Made in Italy

  • Cibo italiano sempre più appetito nel mondo

    Dieta mediterranea da record sulle tavole mondiali dove le esportazioni dei prodotti simbolo dello stile alimentare made in Italy fanno segnare nuovi primati in valore, confermando la leadership globale del cibo italiano dal punto di vista della qualità, della salubrità e della sicurezza alimentare. Ad affermarlo è un’analisi della Coldiretti su dati Istat in occasione della festa di Campagna Amica al mercato del Circo Massimo a Roma per celebrare l’elezione della Dieta mediterranea come la migliore al mondo secondo il nuovo best diets ranking elaborato dai media statunitense U.S. News & World’s Report’s.

    Nel 2024 le esportazioni di olio extravergine d’oliva tricolore sono aumentate in valore del 56 per cento arrivando a superare per la prima volta i due miliardi di euro – rileva Coldiretti – ma un incremento a doppia cifra si registra anche per il pesce (+12%). Vendite in crescita anche per la pasta, con un +5 per cento, e del pomodoro trasformato come sughi e passate, in salita del 6 per cento, così come il vino, mentre frutta, verdura e legumi si attestano su un +7%.

    Un successo che evidenzia – rileva la Coldiretti – la considerazione all’estero degli effetti positivi sulla longevità e ai benefici per la salute, tra cui la perdita e il controllo del peso, oltre a salute del cuore e del sistema nervoso, prevenzione del cancro e delle malattie croniche, controllo del diabete. I vantaggi della Dieta mediterranea, tuttavia, sono minacciati dai rischi legati ai nuovi sistemi di etichettatura, come il Nutriscore. Questo sistema, promosso dalle multinazionali, penalizza proprio i prodotti simbolo della dieta mediterranea, focalizzandosi su alcune sostanze nutritive come zucchero, grassi e sale, senza considerare le quantità effettive assunte. E’ emblematico il fatto che alcuni prodotti tipici del made in Italy siano catalogati con un “E” rosso (il punteggio di gran lunga peggiore), mentre l’olio extravergine d’oliva, universalmente riconosciuto come un elisir di lunga vita, è passato da poco ad ottenere una “B” rispetto alla “C” con la quale era entrato.

    Al contrario, bevande gassate e cibi ultra trasformati, spesso privi di ingredienti naturali e di ricetta conosciuta, ottengono il punteggio più alto con la lettera “A” e il bollino verde. Questo sistema fuorviante, sottolinea Coldiretti, dovrebbe essere definitivamente bloccato dalla nuova Commissione europea, poiché, paradossalmente, finisce per escludere alimenti naturali e sani che fanno parte della tradizione alimentare da secoli, a favore di prodotti artificiali di cui, in alcuni casi, non si conosce nemmeno la composizione.

  • Via Montenapo a Tunisi: il made in Italy spopola nel Paese africano

    Il Made in Italy guida la classifica degli scambi commerciali della Tunisia anche nel 2024, confermando un trend che dura già da qualche anno. L’Italia è infatti il primo fornitore del Paese nordafricano con 9,7 miliardi di dinari (2,9 miliardi di euro) di merci esportate nel 2024, in calo del 2,8% rispetto al 2023 (9,9 miliardi di dinari, circa 3 miliardi di euro), ma pur sempre avanti agli altri Paesi competitor. Seguono la Cina con 9,1 miliardi di dinari o 2,7 miliardi di euro (+7,8%), la Francia con 8,3 miliardi di dinari o 2,5 miliardi di euro (+0,5%), l’Algeria con 6 miliardi di dinari o 1,8 miliardi di euro (+9,2%).

    Tra i principali prodotti esportati dall’Italia verso la Tunisia vi sono materie prime energetiche (petrolio raffinato), metalli, tessuti, cuoio e pellami, apparecchi di cablaggio, materie plastiche e prodotti in plastica, motori generatori e trasformatori, prodotti chimici e farmaceutici, impianti e macchinari. Tra i principali prodotti che l’Italia invece importa figurano gli articoli di abbigliamento e calzature, parti e accessori per veicoli, oli e grassi, motori generatori e trasformatori, articoli in plastica, prodotti chimici e fertilizzanti, prodotti della siderurgia, petrolio greggio.

