Arte

  • A Milano ‘Andy Warhol. La pubblicità della forma’, la mostra sull’artista simbolo della pop art americana

    Ancora poco più di un mese per visitare Andy Warhol. La pubblicità della forma, la spettacolare mostra dedicata al grande artista americano, simbolo indiscusso della pop art, alla Fabbrica del Vapore di Milano, promossa e prodotta da Comune di Milano–Cultura e Navigare e curata da Achille Bonito Oliva con Edoardo Falcioni per Art Motors, Partner BMW e Hublot. Fino al 26 marzo sarà possibile ammirare oltre trecento opere, per la maggior parte uniche, divise in sette aree tematiche e tredici sezioni: dagli inizi negli anni Cinquanta quando Warhol era illustratore commerciale sino all’ultimo decennio di attività negli anni Ottanta connotato dal rapporto con il sacro. Un vero e proprio viaggio nell’universo artistico e umano di uno degli artisti che hanno maggiormente innovato la storia dell’arte mondiale e influenzato un’intera generazione di artisti come Basquiat, Haring, Scharf che lo considerano il loro padre spirituale. Tele, carte, sete, latte con le famose ed uniche Polaroid, per arrivare agli acetati unici che fanno parte della seconda fase del suo lavoro.

    Senza dimenticare la storica Factory, dove Warhol accolse attori, musicisti, scrittori, tutto il mondo creativo newyorchese, creando i primi film come i The Velvet Uderground & Nico, per cui realizza anche la copertina del celebre LP.

    La grande intuizione di Wharol, da giovane pubblicitario di successo, fu quella di ripetere una immagine più e più volte, in modo da farla entrare per sempre nella mente del pubblico. Thirty Are Better Than One, la sua prima Monna Lisa ripetuta ben trenta volte, viene trasformata in un’opera di tutti e per tutti, trasformando il linguaggio della pubblicità in arte e ridefinendo il compito dell’artista che non più quello di creare ma di riprodurre.

    Per far questo Warhol adotta una speciale tecnica di serializzazione, con l’ausilio di un impianto serigrafico, che facilita la realizzazione delle opere e riduce notevolmente i tempi di produzione. Su grosse tele riproduce moltissime volte la stessa immagine alterandone i colori: usando immagini pubblicitarie di grandi marchi commerciali o immagini di impatto come incidenti stradali o sedie elettrice, riesce a svuotarle del significato originario. L’arte deve essere “consumata” come qualsiasi altro prodotto.

    La tecnica della serigrafia viene usata da Warhol già nel 1962 per realizzare la serie Campbell’s Soup Cans. Lo stesso fa con i ritratti delle celebrità dell’epoca: Marilyn Monroe, Mao Zedong, Che Guevara, Michael Jackson, Elvis Presley, Elizabeth Taylor, Brigitte Bardot, Marlon Brando, Liza Minnelli, Gianni e Marella Agnelli, le regine Elisabetta II del Regno Unito, Margherita II di Danimarca, Beatrice dei Paesi Bassi, l’imperatrice iraniana Farah Pahlavi, la principessa di Monaco Grace Kelly, la principessa del Galles Diana Spencer.

    La mostra milanese vuole documentare questo avvincente percorso: dagli oggetti simboli del consumismo di massa, ai ritratti dello star system degli anni ’60; dalla serie Ladies & Gentlemen degli anni ’70 dedicata alle drag queen, i travestiti, simbolo di emarginazione per eccellenza e considerati alla pari di star come Marilyn, sino agli anni ’80 in cui diviene predominante il rapporto col sacro: cattolico praticante, ne era stato in realtà pervaso per tutta la vita.

    Nella mostra milanese sono esposte quasi tutte opere uniche come tele, serigrafie su seta, cotone e carta, oltre a disegni, fotografie, dischi originali, T-shirt, il computer Commodore Amiga 2000 con le sue illustrazioni digitali – i primi NFT della storia – , la BMW Art Car dipinta da Warhol con il video in cui la realizzò, la ricostruzione fedele della prima Factory e una parte multimediale con proiezioni di film da vedere con gli occhialini tridimensionali.

