Ambiente

  • Brevemente, intensamente

    L’orso M90 è stato giustiziato dalle guardie forestali per ordine del Presidente della Provincia di Trento.

    Non sappiamo se M90 avrebbe potuto diventare pericoloso, di fatto non aveva mai minacciato nessuno nei suoi pochi anni di vita, era certamente un orso confidente, che cioè si fidava e che da cinque mesi aveva il radiocollare per poter essere sempre monitorato e dare così informazioni utili.

    Forse se fosse nato in Abruzzo avrebbe vissuto tranquillamente come Juan Carrrito, salvo poi magari morire travolto da una macchina, proprio come il povero Juan, in effetti anche M90 era stato vittima di un incidente ma era sopravvissuto per essere poi ucciso per ordine di chi ancora macina la frustrazione di non aver potuto uccidere anche gli altri orsi che in questi anni aveva più volte condannato a morte.

    Sappiamo invece per certo che la sua morte si ascrive alle decisioni di Fugatti, da tempo noto per il suo irrefrenabile desiderio di abbattere orsi, lupi e a quanto altro aspirino le assatanate carabine di coloro che nella caccia, a differenza di altri, hanno bisogno di sfogare i loro istinti violenti.

    Gli uomini non vanno d’accordo tra di loro, le violenze, di ogni genere, sono notizia di tutti i giorni, i social ci abituano ancor di più a queste manifestazioni e non ci si stupisce, più di tanto, di fronte ad una tredicenne violentata, ad un ragazzo sparato, ad un insegnate accoltellato, ad un femminicidio od alla solita denuncia di quartieri invivibili per la droga o di appalti truccati e strade e case lesionate grazie all’uso di materiale scadente.

    Perché allora dovremmo stupirci se un orso in più o in meno è stato ucciso?

    Infatti non ci stupiamo, dice un vecchio detto “ogni botte dà il vino che ha” e il vino di Fugatti e dei suoi amici è acido, molto acido.

    Comunque se oltre alla guerra tra umani vogliamo continuare la guerra contro la natura, senza cercare regole di convivenza che garantiscono la sopravvivenza del pianeta e cioè di tutti, le conseguenze saranno serie anche per i “buoni” che non reagiscono.

  • Troppi italiani scelgono il crematorio. Ambientalisti in ansia per l’aria

    Allerta dei medici sul boom di cremazioni e i possibili rischi per la salute e l’ambiente. In Italia “oggi ci sono 87 forni crematori, soprattutto nel Centro-Nord, mentre il fenomeno è meno diffuso al Sud. La moltiplicazione delle richieste di nuovi impianti, spesso sovradimensionati rispetto al fabbisogno del territorio su cui dovrebbero installarsi”, preoccupa per il “possibile impatto di un numero rapidamente in crescita di cremazioni e quindi di punti di emissioni da combustione”. Lo spiega l’Isde, Associazione italiana dei medici per l’ambiente, che ha pubblicato “il primo position paper italiano sui possibili effetti ambientali e sanitari della realizzazione di forni crematori in aree urbane”. Un approfondimento scientifico che indica come colmare lacune normative e tecniche, “affinché la cremazione non costituisca un’ulteriore fonte di inquinamento con conseguente impatto sulla salute dell’uomo”.

    “In Italia, come in molte altri Paesi – affermano Agostino Di Ciaula, Maria Grazia Petronio, Giovanni Ghirga, Ferdinando Laghi e Roberto Romizi, curatori del documento – il dibattito sull’inquinamento atmosferico è sempre più al centro dell’attenzione dell’opinione pubblica e scientifica per le notevoli implicazioni di tipo sanitario ed economico. I forni crematori sono impianti destinati alla cremazione dei defunti e/o di carcasse animali”, ricordano. “Tale processo comporta l’incenerimento attraverso trattamento termico a temperature elevatissime. Questo rende indispensabile considerare il rischio ambientale e sanitario correlato alle emissioni di questi impianti”, ammoniscono gli esperti. “Tale rischio – precisano – è aggravato dall’assenza di una specifica normativa di settore, e dalla carenza di efficienti e adeguate misure di monitoraggio per numerosi degli inquinanti emessi. Questi due aspetti, normativo e tecnico, vanno necessariamente colmati”, esorta l’Isde.