    Secondo i dati dell’Istituto nazionale di statistica (Ins) nel 2024 il commercio estero tunisino ha mostrato segni contrastanti. Le esportazioni hanno mantenuto lo stesso livello dell’anno precedente, attestandosi a 62 miliardi di dinari (18,8 miliardi di euro), mentre le importazioni sono aumentate del 2,3%, raggiungendo 81 miliardi di dinari (24,56 miliardi di euro). Nonostante la stabilità delle esportazioni, il commercio estero tunisino ha chiuso il 2024 con un saldo negativo più ampio rispetto all’anno precedente. Il deficit commerciale è aumentato di quasi 2 miliardi di dinari (610 milioni di euro), raggiungendo i 18,9 miliardi di dinari (5,73 miliardi di euro). Il tasso di copertura, che misura il rapporto tra esportazioni e importazioni, è sceso di 1,8 punti percentuali, attestandosi al 76,6%.

    Secondo Ins, la stabilità delle esportazioni nel 2024 deriva da un lato dall’aumento delle esportazioni del settore delle industrie agroalimentari (+14,6%), del settore energetico (+0,5%) nonché delle esportazioni dei settori meccanico ed elettrico (+1,2%) e, dall’altro, dal calo delle esportazioni del settore minerario, fosfati e derivati (-26,3%) e di quelle del tessile, abbigliamento e pellami (-4,8%). L’aumento delle importazioni (+2,3 per cento) deriva dall’incremento registrato nelle importazioni di prodotti energetici (+9,1%), beni strumentali (+5,6%) e beni di consumo (+6,3%). In flessione si sono invece registrate le importazioni di materie prime e semilavorati (-2,6%) e il gruppo dei prodotti alimentari (-6,1%).

    Le esportazioni tunisine verso l’Unione europea (69% del totale) sono diminuite dell’1,8%. Questo sviluppo si spiega da un lato con il calo delle esportazioni da Tunisi verso alcuni partner europei, come la Francia (-4,6%) e il Belgio (-1,5%), e dall’altro con l’aumento osservato con l’Italia (+2,5%), la Germania (+1,5%) e la Spagna (+0,4%). Verso i Paesi arabi, invece, le esportazioni sono aumentate con Algeria (+37,6 %) ed Egitto (+8%). In calo, invece, la Libia (-7,5%) e il Marocco (-5,9%). Le importazioni dall’Ue sono invece aumentate del 2% nel 2024, raggiungendo 35,1 miliardi di dinari (10,4 miliardi di euro). Al di fuori dell’Ue, la Cina, l’India e la Svizzera hanno aumentato le loro esportazioni verso la Tunisia, mentre Russia e Turchia hanno registrato una contrazione.

    La bilancia commerciale tunisina ha registrato un deficit di 18,9 miliardi di dinari (5,7 miliardi di euro) nel 2024. Ciò è principalmente dovuto agli scambi con alcuni Paesi chiave. In particolare, i maggiori deficit si sono registrati con la Cina (-9 miliardi di dinari, circa 2,7 miliardi di euro), la Russia (-5,3 miliardi di dinari, circa 1,6 miliardi di euro), l’Algeria (-4,3 miliardi di dinari, circa 1,3 miliardi di euro), la Turchia (-2,8 miliardi di dinari, circa 860 milioni di euro), l’India (-1,4 miliardi di dinari, circa 445 milioni di euro) e l’Ucraina (-1,3 miliardi di dinari, circa 406 milioni di euro). D’altro canto, il saldo della bilancia commerciale delle merci ha registrato un surplus con gli altri Paesi, principalmente Francia (5,1 miliardi di dinari, 1,5 milioni di euro), Germania (2,3 miliardi di dinari, 716 milioni di euro), Italia (1,9 miliardi di dinari, 592 milioni di euro), Libia (2,2 miliardi di dinari, 696 milioni di euro) e Marocco (267,8 milioni di dinari, 81,1 milioni di euro). Il forte aumento del deficit energetico, che è passato da 9,6 miliardi di dinari a 10,8 miliardi di dinari (3,2 miliardi di euro), ha pesato significativamente sulla bilancia commerciale complessiva. Escludendo l’energia, il deficit si è ridotto a 8 miliardi di dinari (2,4 miliardi di euro).