    Andy Warhol muore nel 1987 per una infezione alla cistifellea. Le sue icone, i suoi personaggi, i suoi soggetti sono riprodotti ovunque, in tutto il mondo, su vestiti, matite, poster, piatti, zaini. Ha anticipato i social network e la globalizzazione degli anni Duemila, ha cambiato per sempre la storia dell’arte, è ancora attualissimo e amato da un pubblico trasversale.

    La mostra rappresenta una occasione imperdibile per godere della sua arte unica, coraggiosa, innovativa e traboccante di idee.

  • Giovanni Giusti non solo un fotografo

    La mostra “Anime pure” di Giovanni Giusti, inaugurata il 27 agosto nella Torre dell’Orologio di San Polo d’Enza, si concluderà sabato 15 ottobre, ancora pochi giorni per potere apprezzare le foto che l’artista ha scattato in uno dei suoi ultimi viaggi a Goa.

    “Anime pure” perché ogni foto rappresenta la purezza, la dignità di bambini che guardano avanti, non sono semplici ritratti o spaccati di vita presi a caso per commuovere o per fissare attimi fuggenti. Nelle sue foto Giovanni Giusti cerca e trova l’anima di chi è fotografato per poi parlare alle anime di chi osserva.

    Una ricerca la sua, quasi una missione che continua da anni, un lavoro costante di ricerca e di condivisione, il tentativo, ripetuto con passione e dedizione, di fare percepire a noi, così lontani dalle spiagge, dove alcuni vivono intensi periodi di turismo e molti altri, specie i bambini, rischiano ogni giorno di non vedere il giorno dopo, sensazioni e vite reali.

    Nessuna immagine violenta, cruda, angosciante ma solo realtà semplici e pure, quella purezza che non dovrebbe mai essere strappata ai bambini e che dovremmo, almeno un po’, conservare da adulti.

  • La cultura muove l’Europa: il più grande programma di mobilità dell’UE offre nuove opportunità agli artisti e ai professionisti della cultura

    La Commissione ha avviato La cultura muove l’Europa, il suo nuovo programma di mobilità permanente per gli artisti e i professionisti della cultura, nonché un primo invito alla mobilità individuale. Beneficiando di un bilancio totale di 21 milioni di € nell’ambito del programma Europa creativa per un periodo di tre anni (2022-2025), il programma La cultura muove l’Europa diventa il più grande programma europeo di mobilità per artisti e professionisti della cultura destinato a tutti i paesi e i settori di Europa creativa contemplati dalla sezione Cultura del programma.

    Tra i partecipanti figureranno rappresentanti delle istituzioni dell’UE, dei portatori di interessi e delle organizzazioni del settore culturale. Il programma La cultura muove l’Europa risponde alle esigenze dei settori culturali e creativi in termini di opportunità di mobilità inclusiva e sostenibile, con una particolare attenzione agli artisti emergenti.

    Attuato dal Goethe-Institut per conto della Commissione, La cultura muove l’Europa prevede due azioni: mobilità individuale e residenze. Grazie alle borse di mobilità, offrirà a circa 7.000 artisti e professionisti della cultura l’opportunità di recarsi all’estero, nell’UE e nel resto del mondo, per lo sviluppo professionale o le collaborazioni internazionali, per partecipare a residenze artistiche o per ospitare artisti e professionisti della cultura. L’azione relativa alle residenze sarà avviata all’inizio del 2023.

    Il primo invito alla mobilità individuale è rivolto ad artisti e professionisti della cultura che operano nei seguenti settori: architettura, patrimonio culturale, design, moda, traduzione letteraria, musica, arti visive e arti dello spettacolo dai paesi che partecipano al programma Europa creativa e che si recano in un altro paese del programma Europa creativa, per una durata compresa tra 7 e 60 giorni per i singoli artisti e tra 7 e 21 giorni per i gruppi (da 2 a 5 persone).

    L’attuale invito è aperto dal 10 ottobre 2022 al 31 maggio 2023. L’azione di mobilità individuale opererà sulla base degli inviti a presentare proposte aperti ogni anno, dall’autunno alla primavera, con valutazioni mensili.

    La sovvenzione per la mobilità del programma La cultura muove l’Europa comprende: spese di viaggio standard (350 € per i viaggi di andata e ritorno per le distanze inferiori a 5.000 km e 700 € per quelle superiori a 5.001 km) e 75 € di indennità giornaliera per contribuire alle spese di soggiorno e alloggio.

