Da quando sono iniziate le proteste all’inizio di gennaio, il Kazakistan è stato scosso da una serie di eventi drammatici e tragici in rapido sviluppo. Nuove realtà – politiche, economiche e sociali – stanno prendendo forma. Il presidente Tokayev promette di costruire un “Nuovo Kazakistan”, ripulito dalla corruzione sistemica e basato su un nuovo contratto sociale. La gente del paese risponde con un misto di speranza, sospetto e scetticismo. Per approfondire la questione venerdì 11 febbraio 2022 dalle 9:30 alle 11:00 si svolgerà la tavola rotonda Kazakistan dopo “Bloody January”: Sogni e dolori del rinnovamento in cui si discuterà degli sviluppi in corso nei settori dei diritti umani e dello stato di diritto, dei cambiamenti nella scena politica e il profilo e le prospettive delle riforme socioeconomiche.
Kazakhstan
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Cosa accadrà in Kazakistan dopo il “Bloody January”? Una tavola rotonda per parlarne
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Kazakistan: cosa succederà?
Si è svolto venerdì 21 gennaio il convegno Kazakistan: cosa succederà? Comprendere le proteste e il contesto politico post-protesta organizzato da The Central Asia Program con il Davis Center for Russian and Eurasian Studies, la Oxus Society for Central Asian Affairs e RFE/RL.
A più una settimana dalle massicce proteste che hanno causato la morte di almeno 225 persone il convegno ha posto l’attenzione su come iniziare a comprendere la diversità delle ragioni del dissenso pubblico emerse da varie regioni del Paese, cosa pensare della narrativa ufficiale sul coinvolgimento islamista, quali saranno i prossimi passi del governo in termini di repressione dell’attivismo, come può il presidente Tokayev mantenere le promesse di riforma che ha fatto e chi sono i vincitori e i vinti finali in questa situazione tra le élite politiche.
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A Perugia processo d’appello per l’espulsione della kazaka Shalabayeva
A proposito di Kazakistan, chi si ricorda di Alma Shalabayeva, la moglie del dissidente kazako Mukhtar Ablyazov, espulsa dall’Italia verso il Paese asiatico nel 2013 insieme alla figlia Alua? A poco più di un anno dalla sentenza di primo grado che nell’ottobre del 2020 condannò, tra gli altri, due alti dirigenti della polizia di stato, Renato Cortese e Maurizio Improta, è tornato in aula il 17 gennaio, davanti alla Corte d’appello di Perugia. Un processo di secondo grado con sullo sfondo la possibile prescrizione per alcuni dei reati contestati agli imputati, che in questi anni hanno sempre rivendicato la correttezza del loro operato.
In primo grado Cortese, che all’epoca dei fatti guidava la squadra mobile di Roma, e Maurizio Improta, al tempo capo dell’Ufficio immigrazione, sono stati condannati a 5 anni di reclusione e all’interdizione perpetua dai pubblici uffici. Due anni e mezzo sono stati invece inflitti all’allora giudice di pace Stefania Lavore, 5 anni ai funzionari della mobile romana Luca Armeni e Francesco Stampacchia e 4 anni e 3 anni e 6 mesi quelli dell’Ufficio immigrazione Vincenzo Tramma e Stefano Leoni. In particolare per Cortese, Armeni, Stampacchia, Tramma, Leoni e Improta la condanna è per sequestro di persona. Gli imputati furono invece assolti da una decina dei capi d’accusa per falso ideologico, abuso e omissione d’atti d’ufficio. E’ proprio sugli altri presunti reati di falso per i quali sono stati condannati che si potrebbe aprire l’ipotesi della prescrizione.
Era il 28 maggio del 2013 quando Alma Shalabayeva venne fermata dalla polizia mentre si trovava in una villa a Casalpalocco, dove gli agenti stavano cercando il marito, il dissidente kazako Mukhtar Ablyazov. Alla donna venne contestata l’accusa di possesso di un passaporto falso. Pochi giorni dopo venne espulsa insieme alla figlia di sei anni con l’accusa di essere entrata illegalmente in Italia e venne imbarcata su un aereo diretto in Kazakistan.
