la madre. Ma non lo ha decretato in modo così lineare, perché altrimenti avrebbe esternato la sua esterofobia (peraltro comune a tutto il sistema familiare tedesco), ha utilizzato uno dei classici escamotage: con l’aiuto dell’avvocato della signora, ha convinto quest’ultima a lasciare la casa per due mesi. A partire da questo momento, mentre il genitore non-tedesco ancora non ha capito con chi ha a che fare, si mette in moto l’ingranaggio che le toglierà definitivamente la casa, poi le figlie e poi persino il diritto ad avvicinarle. Il tutto è “ricoperto” da un teutonico “bene del bambino”, dove il bene è percepito solo dalle casse tedesche poiché questa madre, come tutti, dovrà versare un lauto mantenimento, il cui importo viene deciso senza neppure tenere in considerazione i suoi introiti. E se le figlie scappassero? Ormai sono grandi, potrebbero pensarci. In questo caso la madre verrebbe accusata di aver complottato e organizzato la fuga, di aver infranto il divieto di avvicinamento e/o contatto, di essere insomma davvero pericolosa e dunque a maggior ragione da annientare.