    Inoltre sono previste diverse integrazioni, in linea con le priorità orizzontali del programma, quali l’inclusione e la sostenibilità.

    • Integrazione “verde”: ulteriori 350 € per incoraggiare gli artisti e i professionisti della cultura a non utilizzare il trasporto aereo.
    • Sostegno agli artisti e agli operatori culturali con esigenze particolari legate alla disabilità.
    • Sostegno ai richiedenti provenienti da paesi, territori e regioni ultraperiferici o che viaggiano verso tali destinazioni.
    • Integrazione familiare per artisti che hanno un figlio di età inferiore a 10 anni.
    • Integrazione per l’acquisto di un visto.

    Inoltre gli artisti ucraini, che potrebbero non essere in grado di lasciare il paese, avrebbero la possibilità, in via eccezionale, di chiedere direttamente la mobilità virtuale. In tal caso, essi riceverebbero 35 € di indennità giornaliera.

  • La Commissione europea avvia una consultazione pubblica sul prossimo piano d’azione per contrastare il traffico illecito di beni culturali

    La Commissione ha avviato una consultazione pubblica per il prossimo piano d’azione sulla lotta contro il traffico illecito di beni culturali. Il piano d’azione, annunciato nella strategia dell’UE per la lotta alla criminalità organizzata, fornirà un quadro strategico globale per coordinare gli sforzi volti a combattere il traffico illecito di beni culturali. L’obiettivo è interrompere le attività criminali connesse e proteggere il patrimonio culturale.

    Secondo Interpol, oltre la metà dei circa 850 000 beni culturali sequestrati in tutto il mondo nel 2020 è stata confiscata in Europa. Tra questi figurano oggetti numismatici (monete, denaro o medaglie), dipinti, sculture e materiale archeologico e bibliotecario. Questo dimostra l’importanza e l’impatto dell’azione europea contro i reati connessi ai beni culturali.

    Tutte le parti interessate, compresi gli operatori del mercato dell’arte, i ricercatori, i musei, la società civile, le autorità pubbliche, le organizzazioni internazionali e i cittadini, sono invitate a partecipare alla consultazione pubblica. I risultati contribuiranno a orientare l’elaborazione del piano d’azione.

    La consultazione pubblica rimarrà aperta fino al 15 luglio.

    Fonte: Commissione europea

  • Marc Chagall, una storia tra due mondi

    Si intitola “Marc Chagall. Una storia di due mondi” la mostra dedicata ad uno degli artisti moderni più popolari e amati allestita al Mudec di Milano e visitabile fino al 31 luglio.

    Prodotto da 24 ORE Cultura – Gruppo 24 ORE, promosso dal Comune di Milano-Cultura e curato dall’Israel Museum di Gerusalemme il progetto espositivo affronta l’opera di Marc Chagall da un punto di vista nuovo, collocandolo nel contesto del suo background culturale, grazie alla straordinaria collezione nell’Israel Museum, che presenta in mostra una selezione di oltre 100 opere donate per la maggior parte dalla famiglia e dagli amici di Chagall. In particolare il focus è sui lavori grafici dell’artista e sulla sua attività di illustratore editoriale.

    La mostra ripercorre alcuni temi fondamentali della sua vita e della sua produzione: dalle radici nella nativa Vitebsk (oggi Bielorussia), descritta con amore e nostalgia nella serie Ma vie, all’incontro con l’amata moglie Bella Rosenfeld, della quale illustrò i libri Burning Lights e First Encounter, dedicati ai ricordi della vita di Bella nella comunità ebraica, pubblicati dopo la morte prematura della donna e di cui in mostra sono esposti i disegni originali.

    Il progetto espositivo mette in relazione queste opere con il contesto culturale da cui nacquero: la lingua, gli usi religiosi e le convenzioni sociali della comunità ebraica yiddish, così come i colori e le forme che Chagall assimilò da bambino ed espresse al meglio da adulto, il rapporto esistente nell’opera di Chagall tra arte e letteratura e tra linguaggio e contenuto.