In primo grado il pubblico ministero ricostruì nel dettaglio tutta la vicenda, dalla perquisizione nella casa di Shalabayeva a Casalpalocco, alle procedure in questura e a quelle per l’espatrio fino al momento in cui madre e figlia furono imbarcate. Per il pm Shalabayeva “riferi’ piu’ volte i rischi che avrebbe corso se fosse tornata nel suo Paese” e il pericolo di subire violazione dei diritti umani vista la posizione del marito, rifugiato. Durante la sua arringa il legale di Cortese, l’avvocato Franco Coppi, ribadì invece che “per Alma Shalabayeva” il suo assistito “non aveva nessunissimo interesse istituzionale: che rimanesse in Italia, fosse trattenuta o fosse espulsa, erano questioni che per lui si possono definire assolutamente irrilevanti”. “Maurizio Improta ha sempre agito nella correttezza del suo operato e nell’ambito della sua competenza amministrativa – sostenne invece il legale dell’ex dirigente dell’ufficio immigrazione, l’avvocato Ali Abukar Hayo -. Una persona fedele alle istituzioni perché nata e vissuta in quelle istituzioni, una persona che da sette anni, dall’apertura del procedimento, già sta ingiustamente scontando una pena, essendo coinvolto in una vicenda alla quale è però estraneo”.
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In Kazakistan spuntano caschi blu mai inviati dall’Onu
L’8 gennaio l’agenzia fotografica Associated Press ha diffuso alcune fotografie – riprese in Italia anche dalla testata Il Post – che mostrano soldati kazaki con caschi blu dell’Onu, quelli destinati alle missioni di peacekeeping autorizzate dalle Nazioni Unite, in testa. Le immagini hanno colpito, visto che i caschi blu, associati a missioni di pace, erano indossati dai militari di un Paese che in quei giorni stava reprimendo con violenza le proteste di qualche migliaio di persone contro il governo autoritario guidato dal presidente Kassym-Jomart Tokayev, accusato di essere corrotto.
I caschi – riferisce Il Post – sono stati impiegati senza l’autorizzazione dell’Onu, per un motivo che non è ancora chiaro: forse per la mancanza di equipaggiamento di difesa delle forze di sicurezza del paese, impiegate raramente nella repressione di manifestazioni antigovernative, che in Kazakistan sono pressoché inesistenti; o forse nel tentativo di dare maggiore legittimità a un’operazione di polizia violenta e con motivazioni esclusivamente interne, e contestata dalla maggioranza della comunità internazionale. I caschi blu mostrati nelle fotografie di Associated Press sono il motivo per cui i soldati che fanno parte delle missioni di peacekeeping dell’Onu, e che appartengono a diversi Paesi, vengono chiamati “Caschi blu“. Le loro missioni possono essere autorizzate esclusivamente dal Consiglio di Sicurezza, l’organo dell’Onu in cui siedono anche cinque paesi con il potere di veto, cioè quel potere che permette loro di bloccare qualsiasi risoluzione, se lo vogliono (sono Stati Uniti, Francia, Cina, Russia e Regno Unito). Sono missioni finalizzate solitamente a consolidare un processo di pace in corso, o a garantire stabilità e pace. I Caschi blu non sono quindi un esercito a sé stante: sono militari convocati solo se l’Onu avvia una missione di pace, e che arrivati sul posto della missione dovranno seguire le regole d’ingaggio indicate dalla stessa organizzazione.
In Kazakistan, l’Onu non ha autorizzato alcuna missione di peacekeeping. I militari intervenuti durante le proteste erano soldati kazaki, che per qualche ragione avevano indossato i caschi blu.
Due giorni dopo la diffusione delle foto, un portavoce delle Nazioni Unite ha chiesto spiegazioni alla missione permanente kazaka all’Onu, rappresentante quindi del governo del Kazakistan. La missione ha risposto con un comunicato un po’ vago («imbarazzante», ha scritto France 24) che diceva che i soldati delle foto erano membri del Kazbat, un’unità dell’esercito kazako deputata alle missioni di pace. L’unità «era stata mobilitata per assistere e proteggere le infrastrutture strategiche della città dai terroristi ed estremisti», e «fatta eccezione per i caschi, parte dell’equipaggiamento ufficiale dei peacekeeper impiegati durante la situazione di alta minaccia, non è stato usato altro materiale con la scritta “UN”».