    “Gli agenti inquinanti derivanti dalla combustione ad elevate temperature – evidenziano i medici per l’ambiente – si diffondono nell’aria anche per lunghe distanze e nel corso del tempo si depositano sul suolo, accumulandosi in questa matrice e causando un’alterazione dell’equilibrio chimico-fisico e biologico del terreno. Le particolari caratteristiche di alcune sostanze non facilmente biodegradabili possono determinare contaminazione di un terreno per periodi variabili, con possibile passaggio degli inquinanti nelle falde acquifere e nella catena alimentare”.

    “Il position paper” dell’Isde, “oltre ad analizzare le problematiche ambientali e sanitarie, fornisce anche le indicazioni basilari, facendo proprie anche quelle già suggerite da esperti dell’Ispra”, Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, “per la realizzazione dei forni crematori affinché siano il meno impattanti possibile. Si tratta di un documento che potrà essere utile a tutti i cittadini e, soprattutto, agli amministratori locali – auspicano i medici – per poter prendere decisioni consapevoli basate sulla conoscenza dei problemi e per far pressione sul parlamento affinché stabilisca regole adeguate».

  • Le auto elettriche cinesi iniziano a impensierire Tesla e Musk

    I cinesi di Byd Auto, sbarcati negli Usa nel 2011 col sostengo di un super investitore come Warren Buffett, stanno iniziando a preoccupare Elon Musk e Tesla, che a suo tempo non videro in loro un serio rivale e che oggi invece hanno iniziato a fare pressioni affinché vengano introdotti dazi e barriere commerciali.

    Il drastico cambio di pensiero è arrivato dopo la pubblicazione dei conti del quarto trimestre del 2023 di Tesla. Musk ha riconosciuto che le aziende automobilistiche cinesi “avranno un successo significativo al di fuori dalla Cina”: “Sono estremamente buone. Se non vengono fissate delle barriere, demoliranno tutte le altre aziende automobilistiche nel mondo.”

    Produttrice di auto non proprio per tutte le tasche, in assenza di dazi e divieti, Tesla potrebbe perdere terreno molto velocemente. Già negli ultimi tempi il colosso di Musk aveva provato a ridurre i prezzi dei modelli attuali, ma a fare la differenza saranno modelli di auto elettriche accessibili a più persone possibili e su questo Tesla è ancora molto indietro. Proprio per questo la casa automobilistica americana ha confermato l’avvio della produzione di una vettura economica, una crossover compatta al momento ribattezzata Redwood, con l’obiettivo di aumentare la competitività dell’azienda. Secondo quanto pronosticato dallo stesso Musk, tuttavia, il nuovo modello di auto elettrica dovrebbe entrare in produzione nell’azienda di Tesla in Texas nella seconda metà del 2025.

  • I tumori giovanili aumentati dell’80%

    Il 15 gennaio scorso alcuni tra i più importanti giornali italiani hanno riportato la notizia che negli ultimi trent’anni, nel Mondo, l’incidenza dei tumori tra i giovani è aumentata di quasi l’80% e quasi tutti questi giornali hanno citato il commento alla notizia di un noto scienziato italiano che ha affermato: “un dato allarmante e non sappiamo ancora il perché”. Confesso che alla lettura di questo commento ho provato un senso di profondo sconforto misto a rabbia ma prima di condividere con il lettore le mie considerazioni al riguardo vorrei portare l’attenzione sui dati dello studio pubblicato nel settembre del 2023 sul British Medical Journal Oncology (https://bmjoncology.bmj.com/content/2/1/e000049) da cui emerge questa (tragica) percentuale e, di seguito, alcuni dati sulla situazione della salute dei più giovani in Italia. Obiettivo di questo studio, che ha visto coinvolti oncologi di diversi Paesi, era quello di esplorare l’incidenza mondiale negli ultimi trent’anni del cancro a esordio precoce (ovvero, nella popolazione giovane). Come detto, il risultato è stato che l’incidenza mondiale del cancro tra i più giovani è aumentata del 79,1%. Ora, a differenza del nostro emerito scienziato, gli autori di questo importante studio scientifico hanno indicato quelle che, secondo quanto osservato, potrebbero essere le principali cause di questa tendenza: una cattiva alimentazione (dieta ricca di carne rossa, ricca di sodio, di zucchero e povera di verdura, frutta ecc.), scarsa attività fisica, il consumo di alcolici, l’obesità e il fumo. I ricercatori, inoltre, hanno concluso che se non verranno rapidamente promossi e adottati stili di vita ed alimentari più sani l’incidenza dei tumori a esordio precoce è destinata ad aumentare significativamente.