    I lavori esposti riflettono dunque l’identità poliedrica dell’artista, che è al tempo stesso il bambino ebreo di Vitebsk; il marito che correda di immagini i libri dell’amata moglie; l’artista che illustra la Bibbia, volendo rimediare così alla mancanza di una tradizione ebraica nelle arti visive; e infine l’originale pittore moderno che, attraverso l’uso dell’iconografia cristiana, piange la sorte toccata nel suo secolo al popolo ebraico.

    Divisa in quattro sezioni la mostra racconta il volto umano di Chagall e il carico evocativo della sua storia. La prima sezione abbraccia il tema della Cultura ebraica e Yiddish. La seconda sezione della mostra è dedicata al tema della Nostalgia, evidente in molte sue opere, dalle radici nella nativa Vitebsk, descritta con amore e nostalgia nella serie Ma vie, all’incontro con la prima moglie Bella Rosenfeld.

    La terza sezione descrive le Fonti di ispirazione di Chagall. La mostra presenta le sue illustrazioni della Bibbia: disegni e stampe su temi che esercitarono sempre un grande fascino su di lui e che rivelano un’interpretazione straordinariamente “umanista” delle Scritture; la Bibbia Ebraica (quella che racconta l’Antico Testamento) è infatti rappresentata come un ciclo di incontri storici tra l’uomo e Dio.

    Infine, l’ultima sezione ci porta in Francia, la nuova patria. Il ricco cromatismo che si suole associare ai dipinti e alle stampe di Chagall emerse solo nel momento in cui egli lasciò la Russia per la Francia. Stabilitosi a Parigi, Chagall abbracciò la sua nuova, colorita patria assimilando tutte le risorse culturali che essa gli offriva.

    Nel corso della sua straordinaria carriera, Chagall ha prodotto numerose opere grafiche – disegni, incisioni, litografie – dimostrando di essere un maestro della linea e della superficie oltre che un eccellente colorista. Probabilmente rimane ineguagliato nell’abilità di tradurre il colore in un mezzo esclusivamente bianco e nero, mantenendo le gradazioni dei toni. Nelle illustrazioni per i libri – dall’autobiografia alla Bibbia – rimane fedele al testo accompagnandolo con immagini che di solito non si limitano a illustrare particolari episodi.

    Dal bianco e nero al colore. La joie de vivre degli anni della sua formazione trova espressione nell’arte di Chagall in colori vivaci e in immagini ricche ed evocative, ora malinconiche ora gioiose: temi archetipici di tutto il suo lavoro, immediatamente riconoscibili da spettatori appartenenti alle più diverse culture.

  • Milano celebra Mondrian

    Mancano solo pochi giorni per poter visitare al Mudec di Milano la mostra Piet Mondrian – Dalla figurazione all’astrazione. Per la prima volta nel capoluogo lombardo un progetto espositivo interamente dedicato all’artista olandese e al processo evolutivo artistico che lo portò dalla figurazione all’astrazione, dalla tradizione del paesaggio olandese allo sviluppo del suo stile unico, che l’ha reso inconfondibile e universalmente celebre.

    La mostra, visitabile fino al 27 marzo, prodotta da 24 ORE Cultura – Gruppo 24 ORE, promossa dal Comune di Milano-Cultura e con il patrocinio del Consolato dei Paesi Bassi a Milano, è stata realizzata grazie alla collaborazione del Kunstmuseum Den Haag, detentore della più importante collezione di opere di Mondrian al mondo, e che ha prestato sessanta opere, scelte tra quelle di Mondrian, degli artisti della Scuola dell’Aja e dei designer De Stijl. In mostra anche due opere di Mondrian provenienti dal Museo del Novecento di Milano – un esempio delle poche opere dell’artista presenti in collezioni italiane – e un quadro neoplastico proveniente dal National Museum of Serbia di Belgrado.

    Il percorso espositivo prende vita e si snoda attraverso sezioni tematiche. Una chiave di lettura visuale e dunque immediata dell’evoluzione stilistica dell’artista, utile alla comprensione delle stesse opere interamente astratte del suo ultimo periodo.

    Filo conduttore su cui si esplica il confronto tra le opere del primo periodo “figurativo” a quelle del periodo “astratto” è quello del paesaggio, con confronti tra le sue opere e quelle dei pittori della “Scuola dell’Aja”, un gruppo di artisti operanti nella città olandese tra il 1860 e il 1890.