La spiegazione data dalla missione permanente sembra quindi avere fatto maggiore chiarezza su quanto successo. Ad autorizzare l’uso dei caschi blu non è stata l’Onu, ma il governo kazako, anche se non si sa per quale ragione: se per mancanza di equipaggiamento di difesa da dare ai militari di Kazbat, o se per un più articolato tentativo politico del regime di presentare la repressione come un’operazione legittima internazionale.
In teoria l’uso non autorizzato di uniformi delle Nazioni Unite in operazioni che portino a morti o feriti gravi è considerato un crimine di guerra, sempre che si stia parlando di conflitti internazionali.
Come ha detto a Radio Free Europe Eric David, esperto di diritto internazionale e di operazioni di peacekeeping alla Libera Università di Bruxelles, molto probabilmente quelle in cui sono stati impegnati i militari di Kazbat verranno però considerate operazioni interne al paese, e non parte di un conflitto internazionale, nonostante la presenza di militari russi in Kazakistan (che giovedì hanno iniziato il ritiro). Questo, ha aggiunto David, significa che l’uso dei caschi blu si può considerare «illegale, ma non un crimine di guerra», e potrebbe quindi non avere grosse conseguenze.
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L’UE sostiene la strategia del Kazakistan per raggiungere la neutralità del carbonio entro il 2060
Sperando di diventare un leader regionale nel settore delle energie rinnovabili in Asia centrale, il Kazakistan e la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (BERS) hanno firmato un accordo per sviluppare una strategia di cooperazione a lungo termine per raggiungere la neutralità del carbonio del settore energetico del paese entro il 2060.
Il 31 marzo il ministro dell’Energia del Kazakistan Nurlan Nogayev e il presidente della BERS Odile Renaud-Basso hanno firmato la roadmap per la strategia di decarbonizzazione. La BERS e il Kazakistan coopereranno, tra le altre cose, allo sviluppo delle energie rinnovabili e del mercato del carbonio, al miglioramento della rete elettrica e allo smantellamento della vecchia capacità termica, come ha fatto sapere la Banca che è impegnata a finanziare le energie rinnovabili, progetti attuati attraverso un meccanismo di aste al fine di promuovere prezzi competitivi e stimolare gli investimenti nelle energie rinnovabili.
Da parte sua, Nogayev ha affermato che la cooperazione di lunga data con la BERS sta aiutando il Kazakistan a raggiungere i suoi obiettivi di sviluppo nel settore energetico. La BERS sostiene la spinta alle energie rinnovabili del paese, con 14 progetti per un valore di 535 milioni di dollari finanziati fino ad oggi.
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History of great famine in the Kazakh steppe
The Kazakh feature film “The Crying Steppe” has been included in the long list as Kazakhstan’s entry for the Best International Feature Film in foreign language at the 93rd Academy Awards scheduled for April 25 this year.
The film is based on real events that happened in Kazakhstan in 1920-30, when about 1.5 million – 3 million people of the local nation died of famine, a result of forced collectivization for Kazakhs who were nomadic livestock farmers as part of their culture.
In Kazakhstan, it was dramatically aggravated by the decision to enforce in parallel a violent campaign of sedentarisation of nomadic cattle-breeders, which was the majority of Kazakh people before the 1930s. The Soviets confiscated cattle from the Kazakhs. By forcefully taking cattle from nomads, they doomed the Kazakh nation to extinction.
The story centers around a berkutchi (eagle hunter) Turar and his wife Nuriya who try to save their family and other village residents from hunger.
“The crackdown on free-thinking and the annihilation of ethnic culture and human values led to spiritual starvation and the killing of the soul,” Marina Kunarova, the director of the film, said, as quoted by goldenglobes.com.
“The film raises the question of ‘why?’ Why did our forefathers have had to pay such a terrible price? And why, up until now, have we been afraid to admit what really happened and, instead, conceal our tragic history from the rest of the world?” she said.
Kunarova is the first female director from Kazakhstan nominated for the prestigious award. The film was presented in November 2020 in Los-Angeles, the film also participated in the Golden Globe competition for Best Foreign Language Film Award.