  • Assegnati dalla Stampa Estera di Milano i riconoscimenti della prima edizione del ‘Premio Innovazione Semi”

    L’Associazione Stampa Estera Milano, che riunisce i giornalisti e corrispondenti esteri che vivono e lavorano nel Nord Italia, ha premiato le migliori idee innovative delle piccole e medie imprese e delle startup presso a Palazzo Giureconsulti a Milano. La prima edizione del ‘Premio Innovazione SEmi’ ha come obiettivo quello di scoprire e premiare progetti innovativi che abbiano un impatto positivo sul territorio nel quale sono inseriti e creino una più ampia trasformazione nel mondo economico e sociale. La selezione dei vincitori del Premio è stata curata da un Comitato di valutazione composto dai giornalisti della Stampa Estera (Andrew Spannaus, Tatjana Dordevic, Cristina Bellon, Sanja Lucic, James Imam e Susanne Schaller) e da tre esperti esterni: il professor Marco Taisch del Politecnico di Milano, Francesco Cavalli dello studio Leftloft e Fiorenza Lipparini di Milano & Partners/Camera di Commercio.

    Quattro le categorie premiate: Nuove tecnologie, Scienze della vita, Manifattura e Design, alle quali è stato aggiunto anche il premio sociale e civico vista la interessante partecipazione di molte aziende.

    Per la categoria Scienze della vita premiato IAMA Therapeutics con il progetto IAMA-6 che rappresenta un’innovazione significativa nel trattamento dei disturbi neurologici come l’autismo e l’epilessia, grazie al suo meccanismo d’azione unico come inibitore selettivo di NKCC1. Questa molecola mira a migliorare l’efficacia terapeutica rispetto ai trattamenti esistenti, colmando la lacuna di trattamenti efficaci e con minori effetti collaterali.

    A CODiART è andato il premio per la categoria Nuove Tecnologie. L’azienda ha progettato e realizzato il sistema “CODiART station” (C-station) che rappresenta un connubio di automazione, robotica, software, visione artificiale e IA e permette di effettuare in maniera automatica acquisizioni digitali con definizioni attuali elevatissime, così da poter ingrandire ogni dettaglio di un’opera d’arte.

    Per la categoria Manifattura premiato Qwarzo Spa, una soluzione tecnologica a base minerale, disponibile su larga scala e facile da implementare, che può essere utilizzata per funzionalizzare la carta. L’azienda apre la strada al futuro dell’imballaggio, unendo innovazione e sostenibilità.

    A GRUV srl Società Benefit il premio per la categoria Design. L’azienda ha presentato “Percorsi Innovation Camp (PIC)”, un format itinerante di “Impact Design” abbinato ad un’esperienza ibrida di scoperta del territorio, ideato per promuovere l’innovazione sociale e l’impegno attivo di cittadini, studenti, imprenditori e amministratori locali. PIC permette ai partecipanti di vivere un’immersione totale in un percorso che unisce apprendimento e valorizzazione del territorio.

    Il Comitato di valutazione ha scelto di dare due premi fuori categoria (premio sociale e premio civico) per riconoscere progetti che sono stati apprezzati per l’innovazione del loro contenuto. Il Premio sociale è andata a WeGlad, startup che sviluppa tecnologia per mappare l’accessibilità a 360° di strade e locali per persone con difficoltà e disabilità motorie, sensoriali, alimentari, genitorialità, pet, neurodiversità. L’obiettivo è quello di democratizzare l’accesso ai dati di accessibilità, perché questo segmento è anche un mercato poco servito, aiutando le aziende ad offrire in modo più inclusivo i loro prodotti.

    Assegnato a Valerio Cometti + V12 Design il Premio civico. Il progetto è finalizzato alla rimozione automatica dei graffiti ed è denominato TRS 001, acronimo di “Tag Removal System”, concept robot che ha il compito di analizzare geometricamente e cromaticamente la parete su cui è destinato a operare per coprire i “tag” realizzati con uno o più strati di vernice. Il progetto TRS 001 è innovativo in quanto applica tecniche di riconoscimento visivo computerizzato, potenzialmente basate su algoritmi con Intelligenza Artificiale, per andare ad individuare superfici con graffiti e distinguerle da aree da non verniciare quali finestre, porte, aperture presenti sull’edificio.

    Premiare progetti innovativi delle piccole e medie imprese, delle start-up e delle altre realtà imprenditoriali italiane è solo uno degli obiettivi del Premio Innovazione SEmi che, con questa prima edizione, dimostra quanto per noi giornalisti esteri sia importante testimoniare e raccontare le eccellenze del Made in Italy“, ha dichiarato Tatjana Dordevic, Consigliere delegato Associazione Stampa Estera Milano.

