Made in Italy

  • La Commissione approva l’“Olio Campania” come nuova indicazione geografica protetta

    La Commissione ha approvato l’“Olio Campania” come indicazione geografica protetta (IGP).

    La denominazione “Olio Campania” è riservata all’olio extravergine di oliva ottenuto da olive prodotte esclusivamente in Campania. Il clima della regione, caratterizzato da estati secche e calde, è fortemente vocato all’olivicoltura. Accanto ai fattori ambientali, anche quelli più direttamente legati all’azione dell’uomo, come le tecniche agronomiche e le tecniche estrattive, hanno contribuito alla qualità dell’olio della Campania. La reputazione della denominazione “Olio Campania” poggia sullo stretto e antico legame fra territorio, ulivo, olio e olivicoltura, tuttora emblematico della regione Campania.

    La nuova denominazione sarà aggiunta all’elenco dei 1 617 prodotti agricoli già protetti.

  • La salvaguardia della cultura nazionale

    Negli ultimi trent’anni il ceto accademico ha promozionato, e quasi imposto, alla classe politica governativa Italiana il postulato economico relativo alla inevitabilità delle delocalizzazioni produttive verso paesi a basso costo di manodopera, favorendo l’infantile visione di economie occidentali basate unicamente sul turismo ed i servizi. Di fronte ad una devastante deindustrializzazione del nostro Paese, la classe politica ha risposto con imbarazzanti silenzi o peggio con una sostanziale accondiscendenza da considerarsi come un’espressione cristallina di un vuoto strategico ed economico.

    La nostra supremazia economica e culturale, come espressione di una filiera industriale, è stata azzerata esattamente come ora l’Unione Europea intende realizzare con l’obbligatorietà dell’auto elettrica dal 2035.

    A poche decine di minuti da Milano, la Svizzera rappresenta, ancora una volta, un modello democratico (diretto) ed economico ancora oggi non compreso dalle italiche eccellenze intellettuali accademiche e politiche.

    La decisione della statunitense Mondelez di spostare la produzione del celebre Toblerone in Slovacchia, classica delocalizzazione verso costi minori di manodopera, ha avuto delle conseguenze immediate. Lo Stato Svizzero, in applicazione della legge del 1 gennaio 2017, Swissness Act, ha imposto alla società americana di togliere dalla confezione della celebre barretta di cioccolato l’immagine del Cervino e lo stessa definizione Swiss Made.

    In altre parole, il legislatore elvetico di fronte ad una legittima scelta strategica di una società di delocalizzare la propria produzione, ha definito un quadro normativo finalizzato a tutelare il valore stesso della produzione industriale elvetica. Il principio economico e culturale di cui questa legge ne esprime il principio ispiratore definisce una filiera industriale come espressione del know how professionale ed industriale, una ricchezza nazionale da tutelare proprio con un intervento normativo specifico.

    Il governo svizzero ha quindi imposto delle conseguenze immediate ai produttori del Toblerone e cosi azzerato ogni plus derivante dalla localizzazione elvetica del prodotto.

    Nel nostro Paese, invece, si continua a parlare di finanziamenti anche europei, ma sempre lontani dal mondo industriale e soprattutto nella totale assenza di una rinnovata attenzione alla filiera complessiva del Made in Italy la quale richiederebbe una normativa molto più decisa e chiara da applicare.

    Gli effetti devastanti di un’ideologia che ha dominato la scena politica italiana, imperniata sulla considerazione di un mondo industriale come espressione di una Old Economy,rappresentano il fallimento clamoroso culturale, economico ed umano di una classe politica ed accademica che non si è mai posta e tanto meno ha  ricercato una strategia economica che limitasse quantomeno le delocalizzazioni produttive. Viceversa, le ha semplicemente accettate, sostenute e considerate inevitabili.

    La scelta del governo svizzero, invece, rappresenta la massima espressione di un’economia complessa ma pur sempre liberale, all’interno della quale non si impone nessun divieto alle legittime scelte di una società operante all’interno del territorio elvetico.

    Tuttavia, e questa rappresenta la massima espressione di un pensiero innovativo, vengono definite attraverso un preciso quadro normativo (Swissness Act appunto) le inevitabili conseguenze, imponendo, come nel caso specifico, alla stessa proprietà di eliminare tutti i plus espressione dello Swiss made.