“(It is) the history of our people, our ancestors who died innocently. It all took us five years and two years of preparations. We are now on the long list. Now, the shortlist of Oskar will be announced at the end of February,” said film producer Yernar Malikov, as quoted by Tengrinews.kz
The tragedy caused by the Great Famine in the Kazakh steppe has affected every modern Kazakh family, as well as myself. For example, my maternal grandmother Gaini told me that she lost her husband and small children during a time of famine.
“I cried a lot and missed my dead children. It was scary to be alone in those years,” my grandmother told me.
Left as a widow, she married my grandfather Bilyal, who at the same time stayed with two young sons, the youngest was two years old. My grandfather’s first wife died of hunger along with the newborn. Thus, my grandmother Gaini raised two sons from my grandfather’s first marriage. Then my mother was born. I – the author of these lines, belong to the second generation of Kazakhs, born from those who were able to survive the Great Famine in the Kazakh steppe.
For Kazakhstan, the historical topic has become especially relevant today in connection with the statements of some Russian politicians about the alleged lack of statehood among the Kazakhs. In addition, this year this Central Asian republic is celebrating the 30th anniversary of its independence following the collapse of the Soviet empire.
At the beginning of this year, Kazakhstan’s President Kassym-Jomart Tokayev, in his article “Independence is the most precious thing”, where he outlined his program, said that today historical scenarios are in demand in the world film industry and that “Netflix, HBO and other large film companies are heading to Asia,” and Kazakhstan has a history of many important events that can form the basis of such films, for example, the history of the Golden Horde, one of the most powerful empires in the world.
Tokayev noted that in the future, Kazakh film critics should pay special attention to the history of the country. He stressed, “we need to keep strong roots, not to break away from our national identity, culture and traditions” and that the younger generation should know the value of the country’s independence”.
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At UN, Kazakhstan proposes multilateral biological weapons control system
In light of the global pandemic, launching of a biological weapons control system is becoming more acute than ever, Kazakhstan President Kassym-Jomart Tokayev said at the General Debate of the 75th session of the UNGA “The future we want, the UN we need: Reaffirming our collective commitment to multilateralism” on September 23.
“Kazakhstan proposes to establish a special multilateral body – the International Agency for Biological Safety – based on the 1972 Biological Weapons Convention and accountable to the UN Security Council,” he said.
The nuclear non-proliferation and disarmament crisis is looming right behind the pandemic. “Kazakhstan has been the role model of a responsible state by willingly abandoning its nuclear arsenal and shutting down world’s biggest nuclear test site.
However, continuous erosion of the non-proliferation regime leaves us in a dangerous position,” he said.
Kazakhstan urged all Member States to join its appeal to nuclear powers to take necessary and urgent measures to save the humankind from a nuclear disaster.
“In this respect we appreciate an active role played by relevant UN institutions including the Comprehensive Nuclear-Test-Ban Treaty Organization. We believe that legally-binding negative security assurances should be given to every non-nuclear-weapon state. That is why we urge all P5 countries to ratify the respective Protocols to the Nuclear-Weapon-Free-Zone Treaties, including Semipalatinsk Treaty,” he said.
According to the Kazakh President, the international community needs to do more to combat the health crisis following the coronavirus outbreak.
“Firstly, to build a strong global health system priority must be given to upgrading national health institutions through timely and coordinated support from developed countries and UN agencies,” he said. “Secondly, we must take the politics out of the vaccine. It is not too late for reaching a COVID-19 vaccine trade and investment agreement that would protect global production and supply chains. Thirdly, it may be necessary to revise the International Health Regulations to increase the World Health Organization’s capacity, and to develop national capabilities in preventing and responding to diseases. Fourthly, we suggest that the idea of a network of Regional Centres for Disease Control and Biosafety under the UN auspices be closely examined. Kazakhstan stands ready to host such a regional centre,” Tokayev said.
Turning to the global economy, Tokayev urged the UN delegates to step up urgent concerted efforts for a truly global economic recovery. “I join the Secretary-General’s call on rescue package amounting to 10% of the world economy and share his view that the response to the pandemic should be based on a New Global Deal to create equal and broader opportunities for all,” he said.
Tokayev called for the suspension of debt repayments by the poorest countries to help reduce uncertainty. International financial institutions need to implement innovative solutions like debt-to-health system swaps.