    Qual è la situazione in Italia? L’Associazione Italiana Registri Tumori ha stimato che nel nostro Paese dal 2016 al 2020 sono state diagnosticate circa 7.000 neoplasie tra i bambini e 4.000 tra gli adolescenti (15-19 anni) con un aumento, rispetto al quinquennio precedente di circa il 4%. La media annuale stimata è di 1.400 casi nella fascia d’età da 0 a 14 anni e di 900 in quella dai 15 ai 19 anni. E stiamo parlando solo dei tumori.

    Cosa dire per tutte le altre patologie riscontrate nei giovani? Stanno diminuendo o aumentando? “Giovani: 1 su 10 rischia infarto e ictus” (Fonte: Ansa, 26 settembre 2023), “I ricoveri per infarto tra le persone di età compresa tra i 20 e i 50 anni sono aumentati del 40%” (Fonte: Rivista Circulation 2021), “Dal 15 al 20% dei giovani sotto i 15 anni ha almeno un disturbo di competenza del neuropsichiatra infantile: disturbi del neuro sviluppo, autismo, paralisi cerebrale, epilessia, disturbi dell’apprendimento, deficit d’attenzione, disabilità intellettive, ecc.” (Fonte: ISS, 2022); “Allarme anoressia e bulimia, 3,6 milioni di casi. Il 20% dei pazienti sotto i 14 anni” (Fonte: IlSole24Ore, 15 marzo 2023), “Dal 2020 l’accesso al pronto soccorso dell’Ospedale Pediatrico Bambin Gesù di Roma da parte di bambini e giovani è aumentato del 40%. Il 70% di questi ricoveri di emergenza deriva da tentativi di suicidio o autolesionismo e ogni giorno almeno 4 tra bambini e ragazzi accedono al pronto soccorso per problematiche mentali” (Fonte: IlSole24ore, 8 settembre 2023); “L’uso intensivo dei media digitali in età evolutiva è associato ad una significativa riduzione dello sviluppo delle funzioni cognitive (attenzione, memoria, linguaggio, lettura e scrittura) e un aumento del disagio psicologico (disturbi del sonno, ansia, depressione, isolamento, anoressia, bulimia, ecc.) e ad un aumento dei fenomeni di dipendenza (alcol, nicotina, cocaina, gioco, ecc.). In media i giovani dai 6 e i 16 anni dei paesi industrializzati trascorrono nei media digitali circa 5 ore al giorno” (Fonte: WHO, 2022); “Ogni anno, nei Paesi industrializzati, una morte su cinque nei giovani in età compresa tra i 10 e 20 anni è imputabile al consumo insufficiente di cibi sani o, in altre parole, al consumo eccessivo di cibi insalubri, come bevande zuccherate, alimenti molto salati e carni rosse o processate” (Fonte: Lancet, 2022); “Negli USA, il 67 per cento delle calorie della dieta di un bambino proviene oramai da alimenti ultra-processati (ricchi di zuccheri, sale, carboidrati e grassi idrogenati e poveri di fibre, proteine, vitamine e minerali” (Fonte: Journal of Allergy and Clinical Immunology, 2021); “L’aumento dei consumi in Europa dei cibi precotti è in grado di determinare un aumento dei tassi di mortalità a tutte le età: in particolare per problematiche cardiovascolari” (Fonte: British Medical Journal, 2019, 2021); “L’aria che respiriamo, l’acqua in bottiglia di plastica e molti alimenti confezionati e precotti contengono sempre più interferenti endocrini che sono sostanze in grado di alterare il sistema endocrino, influenzando negativamente diverse funzioni vitali quali lo sviluppo, la crescita, la riproduzione e il comportamento sia nell’uomo che nelle specie animali” (Fonte: MASE, 2020); “Nei soggetti esaminati sono state riscontrate nel sangue tracce di plastiche e microplastiche. Il materiale più abbondante è il Pet (polietilene tereftalato) di cui sono fatte le bottiglie: è stata misurata una quantità di 1,6 microgrammi per millilitro di sangue. È risultato molto comune anche il polistirene utilizzato negli imballaggi, seguito dal polimetilmetacrilato, noto anche come plexiglas” (Fonte: Environment International, 2022); “L’Italia rimane ai primi posti in Europa per consumo di cannabis, cocaina ed eroina. È quanto emerge dall’ultima Relazione annuale al Parlamento sul fenomeno delle tossicodipendenze in Italia, redatta dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per le Politiche Antidroga. L’analisi rivela uno stretto legame tra spaccio e consumo di sostanze stupefacenti, fenomeno in forte crescita tra i giovani sotto i 19 anni. Nel 2021, quasi il 40% degli studenti italiani, prevalentemente di genere maschile, ha riferito di aver utilizzato almeno una volta nel corso della propria vita una sostanza illegale tra cannabis, cocaina, stimolanti, allucinogeni e oppiacei” (Fonte: Scienze Forensi Magazine, 2022); “In Europa si stima che l’80% degli adolescenti tra i 15 e i 16 anni faccia un uso abituale di alcol; in Italia la percentuale di adolescenti della stessa fascia d’età è dell’84%, inoltre il 45% di questi ha iniziato il consumo alcolico a 13 anni o prima” (Fonte: OPBG, 2022) …e, purtroppo, la lista di questi problemi è molto più lunga.