    Alla cerimonia del “Premio Innovazione SEmi”, organizzato in collaborazione con la Camera di Commercio di Milano Monza Brianza Lodi, ha assistito anche il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana che, nell’elogiare l’iniziativa della Stampa Estera Milano per dare voce e risalto su testate internazionali alle storie, alle idee e alle intuizioni innovative, ha commentato: “Siamo convinti che l’innovazione, il capitale umano e un contesto attrattivo possano essere il terreno più fertile per lo sviluppo di nuove iniziative imprenditoriali”.

  • Made in Italy sempre più apprezzato in Tunisia

    L’Italia si conferma primo fornitore della Tunisia nel periodo da gennaio a ottobre 2024, consolidando così un primato che dura da diverso tempo. Stando alle tabelle dall’Istituto nazionale di statistica (Ins) tunisino ottenute da “Agenzia Nova”, l’export del Made in Italy verso il Paese nordafricano è stato pari a 8,2 miliardi di dinari (corrispondenti a circa 2,4 miliardi di euro) nei dieci mesi dell’anno in corso, in calo del 2,8% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, ma pur sempre davanti agli altri paesi competitor. Le importazioni in Italia dalla Tunisia sono aumentate del 4,2 per cento rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, con un bilancio di 1,4 miliardi di dinari (414 milioni di euro) a favore del Paese nordafricano.

    Tra i principali prodotti esportati dall’Italia verso la Tunisia vi sono materie prime energetiche (petrolio raffinato), metalli, tessuti, cuoio e pellami, apparecchi di cablaggio, materie plastiche e prodotti in plastica, motori generatori e trasformatori, prodotti chimici e farmaceutici, impianti e macchinari. Tra i principali prodotti che l’Italia invece importa figurano gli articoli di abbigliamento e calzature, parti e accessori per veicoli, oli e grassi, motori generatori e trasformatori, articoli in plastica, prodotti chimici e fertilizzanti, prodotti della siderurgia e petrolio greggio. Risulta evidente, pertanto, un consistente traffico di perfezionamento-trasformazione di materie prime o semilavorati in prodotti dall’Italia alla Tunisia. L’Italia risulta anche la principale destinazione per l’olio d’oliva biologico tunisino con oltre il 50% delle quantità totali esportate dal Paese nordafricano. L’Italia è seguita da altri due paesi europei, ovvero Spagna e Francia, che importano da Tunisi rispettivamente il 28,07% e il 12,10% dell’olio biologico “Made in Tunisia”.

    Tornando ai dati sull’interscambio in generale, da gennaio a ottobre 2024, le esportazioni tunisine hanno segnato un leggero aumento del 2,1%, raggiungendo i 51,6 miliardi di dinari equivalenti a 15,44 miliardi di euro, mentre le importazioni crescono dell’1,4 per cento rispetto allo stesso periodo dello scorso anno (-3,3%). Il deficit commerciale della Tunisia si è leggermente ridotto nel 2024, passando da 15,85 miliardi di dinari (4,69 miliardi di euro) nei primi dieci mesi del 2023 a 15,71 miliardi di dinari (4,65 miliardi di euro). Il tasso di copertura ha guadagnato 0,6 punti rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, attestandosi al 76,7%. La bilancia commerciale rimane comunque in deficit, richiedendo un’attenta analisi delle dinamiche in atto alle autorità legislative impegnate in questi giorni nella discussione della Legge di bilancio per il 2025.

    A trainare la crescita delle esportazioni tunisine nel 2024 sono stati principalmente i settori agroalimentare (+25,4%) ed energetico (+23,8%). Al contrario, hanno registrato un calo le esportazioni di minerali (-24,8%) e di prodotti tessili (-5,4%). L’aumento delle importazioni tunisine dell’1,4% è invece riconducibile principalmente all’incremento delle importazioni di prodotti energetici (+13,4%), necessari per far fronte alla crescente domanda interna, e di beni strumentali (+4,6%) e di consumo (+5,2%), a testimonianza di una ripresa dell’attività economica. Tuttavia, questa crescita è stata parzialmente compensata dal calo delle importazioni di materie prime (-4,3%) e di prodotti alimentari (-12,5%).