“I hope that the upcoming High-Level Meeting on Financing for Development will produce concrete measures. Landlocked developing countries have been particularly hard-hit by COVID-19 which has severely damaged trade and supply chains,” Tokayev said.
As the current Chair of the LLDC Group, Kazakhstan has proposed a UN Roadmap to reinvigorate implementation of the Vienna Programme of Action, he said.
“The highest expectation of our people is practical deliverables within Agenda 2030.
We need prompt and well-coordinated steps to get back on track for an accelerated SDG Decade of Action – probably the most critical decade of our generation. The very basic target, zero hunger is to be provided unconditionally. In this context, we note the importance of convening a Food Systems Summit in 2021,” he said.
The Kazakh President said the Islamic Organization for Food Security, initiated by his country is ready to assist the international humanitarian campaign through the creation of food reserves. “We should renew our commitment to leave no one behind, especially women, youth, children, elders, persons with disabilities, disproportionately affected by the crisis. The largest disruption of education systems in history should be stopped from becoming a generational catastrophe. Civic engagement and private sector involvement are also critical for solving current pressing problems. During past months we have witnessed strong solidarity all over the world through volunteering.
To acknowledge the role of volunteers, I propose the United Nations to proclaim an International Year of Mobilising Volunteers for Development. In Kazakhstan I announced the current year as a Year of Volunteers,” he said.
Turning to climate change, Tokayev said it’s an existential crisis for the world civilisation. “The climate emergency is a race we are losing. But the post-COVID recovery gives us unique opportunity to put environmental protection at the forefront of international agenda. We must unite around the UN’s six climate positive actions.
Kazakhstan is very vulnerable to the various effects of the climate change. The tragedies of Aral Sea and Semipalatinsk Nuclear Test Site, the rapid melting of glaciers, and desertification threaten not only Kazakhstan and Central Asian region, but also the entire world,” he said.
Although Kazakhstan is highly dependent on fossil fuels and has a long way to go to meet Paris 2030 targets, the countru’s commitment to develop a decarbonised economy has no alternative, he said. “We will reduce our greenhouse gas emissions by 15% by 2030 through economic overhaul and industrial modernisation. And yet, in next five years we will plant more than two billion trees,” he said.
Due to the immensely growing demand for confidence-building, Kazakhstan aims to transform Conference on Interaction and Confidence-Building Measures in Asia into a full-fledged organization for security and development in Asia, he said.
Tokayev invited all countries to join the Code of Conduct for Achieving a World Free of Terrorism. “Kazakhstan was among the first to repatriate our women and children from war-torn Syria and Iraq. It was not an easy decision, but absolutely necessary one.
It is our strong belief that the United Nations must lead the global effort to overcome the pandemic, accelerate recovery and improve prospects for global governance,” he said.
Turning to the national level, Tokayev said Kazakhstan is determined to build an economically strong, democratically advanced and human-oriented “Listening State”.
“Therefore, we conduct political and economic reforms that are expected to give a boost to the development of our society to meet up the expectations of our people.
We have decriminalised defamation, adopted new laws on political parties and on the peaceful mass meetings,” he said, adding that the country has reduced the gender Inequality Index value by two times and have introduced a mandatory 30% quota for women and youth in election party lists. “We have helped 4.5 million fellow-citizens who temporarily lost their income during pandemic having allocated for this goal 1.1 billion dollars. Over a million people have received food and household packages. It was an unprecedented measure in our part of the world,” he said.
Tokayev noted that regional cooperation has always been Kazakhstan’s main focus and commitment. Central Asia is undergoing rapid transformation through significant expansion of regional cooperation in various fields. “No doubt that a prosperous, strong and united Central Asia is beneficial both for regional and global stakeholders.
As to regional stability, the rational use of transboundary water resources is instrumental. We thus propose the establishment of a Regional water and energy consortium,” he said, adding, “To coordinate development agenda in the region we intend to institutionalise a UN-led regional SDGs Center in Almaty”.
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Kazakhstan President announces July 13 as National Mourning Day
NUR-SULTAN, Kazakhstan – Kazakhstan’s President Kassym-Jomart Tokayev declared July 13 as the Day of National Mourning for Kazakhs who died from coronavirus.