    Una sezione della mostra sarà dedicata a “De Stijl” (Lo Stile), movimento sorto nei Paesi Bassi nel 1917 su iniziativa dello stesso Mondrian e di Theo van Doesburg e attivo ancora alle soglie degli anni Trenta, che innovò arte, architettura e design, con opere – tra gli altri – di Gerrit Thomas Rietveld.

    I dipinti di Piet Mondrian (1872-1944), per i quali il maestro olandese è celebre quale indiscusso pioniere dell’arte “astratta”, sono in realtà il risultato di una lunga ricerca di equilibrio e di perfezione formale, di una progressiva evoluzione stilistica che ha il suo punto di partenza nel naturalismo e nell’impressionismo e che passa poi via via attraverso il post-impressionismo, i fauves, il simbolismo e il cubismo.

    In tale contesto, una parte centrale, benché meno nota, della sua produzione è la pittura di paesaggio: immagini che raffigurano in particolare aspetti caratteristici della natia Olanda. Prevalenti in tutta la prima fase della sua carriera di artista, i paesaggi vengono successivamente affrontati da Mondrian con una varietà di stili e di tecniche che attestano non solo l’influenza di vari movimenti artistici, ma anche la sua ricerca di un’espressione personale.

    Mondrian rimase nella tradizione della pittura realista olandese. Nelle sue prime opere fu un realista figurativo e come – amava dire – nelle opere più tarde, un realista astratto. Dichiarò nel 1942: “Per me non c’è differenza tra i primi e gli ultimi lavori: fanno tutti parte della stessa cosa. Non sento la differenza tra il vecchio e il nuovo nell’arte come tale, ma come continuità”.

    Grande appassionato di jazz, Mondrian trovò molte analogie tra i suoi quadri e le jazz band: gli uni e le altre fortemente organizzati, lasciavano spazio anche alla rottura e all’improvvisazione.

    Esibendo dipinti che coprono tutte le fasi della carriera artistica di Mondrian e argomentandone il passaggio dalla pittura figurativa all’astrattismo, questo progetto presenta il maestro olandese come uno dei più importanti coloristi del suo tempo e uno dei maggiori maestri della pittura novecentesca. La mostra, dunque, invita il visitatore a scoprire i capolavori di Mondrian secondo una diversa e inusuale chiave di lettura.

    Quella di poter ammirare opere di Mondrian in Italia è un’occasione che capita di rado. Nei musei italiani d’arte moderna e contemporanea è infatti scarso il numero delle opere dell’artista che pure è stato una figura centrale dell’arte internazionale del XX secolo, contribuendo a farne la storia. Le poche opere del maestro olandese conservate in Italia (il Faro a Westkapelle del Museo del Novecento a Milano ed esposto in mostra; la Composizione A della Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea a Roma; Impalcatura, Oceano 5 e Composizione con grigio e rosso della Collezione Peggy Guggenheim a Venezia), se da una parte fanno rimpiangere ancor più tale lacuna, dall’altra, con la loro bellezza, costituiscono uno stimolo ulteriore ad allargare e ad approfondire la conoscenza dell’opera di questo artista, e dunque ad apprezzare meglio l’opportunità – pressoché unica a molti anni di distanza dall’ultima monografica a lui dedicata – che questa nuova mostra offre al pubblico italiano.

    L’influenza che il Mondrian della fase neoplastica ha avuto sul mondo del design è ampia e riguarda molte delle sue diramazioni: dall’arredo alla grafica, dall’interior all’exhibition design, fino ad arrivare addirittura alla moda. In questo percorso il design italiano ha svolto un ruolo centrale: è grazie a produttori e pensatori del Made in Italy che molte di queste influenze hanno avuto la possibilità di realizzazione.

  • Milano e l’arte negata

    L’arte in ogni propria espressione rappresenta la sublimazione del libero pensiero e come tale deve venire rispettata, indipendentemente persino dalla complessità umana e politica del suo stesso autore.

    Ugualmente l’arte deve essere svincolata da ogni valutazione di opportunità storica e, di conseguenza, dal contesto politico e sociale nel quale questa possa trovare la propria forma ma soprattutto indipendentemente dal possibile utilizzo propagandistico ed ideologico, come già avvenuto in passato, dei diversi protagonisti politici ed istituzionali.