    Questa strategia politica ed economica adottata in Svizzera rappresenta l’unica forma di tutela anche culturale per un sistema economico e per le umane professionalità che concorrono al suo continuo progresso.

  • Il calzaturiero aumenta i ricavi del 13,9% nei primi nove mesi del 2022

    Il comparto calzaturiero italiano continua il percorso di recupero post-pandemia registrando nei primi nove mesi del 2022, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, un incremento a doppia cifra del fatturato (+13,9%). E’ la fotografia scattata dal Centro Studi di Confindustria Moda per Assocalzaturifici che evidenzia anche un aumento dell’export (+23,7% in valore e +11,7% in volume, trainato dalle griffe del lusso), che ha già superato i livelli pre-Covid (con l’eccezione, però, delle scarpe con tomaio in pelle, che presentano un gap del -11% in quantità sul 2019). Risultati positivi nei mercati comunitari (con aumenti nell’ordine del +25% in valore in Francia e Germania), in Nord America (+62%) e in Medio Oriente (+58,5%). Bene anche la Cina, ma soprattutto per l’alto di gamma (+43% in valore, con un +34% nel prezzo medio). Pesanti, invece, le conseguenze della guerra in Russia e Ucraina (-32% nei primi 9 mesi nell’insieme, con un -40% dall’inizio del conflitto); tra gli stati dell’ex blocco sovietico cresce il Kazakistan (+33,4%).

    Nel report emerge anche la risalita nei consumi interni: +13,3% in spesa gli acquisti delle famiglie, ma ancora -3,5% sulla situazione già largamente insoddisfacente di tre anni addietro. Il contestuale balzo dell’import (+30% quantità) e la propensione al risparmio indotta dal carovita rendono sempre più serrata la competizione sul mercato nazionale, sfavorito anche da una stagione autunnale partita molto in ritardo. Cresce, inoltre, la quota di vendite off-price, mentre in estate appare sostenuto il ritmo dei flussi turistici, anche se il recupero nello shopping straniero è ancora parziale.

    Analizzando nel dettaglio le esportazioni, le vendite estere di calzature hanno raggiunto l’ennesimo primato in valore, toccando i 9,35 miliardi di euro (+23,7% su gennaio-settembre 2021), per un totale di 165,2 milioni di paia (+11,7%): non un record quello delle quantità, ma comunque il miglior risultato dal 2017 ad oggi. Il prezzo medio al paio è salito a 56,60 euro (+10,7%). Sia in valore che in volume sono state superate le cifre dei primi 9 mesi 2019 pre-Covid (rispettivamente del +20,4% e di un più modesto +3,9%). Decisamente positivo l’export verso gli Usa che – dopo la fine della “guerra dei dazi” con la Ue nell’autunno 2021 nell’ambito delle dispute sulla digital tax e lo scampato pericolo di imposte aggiuntive sui prodotti del fashion – nel 2022, grazie al cambio favorevole, hanno registrato nei primi nove mesi un sensibile incremento (+61% in valore e +28% in volume). Crescita altrettanto vigorosa si evidenzia per il Canada. La Cina, dopo la frenata nel bimestre aprile-maggio (-25% nelle quantità e -13% in valore) legata alle restrizioni adottate in diverse città per fronteggiare i nuovi focolai Covid, da giugno è ripartita con vigore. Il terzo trimestre ha registrato un aumento del +86% in valore (con un +17,4% in volume), grazie ai risultati conseguiti dalle griffe del lusso. Il cumulato dei primi nove mesi segna così un +43% in valore, con un molto più ridotto +7% nelle paia. All’interno della top 20 delle destinazioni è il mercato che presenta il prezzo medio più alto: 213,39 euro/paio, +33,6% su un anno addietro. Forte preoccupazione destano ovviamente le notizie sulla recrudescenza del virus. Restando nel Far East (+27,4% in valore globalmente) torna a crescere la Corea del Sud (+22,5%); bene il Giappone (+25,5% in valore), che presenta però, così come Hong Kong, un gap considerevole col pre-pandemia. Confortanti anche i dati sul Medio Oriente, dove svettano gli Emirati Arabi (15 mercato, in aumento del +68% in valore e del +49% in quantità su gennaio-settembre 2021). Tornando nel Vecchio Continente, tra i membri della Ue27 cresce del 26% la Germania (+18% in paia), da sempre uno dei principali clienti delle calzature Made in Italy (è il secondo in termini di volume); positivi anche altri importanti sbocchi comunitari, quali Spagna (+23% circa in valore), Paesi Bassi (+36%), Polonia (+16%) e Belgio (+19%), tutti già abbondantemente oltre i numeri pre-Covid. Riparte l’export verso il Regno Unito (+23% in valore e +1,6% in quantità) dopo il crollo dell’ultimo biennio, successivo all’uscita dall’Unione. Le cifre attuali restano comunque marcatamente inferiori a quelle 2019: -29% in valore e -39% in volume.

