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Romagna bella: pensare ed agire

Abbiamo pianto, come tanti, vedendo la distruzione di case, campi, aziende, vedendo le persone che non volevano abbandonare le proprie case, gli animali, i ricordi.

Abbiamo sorriso tra le lacrime vedendo tanti ragazzi lanciarsi con entusiasmo nel fango per aiutare e tante persone prodigarsi con solidarietà reciproca.

Siamo stati orgogliosi vedendo il coraggio e la generosità delle donne e degli uomini della protezione civile, dell’esercito, dei carabinieri, della polizia, dei vigili del fuoco e la volontà indomabile degli abitanti e dei volontari che in Romagna hanno dato tutto il loro impegno.

Abbiamo cantato anche noi “Romagna bella” con i ricordi del nostro vissuto e la certezza che ciascuno farà la sua parte, anche domani quando si comincerà a ricostruire, con lo stesso spirito positivo che contraddistingue queste terre difficili e meravigliose, uno spirito positivo che deve pervadere tutta l’Italia se vogliamo veramente che non accadano altre tragedie.

Mentre il governo prepara i ristori e programma gli interventi che l’estrema emergenza richiede, lavorando in sintonia con le autorità regionali e locali e ottenendo dall’Europa quanto ci spetta, mettiamo però qualche punto fermo, senza eccessive polemiche per il passato (troppi hanno da decenni gravi responsabilità per il dissesto idrogeologico) ma con la ferma intenzione di non tollerare nuovi errori.

La consapevolezza della particolare situazione del territorio della Romagna, non dimenticandoci delle altre realtà a simile rischio come il ferrarese e le ex zone paludose d’Italia, rende comunque inequivocabile, per tutta Italia, che manca un piano per la pulizia dei fiumi e degli altri, grandi e piccoli, corsi d’acqua.

Nessuno pulisce dalle migliaia di tronchi e rifiuti, nessuno controlla che i letti si sviluppino principalmente nel centro e le acque non corrano solo lungo gli argini, erodendoli giorno per giorno.

Nessuno interviene per impedire la sciagurata cementificazione dei canali di scorrimento e di irrigazione, nessuno impedisce lo sconsiderato consumo del suolo e la costruzione di case ed attività in aree fortemente a rischio.

Nessuno ha tenuto in considerazione i molti allarmi lanciati dai geologi né aveva previsto, pur se era presumibile dopo le esperienze delle “bombe d’acqua” che, dopo mesi e mesi di siccità, si potessero creare le condizioni per piogge torrenziali simili a quelle dei climi equatoriali.

Tra negazionisti dei cambiamenti climatici, ambientalisti oltranzisti ed indifferenti cronici siamo arrivati fin qui.

Ritornare a comprendere che il territorio va curato, che la natura non può essere stravolta, che le montagne, le colline, i boschi, i fiumi, i torrenti, le frane, e via discorrendo, fanno parte della nostra vita è una necessità che non possiamo demandare ad altri, ognuno di noi è, deve essere, parte in causa di una vera rivoluzione nel modo di pensare e di agire.

Se saremo capaci, spronando e controllando l’agire della politica, di cominciare, anche nel nostro quotidiano, ad essere più rispettosi e consapevoli di quello che è intorno a noi forse saremo ancora in tempo, mentre aiutiamo la Romagna, che molto fa già da sola, a impedire nuove tragedie e inutili recriminazioni.

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