“The virus continues to take the lives of our people. Someone has lost their father, brother, mother, sister … I express my condolences to the families of the victims. The death of each of the Kazakhstanis touches my heart. I declare July 13 as National Mourning Day for Kazakhstanis who became victims of coronavirus,” Tokayev said, speaking in televised remarks on July 8.
He recalled that the country’s authorities from the very first days took measures against the spread of coronavirus and introduced the state of emergency in March – April, which saved many lives.
However, the president admitted that today Kazakhstan has a second wave of coronavirus.
The healthcare system in Kazakhstan was not ready to fight back the coronavirus, an investigation will be conducted, Tokayev said. “I must say bluntly: the healthcare system was not ready to repulse this disease. On this issue we will conduct an investigation and learn from it. We will give an appropriate assessment of the actions of akims (mayors),” Tokayev said.
He noted, unfortunately, due to non-compliance with quarantine measures and systemic errors of the former leadership of the Ministry of Health and the sluggishness of mayors in the field. “We are actually dealing with the second wave of coronavirus, coupled with a sharp increase in pneumonia,” Tokayev stressed.
He noted that the introduction of a new quarantine for two weeks from July 5 is the right decision. According to him, about 150 billion tenge ($1- 409 tenge) will be allocated to strengthen the fight against coronavirus, to treat Kazakhstanis, to buy tests and necessary drugs, as well as to buy equipment and stimulate medical workers.
The President of the country noted that the situation with coronavirus in Kazakhstan remains serious, but compared to other states in proportional terms, the situation here is not better, but not worse.
“The number of infected people in the world has reached 12 million people and the number of victims is growing,” Tokayev said.
According to official data, 51,059 infections of COVID have been registered in Kazakhstan, 16,928 have recovered, 264 have died.
According to Kazakhstan’s Health Ministry, the epidemiological situation related to the coronavirus pandemic in Kazakhstan is under control. The Government of Kazakhstan is taking all the necessary and timely measures to combat the epidemic, the ministry said.
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Il Kazakistan riduce le forniture di gas alla Cina
Il Kazakistan ha ridotto le forniture di gas alla Cina del 12-15%, fino a 18 milioni di metri cubi al giorno. L’iniziativa è stata presa proprio dalla Cina che ha inviato una lettera a KazTransGaz in seguito alla chiusura delle imprese cinesi e della loro incapacità di consumare le forniture di gas dell’Asia centrale. Kazakistan, Turkmenistan e Uzbekistan stanno discutendo una riduzione generale delle forniture di gas alla Cina perché quest’anno la domanda da parte di Pechino è diminuita a causa delle misure adottate per combattere la diffusione del coronavirus. Il Kazakistan ha annunciato di aver ridotto le sue forniture di gas naturale 20-25% dopo che PetroChina ha emesso una notifica di forza maggiore delle importazioni a marzo. Il gas dei paesi dell’Asia centrale arriva in Cina attraverso il gasdotto Turkmenistan-Uzbekistan-Kazakistan-Cina che ha una capacità di 55 miliardi di metri cubi di gas all’anno.
L’anno scorso, il Kazakistan ha esportato 7,1 miliardi di metri cubi di gas in Cina, l’Uzbekistan circa 10 miliardi e il Turkmenistan circa 33,2 miliardi.
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Number of coronavirus-infected workers grows at Kazakhstan’s Tengiz field
NUR-SULTAN, Kazakhstan – There are 935 cases of coronavirus among the employees of 42 contractors at Kazakhstan’s giant Tengiz oil field in western Kazakhstan, the operational headquarters in Atyrau region said in a statement on May 20, adding that COVID-19 was detected in 22 camps out of 92.
A disinfection was carried out in all centres while 1,725 field workers are monitored in quarantine hospitals, the statement read. A special working group should determine measures to stabilise the situation with coronavirus at the Tengiz field, the statement added.
Сhief sanitary doctor of Kazakhstan Aizhan Esmagambetova noted on May 20 that, due the increase of COVID – 19 cases at Tengiz, a government commission was sent to Atyrau region.
Tengiz is the largest oil and gas field in western Kazakhstan, which is being developed by the Kazakh-American joint company TengizChevroil. The annual volume of oil production is 25-26 million tonnes.