    Secondo Giovanna Ceolini, presidente di Assocalzaturifici, «nonostante l’incremento a doppia cifra del fatturato settoriale 2022, con previsione di ritorno a consuntivo sui livelli pre-pandemia, e i segni positivi in gran parte delle variabili, il forte aumento dei costi erode i margini delle imprese, costrette ad affrontare, oltre ai rincari delle materie prime, la fiammata senza precedenti degli energetici. Permane inoltre una rilevante disomogeneità tra le aziende, con due su cinque tuttora con fatturato sotto i valori pre-emergenziali. Gli effetti della crisi – prosegue Ceolini – appaiono evidenti nei dati relativi alla demografia delle imprese (con 180 chiusure tra i produttori di calzature da inizio anno, tra industria e artigianato, -4,5%), mentre nei livelli occupazionali trovano conferma il rimbalzo già registrato nei primi 2 trimestri (+2,3%, insufficiente, comunque, a ripianare le perdite subite nel biennio precedente) e la marcata riduzione, rispetto al 2021, delle ore di cassa integrazione guadagni autorizzate nell’area pelle (-81,6%, con ancora però un +80% sul 2019). Nelle aspettative a breve domina – conclude – l’incertezza, in un panorama mondiale in cui – dopo il lungo periodo flagellato dalla pandemia – inflazione, caro bolletta e turbolenze geopolitiche minano il clima di fiducia, frenando la domanda di beni».

  • Made in Italy da record: la Dop economy vale 19 miliardi

    Record per la Dop economy italiana che chiude il 2021 con un valore alla produzione di 19,1 miliardi in crescita del 16,1% su base annua e un export da 10,7 miliardi con +12,8%. Un sistema di eccellenze composto da 845 prodotti, di cui 319 Dop/Igp/Stg nel settore cibo, e 526 Dop/Igp nel settore vino, da difendere e valorizzare. Tanto che c’è l’impegno del ministro Francesco Lollobrigida a tradurre in fatti concreti la sovranità alimentare con un fondo specifico per rendere più indipendente questa nazione. È il risultato della giornata di presentazione della XX edizione del Rapporto Ismea-Qualivita, che porta a quota 21% il contributo del comparto Dop Igp al fatturato complessivo del settore agroalimentare.

    Si tratta di espressione di un patrimonio economico non delocalizzabile, frutto del lavoro coeso di un sistema complesso e organizzato che in tutto il territorio coinvolge 198.842 operatori e 291 Consorzi di tutela autorizzati dal ministero. Quattro le new entry 2022: Vincisgrassi alla Maceratese (Igp); Lenticchia di Onano (Igp), Finocchio di Isola Capo Rizzuto (Igp) e Castagna di Roccamonfina (Igp).

    “L’Italia non può competere sulla quantità ma saper investire sulla qualità”, ha detto il ministro Lollobrigida intervenuto alla presentazione del Rapporto, precisando che “in Ue rispetto alla Francia non abbiamo nulla da invidiare ma sicuramente la loro capacità di difendere i loro prodotti”. E propone di creare un doppio binario di promozione, i prodotti nei musei e i musei rilanciati attraverso i prodotti. “Ne parlerò con il ministro della Cultura, Sangiuliano”, ha detto Lollobrigida.