    L’Unione europea si conferma il primo partner commerciale del Paese nordafricano, riaffermando un trend che prosegue da qualche anno. Le esportazioni tunisine verso lo spazio europeo, pur registrando una crescita contenuta (+0,2%), hanno mostrato dinamiche differenti nei singoli mercati. In particolare, si evidenziano aumenti per Italia (+4,2%), Spagna (+9,8%) e Germania (+0,5%), mentre si registrano contrazioni per Francia (-2,2%) e Paesi Bassi (-28,6%). Per quanto riguarda i paesi arabofoni, le esportazioni verso l’Algeria sono aumentate del 43,9%, mentre si sono registrati cali per Libia (-12,4%), Marocco (-14,1%) ed Egitto (-6,9%).

    Dall’Ue provengono anche il 43,4 per cento delle importazioni totali della Tunisia, registrando nei primi dieci mesi del 2024 una crescita dell’1,8 per cento rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Tuttavia, l’analisi per Paese evidenzia una situazione eterogenea con aumenti per Germania (+11,1 %o), Spagna (+7,2%) e Francia (+0,6%), mentre si registrano cali per Italia (-2,8%), Paesi Bassi (-9,9 per cento) e Belgio (-13,9%). Al di fuori dello spazio Schengen, hanno visto un aumento le importazioni da Cina (+4,7 per cento) e India (+2,5%), in calo invece quelle dalla Russia con un dato a doppia cifra (-21%) e Turchia (-9,5%).

    Il saldo della bilancia commerciale della Tunisia è negativo principalmente a causa del deficit con Cina (-7,35 miliardi di dinari, pari a 2,17 miliardi di euro), Russia (-4,7 miliardi di dinari, circa 1,4 miliardi di euro), Algeria (-3,5 miliardi di dinari, circa 1,03 miliardi di euro), Turchia (-2,29 miliardi di dinari, quasi 677 milioni di euro), India (-1,2 miliardi di dinari, equivalenti a 355 milioni di euro) e Ucraina (-1,2 miliardi di dinari, circa 355 milioni di euro). Tuttavia, i surplus con Francia (4,34 miliardi di dinari, pari a 1,28 miliardi di euro), Italia (1,4 miliardi di dinari, 414 milioni di euro), Germania (1,9 miliardi di dinari, 562 milioni di euro), Libia (1,8 miliardi di dinari, 532 milioni di euro) e Marocco (176 milioni di dinari, 52 milioni di euro) hanno parzialmente compensato questo deficit. Secondo Ins, nonostante l’aumento del deficit energetico, che è passato da 8,52 miliardi di dinari (2,52 miliardi di euro) nel 2023 a 9,39 miliardi di dinari (2,78 miliardi di euro) nel periodo considerato, il deficit commerciale al netto dell’energia ha registrato una riduzione, attestandosi a 6,32 miliardi di dinari (1,87 miliardi di euro). Nonostante l’Unione europea si confermi il primo partner commerciale della Tunisia, il peso dei paesi extra-Ue, soprattutto Cina e Russia, si fa sentire sempre di più. Il deficit commerciale con questi paesi pesa sulla bilancia tunisina, mettendo in evidenza la fragilità dell’economia nordafricana.

  • Italia prima potenza d’Europa nel settore dell’agroalimentare bio

    L’Italia conquista la leadership Ue per il bio grazie alle 84mila aziende agricole attive sul territorio nazionale, più del doppio della Germania e un terzo in più della Francia. E’ quanto emerge da una analisi Coldiretti su dati Sinab, diffusa durante l’expo agricoltura a Siracusa in occasione della Giornata europea del biologico che si celebra oggi 23 settembre.

    Proprio a Ortigia Coldiretti sta raccontando l’agroalimentare italiano con un focus anche sull’agricoltura bio che è arrivata a coprire 2,5 milioni di ettari (+4,5% nel 2023 rispetto all’anno precedente), rappresentando un ettaro su cinque di superficie agricola nazionale, ormai vicinissima al target del 25 per cento di da raggiungere entro il 2030 fissato dalla strategia europea nell’ambito della Strategia Farm to Fork. A minacciare i record del bio italiano c’è però l’aumento delle importazioni di prodotti biologici dall’estero, cresciute del 40% nel 2023, in controtendenza rispetto al dato dell’Unione Europea. Prodotti che non assicurano la stessa qualità e sicurezza di quelli nazionali ma che finiscono spesso per essere venduti come tricolori grazie alla mancanza di un’etichettatura d’origine riconoscibile.