    Che dire? Si tratta indubbiamente di dati spaventosi e che ci devono indubbiamente far riflettere sulle nostre scelte presenti e future. Una società che produce più malessere che benessere, soprattutto nelle e per le generazioni future, non è di certo una società che può guardare con ottimismo al proprio futuro.

    Cosa fare? Innanzitutto, non mentire a noi stessi. Come possiamo affermare che “non sappiamo ancora perché” tutto questo succede? Forse l’illustre medico intendeva dire che sono talmente tante le possibili cause e concause (l’inquinamento dell’aria, dell’acqua, degli alimenti, la malnutrizione, lo stress, l’ibridazione dei semi in agricoltura, la diminuzione della biodiversità, il disboscamento, ecc.) che concorrono nel generare tali problemi che non si riesce ancora a determinare per ogni singola patologia – come per ogni singola persona – quali possano essere le specifiche ed effettive cause chimiche, biologiche, ecc? Se così fosse, che si parlasse chiaro. Che si dicesse che la popolazione tutta (giovani, adulti e anziani compresi) a causa di molteplici fattori (vedi la lista citata sopra) sta gradualmente ammalandosi. In modo tale che proprio a partire dai medici, che più di tutti noi assistono a questa mattanza, possa rafforzarsi la consapevolezza a quanti e a quali rischi siamo esposti tutti i giorni. Solo a causa dell’inquinamento dell’aria muoiono in Europa quasi 6.000 persone al giorno e l’Italia ha il primato con circa 140 morti al giorno (Fonte: Openpolis su dati Eurostat, 2023). È o non è dovere del medico “perseguire la difesa della vita, la tutela della salute fisica e psichica dell’uomo a cui ispirare con responsabilità e costante impegno scientifico, culturale e SOCIALE, ogni suo atto professionale?” (Vedi il Giuramento di Ippocrate).

    Quello che sappiamo per certo (medici e non medici) è che gli esseri umani sono un prodotto dell’ambiente e possono vivere solo grazie all’ambiente. Se l’ambiente è inquinato, siamo inquinati. Se l’ambiente è malato, inevitabilmente, ci ammaleremo. Sono ormai migliaia gli studi scientifici che lo dimostrano ma a che pro? Se i risultati di questi importanti studi per le nostre scelte future sono oggetto di dibattito solo in piccoli e selezionati contesti? Dagli albori dei tempi viviamo perché respiriamo, beviamo, mangiamo e perché ci relazioniamo con gli altri per imparare a sopravvivere. La qualità dell’aria, dell’acqua, degli alimenti e delle nostre relazioni darà la qualità della nostra vita. Ma la qualità dell’aria è migliorata o peggiorata in questi ultimi trent’anni? E la qualità dell’acqua? La qualità degli alimenti? La qualità di vita? La qualità delle relazioni umane? Allora, se siamo onesti con noi stessi e con gli altri, conosciamo fin troppo bene i motivi per i quali i nostri figli e nipoti (e anche noi) sono sempre più malati fisicamente e mentalmente.