    Questa forma di libertà, però, deve trovare medesima forma ed applicazione nei confronti dell’autore stesso o meglio dell’artista al quale si deve concedere di non prendere posizione in relazione a tematiche politiche e sociali proprio in virtù di quella tutela come valore assicurato per l’espressione artistica.

    La storia spesso ha assistito all’uso dell’arte e dello sport come veicolo finalizzato alla propria propaganda ideologica da parte delle istituzioni. Probabilmente, ragionando ex post, esiste un trait d’union tra la retorica espressa durante le Olimpiadi di Berlino volute da Hitler e quelle invernali del 2014 a Sochi di Putin.

    Per entrambi rappresentavano l’occasione e la certificazione della propria grandezza e della nazione ospitante a testimoniare poi l’ingresso nell’alveo dei potenti.

    L’arte, però, a differenza del gesto atletico dovrebbe venire valutata proprio e solo in quanto libera espressione della mente umana nelle sue più molteplici forme all’interno di un contesto che sappia riconoscere e tutelare la stessa libertà dell’autore, la quale diventa la stessa garanzia di integrità artistica.

    Quanto preteso dal sindaco di Milano dal maestro russo Valery Gergiev, da sempre vicino alle posizioni di Putin, che, e di fronte al suo diniego, ha deciso il suo allontanamento, rappresenta, sia chiaro, il punto più basso da parte di una istituzione italiana all’interno di un sistema democratico o presunto tale nell’ambito dell’esercizio del proprio potere.

    Questo delirio milanese di fatto introduce all’interno della valutazione di una qualsiasi opera d’arte la necessità di una ulteriore certificazione di vicinanza ai parametri decisi dall’autorità stessa, limitando inevitabilmente la libertà stessa dell’opera e dell’autore.

    Probabilmente il sindaco di Milano non si rende neppure conto delle conseguenze della propria richiesta né tanto meno delle conseguenze relative alla libertà di espressione e delle libertà di espressione garantite costituzionalmente.

    Mai come ora il “politicamente corretto” all’interno del quale si può inserire questa richiesta del sindaco di Milano assomiglia sempre più al nazismo di ottant’anni (80) anni addietro. L’arte nasce libera e tale deve restare, così libera persino da ogni considerazione relativa al suo stesso autore.

  • “Ritratte – Direttrici di musei italiani”: la mostra fotografica che racconta la leadership al femminile

    Apre il 3 marzo 2022 nelle Sale degli Arazzi a Palazzo Reale di Milano la mostra fotografica “Ritratte – Direttrici di musei italiani”, promossa e prodotta da Palazzo Reale, Comune di Milano Cultura e Fondazione Bracco e visitabile gratuitamente fino a domenica 3 aprile 2022. Con questa mostra Fondazione Bracco continua nel proprio impegno per valorizzare l’expertise femminile presentando le professioniste che dirigono i luoghi della cultura italiani.

    Il progetto artistico con gli scatti d’autore del fotografo Gerald Bruneau si colloca nell’impegno della Fondazione per valorizzare le competenze femminili nei diversi campi del sapere e contribuire al superamento dei pregiudizi, così da incoraggiare una sempre più nutrita presenza di donne in posizioni apicali.

    La mostra illumina vita e conquiste professionali di 22 donne alla guida di primarie istituzioni culturali del nostro Paese, una sorta di Gran Tour che tocca 14 importanti città italiane da Nord a Sud: da Trieste a Palermo, da Napoli a Venezia per citarne solo alcune. Il soggetto principale di “Ritratte” è la leadership al femminile. I musei, “luoghi sacri alle Muse”, sono spazi dedicati alla conservazione e alla valorizzazione del nostro patrimonio artistico, custodi del nostro passato e laboratori di pensiero per costruire il futuro. Inoltre, sono anche imprese con bilanci e piani finanziari, che contribuiscono in modo cruciale alla nostra economia. Dirigere tali istituzioni comporta competenze multidisciplinari, un connubio di profonda conoscenza della storia dell’arte e di capacità gestionali e creative.