    Gli arrivi di cibo biologico extra Ue in Italia – spiega Coldiretti – sono passati dai 177 milioni di chili del 2022 ai 248 milioni del 2023, secondo l’ultimo rapporto della Commissione Ue, mentre quelle totali nell’Unione Europea sono diminuite del 9%. Il settore dove è stato più evidente l’aumento degli arrivi è quello dei cereali, magari usati per fare pasta, pane e altri prodotti con il logo del biologico. Aumenti record anche per gli ortaggi bio e l’olio d’oliva. Proprio per salvaguardare i consumi di prodotti degli italiani, che nel 2023 hanno raggiunto il valore di 3,8 miliardi di euro nella gdo, Coldiretti Bio ha elaborato un decalogo con i consigli per scegliere la qualità e difendersi dal rischio frodi. La prima regola è verificare sempre la presenza del logo europeo del biologico (la foglia bianca in campo verde) nell’etichetta del prodotto bio, verificando anche le indicazioni obbligatorie per il prodotto venduto sfuso e la certificazione del venditore. Importante anche controllare l’origine Italia che nella confezione deve essere sempre presente sotto il logo. Per assicurarsi prodotto bio 100 per cento Made in Italy meglio acquistare direttamente dalle aziende agricole biologiche nei punti vendita o nei mercati contadini come quelli di Campagna Amica.

    Allo stesso modo è buona pratica preferire prodotti biologici locali, coltivati vicini al luogo di consumo, magari freschi di stagione. Un contributo alla biodiversitù viene anche dallo scegliere specialità bio che recuperano varietà tradizionali e razze di animali autoctone e, soprattutto, che hanno subito trasformazioni minime evitando il bio ultraprocessato. Guardando alla confezione, vanno preferiti packaging essenziali ed ecosostenibili. Ma anche a tavola è importante adottare una dieta differenziata a base di tutti i prodotti biologici della Dieta Mediterranea come ad esempio verdura, pasta, olio evo, carne e pesce. Ma Coldiretti Bio sostiene anche la necessità di affermare in Europa al più presto il principio di reciprocità rispetto alle importazioni, ovvero stesse regole per il bio comunitario e quello dei Paesi terzi, poiché non è possibile accettare che entrino nel nostro Paese cibi coltivati secondo regole non consentite nella Ue. Fermare la concorrenza sleale delle importazioni a basso costo e valorizzare il vero prodotto tricolore sono le condizioni fondamentali per costruire filiere biologiche dal campo alla tavola.

  • The Real Public Enemies

    Nella più totale assenza di un Ministero del Made in Italy, Stellantis, in una lettera inviata ai propri imprenditori associati alla filiera dell’automotive, invita gli stessi ad investire nei paesi a basso costo di manodopera, con l’obiettivo di mantenere il proprio ruolo all’interno della filiera produttiva della casa automobilistica francese (*).

    In altre parole, quella che una volta era stata l’italiana Fiat, con queste missive, intende orientare tutte le Pmi interessate al mantenimento del proprio ruolo nella filiera produttiva verso una veloce e repentina delocalizzazione produttiva la quale, ancora una volta, esprime una volontà di deindustrializzazione del nostro Paese. Per colpa di simili strategie “industriali “, il costo sociale ed economico, ancora una volta, ricadrà interamente sulle spalle del tessuto industriale ed economico italiano e sulle innumerevoli professionalità impiegate.

    Contemporaneamente, la Electrolux di Pordenone ha dichiarato perdite nell’ultimo trimestre per oltre 238 milioni e, di conseguenza, ha annunciando da subito 373 esuberi mettendo però in forse addirittura il mantenimento operativo dello stesso stabilimento in Italia.

    Le dinamiche nella recessione economica europea risultano ogni giorno sempre più complesse e articolate.

    Tuttavia le disastrose conseguenze, queste sicuramente più semplici da prevedere, vengono favorite dalla inconsistenza e trasparenza professionale della compagine governativa, la quale si dimostra più interessata ad un poco utile liceo del made in Italy (flop del ministro Urso). In questo sostenuta da una opposizione più interessata ai pericoli “fascisti” legati ad un saluto romano ma inconsapevole per la medesima inconsistenza professionale delle dinamiche economiche che interessano il nostro Paese, soprattutto in un’ottica di medio e lungo termine.

    Questo comportamento delle due sponde parlamentari politiche e governative rappresenta l’ennesima dimostrazione di come entrambe risultino assolutamente al di sotto della soglia minima di senso delle istituzioni e competenza, quindi assolutamente impreparate nella elaborazione di una strategia economica che ponga il futuro ed il benessere dei propri cittadini come obbiettivo strategico.