    Nel lontanissimo 1971 il Club di Roma commissionò al MIT (Massachusetts Institute of Technology) un “rapporto sui limiti dello sviluppo” che venne poi pubblicato l’anno seguente. Ebbene, più di 50 anni fa, la conclusione di questo studio fu che “la Terra non è infinita né come serbatoio di risorse (terra coltivabile, acqua dolce, petrolio, gas naturale, carbone, minerali, metalli, ecc.), né come discarica di rifiuti. La crescita della popolazione e della produzione industriale comporta sia il consumo delle risorse, sia l’inquinamento e, di conseguenza il rischio di sopravvivenza per tutte le specie viventi”. Dov’è finito questo rapporto del MIT? Dov’è finito il buon senso? Dov’è finita la politica? Fino a dove crediamo di arrivare? Pensiamo davvero di pulirci la coscienza riempiendo di burattini o di pagliacci i reparti di oncologia pediatrica? Non c’è peggior cieco di chi non vuol vedere…

    Molti giovani (e spero sinceramente siano sempre di più) stanno mettendo insieme le poche forze rimaste per ribellarsi ad una società che ha perso completamente di vista l’ambiente e con esso il loro diritto di nascere in un contesto sano (come Dio lo ha fatto!). Quanti di loro hanno già visto un  amico o un fratello o una sorella morire suicida? O di tumore? O di anoressia? O di overdose? Quanti di loro hanno già conosciuto fin da bambini la violenza fisica o psicologica? O sono stati vittime di abusi sessuali o di sfruttamento? E qualcuno ancora si meraviglia che i ragazzi non hanno alcuna fiducia nelle Istituzioni? E negli adulti in generale?

    Un volta, durante un mio viaggio in Sud America, lessi questa frase sul muro all’entrata di un piccolo paese di provincia: “Si una persona no te demuestra con hechos lo que dice, no es necesario escuchar sus palabras” (Se una persona non dimostra ciò che dice con le azioni, non è necessario ascoltare le sue parole).

    Per tutto quello di cui abbiamo parlato fino ad ora, credo che i giovani di quest’epoca, più di tutti gli altri giovani delle epoche passate, siano impauriti del futuro che li attende e stanchi di vedere le Istituzioni e gli adulti riempirsi di belle parole sul futuro “sostenibile” e non vedere ora e oggi, azioni concrete, per quanto impopolari tra gli adulti, per eliminare le cause di tutto questo generale malessere e di tutta la sofferenza fisica, mentale e sociale di questi tempi. Pertanto, di fronte a tanta disumana inerzia ad affrontare il concreto rischio di sopravvivenza, è istintivamente UMANO reagire. Ed è certamente positivo che ancora qualcuno di loro riesca a farlo. Purtroppo qualcuno risponde a questa violenza con la violenza, qualcun altro ha la fortuna di poter ritornare a lavorare la terra dei propri nonni, qualcun altro fugge in paesi lontani, qualcun altro, invece, rischia la vita tutti i giorni unendosi a movimenti di resistenza e lotta non violenta per tutelare le foreste e con esse, i popoli nativi che vi abitano (Il Rapporto 2023 di Global Witness ha censito quasi 2.000 ragazzi e ragazze ambientalisti assassinati nel mondo negli ultimi 10 anni).

    I bambini e i giovani vivono sulla loro pelle quotidianamente quanto il mondo sia sull’orlo di una catastrofe ambientale. E loro, più di noi, percepiscono nei loro giovani cuori quanto stiamo diventando bugiardi (ci raccontiamo e raccontiamo che è colpa di qualcun altro…) e/o impauriti (dal cambiamento perché schiavi del salario… e del consumismo in generale) e/o impietriti (indifferenti, perché concentrati solo su noi stessi)… in altre parole, quanto stiamo diventando quei burattini e pagliacci che crediamo ancora possano riuscire a dar loro speranza ed alleviare il loro dolore.

  • La Ue impegna gli Stati a ripristinare l’habitat naturale sui propri territori

    Secondo la Commissione europea oltre l’80% degli habitat europei è in cattive condizioni e di conseguenza sono in declino una specie su tre di api e farfalle e oltre il 30% delle specie di uccelli. Per questo, l’Unione europea ha messo a punto una legge per il ripristino della natura, la Nature Restoration Law, che sancisce che non è più sufficiente tutelare la natura che ancora rimane ma occorre anche iniziare a restaurare quanto abbiamo compromesso.