    Tra le protagoniste della mostra figurano i ritratti di Francesca Cappelletti, Direttrice della Galleria Borghese di Roma; Emanuela Daffra, Direttrice Regionale Musei della Lombardia; Flaminia Gennari Santori, Direttrice delle Gallerie Nazionali Barberini Corsini di Roma; Anna Maria Montaldo, già Direttrice Area Polo Arte Moderna e Contemporanea del Comune di Milano; Alfonsina Russo, Direttrice del Parco Archeologico del Colosseo; Virginia Villa, Direttrice Generale Fondazione Museo del Violino Antonio Stradivari di Cremona; Rossella Vodret, Storica dell’arte, già Soprintendente speciale per il patrimonio storico artistico ed etnoantropologico e per il Polo Museale della città di Roma; Annalisa Zanni, Direttrice del Museo Poldi Pezzoli di Milano.

    Fondazione Bracco da tempo è impegnata per contribuire alla costruzione di una società paritetica, in cui il merito sia il criterio per carriera e visibilità. Nel 2016 è nato a questo scopo il progetto “100 donne contro gli stereotipi” (100esperte.it) ideato dall’Osservatorio di Pavia e dall’Associazione Gi.U.Li.A., sviluppato con Fondazione Bracco, grazie alla Rappresentanza in Italia della Commissione Europea. La banca dati online raccoglie profili eccellenti di esperte, selezionate con criteri scientifici, in vari settori del sapere, strategici per lo sviluppo del Paese, allo scopo di aumentarne la visibilità sui media: l’ambito STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics – dal 2016), le esperte di Economia e Finanza (dal 2017), Politica Internazionale (dal 2019), Storia e della Filosofia (dal 2021). Basti pensare che secondo il Global Monitoring Project 2020 in Italia nei media tradizionali le donne interpellate come esperte sono solo il 12%, contro il 24% dell’Europa.

    Accanto alla banca dati online, Fondazione Bracco ha deciso di sviluppare una narrazione complementare. Nel 2019, sempre grazie alla collaborazione con Gerald Bruneau, è stata realizzata la mostra fotografica “Una vita da scienziata” con i ritratti di alcune delle più grandi scienziate italiane, da allora esposta in numerose sedi italiane e internazionali, tra cui Milano, Roma, Todi, Washington, Philadelphia, Chicago, Los Angeles, New York, Città del Messico e il prossimo 8 marzo a Praga.

    In ottica di continuità e dialogo, l’esposizione “Ritratte”, dedicata al settore dei beni culturali, aggiunge un importante tassello all’intervento di lotta agli stereotipi di genere e di promozione delle competenze, unico discrimine per qualsiasi sviluppo personale e collettivo.

  • Il primato dell’Italia nella lista del Patrimonio Culturale Mondiale dell’Unesco

    Ho letto con grande piacere e legittima soddisfazione il raggiungimento del primato dell’Italia nella lista del Patrimonio Culturale Mondiale UNESCO, almeno così è stato annunciato.

    La notizia appare coerente con la storia e l’identità del nostro Paese e semmai la sorpresa sarebbe stata del perché tale primato non fosse arrivato prima, attesa la ormai quasi cinquantennale istituzione della lista.

    Ed infatti il motivo di questa riflessione, lungi dal rivendicare meriti di qualunque genere, è unicamente finalizzata a precisare che l’Italia aveva conquistato il primato mondiale dei siti UNESCO già nel lontano 2004, superando la Spagna che da anni lo deteneva e da allora non lo ha più perduto.

    Il sorpasso fu possibile grazie al rafforzamento dell’Ufficio Unesco del Ministero dei BB.AA.CC., fino ad allora gestito da due funzionari part time con altre competenze e grazie al perfezionamento della tecnica di presentazione delle candidature, specialmente per la parte relativa alla innovativa elaborazione dei “Piani di Gestione”.

    Quel sorpasso, seguito da una costante presentazione dei siti, specie dopo l’introduzione del vincolo di presentazione di non più di un sito culturale l’anno a Paese, fu fondamentale per assicurare la costanza del primato italiano che, solo nel 2019, è stato raggiunto dalla Cina.