    Tanti i numeri che tratteggiano questo tesoro fatto di qualità diffusa su tutto il territorio, dalle Regioni alle province. In particolare il comparto cibo Dop Igp sfiora gli 8 miliardi di euro (+9,7%), mentre il settore vitivinicolo supera gli 11 miliardi di euro (+21,2%): più di 1 euro su 5 di cibo e di vino è generato da prodotti a denominazione.

    Sul fronte delle esportazioni, i prodotti certificati pesano per il 21% sulle vendite totali dell’ agroalimentare, un risultato che somma il cibo con 4,41 miliardi (+12,5% su base annua) e il vino con 6,29 miliardi (+13%). In particolare si registrano crescite a 2 cifre per le principali categorie, dai formaggi (+15%) agli aceti balsamici (+11%) ai prodotti a base di carne (+13%). A  trainare il vitivinicolo sono i vini Dop (+16%), con in testa gli spumanti (+25%). Relativamente agli impatti economici delle filiere, crescono in 18 regioni su 20. Le quattro del Nord-Est rafforzano il ruolo di traino, superando per la prima volta i 10 miliardi di euro; salgono anche Nord-Ovest (+10,8%) e Centro (+15,5%). Particolarmente significativo il dato per Sud e Isole, unica area che segna +13,2% dopo +7,5% del 2020.

    Ottimi risultati economici che si riflettono sui territori. Veneto e Emilia-Romagna sono le prime regioni in assoluto per valore, con +28% e +11% sul 2020. Le regioni del Nord-Ovest registrano 3,8 miliardi di euro, grazie a Lombardia (+7,2%) e Piemonte (+15,4%), mentre quelle del Centro raggiungono 1,7 miliardi di euro, guidate dalla Toscana (+18,6%). L’area Sud e Isole totalizza 3 miliardi, in ascesa per Campania, Puglia, Sicilia e Sardegna. Tra le prime 20 province per valore, di cui ben 12 nel del Nord-Est, si parte da Treviso, Verona e Parma.

    Ed è lotta al cibo sintetico. Bene, ha detto il ministro, la Campania con l’ok alla delibera contro la carne sintetica. Altre Regioni, come Abruzzo e Marche, e decine di comuni sono sulla stessa linea. “Chi vuole mangiare la bistecca prodotta da bioreattori vada in Usa”, ha rincarato Lollobrigida intervistato da Milena Gabanelli a DataRoom sul CorriereTv. “La prima opposizione che faremo sarà in contesto Ue” per scongiurare ogni approvazione di commercializzazione. Nessun arretramento neanche sul fronte Nutriscore. L’etichetta nutrizionale a semaforo, calcola la Coldiretti, “colpisce ingiustamente quasi l’85% in valore del Made in Italy a denominazione di origine (Dop/Igp) che la stessa Ue dovrebbe invece tutelare e valorizzare”.

  • Il lusso continua a fatturare: 1.400 miliardi nel 2022

    Il mercato del lusso globale avanza spedito nella sua corsa e, dopo il rimbalzo post pandemico, si appresta a chiudere il 2022 con una crescita del 21% raggiungendo il valore di 1.400 miliardi di euro. In particolare, i beni di lusso personali raggiungeranno quota 353 miliardi (+22%) di fatturato. “L’alto di gamma ha completato il percorso di ripresa, registrando nel 2022 il record storico con risultati oltre le aspettative”. A dirlo è il presidente di Altagamma, Matteo Lunelli, commentando le stime dell’Osservatorio Altagamma, presentato a Milano alla presenza del ministro delle Imprese e del Made In Italy, Adolfo Urso.