    I singoli Stati dovranno pertanto ripristinare almeno il 20% degli habitat terrestri e marini degradati in Europa entro il 2030 (tale quota salirà al 60% entro il 2040 e al 90% entro metà secolo), dovranno inoltre piantumare 3 miliardi di nuovi alberi e garantire che non si verifichi una diminuzione dello spazio verde urbano complessivo e della copertura arborea (il 2021 è l’anno di riferimento). Ancora: entro il 2030 i Paesi dell’Ue devono invertire il declino delle popolazioni di impollinatori e ottenere in seguito una tendenza all’incremento, misurandola almeno ogni 6 anni; ogni Stato membro è chiamato a predisporre un Piano Nazionale di Ripristino che concorra al raggiungimento di questi obiettivi molto sfidanti, che verrà validato e successivamente monitorato insieme alla Commissione europea.

    Per ripristinare la natura nei terreni utilizzati dal settore agricolo, la Nature Restoration Law prevede che i Paesi dell’Ue dovranno mettere in atto misure e azioni volte a raggiungere una tendenza positiva in due dei tre seguenti indicatori: l’indice di farfalle nei prati; la quota di terreni agricoli con caratteristiche paesaggistiche ad alta biodiversità; lo stock di carbonio organico nei suoli minerali coltivati.

  • Gli italiani prendono confidenza con i rifiuti tecnologici

    Migliorano sia i livelli di conoscenza degli italiani sia i loro comportamenti nella raccolta differenziata dei Rifiuti di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche (Raee): questo quanto emerge a distanza di un anno dall’ultima analisi dell’”Osservatorio conoscenza Raee” realizzato da Ipsos per Erion Weee, il Consorzio del Sistema Erion dedicato alla gestione dei Raee.

    Secondo lo studio, realizzato su un campione di 1.000 cittadini italiani a cui si aggiunge un focus specifico su 500 giovani dai 18 ai 26 anni, aumenta la familiarità con il termine Raee che, nell’arco dell’ultimo anno, è passata dal 44% al 55%, con un miglioramento ancora più evidente nel caso della gen Z, dove la percentuale di quanti hanno sentito menzionare l’acronimo è quasi raddoppiata, passando dal 26% nel 2022 al 50% nel 2023.

    A livello territoriale, sono le regioni del nord del Paese a registrare il maggior incremento (dal 47% al 60%), seguite da quelle del centro (dal 46% al 57%) e del sud (dal 37% al 47%).

    Rimane invece sostanzialmente stabile l’incidenza di quanti, oltre all’acronimo, sanno anche spiegare in modo corretto il significato della parola Raee che, a livello nazionale, passa dal 38% al 39%, con un aumento decisamente più sostenuto tra i giovani dove il dato arriva al 36%, in aumento di dieci punti percentuali rispetto allo scorso anno.

    Con l’aumento dei livelli di conoscenza, migliorano anche i comportamenti relativi alla gestione dei Raee: la media dei conferimenti scorretti nell’ultimo anno è diminuita passando dal 15% al 13%. La flessione più accentuata però si registra proprio nel target dei più giovani, tra i quali l’incidenza è scesa di ben sei punti percentuali (dal 23% al 17%). Resta invece stabile la percentuale di intervistati consapevoli dei rischi associati a una gestione non corretta delle Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche giunte a fine vita, che si attesta a poco meno dell’80% del totale del campione.

    La conoscenza dei servizi a disposizione del cittadino per il conferimento, in nove mesi (novembre 22-luglio 23), è aumentata sia a livello nazionale che tra la gen Z: il 45% degli italiani conosce il servizio “1 contro 0” (+3 punti percentuali), nella fascia dei più giovani si arriva al 52% (+7%); il ritiro “1 contro 1” è invece noto al 72% degli intervistati (+3%) e al 73% dei ragazzi (+6%).

    Diminuisce, inoltre, la percentuale di chi si disferebbe di un Raee nel modo sbagliato: rispetto a 14 tipologie di prodotti proposti (che vanno da pc e smartphone fino a contapassi e spazzolini elettrici) il 41% degli italiani sceglierebbe di gettarne almeno una nel contenitore della plastica o dell’indifferenziata (contro il 45% della rilevazione precedente); più netta la diminuzione nelle regioni del sud (dal 56 al 48%) e tra i giovani (dal 57 al 50%).

