
Lo “spread energetico”
Lo spread indica il differenziale di rendimento tra i titoli del debito pubblico italiani e quelli tedeschi. Il suo basso livello attuale, che viene erroneamente interpretato come una valutazione positiva relativa alla strategia economica del governo in carica, dipende invece dal fatto che la Germania si conferma in recessione. In altri termini, nonostante il valore dello spread sia come detto assolutamente sostenibile, le condizioni economiche all’inizio del 2025 risultano molto simili a quelle del novembre 2011, alle quali vanno aggiunti oltre 1.000 miliardi di debito pubblico, avendo raggiunto e superato quota 3000 miliardi.
Questo principio del confronto tra valori andrebbe adottato anche nel campo dei costi energetici, e stiamo parlando dello spread energetico, inteso come il differenziale tra i diversi costi energetici praticati alle famiglie e alle imprese, tra due Paesi che, nello specifico, possono essere rappresentati dalla Francia e dall’Italia. Ecco allora come questo differenziale risulti in forte crescita, esprimendo quindi il maggiore costo energetico pagato e subito in Italia, le cui ragioni sono interamente addebitabili alla mancanza di una politica energetica negli ultimi 30 anni, e confermata anche dal governo in carica che continua nella cessione di asset delle aziende energetiche.
La sintesi finale di questa mancanza ultra decennale di competenza in ambito energetico determinerà un diverso destino economico e sociale riservato alla Francia rispetto a quello assicurato all’Italia.
Come anticipato nel maggio 2023, le prospettive “energetiche” dei due Paesi erano già allora chiaramente differenti (*) ma quanto sta avvenendo nel gennaio 2025 conferma clamorosamente il trend a favore dell’economia francese. L’autorità energetica francese infatti ha deciso di ridurre del -15% il costo dell’elettricità praticato tanto alle famiglie quanto alle imprese francesi (**), mentre nel nostro Paese le aspettative relative al costo energetico sono di una crescita fino ad un +30%.
Come logica conseguenza si prospetta un difficile futuro per le famiglie e per le imprese italiane, le quali vedranno aumentare di 30/45 punti lo spread energetico, a favore dei consumatori e delle imprese francesi.
Questo, infatti, è l’effetto combinato della diminuzione decisa dall’autorità transalpina (-15%) e l’immediato aumento in Italia già in bolletta del +15%, destinato in più ad arrivare nei prossimi tre mesi addirittura ad un +30% portando quindi lo spread energetico finale ad un +45 punti.
In questo contesto le famiglie italiane vedranno ancora una volta ridurre la propria disponibilità economica, ed inevitabilmente di consumo, drenata dai maggiori costi energetici, la quale si tradurrà con una ulteriore riduzione dei consumi ed ovviamente della crescita economica complessiva.
Le imprese, viceversa, espressione del made in Italy o di filiere complesse internazionali, dovranno subire una ulteriore diminuzione della propria competitività in un mercato globale sempre più concorrenziale. Le ventidue flessioni consecutive della produzione industriale vanno interpretate anche come un effetto diretto di questa mancata tutela energetica.
L’unica politica industriale rimane quella energetica, da troppo tempo dimenticata o, peggio, addirittura caratterizzata dalla cessione di asset fondamentali nazionali ai fondi internazionali che adottano inevitabilmente la propria logica speculativa. Per le famiglie e le imprese italiane quindi lo scenario futuro si tinge, una volta di più, di fosche tinte.
(*) https://www.ilpattosociale.it/attualita/il-diverso-destino-di-italia-e-francia/