    Lo scenario si prospetta positivo anche per il 2023 con una marginalità (Ebitda) delle imprese dell’alto di gamma in crescita in media del 6% e fino all’8% per le aziende il cui target è composto esclusivamente da consumatori ‘ultraricchi’. Il prossimo anno – viene spiegato nello studio – la crescita sarà trainata principalmente dall’aumento dei prezzi e dal miglioramento dei mix di vendita mentre i volumi avranno una crescita più contenuta rispetto agli anni precedenti. Inoltre, la possibile difficoltà a tenere sotto controllo i costi limiterà la potenziale crescita dell’Ebitda. Guardando al lungo termine, nel 2030 il valore di mercato dei beni di lusso personali dovrebbe salire a circa 540-580 miliardi (+60% o più rispetto al 2022) e i consumatori dell’alto di gamma dovrebbero arrivare a quota 500 milioni contro i 400 milioni attuali. In questo scenario “i marchi italiani continuano ad eccellere, malgrado un contesto congiunturale caratterizzato da una forte incertezza”, sottolinea Lunelli, accendendo un faro sulle “numerose sfide” che abbiamo di fronte, a partire dall’aumento dei costi energetici al cuneo fiscale, oltre a quelle più strutturali, come la digitalizzazione, la lotta alla contraffazione e la conquista di nuovi mercati. Sfide che Altagamma intende affrontare “in sinergia con il governo e le istituzioni, in una partnership pubblico-privata”. Dal canto suo, il ministro Urso – evidenziando che per il Made in Italy “ci sono ancora grandi spazi di crescita” – assicura che il governo intende “operare congiuntamente con corpi intermedi e associazioni per consolidare i fondamentali della nostra industria di eccellenza, sostenerla nello sviluppo e promuoverla in tutto il mondo”. Per il ministro, il Made in Italy rappresentato da Altagamma “è il fiore all’occhiello della nostra industria manifatturiera ed è stato capace di mantenere un ruolo da protagonista, dando un contributo al Pil significativo”. Tornando ai dati dell’Osservatorio, quest’anno tutte le categorie vedranno un aumento delle vendite, confermando la leadership degli accessori (+8,5% per la pelletteria e +7% per le calzature). A livello geografico, l’Europa crescerà del 5%, grazie all’aumento dei viaggi internazionali che compenseranno la più debole domanda interna. Anche per gli Stati Uniti si prevede una crescita del 5%, mentre, Cina e Asia sono più difficili da stimare. In particolare in Cina le politiche sul lockdown “potrebbero portare effetti imprevisti”, ma grazie all’effetto rebound, i consumi potrebbero crescere del 9%.

  • Dalla moda al cibo, la guerra non piega il made in Italy

    Il 75% delle esportazioni italiane è composto da macchinari, metallurgia, moda, autoveicoli, agroalimentare, chimica e farmaceutica: è il Made In Italy che quotidianamente si afferma sul mercato mondiale. Ed il trend positivo dell’export – sia in tema di volumi che di prezzi, negli ultimi due anni ha segnato risultati positivi con un record nel 2021 e un +22,4% nei primi sei mesi del 2022. E’ quanto emerge dal XXXVI dal Rapporto sul Commercio estero “L’Italia nell’economia internazionale” che è stato presentato a Napoli nel complesso monumentale di San Lorenzo, alla presenza del ministro degli Esteri Luigi Di Maio. Un trend positivo che non è stato piegato dalla pandemia, né dal conflitto tra Russa e Ucraina, tra le cause dell’aumento del prezzo delle materie prime e dell’energia. Anzi, la pandemia, rileva il Rapporto, ha impresso un’ulteriore accelerazione ad alcuni trend che erano già in atto nei principali mercati di sbocco: la Germania, la Francia, gli Stati Uniti, la Svizzera, la Spagna, il Regno Unito, il Belgio e la Polonia.

    Il 52% dell’export è verso i Paesi Ue, il 48% verso Paesi extra europei. Nel 2021 sono stati esportati beni per 516 miliardi di euro a fronte di importazioni per 472 miliardi. Nel primo semestre dell’anno in corso è verso la Turchia che le esportazioni hanno registrato la maggior crescita (più 35,8% rispetto allo stesso periodo del 2021) mentre verso la Russia la flessione è stata del 17,6%.

    Le esportazioni italiane sono cresciute del 18,2% nel 2021 (sul 2020) e del 22,4% nel primo semestre 2022 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente anche se il conflitto russo-ucraino ha costretto a rivedere le stime del commercio mondiale. Un conflitto, hanno ammonito gli analisti, che sta esasperando le spinte inflattive e sta generando tensioni.