    Scende, infine, dal 32 al 28% la quota di quanti hanno dichiarato di essersi rivolti agli “svuota cantine” per disfarsi dei propri Raee: un piccolo miglioramento in termini numerici, ma sicuramente un passo in avanti nel contrasto ai flussi paralleli, spesso illegali, alimentati anche grazie a questi soggetti. “I risultati positivi registrati dal nostro Osservatorio – commenta Giorgio Arienti, Direttore Generale di Erion Weee – dimostrano come sul tema dei Raee sia fondamentale continuare a insistere sulla leva della sensibilizzazione per scardinare abitudini e comportamenti scorretti. In molti casi, infatti, questi errori dipendono da una scarsa conoscenza dell’importanza che hanno i nostri piccoli gesti quotidiani come primo anello della catena del riciclo dei Rifiuti Elettrici ed Elettronici. Il piano di comunicazione “DireFareRaee” che il Consorzio ha lanciato due anni fa ha dato un contributo significativo, ma non possiamo smettere di lavorare e non possiamo farlo da soli, perché quasi due italiani su tre ancora non sanno cosa siano i Raee. Noi proseguiremo con programmi e iniziative dedicate ai cittadini, ma ci auguriamo che anche altre realtà operanti nel sistema decidano di affiancarci in questo percorso, e che il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica promuova una campagna di “Pubblicità Progresso” sui Raee”.

  • Scelte prudenti per salvare il Pianeta

    Durante la Cop 28 ben 22 Paesi hanno espresso la volontà di accelerare sul nucleare, nel frattempo nel Regno Unito si è diffuso l’allarme per quanto sta accadendo da tempo, nel silenzio degli incaricati al controllo, al nord dell’Inghilterra, a Sellafield, l’ex impianto per la produzione di energia atomica.

    Secondo un’inchiesta del Guardian i vertici della società di gestione non hanno avvertito che il sito, da tempo usato per lo smaltimento delle scorie nucleari, è ormai fatiscente con crepe nel serbatoio dei fanghi tossici e la conseguente fuoriuscita di liquido radioattivo.

    La notizia sembra aver creato tensioni con altri Stati in considerazione dell’alta tossicità e del gravissimo rischio nucleare.

    Non è certo il primo problema che si è posto in tema sia di gestione delle centrali nucleari che di smaltimento delle scorie, anche in Italia non è chiaro cosa stia succedendo a Caorso, come abbiamo scritto tempo fa sul Patto Sociale (Smaltire, tacere, ascoltare – 28 febbraio 2023).

    Energia pulita non può voler dire energia ad alto rischio, pericolosa per le persone di oggi e di domani e per il territorio, nei suoi molteplici aspetti, che, se inquinato, per decenni non potrà né essere abitato né essere produttivo.

    La guerra in corso in Ucraina, con i settimanali allarmi per le centrali nucleari che i russi hanno occupato, o vogliono occupare, con il conseguente vicino e continuo bombardamento da entrambe le parti, dimostra come questi impianti siano fonte di grave rischio comune sia per azioni di guerra che di sabotaggio e terrorismo, terrorismo che è ben presente, non solo in Europa, al di là di azioni belliche ufficiali.

    Salvare il pianeta, e perciò l’ecosistema che ne garantisce la vita, significa essere molto prudenti nelle scelte, queste devono essere prese tenendo in considerazione non solo gli eventuali vantaggi immediati ma anche le conseguenze a lungo termine in tutti i possibili scenari: dalla incuria umana agli attacchi alla sicurezza.

  • L’UE approva la dichiarazione internazionale su clima e salute in occasione della Giornata della salute della COP28

    Domenica 3 dicembre la Commissione ha approvato ufficialmente, a nome dell’UE, una dichiarazione internazionale su clima e salute. L’approvazione ha avuto luogo negli Emirati arabi uniti nel contesto della Giornata della salute della COP28, durante la quale si è tenuta la prima conferenza ministeriale in materia di clima e salute, con la partecipazione del Vicepresidente esecutivo per il Green Deal europeo, le relazioni interistituzionali e le prospettive strategiche, Maroš Šefčovič.