    La sintesi di questi fattori negativi, rappresentati da una imprenditoria e dal mondo delle multinazionali prive di ogni legame con il territorio e da un governo ed una opposizione incapaci culturalmente anche solo di ipotizzare un orizzonte che vada oltre i prossimi sei mesi (il classico appuntamento elettorale), condannano il nostro Paese ad un già conclamato declino economico, sociale ed istituzionale.

    Questo micidiale insieme di fattori rappresenta per il nostro paese The Real Public Enemies.

  • Emilia Romagna: attacco al Made in Italy

    Il principale valore riconosciuto al Made in Italy è quello di rappresentare la perfetta sintesi tra stile, know how professionale ed industriale, sublimato e valorizzato dall’utilizzo di materie prime di grandissimo valore, in particolar modo nel settore agroalimentare e vitivinicolo.

    Proprio nel settore primario la certificazione della filiera agroalimentare rappresenta il principale valore espresso dalle eccellenze italiane e riconosciuto in ogni parte del mondo e da ogni mercato e consumatore.

    Nello specifico, l’Italia rappresenta il primo produttore al mondo di pasta con 3,6 milioni di tonnellate ed utilizza al massimo le potenzialità produttive del settore agricolo italiano.

    Nonostante questa eccellenza mondiale ed all’interno del cuore e del polmone verde in Italia, la Regione Emilia Romagna ha stabilito con la Delibera 2133 del 4 dicembre 2023 di offrire dai 500 ai 1500 euro all’anno, per i prossimi vent’anni, per ogni ettaro “non coltivato”, cioè sottratto alla filiera agroalimentare.
    L’obiettivo è di carattere ambientale:
    “contribuire alla mitigazione dei cambiamenti
    climatici e all’adattamento a essi, anche
    riducendo le emissioni di gas a effetto serra …. favorire lo sviluppo sostenibile”.

    Il Premio Nobel per l’Economia Milton Friedman diceva “se tu paghi la gente quando non lavora e la tassi quando lavora non essere sorpreso se produci disoccupazione”.

    In questo modo si pongono le basi per la distruzione del valore complessivo della filiera agroalimentare in quanto si adotta il principio del “reddito di incoltivazione” pagando per non coltivare. Magari potrà, successivamente, sulla base del solo delirio ambientalista, essere adottato per altri settori, anche se eccellenze del Made in Italy, aprendo le porte ad una ulteriore disoccupazione e dipendenza dalle import di ogni genere.

    Dimenticando, poi, come la semplice importazione delle materie prime dall’estremo Oriente e dal Canada, ma anche dalla Russia, determinino un impatto ambientale molto più importante di quanto la stessa coltivazione produca.

    In altre parole, il delirio ambientalista si sta definendo come il peggior nemico delle eccellenze italiane che producono reddito e valore aggiunto ed assicurano un futuro alle famiglie.

    Mai come ora la Regione Emilia Romagna opera contro il settore primario e tende a distruggere ogni valore economico espresso negli ultimi cinquant’anni dalle eccellenze italiane in nome di un delirio ambientalista e politico.

  • Farinetti chiude il parco contadino di Bologna ma rilancia con Grand Tour Italia

    Realizzato tra il 2012 e il 2017 su una superficie di 10 ettari all’interno degli ex spazi del Caab – Centro agroalimentare di Bologna – il parco Fico, acronimo di Fabbrica Italiana Contadina verrà chiuso, perché da quando è aperto ha avuto sempre i conti in rosso (con una sola eccezione). Ma Oscar Farinetti, nel dare l’annuncio della chiusura (18 milioni di euro i debiti e 6,5 milioni le perdite che emergono nell’ultimo bilancio, di agosto) ha anche anticipato che il parco riaprirà ad aprile sotto un altro nome: Grand Tour Italia.

    Otto ettari dedicati a negozi e ristoranti e due all’agricoltura e all’allevamento di animali, Fico ha comportato un investimento per la costruzione di circa 140 milioni di euro, cui si sono aggiunti 23 milioni per realizzare un albergo con 200 camere mai costruito. Sotto la gestione di Eatalyworld srl, una società partecipata da Eataly e da Fico.Op Srl, controllata da Coop Alleanza 3.0, il parco non ha mai conseguito quei 6 milioni di visitatori che Farinetti aveva preventivato come soglia minima per il primo anno di attività. Nell’anno successivo all’inaugurazione ufficiale del 15 novembre 2017, i visitatori furono solo 2,8 milioni (per il 70% provenienti da fuori Bologna) e l’utile generato si fermò a soli 19mila euro. Prima che il parco dovesse sospendere le attività, fino a giugno 2021, causa Covid19, la situazione era peggiorata ulteriormente; nel 2019 i visitatori erano calati a 1,6 milioni e si erano avute perdite nette pari a 3,14 milioni di euro.