    “Come rileva il Rapporto Ice-Istat, sebbene le stime di crescita del commercio mondiale siano ben inferiori rispetto a quelle ipotizzate prima dell’aggressione russa contro l’Ucraina, restano nel breve-medio periodo prospettive di crescita che le aziende italiane hanno il potenziale per cogliere. Per questo, in una fase congiunturale così critica e al contempo di grandi trasformazioni, è essenziale non abbandonare le riforme e non deviare dagli obiettivi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza”, ha detto il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio. Il conflitto finora, ha spiegato il presidente dell’Ice Agenzia Carlo Ferro, “ha influito maggiormente sul fronte delle importazioni e del prezzo dell’energia. Se guardiamo all’aspetto esportativo, dato il valore dell’export con Mosca, se proseguissimo con la flessione che dallo scoppio del conflitto è di circa un terzo rispetto alla Russia, alla fine perderemmo meno di un punto percentuale di export complessivo del Paese.

    C’è una percezione di peso del rapporto commerciale con la federazione russa che non è totalmente corretta”. “Il Made in Italy si difende grazie alla capacità dei nostri imprenditori che si affermano sul mercato, piuttosto che con la presenza di un ministero o di un ministro”, ha detto invece il responsabile dello Sviluppo Economico, Giancarlo Giorgetti, rispetto all’ipotesi di un dicastero del Made In Italy. Più che a un polo italiano del lusso bisognerebbe ragionare sulla creazione di una sorta di consorzio tra i grandi marchi per trovare delle sinergie su alcuni temi, a partire dalla distribuzione. E’ questa l’idea lanciata, invece, da Diego Della Valle, presidente e amministratore delegato di Tod’s: «Sotto l’aspetto della distribuzione sarebbe importante riuscire fare qualcosa insieme. Poi, per il resto, ognuno può fare la sua strada”.

  • La Commissione europea autorizza due nuove indicazioni geografiche provenienti dall’Italia e dalla Germania

    Questa settimana la Commissione ha approvato due nuove indicazioni geografiche protette (IGP): l’italiana “Lenticchia di Onano” è stata aggiunta all’elenco di 1579 prodotti agricoli e alimentari esistente, mentre la tedesca “Hohenloher Birnenbrand” è stata inserita nell’elenco delle 258 acquaviti già protette provenienti dall’UE e da paesi terzi.

    La “Lenticchia di Onano” è un tipo di lenticchia coltivata esclusivamente in sei comuni della provincia di Viterbo, a nord-ovest di Lago di Bolsena. Cresce in terreni vulcanici e naturalmente ricchi di microelementi, compreso il ferro. Ciò comporta una serie di effetti positivi, in particolare un basso tenore di zuccheri, un sapore pieno e una buona durata di conservazione. Le lenticchie sono coltivate e consumate nella regione di Viterbo sin dal Medioevo per compensare la carenza di carne.

    La “Hohenloher Birnenbrand” è un’acquavite prodotta esclusivamente nella zona tedesca dell'”Hohenlohe” mediante fermentazione e distillazione di pere originarie della regione. Da tempi immemori l’”Hohenlohe” è caratterizzato da frutteti su prato, con specie arboree simili e portainnesti. Le varietà di pere ad alto tenore di zuccheri sono particolarmente adatte alla produzione di alcole, e l’acquavite ha un titolo alcolometrico non inferiore a 38% e un bouquet aromatico di pera.

    L’elenco di tutte le indicazioni geografiche protette è disponibile nella banca dati eAmbrosia.

    Fonte: Commissione europea

  • L’ortofrutta traina il Made in Italy, export da record

    Vola l’export di frutta e verdura tricolore che con i quasi 5,6 miliardi di euro archiviati nel 2021 – un numero che vale un +8% sull’anno precedente – fa segnare il suo record storico e trascina verso nuove vette il comparto agroalimentare, fiore all’occhiello di un ‘Made in Italy’, atteso – dopo i fasti degli ultimi mesi – a mantenere una velocità di crociera spedita nonostante le difficoltà imposte dall’aumento dei prezzi per energia e  materie prime e dal protrarsi del conflitto in Ucraina. A celebrare l’exploit dell’ortofrutta italiano e a guardare con “ottimismo” al futuro prossimo è Macfrut, salone internazionale del settore in cartellone alla Fiera di Rimini, fino a venerdì.