    Si stima che l’ondata di calore dell’estate del 2022 abbia causato 62 000 decessi in Europa. L’aumento delle temperature sta inoltre generando nuove minacce per il nostro continente, tra cui le malattie trasmesse dalle zanzare e dall’acqua. A titolo di esempio delle azioni volte ad affrontare questa sfida, l’Autorità per la preparazione e la risposta alle emergenze sanitarie (HERA) della Commissione sta investendo 120 milioni di € per migliorare l’accessibilità alle contromisure mediche per le malattie trasmesse da vettori.

    La dichiarazione sul clima e sulla salute è un appello internazionale su base volontaria ad agire per affrontare gli effetti negativi dei cambiamenti climatici sulla salute umana. Si tratta di un impegno di tutti i firmatari ad adoperarsi a favore di sistemi sanitari più resilienti ai cambiamenti climatici, a basse emissioni di carbonio e sostenibili e a fare di più per proteggere le persone più vulnerabili e colpite dalla crisi climatica.

  • Ognuno faccia la sua parte

    Chi ha attenzione per il futuro del pianeta ha visto con interesse i pochi ma speriamo concreti passi avanti fatti durante il Cop28 di questi giorni e sono state apprezzate le affermazioni del Presidente del Consiglio italiano Giorgia Meloni che si è riferita alla necessità di uno sviluppo sostenibile e di un ambiente da difendere.

    È proprio tornando in Italia che dobbiamo chiedere al premier come pensa di intervenire per impedire che siano nuovamente usati, sia nelle nuove costruzioni che nelle ristrutturazioni, materiali che sono a rischio incendio, che sono nocivi per la salute e pericolosi.

    La recente, e deprecabile, vicenda del 110%, per mancanza di leggi chiare, ha consentito che per una gran parte delle case, alle quali è stato fatto il “cappotto”, sono stati usati pannelli pericolosi e a rischio combustione, come dimostra quello che è avvenuto recentemente a Roma con la conseguenza che decine di persone sono rimaste senza abitazione e che tutta la zona è stata inquinata dai fumi.

    Una delle prime leggi che il governo dovrebbe immediatamente varare è proprio quella che impedisca nell’edilizia l’uso di materiali insicuri, inquinanti, pericolosi e nocivi. Un capitolato certo che, se non rispettato, sanzioni in modo efficace chi ha tradito la fiducia e violato la legge.

    L’ambiente, l’ecosistema si tutelano dalle foreste amazzoniche alle costruzioni di casa nostra, dalla cura del verde pubblico al riutilizzo di quanto è possibile riciclare, ognuno faccia la sua parte e il governo, senza essere inutilmente vessatorio con elefantiache e sterili burocrazie, produca leggi chiare e ne controlli il rispetto.

  • L’auto elettrica è un affare per la Cina e molto meno per l’ambiente

    L’auto elettrica è un gigantesco affare per la Cina, come emerge da un reportage dell’inchiesta che il giornalista del Financial Times ha condotto per dare alle stampa il volume «Il prezzo della sostenibilità».

    La Cina è oggi il principale esportare di auto elettriche del pianeta e produce il 75% delle batterie di litio che fanno funzionare tali vetture, ma questo primato è stato conseguito con scarsa attenzione verso l’ambiente, che è il vero propulsore delle vendite di auto elettriche, e non di rado anche verso i lavoratori.

    Zeng Yuqun, ha fondato Catl nel 2011 a Ningde, e 8 anni dopo ha creato la prima gigafactory di batterie in Germania, a Arnstadt, per garantire le forniture a Mercedes Benz e Bmw. Nel 2020 la Catl forniva le batterie a quasi tutti i produttori di auto elettriche compresa la Tesla, controllando con le sue partecipazioni i giacimenti di litio in Argentina e Australia, di nichel in Indonesia e di cobalto nella Repubblica Democratica del Congo. In questo modo la Cina puntava a diventare il primo fabbricante di auto elettriche nel mondo.

    Parallelamente, la Ganfeng di Xinyu nella Cina centrale è diventata il più grande produttore di idrossido di litio estratto in Australia (e poi in Argentina) e trattato in Cina (con poco scrupolo per l’ambiente). In Congo le ditta cinesi operano nell’estrazione del cobalto e alle scarse cautele ecologiche si affiancano condizioni di lavoro nelle miniere decisamente cattive.

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