Europa

Equilibrio di genere nei consigli di amministrazione: la direttiva europea non ancora adottata

Si torna a parlare di equilibrio di genere al Parlamento europeo, l’occasione è quella della sessione planaria di ottobre. Nel 2012, la Commissione Europea ha proposto una direttiva per migliorare l’equilibrio di genere nei consigli di amministrazione: si richiedeva che il sesso sottorappresentato costituisse il 40% dei consiglieri di amministrazione delle società quotate in borsa. Sebbene il Parlamento europeo abbia sostenuto la proposta nel 2013, la direttiva non è stata ancora adottata a causa delle riserve di diversi Stati membri in seno al Consiglio.

Nel 2020, le donne rappresentano solo il 28,7% dei membri del consiglio di amministrazione delle più grandi società quotate nell’Europa a 27. La percentuale è distribuita in modo non uniforme, con un solo Stato membro, la Francia, che raggiunge e supera il 40% delle donne membro di un consiglio. Gli Stati che si avvicinano al 40% sono Belgio, Danimarca, Germania, Italia, Paesi Bassi, Finlandia e Svezia.

Gli approcci normativi nazionali sono attualmente molto diversi, ma quelli che hanno assicurato i progressi più rapidi sono anche quelli che hanno normative più ‘rigide’(Belgio, Italia, Francia). Sono stati compiuti progressi anche in alcuni Stati che hanno verso la materia un approccio più morbido, come la Svezia e la Finlandia, anche se è previsto il ricorso a norme più severe in caso di fallimento delle regole ‘soft’.

L’idea che si possano trarre vantaggi economici da un buon equilibrio di genere nei consigli di amministrazione delle società è promossa dall’Organizzazione Internazionale del lavoro, dalla Banca mondiale e dall’OCSE. Le interviste realizzate da McKinsey con i CEO mostrano anche quanto la diversità del consiglio di amministrazione migliori il processo decisionale eliminando il pensiero di gruppo.

L’indagine non ha sempre prodotto però risultati soddisfacenti perché è stata posta sì l’attenzione sulla presenza femminile ma non è stato esaminato l’effettivo contributo e il modo con il quale le donne esercitano la loro influenza.

I consigli di amministrazione ‘di genere’ hanno dimostrato di avere un approccio positivo in merito alla trasparenza delle aziende e le società gestite da CEO donne hanno maggiori probabilità di rimanere operative. Non avere donne in posizioni apicali invece può essere considerato ingiusto e uno spreco di capitale umano.

Nel 2012 la Commissione ha proposto una direttiva sul miglioramento dell’equilibrio di genere nelle aziende/società quotate in borsa. La proposta era basata sull’Articolo 157 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, che fa riferimento al principio di parità di genere nell’occupazione e riconosce l’azione positiva come metodo per ottenerla. L’obiettivo che si prefiggeva era il raggiungimento, entro il 2018, di un minimo del 40% dei membri non esecutivi di sesso femminile sottorappresentato nei consigli di amministrazione nelle aziende del settore pubblico ed entro il 2020 nel settore privato. La direttiva non si applicherebbe alle PMI e agli Stati membri che hanno come obiettivo la presenza femminile al 33%.

La proposta non è stata adottata perché molti Stati membri hanno espresso riserve sulla sussidiarietà e perché alcuni Paesi dispongono già di una legislazione nazionale al riguardo. A maggio 2020, otto Stati membri si sono opposti alla proposta. Tuttavia, la Commissione mantiene l’impegno, includendo la proposta tra le priorità della strategia sull’uguaglianza di genere 2020-2025.

Il Parlamento ha fortemente sostenuto la legislazione in questo settore e ha adottato la sua posizione in prima lettura a larga maggioranza il 20 novembre 2013, richiedendo, tra l’altro, sanzioni più severe. Il Parlamento ha continuato a chiedere lo sblocco e l’approvazione sia a febbraio 2019 che gennaio 2020.

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