    “Penso che siano giorni importanti per la filiera agroalimentare, per il settore primario, per l’ortofrutta, per il settore avicolo – ha scandito all’inaugurazione della kermesse romagnola il ministro dell’Agricoltura, Stefano Patuanelli – riapre una fiera importante per il nostro Paese e per il Sistema Paese, nuovamente in presenza, nuovamente con tante persone: è un bel segnale di ripresa”. Comunque da confermare.

    Adesso, ha argomentato infatti Patuanelli, “la sfida è quella di produrre cibo di qualità in quantità sempre superiori e sempre in aumento perché siamo sempre di più su questo pianeta. L’innovazione – ha sottolineato – è l’unico strumento che abbiamo per arrivarci. La capacità di trasferimento tecnologico, il dotare di strumenti per l’agricoltura di precisione tutte le aziende del Paese è l’obiettivo: solo in questo modo – ha chiosato – riusciremo a consumare meno input ambientali e a livello globale produrre più cibo”.

    Un traguardo da raggiungere partendo da una fiera, ha puntualizzato il presidente di Macfrut, Renzo Piraccini, che “si apre nel segno dell’ottimismo nonostante il clima di grande incertezza e le tensioni internazionali conseguenti alla guerra in Ucraina che speriamo possano rapidamente rientrare”. Ottimismo, evidenzia, dato dai numeri della rassegna con 830 espositori di cui il 28% esteri, dal 2021 chiuso “con la cifra record di 5,6 miliardi di esportazioni” e da una “campagna commerciale che si apre finalmente sotto i migliori auspici”.

    Al centro della fiera romagnola, giunta alla sua 39esima edizione, diverse novità a partire dall’International ‘Cherry Symposium’, in omaggio alla ciliegia, frutto simbolo di quest’anno; il primo salone europeo dedicato al mondo delle spezie, erbe officinali ed aromatiche, lo ‘Spice & Herbs Global Expo’, che fa il suo esordio con oltre 50 espositori in rappresentanza dell’intera filiera mentre è l’avocado il frutto esotico al centro della terza edizione del ‘Tropical Fruit Congress’.

    In scena nel quartiere fieristico di Rimini, ancora, ‘Biosolutions International Event’, salone internazionale  dedicato ai prodotti naturali per la difesa, nutrizione e biostimolazione delle piante e tanto spazio alla ‘Smart Agriculture’ con le ultime novità in fatto di droni, robot e sensoristica a tutela dell’agricoltura e della sua sostenibilità.  Particolare attenzione, poi, anche al continente africano con gli ‘Africa Days’ e la presenza, all’inaugurazione del salone di Alitwala Kadaga, ministra per le politiche comunitarie dell’Uganda e Gourouza Magagi Salmou, ministra dell’Industria e imprenditoria del Niger. In contemporanea a Macfrut, infine, si è aperto il ‘Poultry Forum’, evento internazionale dedicato al settore avicolo.

  • La migliore Italia

    In un periodo di crisi completa, assoluta espressione di una sintesi nefasta tra i postumi della pandemia, e del perseverare del covid, e la terribile guerra voluta da Putin ed ancora in assenza di una strategia diplomatica europea la situazione economica volge drammaticamente verso una recessione figlia anche della infantile illusione di una ripresa nel 2021 legata, invece, quasi esclusivamente ai bonus ed alla esplosione della spesa pubblica ben oltre i mille (1.000) miliardi.

    In questo contesto l’Italia, quella vera, cioè del lavoro e delle imprese dalla cui unione nasce la possibilità di creare una vera crescita del Pil, con l’obiettivo di superare l’impasse dell’intero mondo politico italiano, dimostra la propria capacità di reazione alle avversità.

    Questa Italia della concretezza opposta a quella della politica si espone per la sopravvivenza della propria azienda e dei posti di lavoro assicurati sul territorio e dimostra di non attendere le vuote dinamiche politiche, troppo prese dagli accordi di lista in vista delle prossime elezioni di giugno, i cui vertici non si dimostrano neppure in grado di comprendere come senza ordini dei mercati esteri, e quindi anche di quello russo, il fatturato non possa crescere e tanto meno possono venire assicurati i posti di lavoro*.

    La distonia del mondo politico viene poi confermata dalle “iniziative politiche” di alcuni leader privi di un minimo senso del ridicolo e della tempistica i quali blaterano di un necessario aumento delle retribuzioni non ponendosi in alcun modo nell’ottica del primo obiettivo odierno rappresentato dalla sopravvivenza del tessuto industriale minato dalla recessione.