    Il Grand Tour Italia nel quale il parco si rinnoverà dalla prossima primavera secondo Farinetti (che nel frattempo ha assunto la gestione dell’area), rappresenterà il viaggio nell’Italia e nelle regioni: si entrerà in Val d’Aosta, si uscirà dalla Sicilia e dalla Sardegna passando in mezzo a tutte le regioni italiane. «Racconteremo la biodiversità delle regioni con le osterie che cambieranno tutti i mesi nel mondo Slow Food e verranno tutti i mesi a portare nuove cose da mangiare. Ci saranno grandi aree didattiche. Le regioni porteranno il loro folk, ovvero le loro manifestazioni locali. Sarà una cosa bellissima e strepitosa» ha detto Farinetti a Radio24.

  • Superata la Germania, l’Italia terza nell’arredo

    Rallenta ma non si ferma la crescita del settore dell’arredo a livello globale, nel cui firmamento brilla la stella del Made in Italy, con il nostro Paese che scavalca la Germania e conquista il terzo posto dietro ai colossi Cina e Stati Uniti.

    L’incertezza economica, rileva l’Area Studi Mediobanca, dovrebbe contenere lo slancio del comparto al 5% nel 2023, dopo un 2022 e un 2021 cresciuti a doppia cifra, rispettivamente del 12% e del 14%. Le previsioni di lungo periodo sono comunque positive e stimano un incremento del giro d’affari globale dai 530 miliardi del 2022 a 690 miliardi nel 2027. La Cina, seppure in frenata, mantiene una leadership indiscussa, con il 37,1% della produzione mondiale e il 34,1% delle esportazioni. Seguono, a grande distanza, gli Stati Uniti (13,6%) e l’Italia che, grazie a una market share del 4,5%, scavalca la Germania (4,3%) al terzo posto. Dopo la Polonia il nostro Paese è il secondo esportatore dell’Ue a 27, a cui destina il 45,9% del suo export, e il quarto al mondo, alle spalle di Polonia, Vietnam e della solita Cina.

    Lo studio analizza anche i bilanci di 286 aziende italiane con un fatturato superiore ai 10 milioni. Nel 2021 l’aggregato ha realizzato ricavi per 14 miliardi (+23,8%) riprendendosi dal calo del 5% subito nel 2020 a causa della pandemia. Trend che dovrebbe essere continuato nel 2022, con un aumento del fatturato del 18%, più sul mercato estero (+20%) che su quello interno (+16%), mentre per quest’anno il 57% delle aziende prevede un incremento, seppur più contenuto, di fatturato ed export, il 32% un calo e l’11% uno stallo.

    “Qualità dell’offerta settoriale” e «specializzazione nell’alto di gamma” sono, a detta di Mediobanca, gli ingredienti del nostro “successo” all’estero, mercato da cui nel 2021 è arrivato il 55,2% dei ricavi, con l’Italia “punta di diamante” nel segmento da oltre 50 miliardi dell’arredo di lusso. Svecchiamento e carenza di forza lavoro qualificata, riorganizzazione della supply chain per ridurre la dipendenza dall’estero, specialmente di legno, e spinta sulla digitalizzazione per aumentare le vendite online sono invece le sfide che attendono il settore.

  • La Commissione approva una nuova indicazione geografica

    La Commissione ha approvato l’aggiunta del nome “Sebadas/Seadas/Sabadas/Seattas/Savadas/Sevadas di Sardegna” nel registro delle indicazioni geografiche protette (IGP).

    Le “Sebadas/Seadas/Sabadas/Seattas/Savadas/Sevadas di Sardegna” sono un dolce tipico sardo, secondo la tradizione culinaria dell’isola, il dolce deve essere fritto, cosparso di miele o zucchero e servito caldo. Il prodotto può recare uno o più nomi compresi nella denominazione protetta.

    La nuova denominazione sarà aggiunta all’elenco dei 1.639 prodotti agricoli già protetti.

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