    Quindi la notizia, più correttamente, consiste nella riconquista del primato in solitaria dell’Italia, che si spiega, a fronte del vincolo della presentazione per ogni anno di un solo sito culturale per Stato, con il fatto che la Cina ha presentato un solo sito, passando da 55 a 56 iscrizioni, mentre l’Italia per il 2020, in considerazione che a causa della pandemia non si era tenuta la riunione dell’ICOMOS, ha avuto il riconoscimento del sito “I cicli di affreschi trecenteschi di Padova” ed il sito “Le grandi città termali d’Europa”, che comprende 11 città tra cui Montecatini e che, trattandosi di sito transnazionale presentato da un altro Paese, è stato possibile aggiungere al sito annuale; nonché per il 2021 il sito “I Portici di Bologna”, raggiungendo pertanto la prestigiosa cifra di ben 58 siti.

    Ma appare più che evidente che il bollino dell’UNESCO da solo non basta, ed è in tal senso che andrebbe ulteriormente ripresa la strategia iniziata agli inizi degli anni 2000 dal Ministero, poi abbandonata dal 2006, di sviluppo ed approfondimento delle politiche di valorizzazione dei siti di eccellenza, soprattutto con il perfezionamento dei “Piani di Gestione”, che dovrebbero evolvere per puntare alla costituzione, sito per sito, di una sorta di “cabina di regia” di tutti gli stakeholder la cui potenzialità, sia nei siti culturali, che in quelli naturali e del patrimonio immateriale, allo stato appare fortemente penalizzata, per l’assenza di un diverso sistema di sviluppo, capace di integrare ed armonizzare una moderna strategia di valorizzazione e fruizione del patrimonio culturale nazionale di eccellenza e non solo.

    * Già Sottosegretario al Ministero dei BB.AA.CC. con delega all’UNESCO dal giugno 2001 al maggio 2006

  • Livorno dedica una mostra al ‘Van Gogh involontario’ Mario Puccini

    Si intitola Mario Puccini “Van Gogh involontario” la mostra che il Museo della Città di Livorno ospiterà dal 2 luglio al 19 settembre 2021 dedicata al grande pittore nel solco dei Macchiaioli che Emilio Cecchi nel 1913 definì appunto un “Van Gogh involontario”. Curata da Nadia Marchioni con il supporto del Comitato scientifico formato da Vincenzo Farinella, Gianni Schiavon e Carlo Sisi, l’esposizione monografica celebra il centenario della morte del pittore nel 2020 e amplia le ricerche avviate in occasione dell’esposizione del 2015 al Palazzo Mediceo di Seravezza.

    La collezione “riscoperta” permette infatti di seguire lo sviluppo della carriera artistica di Puccini dal suo esordio, a partire dai rari ritratti della fine degli anni Ottanta dell’Ottocento, in cui si evidenzia il legame con l’ambiente artistico fiorentino di fine secolo e con i maestri Fattori e Lega, alla maturità dell’istintivo colorista, così come si manifestò dopo i cinque anni trascorsi negli ospedali di Livorno e Siena, dove, ricoverato per “demenza primitiva”, fu dimesso dagli psichiatri nel 1898 e affidato, “non guarito”, alla custodia del padre, permettendogli di riacquistare la libertà. La malattia mentale, oltre all’appassionato utilizzo del colore, ha contribuito a suggerire già ai contemporanei l’ipotesi storico-critica di un legame fra la pittura di Puccini e quella di Van Gogh, la cui opera il livornese aveva effettivamente ammirato, assieme a quella di Cézanne, nella celebre collezione fiorentina di Gustavo Sforni, con il quale entrò in contatto nel 1911 grazie all’amico Oscar Ghiglia.

    Con oltre centoquaranta opere divise in otto sezioni, la mostra è l’occasione per far dialogare i capolavori della citata collezione con una serie di altri selezionatissimi dipinti provenienti da diverse raccolte e da prestigiose istituzioni museali come la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma e le Gallerie degli Uffizi, per illustrare il percorso dell’artista nella sua completezza e attraverso i lavori di più alta qualità formale, permettendo al pubblico e agli studiosi di confrontarsi con opere rare o mai viste precedentemente e aggiungendo preziosi tasselli alla conoscenza dell’enigmatica figura di un artista “senza storia” e del vivacissimo panorama artistico toscano fra la fine dell’Ottocento e i primi venti anni del Novecento.

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