    Questa è la vera ed unica Italia di cui essere fieri, composta da persone intraprendenti e capaci di affrontare anche le terribili conseguenze di una economia di guerra e lontana anni luce dall’imbarazzante atteggiamento della politica ad ogni livello, comunale, regionale e nazionale, la quale sembra giocare anche in questo terribile momento (oltre due anni!) con la sopravvivenza di un sistema economico e quindi con le prospettive di vita dei cittadini solo ed esclusivamente per un vantaggio personale sia esso professionale, economico, narcisistico o ideologico.

    Solo pochi anni fa venni premiato proprio a Fermo, capitale del distretto calzaturiero marchigiano, per la mia attività a favore del Made in Italy, del quale il distretto calzaturiero marchigiano ne rappresenta un valido esempio, e posso assicurare come già dal 2014 questo importante distretto industriale soffrisse gli effetti delle sanzioni nei confronti di uno dei principali mercati di riferimento come la Russia.

    Ora, dopo otto anni di estrema difficoltà, ha deciso invece di reagire per la propria stessa sopravvivenza: a loro dovrebbe andare il più convinto appoggio come a tutte le famiglie il cui futuro dipende dalla continuazione dell’attività produttiva della aziende e dalla decisione degli imprenditori marchigiani di affrontare le conseguenze di una terribile guerra senza attendere i vuoti tempi della politica.

    Questa è l’unica Italia nella quale ci si dovrebbe riconoscere con orgoglio e speranza contrapposta alla mediocrità nella quale siamo immersi.

    *https://www.corriereadriatico.it/fermo/fermo_sfidano_europa_sanzioni_guerra_ucraina_calzaturieri_partono_fiera_mosca_ultime_notizie-6646537.html

  • Tutela Igp della Ue per 50 eccellenze dell’artigianato italiano

    Dall’alabastro di Volterra al vetro di Murano, passando per i gioielli di Torre del Greco, la ceramica di Caltagirone e il merletto Goriziano, le campane di Agnone e il mobile d’arte Veronese: sono una cinquantina i prodotti italiani che hanno le carte in regola per diventare prodotti protetti dal marchio Igp (Indicazioni geografiche protette) dell’Ue. La Commissione europea ha infatti proposto di riconoscere ai più caratteristici manufatti artigianali e industriali italiani e degli altri 26 Paesi Ue lo stesso tipo di tutela destinata oggi alle Dop e alle Igp alimentari. Uno scudo contro le imitazioni e le frodi nel mercato interno, sull’online e negli accordi di libero scambio che l’Ue stipula con Paesi terzi.

    Per ottenere la tutela europea e il simbolo dell’Indicazione geografica protetta, i prodotti dovranno soddisfare alcuni requisiti chiave: ad esempio, vantare una reputazione consolidata, avere caratteristiche qualitative attribuibili all’origine geografica e garantire che almeno una delle fasi di produzione avvenga nell’area di origine.

    Secondo la proposta di Bruxelles, la procedura di autorizzazione prevede due tappe, una prima a livello nazionale e la seconda affidata all’Ufficio europeo per la protezione dei brevetti (Euipo). La tutela delle Igp “aumenta la visibilità del prodotto e del territorio e contribuisce ad attrarre turisti, aumentare i posti di lavoro e la competitività, in particolare nelle aree rurali e meno sviluppate. Tutti fattori molto rilevanti all’indomani del Covid-19”, spiegano a Bruxelles.

    La decisione di intervenire per applicare anche ai prodotti artigianali e industriali il marchio Igp arriva dopo dieci anni di studi e appelli ripetutamente lanciati dall’Europarlamento e dal Comitato europeo delle Regioni (Cdr). Tutelare i prodotti dell’artigianato locale “è un dovere, come aveva chiesto il Cdr già nell’ottobre scorso approvando all’unanimità il parere elaborato da Martine Pinville, consigliera regionale della Nuova Aquitania”, ha sottolineato Roberto Ciambetti, presidente del Consiglio Regionale del Veneto e capo della delegazione italiana al Comitato europeo delle Regioni.

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