In attesa di Giustizia: Libera Chiesa in libero Stato
Con queste parole viene definita la concezione separatista in tema di rapporti tra Chiesa e Stato, utilizzata per primo dal politico e filosofo francese Charles de Montalebert, poi ripresa da Cavour al quale ne viene attribuita la paternità dopo la citazione avvenuta in seguito alla proclamazione del Regno d’Italia che portò alla individuazione di Roma come capitale; secondo il pensiero dello statista piemontese, il Papa avrebbe – quindi – dovuto dedicarsi all’esercizio del potere spirituale dimenticandosi quello temporale sui suoi possedimenti con ciò permettendo la convivenza tra Stato e Chiesa. E viceversa.
Sono passati decenni, si sono succeduti nel tempo i Patti Lateranensi nel 1929, la loro revisione nel 1984 a regolare i rapporti (anche di natura giudiziaria) tra Italia e Santa Sede e con la Costituzione Repubblicana si è abbandonato il concetto di religione di Stato lasciando ai cittadini la libertà di credo.
Qualche bizzarro cascame da Statuto Albertino, sia pure con qualche “arrangiamento”, si annida peraltro nelle pieghe del nostro sistema penale non meno che nel pensiero di chi è deputato all’esercizio dell’azione penale: per esempio, la Procura della Repubblica di Crotone che ha ritenuto – non avendo, evidentemente, nulla di meglio da fare – di indagare per “offesa ad una confessione religiosa” (art. 403 e 404 del codice penale) Don Mattia Bernasconi, della parrocchia di San Luigi Gonzaga di Milano.
Cerchiamo, allora, di comprendere di quale rimproverabile ed indegna condotta si sia reso responsabile questo sacerdote, nei cui confronti sono già stati lanciati strali diocesani: ha celebrato la messa in mare per i giovani della sua parrocchia che aveva accompagnato ad un campo nella cooperativa Terre Joniche – Libera Terra. Nell’ultimo giorno di permanenza in Calabria aveva anche deciso di portarli in spiaggia invece che in una pineta, originaria destinazione risultata, però, già occupata.
Qui giunti, essendo domenica, a causa del caldo è maturata la scelta di celebrare la messa in mare utilizzando un materassino come altare.
Una comprensibile coniugazione tra il rispetto del precetto domenicale e la salvaguardia della salute riparandosi dalle temperature feroci di questo periodo che non ha evitato a Don Mattia le censure dei suoi superiori prima e l’inflessibilità della legge secolare poi; il Procuratore capo di Crotone in persona ha confermato l’apertura di un fascicolo sull’accaduto delegando nientemeno che alla DIGOS lo svolgimento delle indagini. Verranno, quindi, sentiti testimoni, acquisiti filmati e foto della funzione dai telefonini, interpellati vescovi e cardinali, forse anche indagati per concorso nel reato i turisti che hanno prestato il materassino al sacerdote. Questo ci vuole per ridare dignità ad un Paese! Tolleranza zero alla maniera di Rudolph Giuliani: e partendo da una intransigente persecuzione di quelli che sembrano illeciti minori od anche semplici atti devianti che violano norme sociali si andrà realizzare una funzione salvifica e moralizzatrice a tutti i livelli.
Saremmo stati, però, ancor più grati al procuratore di Crotone se prima di muoversi e spedire le sue truppe all’assalto, avesse prestato più attenzione a quanto prevede il codice penale e cioè che il reato di offesa ad una confessione religiosa si commette mediante il vilipendio di chi la professa, di un ministro o di oggetti di culto, strumenti liturgici, cose consacrate. Dell’uso, magari fantasiosamente improprio, dei materassini da mare per celebrare messa (da parte di un sacerdote regolarmente ordinato) in mare non si parla.
Sembra, piuttosto, di poter dire che la scelta di Don Mattia sia stata indicativa del fatto che la fede, la preghiera, il sentimento religioso non sono legati necessariamente ad un luogo o ad un momento ma sono dentro di noi e devono potersi esprimere liberamente.
Soccorre anche inesorabilmente alla memoria, ed a modo di conclusione, un detto proprio della saggezza popolare calabrese: “Studia, studia, se no finisci a fare il Pubblico Ministero”.